Un Caffeàus a Gioia
Il caffè ( in inglese: coffee huose, in tedesco: café o Kaffeehaus, in lingua francese e portoghese: café, in spagnolo: cafeterìa, in turco: Kahvehane ), in passato ha avuto la funzione prevalente di locale in cui servire non solo caffè, ma anche the, tisane e altre bevande, oltre che dolci da consumare insieme alle stesse bevande. I caffè […]
Il caffè ( in inglese: coffee huose, in tedesco: café o Kaffeehaus, in lingua francese e portoghese: café, in spagnolo: cafeterìa, in turco: Kahvehane ), in passato ha avuto la funzione prevalente di locale in cui servire non solo caffè, ma anche the, tisane e altre bevande, oltre che dolci da consumare insieme alle stesse bevande.
I caffè in passato, sotto l'aspetto culturale, sono stati importanti centri di intrattenimento sociale in cui persone o piccoli gruppi potevano, oltre che sorseggiare quella tipica bevanda, leggere, ascoltare musica, conversare e trascorrere il tempo in piacevole compagnia.
Il primo locale del genere, chiamato Kiva Han, viene aperto ad Istambul nel 1457, quattro anni dopo la conquista Ottomana. Poiché nel mondo arabo questi locali diventano sede di dibattiti politici e fonte di tensioni e preoccupazione per la sicurezza dello stato, gli iman li vietano dal 1512 al 1524.
Il caffè appare per la prima volta in Europa solo più tardi e cioè nel XVII secolo.
Il primo locale di questo genere viene aperto a Venezia nel 1645, grazie al fatto che la Serenissima Repubblica intratteneva rapporti economici con l'oriente e gestiva i traffici commerciali con il mondo arabo, in cui erano nati i primi caffè.Per parlare di Coffee House in Inghilterra bisogna attendere il 1650, anno in cui abbiamo notizia della sua prima apertura nella città di Oxford; ancora oggi una targa, posta sulla parete del locale che la ospitava, ricorda ai suoi frequentatori e ai turisti la nascita di quell' evento.
A Londra, la prima coffee house viene aperta nel 1652 da Pasqua Rosée, che venti anni dopo,nel 1672, inaugura il primo locale del genere anche a Parigi. Uno di questi locali, sempre a Parigi , il Cafè Procope, aperto da Francesco Procopio dei Coltelli nel 1686, locale, che esiste ancora oggi, diviene il più famoso luogo di incontro di uomini di cultura durante l'Illuminismo. Lo frequentarono numerosi letterati, tra i quali Voltaire, Diderot, Rousseau, e, molto probabilmente, in quel locale viene partorita l'idea di pubblicare l' Encyclopédie, la prima enciclopedia dell'era moderna.
Il re Carlo II d'Inghilterra, noto anche con il nome Merrie Monarch (Monarca allegro), a dispetto del suo soprannome tenta di abolire le coffee houses nella città di Londra sin dal loro sorgere, perché diventate luoghi dove gli scontenti si incontrano e tengono scandalosi discorsi sull'operato di Sua Maestà e dei suoi Ministri; nonostante ciò la gente, di qualsiasi classe sociale, continua a frequentarle. Tali locali contribuiscono notevolmente a diffondere le idee di democrazia, di egualitarismo e di repubblicanesimo; diventano anche luoghi d'incontro per discutere di affari, oppure centri di scambio di notizie e luoghi per la lettura della London Gazette ( giornale che riporta gli annunci governativi ). Anche i Lloyd's di Londra hanno origine in una coffee house. Nella sola città di Londra nel 1739 si contavano ben 551 coffee houses.
Il francese Abbé Prévost afferma che i caffè, erano luoghi dove ognuno aveva il diritto di leggere tutti i giornali, filo e anti governativi, e dove era di casa la libertà inglese.
A Londra, le coffee house precorrono la nascita dei club ( luoghi riservati ai gentiluomini ), che si sviluppano a partire dalla metà del XVIII secolo e che hanno avuto un ruolo importante nella letteratura dei secoli successivi. Tali club, però, finiscono per entrare in concorrenza con le coffee houses poiché sottraggono loro i frequentatori appartenenti alle classi superiori ed alla nobiltà. Durante il periodo vittoriano in Inghilterra il temperance movement porta all'apertura delle coffee house per la classe operaia, allo scopo di evitare sbornie tra i lavoratori e conseguenti disturbi alla quiete pubblica e per dare ai suoi frequentatori una valida alternativa di svago rispetto alle bevande alcooliche che venivano somministrate nei pub.
In quasi tutta Europa vigeva il divieto per le donne di frequentare i caffè e, conseguentemente, anche le coffee house.
Singolare è la nascita dei caffè nella città di Vienna. La tradizione vuole che la coffee house lì ha inizio con il rinvenimento di alcuni sacchi di fagioli verdi abbandonato sul campo dai turchi quando vengono sconfitti nella Battaglia di Vienna nel 1683. Tutti i sacchi trovati, che contenevano caffè, vengono consegnati al re di Polonia Giovanni III, vincitore della battaglia; costui, uno alla volta, li consegna ad un suo ufficiale di nome Jerzy Franciszek Kulczycki. Quest'ultimo, utilizzando il caffè avuto dal suo re, apre a Vienna la prima caffetteria.
Negli Stati Uniti negozi per la vendita di caffè espresso e di pasticcini vengono impiantati dalla comunità italo-americana, lì immigrata, nelle maggiori metropoli americane, come New York City (Little Italy e Greenwich Village), Boston (North End) e San Francisco (North Beach). Sia Greenwich Village che North Beach sono stati i più importanti centri della Beat generation, che si identificò con questi locali. A seguito dell'evoluzione della cultura giovanile negli anni sessanta, anche imprenditori non italiani copiano questo modello e impiantano nel resto degli Stati Uniti questo tipo di attività.
Dalla fine degli anni cinquanta in poi, negli Stati Uniti, le coffee houses assumono il ruolo di vere e proprie sale da concerto popolari dove un musicista canta musica folk, accompagnandosi con la sua chitarra; tale svolta è favorita dalla possibilità di disporre anche di una piccola sala per ospitarvi un singolo esecutore. La vena politica che caratterizza molte canzoni giovanili degli anni sessanta fa sì che tali momenti ricreativi sfocino successivamente nella nascita di un vero e proprio movimento politico.
Alcuni artisti famosi, quali Bob Dylan e Joan Baez, infatti, iniziano la loro carriera esibendosi proprio in questi locali.
In tempi più recenti, a seguito dell'affermazione del principio della parità tra i due sessi , anche le donne cominciano a frequentare questi locali, come dimostra il cantante blues, Lightnin' Hopkins, che, nella sua canzone del 1969 intitolata Coffeehouse Blues, stigmatizza la scarsa applicazione della moglie nelle attività domestiche attribuendola alla eccessiva frequentazione delle coffee houses.
Elemento alquanto folcloristico da registrare è il fatto che molte chiese degli Stati Uniti, a partire dagli anni sessanta fino alla metà degli anni ottanta, aprono delle coffee houses per incrementare il numero dei loro fedeli o dei loro frequentatori. Esse quasi sempre vengono realizzate in luoghi molto frequentati, come ad esempio di fronte a grandi magazzini, ed hanno nomi emblematici come The Gathering Place, The Lost Coin (New York City) e Jesus For You (Buffalo). Al loro interno vengono eseguiti canti a tema cristiano accompagnati dalla chitarra, mentre viene servito caffè con dolci e sono effettuate letture di passi della Bibbia, seguite da commenti agli stessi brani, resi accessibili a persone di cultura e di credo diverso, capitate lì per caso. Questi locali hanno generalmente vita breve, mediamente da tre a cinque anni.
Viene scritto anche un libro, mai pubblicato, intitolato A Coffeehouse Manual, che serviva come guida per chi volesse aprire delle coffee houses cristiane; il testo conteneva anche una lista di eventuali nomi da scegliere e da assegnare ai locali di nuova apertura.
In questi ultimi anni si stanno diffondendo dappertutto una nuova moda, quella dei cosiddetti Caffè Letterari, locali nei quali si organizzano eventi culturali e letterari mentre si sorseggia una bevanda accompagnata da qualche pasticcino.
Di ben altro tipo è stato una Coffee House funzionante in passato a Gioia.
Nella zona compresa tra il vecchio Campo Sportivo e la Villa Colombo sopravvive una piccola “ Coffee House “ ( in italiano un Caffeàus ). A prima vista, osservando la parte superiore, che termina con una struttura architettonica ornamentale che ricorda un’edicola sacra, appare come una piccola Cappella.
Si tratta di una piccola costruzione ottagonale del XVIII secolo utilizzata per servire caffè o altre bevande.
Il 10 luglio 1978 l’Ispettore Onorario per le Opere di Antichità e d’Arte del Comune di Gioia, prof. Antonio Donvito, invia alla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Bari la seguente missiva.
Segnalo alla S.V. con particolare urgenza per i provvedimenti che riterrà opportuno adottare quanto appresso: In applicazione della Legge 167 dell’Edilizia Popolare il Comune di Gioia del Colle ha provveduto ad espropriare per pubblica utilità un terreno di proprietà del dott. Alberto Luisi, abitante in Bari… Detto terreno si trova in Via Giovanni XXIII n. 357…; esso è coperto da un giardino con alberi ad alto fusto e siepi. Al centro di detto giardino si trova un “ Caffeaus “, pregevole costruzione architettonica tutta in pietra del secolo XVIII, in buono stato di conservazione, con eleganti sculture, arcate e volta in stile e gradinate intorno. La ruspa è in procinto di distruggere tutto, giardino e l’elegante costruzione, singolare per la nostra zona, caratteristica dei paesi germanici. Si chiede pertanto un intervento immediato di codesta Soprintendenza, perché possa mettere un fermo ai lavori, che sono in procinto di essere eseguiti. Il proprietario del terreno e della costruzione, pur di vedere salvata l’opera d’arte col giardino è disposto a cedere tutto gratuitamente al Comune di Gioia del Colle, perché esso diventi un bene di pubblica utilità…
A tale iniziativa segue analoga presa di posizione anche dell’associazione “ Italia Nostra “ , sezione di Bari.
Il 19 luglio 1978 la Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici della Puglia, sede di Bari, invia la seguente lettera, avente per oggetto: Intervento di salvaguardia “ Caffeause “, all’Istituto Autonomo Case Popolari di Bari e, per conoscenza, all’Assessorato Urbanistica ed Assetto del Territorio della Regione Puglia, al Sindaco di Gioia, a Italia Nostra, Associazione Nazionale per la Tutela del Patrimonio Storico Artistico e Naturale della Nazione, sede di Bari, e all’Ispettore Onorario, prof. Antonio Donvito.
A seguito delle segnalazioni pervenute dalla sezione di Bari della Associazione “ Italia Nostra “ e dell’Ispettore Onorario di Gioia del Colle circa la prossima realizzazione di un complesso di fabbricati interessanti parte del giardino in oggetto, questo Ufficio ha eseguito immediati accertamenti sopraluogo.
Si è potuto quindi constatare che detto giardino… è caratterizzato da una fitta vegetazione in cui primeggiano piante di lauro, viburno e pini, con la presenza centrale di una splendida sefora; il terreno è peraltro interamente coperto da edera con cespugli di rose selvatiche.
Nel centro sorge un piccolo fabbricato, una coffee house del XIX secolo di interessante fattura e costituente con il giardino circostante un complesso unitario e di grande suggestione, che si impone oltreché per lo interesse compositivo e formale, quale importante testimonianza del gusto di un’epoca.
Per quanto sopra questo Ufficio ritiene che tale complesso debba essere opportunamente salvaguardato con destinazione, sempre nell’ambito della zona “ 167 “ ad uso pubblico: a tal fine si invita codesto Ente a predisporre una opportuna variante del progetto da realizzare.
L’Assessorato all’Urbanistica, cui la presente è diretta per opportuna conoscenza, è pregato di voler eventualmente adottare i provvedimenti di competenza… Questo Ufficio si riserva comunque ogni azione di competenza mirante alla tutela del complesso in questione….
Il 19 luglio 1978 l’Assessorato Urbanistica e Assetto del Territorio e Programmazione della Regione Puglia invia risposta al Sindaco di Gioia, all’Istituto Autonomo Case Popolari, all’Associazione “ Italia Nostra “, sezione di Bari e all’Ispettore Onorario prof. Antonio Donvito, con la quale ricorda che compito essenziale di tutti gli Enti preposti alla salvaguardia di un patrimonio artistico-culturale convalidato nei tempi è la tutela, per l’appunto, di tali rare testimonianze storiche. Inoltre in relazione a quanto sopra ai sensi delle leggi vigenti in materia, ivi compresa la legge statale 29/6/1939 n. 1497 ed il D.P.R. n. 616/77, l’Ufficio Urbanistico della Regione, nel fare presente all’Istituto Autonomo Case Popolari di Bari la necessità ed opportunità di sospendere nella predetta area qualsiasi iniziativa atta a modificare lo stato dei luoghi, invita l’Amministrazione Comunale di Gioia a studiare l’opportunità ad adottare, ai sensi dell’art. 34 della legge statale n. 865/1971, una variante al citato piano di zona, mirante a destinare il complesso innanzi descritto ( giardino e manufatto ) ad attrezzatura di uso pubblico.
Il 3 novembre 1978 l’Assessorato Urbanistica – Assetto del Territorio e Programmazione, Settore Urbanistico Regionale di Bari invia al Sindaco di Gioia, all’Istituto Autonomo Case Popolari di Bari, alla sezione di Bari di “ Italia Nostra “ e all’Ispettore Onorario prof. Antonio Donvito una lettera. …la Soprintendenza per i Beni Ambientali di Bari ha segnalato, per gli ulteriori provvedimenti di competenza ed a seguito di comunicazione da parte della Sezione “ Italia Nostra di Bari “ , la prossima realizzazione di un intervento edilizio nell’ambito del P.E.E.P… , interessante specificatamente parte di un giardino… caratterizzato da una fitta vegetazione ( lauro, pino, viburno, cespugli di rose, ecc. ) e dalla presenza essenzialmente di un piccolo manufatto edilizio del XIX secolo adibito – all’epoca – a “ Coffee house “ di stile neoclassico, d’interessante fattura ed integro nel rivestimento di pietra della facciata a ben figurare una tecnica artistica progettata secondo la cultura della società del primo Ottocento. Resta evidente che compito essenziale di tutti gli Enti preposti alla salvaguardia di un patrimonio artistico-culturale convalidato nei tempi è la tutela, per l’appunto, di tali rare testimonianze storiche.
In relazione a quanto sopra ai sensi delle leggi vigenti in materia… quest’Ufficio Urbanistico, nel fare presente all’Istituto Autonomo Case Popolari di Bari la necessità ed opportunità di sospendere nella predetta area qualsiasi iniziativa atta a modificare lo stato dei luoghi, invita l’Amministrazione Comunale di Gioia del Colle a studiare l’opportunità ad adottare, ai sensi dell’art. 34 della legge statale n.865/1971, una variante al citato piano di zona, mirante a destinare il complesso innanzi descritto ( giardino e manufatto ) ad attrezzatura di uso pubblico….
Il 3 dicembre 1985 l’ingegnere comunale, Filippo Pavone, invia al Commissario Prefettizio per la Straordinaria Amministrazione del Comune di Gioia la relazione tecnica inerente la variante di aggiornamento al comparto interessato dalla presenza del Coffee House, del quale parla come di un reperto archeologico. Infatti evidenzia che nel Sub comparto E non è possibile realizzare n.2 corpi di fabbrica in quanto insiste sulla particella n.12 del foglio n.69 reperto archeologico vincolato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali con nota n.5823 del 19/7/1978. Ribadisce che detto reperto archeologico consiste in un piccolo manufatto edilizio del XIX secolo adibito all’epoca a “ Coffee House “ di stile neoclassico.
Il 12 maggio 1986 il Commissario Prefettizio del Comune di Gioia, dott. Elio Forgione, invia la seguente missiva all’Assessorato Urbanistica Settore Urbanistico della Regione Puglia, e per conoscenza alla Sovrintendenza per i Beni Ambientali di Bari, all’Associazione “ Italia Nostra “ di Bari, all’Ispettore Onorario prof. Antonio Donvito e alla Sezione Provincia di Controllo di Bari.
In riferimento alla nota indicata a margine ( 3-11-1978 ), si comunica che questo Comune ha adottato il provvedimento di variante al piano di zona, mirante a salvaguardare la “ coffee house “ come risulta dagli allegati atti tecnici.
Codesto Assessorato, con la stessa nota, invitava questo Comune ad adottare la variante con la procedura di cui all’art. 34 della legge statale n. 865/1971, mentre si è ricorso a quella prevista dall’art. 21 della legge regionale n.56 del 31-5-1980.
Si prega, perciò, considerare la presente come richiesta di parere…. Tenuto conto che sulla " coffee house “ non esiste alcun vincolo. Si resta in attesa di un cortese urgente riscontro per consentire la sollecita definizione della procedura prevista dalle suddette disposizioni….
A seguito dei provvedimenti messi in atto dal Comune di Gioia oggi il Coffee house è ancora presente nel suo originario sito, ma è soffocato da nuove costruzioni condominiali che lo attorniano, alcune delle quali in via di completamento.
Si trova ad un livello più alto rispetto al livello stradale, poggiato su un basamento quadrilatero, e vi si accede attraverso quattro gradini. Ha una forma ottagonale e presenta quattro aperture, una in ogni direzione dei punti cardinali, ai lati delle quali sono presenti delle colonne quadrate in tufo, che si innalzano fino all’altezza delle porte e fungono da contrafforti, dando altresì l’impressione ottica di un manufatto più grande di quanto non lo sia realmente.
L’ingresso principale, posto sul lato sud, presenta un’apertura slanciata con contorni in pietra lavorata, che termina a forma di cupola slanciata, di stile arabeggiante, porta affiancata da lesene scanalate e piatte con capitelli ionico-corinzi. Dal lato opposto vi è un’apertura più bassa della precedente, con copertura ad arco, entrambe in pietra. Sui lati est ed ovest si nota la presenza di due aperture, molto più piccole delle precedenti, in tufo e senza alcun elemento ornamentale in pietra.
Dalla copertura, preceduta da un fregio degradante verso il basso, parte un sostegno a forma di tronco di cono che sorregge una struttura quadrata a forma di edicola sacra, sormontata dai quattro lati da un piccolo frontone.
Oggi la costruzione è abbandonata ed attende ancora che, dopo essere stata utilizzata in passato come luogo di sosta e di ristoro, venga fruita come attrezzatura di uso pubblico, come auspicato dal prof. Donvito, dall'originario proprietario, dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali di Bari e dall’Assessorato all’Urbanistica della Regione Puglia.
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1 Aprile 2010