Un curioso moto antimurattiano del 1809
Giugno 24, 2020 by Francesco Giannini
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Dal 1806 al 1815 nel meridione d’Italia assistiamo alla formazione del Regno napoleonico, che è noto come Decennio francese.
A tre anni di distanza da quel 14 gennaio 1806, che costituisce l’inizio dell’occupazione di Napoli da parte di Giuseppe Bonaparte, preceduta dalla fuga dei Borbone in Sicilia, tra aprile e giugno del 1809 Gioia è teatro di un episodio che ci è tramandato dal prof. Giovanni Carano Donvito nella Storia di Gioia dal Colle.
E’ un episodio, uno tra i tanti verificatisi nel corso dell’Ottocento, che testimonia la fedeltà al governo borbonico da parte di chi non accettava i nuovi regnanti. Sembra un anticipo, per le stesse e per altre motivazioni, di quanto si verificherà all’indomani della proclamazione dell’Unità d’Italia, da parte del sergente borbonico Pasquale Romano.
Da sottolineare che in quegli anni Gioia confinava con la cosiddetta Terra d’Otranto, che comprendeva la provincia di Lecce, di Taranto e Matera.
Nella primavera del 1809 Terra d’Otranto fu messa a rumore da un curioso moto. Il 16 aprile ad Oria fu assalito il Corpo di Guardia e dai rivoltosi fu portato un trionfo un giovane incognito, riverito come il figlio di re Ferdinando IV, cui veniva dato il nome di Principe Leopoldo, e che mise a rivoluzione, nel nome di Ferdinando IV, spodestato da G. Murat, Oria, Francavilla, Ceglie, Grottaglie.
Inseguito dalla polizia, il falso Principe si rifugiò a Massafra ove, aiutato da un Francesco De Simone, provocò anche ivi un moto antimurattiano; indi con una sessantina di rivoltosi Massafresi, pervenne a Gioia ove fu tratto in arresto.
Il giovanotto raccontò un mondo di fandonie. Egli, che si chiamava propriamente Antonio Mirabello, si vantò quale nipote del colonnello Mirabelli, fuggito al seguito di Ferdinando IV in Sicilia, mentre risultò ch’egli era nipote di un servitore del colonnello. Egli, pel compenso di ducati 1500, aveva accettato l’incarico della sollevazione della Terra d’Otranto a favore del Borbone. Sbarcato all’uopo in Puglia, nel bosco di Gioia fu derubato e lasciato ignudo. Tuttavia riuscì a trascinarsi fino a Grottaglie, donde ad Oria, ove, come abbiam detto, riuscì a suscitare la rivolta a favore del Borbone.
Scacciato da Oria, da Francavilla, ecc., fu di nuovo a Gioia alla testa dei rivoltosi Massafresi. Per via si unì loro un tal De Bellis, che li lasciò dicendo che si sarebbe recato in Palagiano, ed il Mirabello, ossia il falso Principe Leopoldo, mandò in Gioia a chiamare il giudice di pace, il sindaco e l’arciprete, perché gli venissero incontro, e per avvertire la popolazione di stare quieta ed esibire le armi, altrimenti avrebbe rovinata la città con 8 pezzi di artiglieria e 1500 calabresi.
Il Comune, credendo vera la forza, rispose con una lettera senza data, né firma, in cui accettava di dare il richiesto, ma che, per tranquillità del paese, non voleva riceverli in città. Ma, insistendo il Mirabello, si fu costretti a farlo entrare. Gli mosse incontro l’Arciprete del tempo, Don Giovanni Taranto, col quale il falso Principe si recò nella Chiesa Matrice, intese la Messa e passò nel Convento di S. Francesco. Presentatisi il Sindaco e il Comandante la Civica, il Mirabello chiese le razioni per la sua truppa. Gli si diedero e mangiarono. Ma i Gioiesi intanto si apparecchiavano a scagliarsi contro. Di ciò accortisi i rivoltosi, cominciarono a svignarsela dal Convento; ma alcuni ne furono uccisi ed il Mirabello riuscì a fuggire nella marina di Zuccaretti, in territorio di Massafra, ove l’11 giugno fu, con una cinquantina dei suoi, acciuffato dalla polizia.