I palazzi Panessa
Febbraio 20, 2021 by Francesco Giannini
Filed under Storia
Gioacchino Murat nell’aprile del 1813 intraprese un viaggio in Puglia per visitarla sotto tutti i rapporti militari, allo scopo di osservare tutte le coste e determinare i migliori punti di difesa lungo l’Adriatico.
Si fermò a Gioia nel palazzo del liberale notar Paolino Panessa.
Il Murat scambiò con tutti parole cortesi, ringraziò i gioiesi delle affettuose accoglienze,
dispiacendosi di non poter indugiare a godere della mensa imbandita per lui.
A ricordo della sua permanenza a Gioia e delle accoglienze ricevute il Murat permise che sul portone di casa Panessa, in corso Vittorio Emanuele n. 64, che lo aveva cordialmente ospitato, fosse posizionata una scultura, tuttora esistente, consistente nella raffigurazione del re di Napoli (lo stesso Gioacchino Murat), a cavallo, secondo la tradizione iconografica di quel tempo. Sembra che la scultura sia stata commissionata ad uno scultore, di cui non conosciamo le generalità, nello stesso anno 1813 e posizionata subito dopo essere stata completata.
Nei pressi della casa Panessa, quella che un tempo era denominata via II Basile dal 2002 è stata intitolata a Gioacchino Murat.
Il notaio Panessa si impegnò ed ottenne la donazione a favore del Comune di Gioia, e per uso pubblico, dei fabbricati dei soppressi Conventi di S. Francesco e di San Domenico.
Panessa è stata una famiglia di riguardo di Gioia. Oltre al notaio Paolino è da ricordare il notaio Michele Panessa. Nello Statuto della Confraternita di San Filippo, i cui Regio Assenso fu ottenuto nel 1779, ad opera del notaio Michele Panessa, si parla della cessione alla confraternita della cappella di Santa Maria di Costantinopoli, volgarmente detta di Sant’Angelo.
Francesco Paolo Panessa (1790-1859), fu Primicerio della Insigne Collegiata di Gioia, dottore in Filosofia e Matematica, nonché di Fisica, di Diritto Naturale e Pubblico. Insegnò nel Seminario Arcivescovile di Molfetta e fu Esaminatore Sinodale della Archidiocesi di Bari.
Fu socio e Presidente della Reale Società Economica di Terra di Bari e membro della Commissione Provinciale di Pubblica Istruzione della stessa Provincia. Partecipò alla Vendita carbonara locale ‘La Costanza dei Bruti’ e per questo fu perseguitato dai Borboni.
Nel 1837, per ringraziare San Rocco per aver protetto i gioiesi dal contagio del colera, si tennero festeggiamenti in onore del Santo sia in Piazza S. Francesco che al Largo Panessa, con processioni, spari e concerti musicali.
Il Largo Panessa è localizzato in Via Fontana, sul lato destro della strada, prima che essa svolta a sinistra verso l’angolo compreso tra Via Principe Amedeo e Piazza Donato Boscia. Nei pressi della piazzetta era ubicata un’altra abitazione appartenente alla famiglia Panessa, da cui la denominazione data a quel luogo. Infatti su portone prospiciente la piazzetta sono riportate le iniziali F P P, riferibili a Francesco Paolo Panessa.
Un’altra abitazione della famiglia Panessa si trova in Largo Fusco, a metà strada tra Piazza Livia e Piazza XX Settembre, sulla cui facciata è stato murata una piccola scultura in pietra risalente al XV secolo, raffigurante Sant’Antonio abate. L’ opera, attribuita a Giovanni De Rocca, originariamente era stata posizionata in una cappella nella Chiesa Madre, uno dei pochi pezzi che si sono salvati a seguito della distruzione della Chiesa nel 1764. La statuetta poggia su un’edicola che presenta lo stemma dei Panessa, con due iscrizioni laterali aggiunte: PER ORDINACIONE DE DOP(?)NO DOMINECO PANESSA, ANTONIO SUO FRATE A FACTO QUESTA CAPPELLA AD SUE SPESE 1787.
Questa abitazione presenta una porta di accesso costituita da due stipiti in pietra sormontati da un’architrave curva, entrambi ornati da decori, al centro della quale è posizionata una decorazione che ricorda la forma di due ali, unite nella parte centrale da un tondo in cui è inserita la data della costruzione A. D. 1763, La parte superiore dell’architrave è sormontata da un richiamo architettonico costituito da quattro fregi sovrapposti e degradanti verso la base, che seguono l’andamento curvilineo della stessa architrave.
Questa porta, a cui si accede per mezzo di tre scalini, non è la vera propria porta d’ingresso dell’abitazione, ma, attraverso una scalinata scoperta, permette di accedere alla dimora che apparteneva alla famiglia Panessa.
L’avvocato Giovanni Carano Donvito, autore della Storia di Gioia dal Colle, afferma che quest’opera era l’emblema del beneficio di S. Leonardo della famiglia Panessa, trasportata dalla cappella di S. Leonardo che si trovava nella vecchia Chiesa di San Pietro e dopo la distruzione di questa fu sistemata sulla facciata della casa dei Panessa.
Infatti dagli Ordini o Decreti della Santa Visita effettuata alla Chiesa di Gioia nel 1578 dall’arcivescovo di Bari Antonio Puteo, veniamo a conoscenza della presenza di un altare di santo Lonardo, il cui sacerdote ‘beneficiato’ è d. Vito Panessa. Dalla Visita dell’arcivescovo Ascanio Gesualdo nel 1623 apprendiamo che l’altare di S. Leonardo è affidato a d. Vito Panessa, quale rettore, e che quest’ultimo è stato affiancato nelle sue funzioni dal chierico Giovanni Antonio Panessa, poiché l’altare risulta fin dalle origini di patronato della famiglia Panessa, una delle più prestigiose dell’epoca, la quale con molta probabilità era immigrata dall’opposta sponda slava.
Lo storico Francesco Saverio Perillo, in una sua ricerca storica, Onomastica slava di Gioia, ci ricorda che Panessa era un cognome comune a Ragusa (Croazia) sin dal XIII secolo e riporta un elenco di numerosi individui residenti a Gioia che portano tale cognome, sottolineando che nel secolo XVI esso si presenta anche con la variante Panussa.
Dai Decreti della Visita dell’arcivescovo Diego Sersale del 1652 si ribadisce che la famiglia Panessa, da sempre titolare del patronato sull’altare di S. Leonardo, gode del diritto di sepoltura; a dividersi i proventi di due benefici sono rispettivamente d. Angelo Panessa e d. Francesco Antonio Panessa. Nel 1695 il beneficio è diviso tra d. Leonardo e d. Pietro Panessa
Un Donatantonio Panessa fu sindaco di Gioia dal 1838 al 1840 e nel 1844. Egli, dando seguito ad un proposta avanzata da un decurione nel 1837, nel 1841, approfittando della venuta a Gioia dell’Ing. Aggiunto provinciale don Felice Ravillion, incaricato dall’Intendente di compilare la misura finale dei lavori eseguiti alla Casa Comunale, accordando le premure e sollecitudini di questa popolazione, dette l’incarico al suddetto ingegnere di formare il progetto per un decente Teatro in Gioia, ben compreso della grande influenza che il Teatro esercita sulla pubblica morale, sui costumi sociali e sulla civiltà dei popoli e per tale scopo stanzia la somma di mille ducati.
Il Decurionato approvò la proposta e considerò che sarebbe oltremodo dispiacevole per una popolazione numerosa e per un paese di commercio, che ospita tanti forestieri, il non avere un locale per Teatro.
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