Don Giovanni Prisciantelli
Novembre 12, 2013 by Francesco Giannini
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130 anni fa nasceva il nostro concittadino don Giovanni Prisciantelli. Nacque infatti il 12- 11 1883 in via Glinni n.48, da Filippo, agricoltore e Antonia Romano, casalinga. E' ordinato sacerdote il 15-8-1906. Sul suo " umile ricordo " fatto stampare in occasione della sua ordinazione sono riportate alcuni versi del Vangelo di San Giovanni, che sono alla base della vita sua e di ogni fervente cristiano: Se il mondo vi odia sappiate che prima di voi ha odiato me… Il mondo ama ciò che è suo… Voi non siete del mondo… per questo il mondo vi odia.
Svolge la funzione di Viceparroco. Era umile ed amato dai parrocchiani.
Ha svolto la funzione di viceparroco con gli arcipreti Francesco Giove, e don Luigi Tosco ( anche lui morto qualche anno dopo a causa del cuore che non aveva retto a lungo non solo a tale sciagura, ma anche agli strascichi giudiziari per indennizzi vari ), per cui era considerato la memoria storica della Parrocchia di S. Maria Maggiore ( Chiesa Matrice ) anche perché curava la tenuta dell’archivio parrocchiale.
Insieme all'arciprete Giove e ad altri sacerdoti don Giovanni Prisciantelli nel 1910 collabora nella fondazione della banca denominata Cassa Rurale Cattolica di San Filippo Neri. Il divieto, richiamato dalla Sacra Congregazione Concistoriale, di fondare e dirigere banche da parte dei sacerdoti, viene ignorato da quasi tutti i fondatori della Banca gioiese, tranne da don Giovanni.
Nel 1919 l'Arcivescovo di Bari, mons. Giulio Vaccaro, istituisce due nuove parrocchie a Gioia, quella della Madonna di Lourdes e quella di Santa Lucia, poiché il paese si era molto sviluppato in direzione Est ed Ovest e l'unica parrocchia esistente, la Chiesa Matrice, era insufficiente per i bisogni spirituali della comunità gioiese. I Sacerdoti delle nuove parrocchie, i canonici don Sante Milano e don Rocco Passiatore, chiedevano all'arciprete di concedere loro le prebende che erano state esercitate da lui sulla zona che lui gestiva fino al momento dello smembramento della Chiesa Matrice. L'arciprete non volendo rinunciare ai suoi poteri e agli introiti che ne ricavava, non prestava ascolto alle giuste richieste dei due nuovi parroci.
Fu proprio don Giovanni Prisciantelli che nel 1920 denunciò questo increscioso e deplorevole comportamento dell'arciprete Giove.
Durante i funerali dei braccianti vittime dell'eccidio di Marzagaglia del luglio 1920 insieme al sostituto Commissario Prefettizio Enrico Castellaneta, ad accompagnare quelle sei bare fu presente solo don Giovanni. Il ricordo del Castellaneta è riportato nel testo " Ritratto d'epoca " a cura di Nicola Castellaneta, a pagina 182: Davanti a me camminava il piccolo prete Prisciantelli…
Nel 1920 don Giovanni Prisciantelli stanco del comportamento dell'arciprete Giove invia le sue denunce all'Arcivescovo di Bari, mons. Vaccaro. Essendo rimasto inascoltato invia una denuncia anche al Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione Concistoriale a Roma, chiedendo l'invio a Gioia di un Visitatore apostolico per sincerarsi della perdurante anomala situazione. Le accuse spaziano anche sullo scarso operato pastorale dell'arciprete, che trascurava la catechesi per giovani ed adulti limitandosi a svolgere il ruolo amministrativo di parroco e favorendo l'allontanamento dei fedeli dalla chiesa, che di conseguenza preferivano la frequenza della Sala Protestante e della Camera del Lavoro.
Nel 1927 l'Arcivescovo di Bari, mons. Augusto Curi, lo nomina rettore della chiesa di San Rocco.
Nel 1933, quando si costituisce un Direttorio che prende in mano la gestione della Chiesa Madre, a causa delle precarie condizioni di salute dell'arciprete, insieme allo stesso arciprete don Francesco Paolo Giove, è vittima di una congiura da parte di alcuni sacerdoti gioiesi aspiranti alla carica di arciprete. Del Direttorio facevano parte i due parroci, don Sante Milano e don Rocco Passiatore, don Santino Milano, don Michele Buttiglione e don Leonardo Capurso.
In quella circostanza un battibecco con il prof. don Santino Milano, che ironicamente venne definito da lui autoarciprete, sortì l'effetto di una brutta risposta epistolare a don Giovanni.
L'arrivo del nuovo arciprete, don Luigi Tosco, fu contraddistinto da una calorosissima accoglienza, nonostante non fosse un sacerdote gioiese, ma proveniente da Torino. Don Giovanni Prisciantelli, viceparroco della Chiesa Matrice, fece affiggere dei manifesti di benvenuto sui quali era scritto: Finalmente l'arciprete viene.
Si chiudeva una brutta parentesi, iniziata con la paralisi di don Francesco Giove e protrattasi fino al 1931 con la nomina ad arciprete di don Nicola Fortunato di Capurso e il successivo insediamento del Direttorio gioiese nel 1933.
Il Prisciantelli continua il suo impegno pastorale sotto l'arcipretura di don Luigi Tosco fino alla sua tragica morte sotto le macerie del campanile.
Don Giovanni Prisciantelli muore il 23-2-1942 mentre veniva trasportato in ospedale, vittima del crollo del campanile, caduto alle ore 10 e minuti 10.
Aveva contribuito non poco alla moralizzazione del clero e dei costumi gioiesi e nella sua umiltà e tenacia molto ancora avrebbe dato ai suoi parrocchiani e alla chiesa locale se non fosse morto prematuramente ed accidentalmente.
Sulla sua tomba si possono leggere queste parole, che sintetizzano il suo operato: Apostolo infaticabile, collaboratore fedelissimo, lavorò in silenzio.
La caduta del campanile provocò il crollo del transetto destro della chiesa, quello che comunemente prende il nome di Cappellone di San Filippo, con la perdita delle tele e degli arredi sacri in esso presenti e causò altresì danni alle case circostanti e il ferimento di alcune persone.
Sulla pagellina funebre sono scritte le seguenti parole: Umile – Zelante – Generoso all'ombra dell'Altare l'intera sua vita sacerdotale consacrò a bene delle anime Ricevette da Cristo, Sacerdote Eterno il bacio della Pace sul posto del suo lavoro – Requiescat in pace.
Il rustico del campanile, costruito in cemento armato secondo il vecchio progetto, iniziato nel 1963 fu completato nel 1966, grazie alla tenacia dell’arciprete don Franco Di Maggio, ma furono necessari altri anni per completarne il rivestimento.
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