Stranezze di San Filippo Parte II
Nel 2015 ricorreva il V Centenario della nascita di S. Filippo. Se prendiamo in esame il 2015 a Gioia notiamo che anche questo anno è stato caratterizzato da diversi avvenimenti e numerose e strane coincidenze. A ben vedere sembrerebbe che nel XXI secolo continuino le “stranezze“ di S. Filippo e che attraverso di esse e […]
Nel 2015 ricorreva il V Centenario della nascita di S. Filippo.
Se prendiamo in esame il 2015 a Gioia notiamo che anche questo anno è stato caratterizzato da diversi avvenimenti e numerose e strane coincidenze.
A ben vedere sembrerebbe che nel XXI secolo continuino le “stranezze“ di S. Filippo e che attraverso di esse e delle curiose coincidenze il Santo voglia invitarci a fermarci un po’ in questa nostra vita tumultuosa e frenetica, per indurci ad una riflessione sul nostro esistere e sul nostro impegno nella società contemporanea.
Anche se alcuni non condivideranno questa mia affermazione, a me risulta evidente che gli episodi accaduti e verificatisi a Gioia nell’ultimo ventennio non sono dovuti al caso, ma che in essi ci possa essere lo “zampino“ di San Filippo.
Eventi politici locali del 2015.
Che abbia voluto ricordarci che nel 2015, ‘Anno pastorale della Carità’ dovevamo fare molto di più per i nostri fratelli (anche i migranti) e metterci a servizio dei deboli e dei poveri, come sottolineato anche dal grembiule posto sulla statua di San Filippo, scelta voluta dal Comitato Festa Patronale di Gioia?Il Presidente del Comitato Festa Patronale, architetto Sandro Cortese, dietro continue sollecitazioni personali durante il 2014, in data 26 gennaio 2015 consegna al Presidente del Consiglio comunale di Gioia la proposta di deliberazione di riaffidamento della città di Gioia a San Filippo, come rafforzamento dell’analoga deliberazione del 1899. Il Presidente del Consiglio aveva dato assicurazione che la proposta sarebbe stata approvata nella prima convocazione del Consiglio comunale utile. In realtà da quel momento non si è celebrato alcun Consiglio comunale, a causa degli avvenimenti giudiziari che hanno visto coinvolti alcuni componenti in carica dell’Amministrazione comunale.
Si potrebbe ipotizzare, alla luce degli avvenimenti che si registrano a Gioia alcuni giorni dopo, che San Filippo non gradiva un tale atto da parte dell’Amministrazione in carica?
Il 5 febbraio, infatti, la cronaca registra l’arresto del sindaco di Gioia, di un esponente della vecchia Amministrazione e di funzionari comunali.
A febbraio è già pronta la bozza, per essere data alle stampe, del volume su san Filippo, scritto da Francesco Giannini e Sebastiano Lagosante.
Sempre a febbraio ha inizio la peregrinatio della statua di San Filippo attraverso le rettorie di Gioia, a ricordo della Visita alle “Sette Chiese”, pratica introdotta a Roma da San Filippo.
Il Sindaco rassegna le sue dimissioni il 3 marzo e lo sostituisce il Vicesindaco, Donvito, il cui nome è Filippo, come quello del Santo Patrono.
A marzo il Comune di Gioia viene commissariato.
Ad aprile è effettuato il restauro della tela raffigurante San Filippo, presente nella lunetta dell’omonimo Cappellone, dipinto che si era distaccato dalla cornice e che rischiava di rovinarsi e di provocare danni ai fedeli presenti.
La notte tra sabato 11 e domenica 12 aprile (domenica in Albis e della Divina Misericordia) Giuseppe Montanarelli, gioiese di nascita e docente in quel di Terlizzi, che ha collaborato nella stesura del libro su San Filippo, ha fatto il seguente sogno.
Erano andati in sogno tre personaggi: Montanarelli, Lagosante ed io, che cercavamo di scalare una montagna molto ripida, brulla rocciosa ed aspra. Per la fatica nel salire Lagosante, stanco e affaticato, consigliava di rinunciare a continuare l’ascesa, mentre io li incoraggiavo perché la vetta era prossima. A fatica, arrampicandoci e aiutandoci con le mani, siamo giunti sulla vetta della montagna e… meraviglia! Ad attenderci lassù c’era San Filippo, il quale non appena ci ha visto ci ha abbracciati e ringraziato per essere arrivati in cima.
Il 26 aprile il Vescovo di Ivrea, S.E. mons. Edoardo Aldo Cerrato, procuratore generale della Congregazione dei Filippini, consegna all’arciprete di Gioia, don Tonino Posa, una reliquia di San Filippo, consistente in un ritaglio della camicia di San Filippo, propriamente quello che era a contatto con il cuore.
Le reliquie trafugate.
La notte tra il 28 e il 29 aprile Giuseppe Montanarelli fa un secondo sogno.
San Filippo era davanti ad una chiesa e qualcuno stava rubando una autovettura color argento metallizzato. Montanarelli quando si è svegliato ha pensato che gli avessero rubato l’autovettura ( la sua è di color argento metallizzato!) ed è corso per strada per sincerarsene. Meravigli anche qui: l’auto era al suo posto. Quella stessa mattina, come ogni mercoledì, è venuto a Gioia per salutare i suoi parenti. Nel pomeriggio, intorno alle ore 17,00 si è recato nella chiesa Immacolata di Lourdes di Gioia, presso la quale era presente la statua di San Filippo, al termine della peregrinatio nelle Rettorie.
Avvicinatosi alla statua del Santo si è reso immediatamente conto che dal collo di San Filippo era sparito il medaglione pettorale con le sue Reliquie.
Il furto di un oggetto argentato non era dunque un’autovettura, ma il reliquiario d’argento.
Ha chiesto spiegazioni ai parrocchiani che erano in compagnia del Santo e al parroco, i quali hanno affermato che non si erano accorti della presenza-assenza della reliquia, perché il Comitato feste patronali si era raccomandato loro di custodire con cura la reliquia donata da S.E. mons. Edoardo Cerrato.
Solo allora il furto è stato denunciato e si sono messe in moto le Forze dell’Ordine.
Ha dello straordinario il recupero della reliquia; infatti quando il giorno seguente è stata sporta denuncia del furto il Comandante della locale Compagnia dei Carabinieri è apparso sconcertato e amareggiato perché la notizia del furto sacrilego era stata riportata immediatamente da organi di stampa, prima che fosse stata data conoscenza all’Arma. Un tale comportamento avrebbe reso molto difficile il recupero della Reliquia e avrebbe spinto l’anonimo ladro, sentitosi braccato dalle Forze dell’Ordine, a liberarsi in ogni modo della reliquia, anche buttandola in un cassonetto della spazzatura.
L’anonimo autore del furto, invece, ha riconsegnato il medaglione reliquiario con un biglietto su cui aveva scritto: Sono disperato. San Filippo mi perdoni.
Attraverso questi avvenimenti ritengo che nel suo V Centenario San Filippo voglia ricordarci che egli vuole perdonarci, essere presente in mezzo a noi, come modello da imitare e attraverso queste vicende continua e vuol continuare ad essere il nostro Protettore.
Non è da sottovalutare anche la circostanza che in questo scorcio d’anno l’arciprete della chiesa Madre, don Tonino Posa , si è accorto che una parte della tela raffigurante San Filippo, presente nell’omonimo Cappellone, si era distaccato dalla cornice. Per questo motivo è stato effettuato un intervento di restauro, conclusosi giusto in tempo per la celebrazione della festività del Santo.
Che il Santo abbia voluto dirci di uscire dalle chiese e prendersi cura dell’educazione dei piccoli, in una società in cui la famiglia è in crisi e i fanciulli sono abbandonati a se stessi, in balia di agenzie informative o educative travianti, come la TV o ridotti all’isolamento, in balia dei nuovi apparecchi tecnologici? E tutto ciò proprio nell’anno in cui Papa Francesco ha indetto un nuovo Sinodo sulla famiglia?
Il 29 viene a Gioia e si reca nella chiesa dell’Immacolata di Lourdes, dove da domenica 26 era esposta la statua di San Filippo e si accorge che la teca pettorale contenente una reliquia del Santo è stata asportata e trafugata. Da accertamenti sembra che l’atto sacrilego sia stato effettuato tra le ore 9,30 e le 11,30 di lunedì 27 aprile. Il furto è avvenuto in una chiesa dedicata alla Madonna, la santa molto amata da San Filippo.
Il giorno 5 maggio con l’amico Sebastiano Lagosante stavo tenendo una lezione di storia locale presso l’Università della Terza Età e del Tempo Libero di Gioia del Colle, che aveva per argomento San Filippo Neri, il culto e la tradizione a Gioia e la pubblicazione del libro in suo onore.
La lezione, che si è sviluppata dalle ore 18,20 alle ore 19,20 circa, è iniziata con la proiezione dell’immagine del medaglione pettorale che qualche giorno addietro era stato trafugato, notizia che ha suscitato indignazione e sconcerto da parte dei corsisti per l’atto sacrilego compiuto, e si è protratta con la visione di alcune immagini che sono state riportate nel libro che abbiamo inteso pubblicare per solennizzare la ricorrenza particolare del Santo Patrono.
Quasi al termine della lezione all’amico Sebastiano è pervenuta una mail nella quale si annunciava che la Reliquia di San Filippo era stata restituita, notizia che abbiamo comunicato ai corsisti dell’Università.
L’amarezza si è subito mutata in gioia. Recatici subito in chiesa Madre abbiamo appreso dalla viva voce di don Tonino che la reliquia era stata restituita, insieme ad uno scritto, nel modo in cui avevo consigliato, su un blog di Gioia, all’anonimo trafugatore: la consegna nella cassetta della posta della canonica parrocchiale.
Anche questa ci sembra una strana, ma piacevolissima coincidenza, se consideriamo come si è sviluppata e se la confrontiamo con gli ultimi anni di vita di San Filippo e, precisamente, sia dall’anno precedente che da quello della sua morte, per metterli a raffronto con altri avvenimenti del nostro tempo, qui a Gioia.
Un anno avanti che morisse, nel mese d’Aprile, ( San Filippo ) s’ammalò di febre terzana doppia, e durandogli molti giorni, essendone appena rimasto libero, fu nel mese di Maggio sopragiunto da’ dolori di reni così eccessivi, che in pochi giorni si ridusse, che non havea più polso, né pigliava più cibo, & appena parlava che fosse inteso. Stava con tutto ciò con grandissima quiete, non si dolea, né meno si vedea far movimenti straordinarij; mà solamente con voce bassa dicea spesso quelle parole: Adauge dolorem, sed adauge patientiam. Hor’essendo egli stato da dieci in dodici hore così combattuto dal male, e non isminuendoglisi i dolori, né venendo fuori l’urina, circa le ventun’hore vennero i Medici, cioè Angelo da Bagnorea, e Ridolfo Silvestri, li quali toccandogli il polso, disero, che ve n’era per poco, e così chiudendogli intorno il padiglione, si tratteneano in camera con alcuni altri, parte di casa, e parte forestieri, ma tutti suoi figliuoli spirituali, i quali stavano molto addolorati per haver inteso la vicina morte del lor caro Padre.
Or mentre si stava così in silentio; ecco che all’improviso il Santo cominciò con alta voce ad esclamare, e dire: Ah Madonna mia Santissima: Madonna mia bella: Madonna mia benedetta! E ciò con tanto affetto, e con tanta vehemenza di spirito, che facea tremare tutto il letto. Alle cui voci accorsero i Medici, & uno di loro alzò il padiglione, e gli altri, ch’erano in camera si fecero avanti, e videro il Santo Padre con le mani alzate, e con tutto il corpo elevato in aria, stando egli più di un palmo alto dal piano del letto, che allargando, e stringendo le braccia mostrava d’abbracciare con grand’affetto una persona, e replicando l’istesse parole come sopra, soggiungeva: Io non son degno; E chi son’io, Madonna mia cara, che siate venuti à visitarmi, e levarmi questi dolori? E che farò poi io se mi risano, che non hò fatto mai bene fin qui? Stavano i circostanti tutti ammirati: alcuni piangevano per tenerezza, altri sentivano un certo terrore per tutta la vita, ancorche non vedessero cosa alcuna; & altri, guardandolo attentamente, aspettavan’il fine di quella subita mutatione. Quando interrogandolo i Medici, che cosa , havesse? Filippo rimettendosi à giacere nel letto, rispose: Non havete voi veduto la Santissima Vergine, ch’è venuta à levarmi i dolori? e detto queste parole, come ritornasse in se, guardando intorno, e vedendo tanta gente, si coperse il volto con le lenzuola, e si risolvè tutto in lagrime: e stette in quel modo così piangendo per molto spatio di tempo. Ma dubitando i Medici, che’l seguitar in quella maniera non gli facesse notabil nocumento, se gli accostarono di nuovo, dicendogli: No più, Padre, non più. All’hora il Santo disse loro apertamente: Io non hò più bisogno di voi; la Madonna Santissima è venuta quì da me, e mi hà guarito. La qual cosa sentendo essi gli toccarono il polso, e lo trovarono senza febre, e guarito affatto: e la mattina seguente si levò. Per la qual cosa Angelo da Bagnarea, giunto che fù à casa, scrisse il tutto minutamente, e com’era accaduto: e benche Filippo havesse pregato instantemente i Medici, che non volessero manifestar’à nissuno quello, ch’era occorso, usciti nondimeno, che furono fuori della Casa, raccontarono il tutto à moltissime persone, si che n’andò la nuova alli Cardinali Cusano, e Borromeo, i quali vennero immantinente dal Santo Padre à rallegrarsi seco, tanto della ricuperata sanità, quanto della visita della Madonna, che haveano inteso essergli avvenuta, e facendogli dapoi istanza, che volesse raccontar loro la Visione, Filippo, doppo molte preghiere alla fine per non li contristare, come che gli amava tenerissimamente, raccontò loro tutto il successo com’era passato: e’ l Cardinal Borromeo, sapendo quanto ciò sarebbe stato di consolatione al Sommo Pontefice, che desiderava saperne continuamente nuova, con una poliza gli ne diede subito raguaglio. Il Santo poi per quella sera, non solo con essi, ma con tutti quelli, ch’entravano in camera sua, altro non fece, che con grandissimo affetto, e tenerezza di cuore, raccomandar loro la divotione della Santissima Vergine; dicendo: Sappiate figliuolo, e crediate à me, che lo sò, che non v’è mezo più potente da ottener le gratie da Dio, che la Madonna Santissima: e gli esortò à dir spesso quelle parole, delle quali altrove habbiamo fatta mentione: Vergine Maria Madre di Dio, pregate Giesù per me.
Nell’anno seguente mille cinquecento novantacinque si ammalò un’altra volta nell’ultimo giorno del mese di Marzo d’una febre così grande, e con un freddo, e tremore così eccessivo, che essendo visitato dal Cardinal di Verona, non gli potè rispondere parola alcuna. Gli durò questo male tutto il mese d’Aprile; mà il primo Maggio, havendo egli domandato gratia à Dio di poter dir Messa ad honore de’ Santi Apostoli Filippo, e Giacomo, suoi particolari Avvocati, fù dal Signore esaudito: la mattina istessa celebrò, e communicò alcuni de’ suoi figliuoli spirituali; e ciò così francamente, che ben si conobbe, che Dio l’havea miracolosamente guarito: anzi egli stesso presago d’haver à guarire, nel tempo, che tutti lo faceano spacciato, disse à Nero del Nero: Io ti voglio communicare il giorno de’ Santi Filippo, e Giacomo; perche sò, che questi Santi mi faranno la gratia, che io possa dir la Messa, e dirò la Messa. Nondimeno per obbedire a’ Medici, i quali l’esortarono à voler prima assicurarsi bene nella ricevuta sanità, stette poi trè giorni senza dirla, benche ogni mattina al solito suo si communicasse. Passati li trè giorni, tornò di nuovo à dir Messa, e seguitò di dirla insino alli dodici di Maggio.
In questo giorno, nel qual’occorse la festa de’ Santi Martiri Nereo, & Achilleo, e Flavia Domitilla Avvocati della Congregatione, fù all’improviso soprapreso da un profluvio di sangue per bocca così grande, che ne rimase senza polso, e senza speranza di vita. Per la qual cosa dubitandosi, che non passasse ad ogni momento, Cesare Baronio, all’hora Superiore, non potendogi dar’il Viatico, gli diede l’Oglio Santo, essendoci presente Federigo Cardinal Borromeo. Ricevuto c’hebbe questo Sacramento, parve che ritornasse alquanto: onde il Cardinale lo volle communicare per Viatico di propria mano. Or’appena entrò Borromeo in camera col Santissimo Sacramento in mano, che’l Santo Vecchio in un subito (ancorche prima stesse con gli occhi serrati, e paresse come morto) aprì gli occhi, e con gran fervore di spirito disse ad alta voce, e con molte lagrime: Ecco l’amor mio: Ecco l’amor mio! Ecco tutto il mio amore e tutto il mio bene! Datemi prestamente il mio amore; e ciò dicea con tanto affetto, che tutti quelli, che stavano quivi presenti, piangevano. Dicendo poi il Cardinale nel porgergli il Sacramento quelle parole: Domine non sum dignus, Filippo le replicò con tanta divotione, e con voce così alta, che parea, che non havesse havuto mal’alcuno; dicendo: Signor mio non ne son degno, nè mai ne fui degno, e non hò fatto ben’alcuno: e mentre dicea così, piangea dirottissimamente; e seguitò per alquanto tempo di dire diverse affettuose parole; & in particolare quando fù nell’atto del communicarsi, tutto infervorato disse: Vieni, vieni, ò Signore: vieni amor mio! e si communicò; E poi soggiunse: Hora hò ricevuto il vero Medico dell’anima mia: Vanitas vanitatum, et omnia vanitas: Chi vuol’altro che Christo, non sà quel che domanda, e non sà quel che si voglia; e così il restante del giorno stette quieto, e consolato. la sera poi da tre, ò quattro volte gli tornò l’istesso accidente, versando grandissima copia di sangue con estremi dolori. Della qual cosa, non solo non si turbò, ma alzando gli occhi al Cielo, disse: Sia lodato Dio, che posso in qualche maniera render sangue per sangue: & essendo quivi presente uno de’ suoi, vedendolo che stava come attonito, se gli voltò con faccia allegra, dicendogli. Hai paura tu eh? Non hò mica paura io. Et in vero, che non havea paura; poiche gli succedea quello, che, come altrove habbiamo accennato, tanto desiderava. A questo accidente seguì una tosse con affanni prefocativi così terribili, che’l Santo più volte disse, ma sempre con volto allegro: Mi sento morire; & ancorche se gli facessero molti rimedij, non gli giovarono però niente. Nondimeno la seguente mattina andando i Medici à visitarlo, Filippo disse loro: Andate pur via voi altri, imperoche li miei rimedij sono molto più efficaci de’ vostri; perche havendo io questa mattina à buonissim’hora mandato elemosina à diversi luoghi di Religiosi, accioche dicessero delle Messe, e pregassero Dio per me, dall’hora in quà non hò sputato più sangue, mi son sentito scarico, mi è cessato l’affanno del petto, e son di modo migliorato, che mi par’essere del tutto guarito: onde i Medici toccandogli il polso, trovarono essere la verità, e rimasero maravigliati; affermando, che questo miglioramento era stato miracoloso. Da questo giorno insino alli ventisei di Maggio Filippo stette sempre sano, e senza infermità alcuna: ogni dì recitava l’Offitio, dicea la Messa, udiva le confessioni, e communicava: per la qual cosa tutti teneano, che dovesse ancor campare qualche anno.
(Brano tratto da: La Vita di San Filippo Neri di P. Pietro Giacomo Bacci, Prete dell’istessa Congregazione, 1706, pagg.275-78).
Da questo documento apprendiamo che San Filippo nel 1594, l’anno precedente la morte, ad aprile si ammala di febbre terzana doppia, a maggio è preso da dolori di reni. Sempre nel mese di maggio gli appare la Madonna, che lo guarisce.
L’anno della morte, il 31 marzo 1595 S. Filippo si ammala con febbre molto forte che gli dura fino alla fine di aprile. Il 1° maggio si alza e celebra la messa. Per ordine dei medici sta tre giorni senza dir messa. Il quarto giorno, ossia il 5 maggio, torna a dir messa fino al 12 maggio.
Confrontiamo queste giornate e questi mesi con quelle analoghe del 2015 a Gioia.
Il furto, con la perdita delle Reliquie di S. Filippo e di altri 5 santi è avvenuto il 27 aprile, periodo in cui sia nel 1594 che nel 1595 il Santo era ammalato e addolorato per la perdita della salute.
Il recupero della Reliquia è avvenuto il 5 maggio lo stesso giorno in cui, l’anno della sua morte, S. Filippo recupera la salute del corpo e nello stesso mese in cui san Filippo nel 1594 aveva recuperato la salute malsana, per intercessione della Madonna.
Il recupero della reliquia è avvenuto presso la canonica parrocchiale della Chiesa Matrice o di Maria Madre di Dio, che contiene i segni più numerosi della presenza del Santo comprese altre sue Reliquie, così come il recupero della salute di san Filippo avviene nella canonica di Santa Maria in Vallicella.
Il furto sacrilego è stato effettuato mentre san Filippo si trovava nella chiesa della Madonna Immacolata di Lourdes; il recupero della salute di S. Filippo avviene, come lui stesso riferisce, per grazia della Madonna, di cui lui era devotissimo figlio, che gli apparve visibilmente.
Il 26 maggio registriamo la comparsa dell’arcobaleno rovesciato, fotografato in Piazza Plebiscito.
A giugno è venuto a mancare il prof. Mario Girardi, studioso di San Filippo, che nell’Archivio Segreto Vaticano ha ritrovato un documento che retrodata il culto a Gioia di San Filippo al 1703.
Sono queste coincidenze, insieme a tante altre, che ci inducono a riflettere. Ad un occhio comune sembrerebbero episodi casuali, ma se, insieme ad alcuni avvenimenti degli ultimi 20 anni della vita politica e sociale di Gioia, li colleghiamo a San Filippo, potremo ritrovare e leggervi delle stranezze, delle coincidenze che cercheremo di interpretare.
L’arcobaleno rovesciato.
Il 24, 25 e il 26 maggio 2015 le previsioni meteo per Gioia davano pioggia durante tutta la giornata. In particolare per il giorno 26 erano previste piogge e temporali a partire dalle ore 11 fino a mezzanotte. È piovuto nei paesi limitrofi, ma a Gioia, sia pure con un cielo a tratti velato, non si è vista pioggia e la processione di S. Filippo ha avuto luogo regolarmente come anche il resto della festa e lo sparo dei fuochi pirotecnici.
A conferma di quanto affermo è possibile consultare l’archivio storico meteo de Il Meteo, che conserva notizie provenienti dall’archivio meteo di Gioia del Colle. Alla data del 26-5-2015, oltre alla previsione, è stata registrata pioggia per le seguenti località, non molto distanti da Gioia: Acquaviva delle Fonti, Altamura, Casamassima, Cassano delle Murge, Castellana Grotte, Conversano, Gioia, Monopoli, Noci, Polignano a mare, Putignano, Sammichele di Bari, Santeramo in Colle, Turi. In tutti questi paesi è piovuto, ad eccezione di Gioia, nonostante le previsioni avverse.
Anche in provincia di Taranto si sono verificate piogge nei Comuni a noi viciniori: Castellaneta, Mottola, Laterza, Ginosa. In Basilicata è piovuto a Matera e Montescaglioso.
La veridicità di quanto affermato è riportato da un articolo pubblicato sul blog gioianet e dalla testimonianza di una signora che insieme alla figlia era uscita dalla chiesa Madre durante la solenne celebrazione del 26 maggio delle ore 17,00, e avendo visto il cielo con minacciose nuvole voleva recarsi a casa per munirsi di ombrello, ma subito dopo si accorse che le nubi si stavano diradando come per miracolo.
Grazia di san Filippo?
Ognuno, in base alla propria cultura e al proprio credo religioso o altro è libero di dare una propria spiegazione o interpretazione.
All’uscita della statua del Santo dalla Chiesa Madre il cielo, carico di nuvole e di pioggia, si è aperto e schiarito. Quando poi il Santo è arrivato in Piazza Plebiscito per ricevere la consegna delle chiavi della città, alcuni cittadini hanno scattato alcune strane foto, che qui si riportano.
E’ un arcobaleno capovolto o rovesciato e ha l’aspetto di un sorriso o la carena di una imbarcazione. Un simile avvistamento è stato segnalato nel cielo di Cambridge; è avvenuto domenica 14 settembre 2008 (Festa dell’Esaltazione della Santa Croce), mentre quello di Gioia si è verificato martedì 26-5-2015, nella festa del Santo Patrono.
San Filippo ha amato i suoi simili, considerati fratelli in Cristo; ha accolto i pellegrini che da ogni parte del mondo venivano a Roma per visitare la città santa e per loro aveva messo su la Congregazione dei Pellegrini e dei Convalescenti.
Oggi ci sono altri tipi di pellegrinaggi, non tanto per motivi religiosi, ma politici: per fuggire da regimi dittatoriali o perché espropriati delle proprie terre e cacciati da nuovi e più pericolosi colonizzatori. San Filippo accoglieva anche quel tipo di pellegrini e li serviva attraverso le strutture da lui fondate. Che oggi il Santo ci voglia dire di accogliere questi pellegrini o migranti come lui ha fatto cinque secoli or sono, di fronte ad ondate di razzismo che di tanto in tanto ritornano?
Oggi molti uomini, donne e bambini approdano sulle nostre coste in cerca della salvezza e di un posto di lavoro e noi occidentali ci opponiamo a questi sbarchi rendendo difficile la vita di questi nostri simili.
In un’altra fotografia, scattata sempre il pomeriggio del 26 maggio 2015, in concomitanza della precedente, si nota in alto l’immagine di un contorno simile a quello dell’ltalia, attraversata da un fumo bianco; in basso il contorno simile a quello della Tunisia e della Libia, in grigio scuro, e al centro, nel Mediterraneo, un arcobaleno rivoltato. Il Nord dell’Italia è coperto da nuvole dense, il centro sud da una stretta striscia di nuvole (il nord che è contro gli sbarchi e quasi proteso verso una nuova ondata di razzismo, il sud che accoglie). Superato l’arcobaleno, a forma di barca, concavo, il cielo è sgombro di nubi e ci sarebbe la salvezza per i naufraghi (Lampedusa e la Sicilia).
L’arcobaleno appare 13 giorni dopo il duro scontro verificatosi tra i Paesi dell’Unione Europea sulla questione immigrazione, in particolare da parte della Gran Bretagna dell’Irlanda e della Danimarca, contrarie alle quote di migranti da accogliere nei loro paesi.
A settembre, a causa di una massiccia ondata migratoria proveniente dalla Siria e di dolorosi naufragi, alcuni stati europei, come Germania, Francia e Gran Bretagna, contrari ad accogliere tali profughi, hanno deciso di accettare una quota di queste sfortunate famiglie sopravvissute all’odio, alla violenza e ai rischi connessi al loro migrare. Altri paesi europei hanno continuato a mantenere un atteggiamento di rifiuto verso questi infelici.
Dunque anche questo ‘sorriso del cielo’ è uno spunto per riflettere. Uno spunto di riflessione anche sul nostro atteggiamento troppo superficiale nei confronti dell’ambiente, in vista dell’incontro dei Capi di Stato a Parigi a dicembre? O una riflessione sull’atteggiamento da adottare nei confronti dei migranti, ad accettarli?
© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte ed il nome dell’autore.
27 Marzo 2021