Sant’Antonio abate e il Carnevale
Un antico proverbio gioiese recita: Sand’Andune, màsckere e sùne, cioè Sant’Antonio (17 Gennaio) maschere e suoni. Il 17 Gennaio, quindi, festa di Sant’Antonio Abate, generalmente segna per il popolo l’inizio del Carnevale, anche se a Putignano comincia il 26 Dicembre, festività di Santo Stefano. In realtà il Carnevale è ristretto ad una settimana che, partendo […]
Un antico proverbio gioiese recita: Sand’Andune, màsckere e sùne, cioè Sant’Antonio (17 Gennaio) maschere e suoni.
Il 17 Gennaio, quindi, festa di Sant’Antonio Abate, generalmente segna per il popolo l’inizio del Carnevale, anche se a Putignano comincia il 26 Dicembre, festività di Santo Stefano.
In realtà il Carnevale è ristretto ad una settimana che, partendo dal giovedì grasso termina il martedì grasso e per sapere quando ricorre Carnevale bisogna partire dalla data della domenica di Pasqua, che cade sempre la domenica dopo il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, nel periodo compreso tra il 22 marzo e il 25 aprile; pertanto la data di inizio del Carnevale può essere compresa tra il 10 gennaio e il 14 febbraio.
Partendo quindi dalla domenica di Pasqua si devono sottrarre sei settimane: le prime cinque sono di Quaresima, la sesta settimana invece è quella di Carnevale. La domenica di Pasqua nel 2021 sarà il 4 aprile, quindi tornando indietro di sei settimane arriviamo alla cosiddetta Settuagesima e scopriamo che il giovedì grasso quest’anno sarà l’11 febbraio, mentre il martedì grasso 2021, ultimo giorno di Carnevale, sarà il 16 febbraio. Anche in molti Paesi d’Europa, il Carnevale comincia ufficialmente il 17 gennaio, con la festività del “Santo del porcellino”, così denominata per l’usanza di consumare prodotti suini durante la festa di Sant’Antonio Abate. Il maiale, gustoso protagonista dei festeggiamenti del Santo eremita, lo era anche nell’antica Rom,a quando a gennaio si celebravano feste e riti agricoli durante i quali si sacrificava una scrofa alla dea Cerere come augurio di fertilità e d’abbondanza nei raccolti primaverili. A volte il maiale veniva ucciso proprio per la festa di Sant’Antonio Abate per dare in questo modo inizio alla gioia sfrenata del Carnevale: un arcaico rito propiziatorio di fecondità e abbondanza che nel Medioevo culminava nella morte del Re, come accade tuttora in molte celebrazioni carnacialesche in Italia.
Sant’Antonio abate è considerato uno dei più importanti eremiti della storia della Chiesa, avendo vissuto per più di 80 anni da anacoreta e, secondo alcuni, sarebbe il fondatore del Monachesimo.
Nell’iconografia viene raffigurato circondato da animali domestici, tra cui il maiale, dei quali è protettore e , a volte, anche da donne procaci, simbolo delle tentazioni.
Nel giorno della sua memoria liturgica, si benedicono le stalle e gli animali domestici. In alcuni paesi di origine celtica, sant’Antonio assunse le funzioni della divinità della rinascita e della luce, Lug, il garante di una nuova vita.
Patrono dei macellai, è anche il patrono di quanti lavorano con il fuoco, come i pompieri, perché guariva da quel fuoco metaforico che era l’herpes zoster.
Ancora oggi il 17 gennaio, specie nei paesi agricoli, si usano accendere i cosiddetti “falò di sant’Antonio”, che avevano una funzione purificatrice e fecondatrice, come tutti i fuochi che segnavano il passaggio dall’inverno alla imminente primavera. Le ceneri, poi raccolte nei bracieri di un tempo, servivano a riscaldare la casa e ad asciugare i panni umidi, utilizzando un’apposita campana fatta con listelli di legno da sovrapporre al braciere.
Molto venerato lungo i secoli, il suo nome è fra i più diffusi del cattolicesimo. Lo stesso sant’Antonio di Padova, per indicare il suo desiderio di maggior perfezione, scelse di cambiare il nome di Battesimo con il suo. Nell’Italia Meridionale, per distinguerlo da lui, Sant’Antonio abate è chiamato “Sant’Antuono”.
Anche Gioia per alcuni anni si festeggiava il Carnevale. Il nostro paese aveva anche una maschera locale: Solmozzavino, nome che racchiude in sé il Sole e la mozzarella e il vino, due prodotti tipici del nostro territorio.
Di seguito una ricerca del nostro concittadino, l’insegnante Giuseppe Montanarelli.
Nato il 26 aprile dell’anno 250 d. C. a Come, in Egitto, condusse per ottanta anni vita da anacoreta nel deserto e sulle rive del Mar Rosso, con austerità, sacrifici ed estrema solitudine, per poi dedicarsi ai numerosi discepoli. Pur non avendo scritto alcuna Regola di vita monastica, esercitò un grande influsso in tutta la Chiesa. Da tutto l’Oriente monaci, pellegrini, sacerdoti, vescovi ed anche infermi e bisognosi accorrevano a lui per ricevere consiglio e conforto. Fu bersaglio di molteplici tentazioni del maligno, che gli appariva sotto sembianze angeliche, umane e bestiali. Curava e predicava agli animali domestici e selvatici. Si racconta che salvò dalla macellazione un maialino, che già sgozzato, raggiunse straordinariamente la grotta del Santo, venendo da lui risanato e protetto. Il maialino rimase al Fianco del Santo, portandogli anche il cibo selvatico. Storicamente non fu il primo monaco, tuttavia i monaci d’Oriente e d’Occidente riconosceranno in lui il loro padre spirituale e fondatore. Morì ultracentenario a 106 anni in Tebaide nell’anno 356 d. C. Protettore degli allevatori, dei macellai e degli animali, è invocato contro il “fuoco di Sant’Antonio”, che riusciva a guarire con Segno della Croce. A Gioia del Colle, anticamente, Sant’Antonio Abate veniva celebrato con la festa popolare degli animali e del maiale, presso le grotte basiliane, ubicate sulla via per Taranto, verso l’agro di San Basilio, sede di insediamenti monastici anacoreti. La festa prevedeva la processione, la benedizione degli animali domestici e selvatici, vendita di oggettistica in terracotta e l’accensione della grande fanova di Sant’Antonio, alta diciassette metri. Si assisteva al rito propiziatorio per allontanare e guarire dal “fuoco di Sant’Antonio”, malattia virale conosciuta come Herpes Zoster, con la benedizione del fuoco e l’aspersione del vino rosso. In seguito, per motivi di sicurezza, la festa venne celebrata in Chiesa Madre, con gli uffici liturgici e la processione degli animali domestici che venivano benedetti, decorati ed abbigliati con oggetti propiziatori, sonagli e stoffe. Il piatto tradizionale gioiese, preparato per la festa di Sant’Antonio Abate era il sanguinaccio di maiale a base di frutta fresca, candita e vino rosso primitivo. Particolare era anche lo stinco di maiale alla brace, accompagnato da verdure fresche e crude. A Gioia del Colle la festa di Sant’Antonio Abate coincideva con l’inizio del Carnevale tradizionale e popolare gioiese con la sfilata dei Mascarani, gruppi in costume preceduti dalle maschere grottesche cittadine: M’ba Filippud massaro e casaro e Donna Sofi’ la boss.
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17 Gennaio 2021