San Nicola e Gioia del Colle
Il culto di San Nicola è diffuso nel mondo non solo perché ha dato origine a Santa Klaus, a Babbo Natale, ma per il modello di vita cristiana che ha incarnato durante la sua vita e per i numerosi miracoli che ha operato in vita e in morte. San Nicola è venerato come patrono dei […]
Il culto di San Nicola è diffuso nel mondo non solo perché ha dato origine a Santa Klaus, a Babbo Natale, ma per il modello di vita cristiana che ha incarnato durante la sua vita e per i numerosi miracoli che ha operato in vita e in morte.
San Nicola è venerato come patrono dei naviganti, dei pescatori, dei mercanti, dei farmacisti, dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze, degli scolari, degli avvocati, dei prestatori di pegno, dei detenuti, degli avvocati e degli arcieri.
La venerazione di San Nicola in Puglia si è diffusa a seguito della traslazione delle reliquie del Santo, operata nel 1087, quando una spedizione navale partì dalla città di Bari per la città di Mira, in Turchia, e si impadronì delle spoglie di San Nicola. Queste arrivarono a Bari l’8 maggio e furono consegnate alle autorità religiose locali il 9 maggio. Nel 1089 furono riposte nella cripta della basilica, che fu costruita in suo onore e a Lui intitolata.
Anche Gioia da tempi remoti ha stretti legami con San Nicola.
Il duca normanno Ruggero d’Altavilla, figlio di Roberto il Guiscardo, nel giugno 1087, un mese dopo l’arrivo da Mira a Bari delle reliquie di San Nicola confermò all’arcivescovo Ursone II la donazione che suo padre aveva fatto alla Mensa Arcivescovile di Bari, delle terre del Canale, di Gioia a Frassineto, presso Monte Sannace e della chiesa di Sant’Angelo (Cod. Diplom. Bar. I,32). Il diploma dice: Concediamo anche a te e ai tuoi successori nello stesso luogo la Chiesa di Sant’Angelo, sita sul Monte Joannacii con tutti gli orti e gli orticelli che sono vicini questa zona e che va per la strada che porta ad Joam.
Tale donazione fu confermata dal fratello Boemondo nel 1093 (Cod. Dipl. Bar. I, 35).
Da un diploma datato aprile 1108 sappiamo che Riccardo Siniscalco, figlio del conte Drogone, per conto del duca Ruggiero e del principe Boemondo, dona alla basilica di San Nicola di Bari la chiesa rurale di S. Pietro Apostolo, denominata anche de Sclavezzolis con i terreni circostanti, a circa 2-4 Km. ad est di Gioia (Cod. Dipl. Bar. V, 50).
Nel 1111 Riccardo Siniscalco, per grazia ed autorità del duca Ruggero e del principe Boemondo dona alla basilica di San Nicola di Bari il castellum nostrum Ioe, che lui dice di aver costruito con nostra grande fatica e a proprie spese, comprendendo anche il territorio e tutti gli abitanti di Gioia, riservandosene l’usufrutto e lo fa nelle mani del rettore, l’abate Eustachio (Cod. Dipl. Bar. V, 57)
Nel 1199, su richiesta della Chiesa di San Nicola di Bari, si svolge l’inchiesta giudiziale per poter tornare in possesso di alcune terre espropriate dai successori di Riccardo, al termine della quale le terre ritornano alla Chiesa di Bari.
Con il regno di Enrico VI e Costanza d’Altavilla la Chiesa di san Nicolò di Bari rivendica i beni e le donazioni del 1108 (Chiesa di S. Pietro de Sclavezzolis) e ne rientrerà in possesso nel 1196. Infatti nel 1195 l’imperatrice Costanza, con un diploma rogato a Palermo, riconferma la donazione fatta da
Riccardo Siniscalco nel 1111 del Castellum nostrum Ioe alla Chiesa di San Nicola di Bari.
Quando Riccardo muore, tra il 1118 e il 1120, essendo senza figli, ha termine la signoria dei grandi feudatari normanni su Gioia, che torna a far parte del Principato di Taranto e per un secolo cade nelle mani di avidi cortigiani senza scrupoli.
E’ probabile che alla morte del conte Riccardo l’abate Eustachio, rettore della Basilica di S. Nicola, mandò a prendere possesso del feudo un rappresentante della Chiesa barese; costui prese dimora nell’Arco San Nicola.
Nell’Arco Cimone già nel sec. XII risiedeva il Legato Apostolico Benedettino, rappresentante dell’abate Eustachio, rettore della Basilica di S. Nicola di Bari, incaricato di tutelare gli interessi di detta Chiesa.
Nel 1828 l’Arcivescovo di Bari, Michele Basilio Clary, con transazione di 415 tomoli (circa 312 ettari) ceduti dagli Acquaviva d’Aragona, duchi di Atri, transazione approvata con regio assenso del 6-6-1832, ottenne il recupero alla Mensa Barese della Difesa di Monte Sannace.
Nel 1532 Giovanni Antonio Donato Acquaviva d’Aragona aveva ottenuto dal cardinale Grimaldi, arcivescovo di Bari, la locazione del feudo, territorio e cortaglie del Monte Sannace e del Canale di Gioia per un anno, corrispondendo alla Mensa Arcivescovile barese l’annuo canone di 40 tomoli di grano. L’Acquaviva d’Aragona riuscì ad imbrogliare l’arcivescovo barese sull’esatta confinazione del feudo ecclesiastico, molto più piccolo di quello reale, usurpandone circa 300 ettari.
Con il terzo Accesso in Monte Sannace nel 1635 sul possesso della Difesa di Monte Sannace da parte del duca d’Atri Acquaviva d’Aragona o la Mensa Arcivescovile di Bari si giunse al concordato del 23-12-1641 che impegnava i duchi d’Atri a corrispondere l’annuo canone di 400 ducati alla Mensa Arcivescovile di Bari per la locazione del feudo di Monte Sannace.
Il 9 maggio la Chiesa di Bari-Bitonto ricorda la Traslazione nella città di Bari delle Reliquie di San Nicola avvenuta nel 1087.
Oltre ai beni ecclesiastici che la Chiesa di San Nicola di Bari e la Mensa Arcivescovile di Bari possedevano nel territorio di Gioia, al Santo di Mira erano intitolate con molta probabilità due chiese. Una, poco nota e di cui si hanno scarsi documenti, era ubicata nel centro storico nell’Arco San Nicola, dove risiedeva il Legato Apostolico Benedettino, rappresentante della Basilica di S. Nicola di Bari, nella quale si officiava il rito latino a differenza delle vicine chiese di Santa Maria Maddalena e di sant’Andrea, dove si officiava il rito greco.
Quest’Arco fa parte di un borgo che in passato prendeva la denominazione di Borgo San Nicola.
L’altra chiesa, più volte citata nei documenti con la denominazione San Nicola de Palearis era ubicata nella zone del Canale di Gioia, detto anche Frassineto o di San Nicolò delle Pagliare (Cod. Dipl. Bar. XVI, 38).
Nella Chiesa di San Rocco, a testimonianza della venerazione dei gioiesi verso San Nicola su un altare laterale è presente una tela che raffigura il Santo mentre compie il miracolo dei tre bambini resuscitati. Da alcuni anni nella Chiesa di San Rocco il 9 maggio si fa memoria di San Nicola con una celebrazione liturgica.
Di seguito riporto una testimonianza dell’insegnante Giuseppe Montanarelli, studioso di storia locale, con particolare riguardo agli aspetti religiosi.
Il 9 maggio ricorre la memoria liturgica della traslazione del corpo di San Nicola da Myra a Bari. I gioiesi celebravano la festa minima di san Nicolicchio, presso l’antica chiesa di San Nicola nel centro storico. Sembra che la datazione della Chiesa risalga intorno al 1090.
I notabili gioiesi, fedeli al Capitolo Barese, parteciparono economicamente all’impresa dei 62 marinai, contribuendo a realizzare la prima arca in legno per conservarne le reliquie. Infatti presso il tesoro della Basilica di Bari, sul coperchio della cassa compare lo stemma di Gioia del Colle, insieme agli altri Comuni sostenitori.
I gioiesi, e soprattutto i marinai, dopo la messa solenne, portavano in processione il quadro di San Nicola, posto trionfalmente su una caravella trainata a mano. La processione si avviava verso il Borgo San Vito, denominato popolarmente di Monte Sannace, in ricordo dell’antico porto. Infatti nell’Età Preclassica Gioia del Colle aveva un fiorente porto presso il Canale Frassineto, che la collegava con Mola di Bari. Giunti alla stele di San Vito, si svolgeva la benedizione del sale e delle acque. Dopo la processione rientrava nella Chiesa di San Nicola. In questa occasione si svolgeva la vendita del pesce secco, del sale grosso e si raccoglievano i fondi per maritare le ragazze più povere. Il quadro del Santo era inserito nell’altare maggiore della Chiesa. Dopo la sconsacrazione della chiesa il quadro fu portato nella Chiesa di San Rocco e fu collocato nell’ultimo altare a sinistra.
La Chiesa era un possedimento della Collegiata Barese, venne poi acquistata da privati, dopo ancora sconsacrata ed adibita prima a cantina ed in seguito a deposito.
Il prof. Girardi sosteneva che l’arco in realtà fosse l’entrata della chiesa primitiva. L’ingresso era interrato per simboleggiare l’umiltà del Santo, ma anche la discesa e la risalita del pellegrino che entrava in chiesa.
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9 Maggio 2020