Ricciotto Canudo

Prova

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R. CanudoRicciotto Canudo nasce a Gioia del Colle il 2 gennaio 1877, 5° di 7 figli, da Eugenio Canudo e da Emilia Stampacchia, in via Cavour, 77. Suo padre, agente superiore delle imposte dirette aveva lavorato a Palermo, Catanzaro,  Messina, Bari  prima di essere  stato trasferito a Gioia nel 1868.

Sin da giovane manifesta interesse per la letteratura e per l’arte. A 16 anni partecipa a due concorsi,  l’uno con due novelle e l’altro con una lirica,con la quale ottiene la vittoria. A 17 anni scrive alcuni poemi, tra cui Piccole  anime senza corpo, un’imitazione in prosa dell’opera di Baudelaire,  pubblicato a Castrocaro nel 1898 e una raccolta di poesie. Si propone di scrivere la prosa in poesia perché sosteneva che la parola umana è già poesia. Diplomatosi presso l’Istituto Tecnico di Palermo nel 1895 e dopo aver iniziato a frequentare la facoltà di ingegneria, abbandona gli studi universitari per arruolarsi come allievo ufficiale nell’esercito regio. Collocato in congedo nel 1898 manifesta la sua poliedrica attività di letterato,scrittore, poeta,critico e conferenziere. Nel periodo compreso tra il 1898 e il 1899 è a Firenze e diventa amico di Prezzolini  e di Amendola, l’amico di Togliatti. Si interessa di lingue ( ebraico e cinese ), di storia, geografia dell’estremo oriente, di musica, di poesia e manifesta il desiderio di andare a vivere a Parigi, fervido centro culturale dell’Europa del suo tempo.

Frequenta sia la facoltà di lettere a Roma che caffè e circoli culturali, facendosi apprezzare  come relatore in numerose conferenze. Le sue conoscenze spaziano tra filologia, filosofia orientale, Divina Commedia,greco, latino, ebraico, pittura.

Nel 1901 si corona il suo sogno di vivere a Parigi, dove viene lo troviamo come inviato di ” Italian Rewe “. Per poter sbarcare il lunario è costretto ad essere operaio, venditore di saponette, pianista in un’orchestra ambulante, insegnante di lingue orientali, venditore ambulante. E’ convinto che l’uomo ha il dono della parola e il dono della vita, che è un atto eroico. Gli uomini del Mezzogiorno, come lui, inoltre hanno il dono dell’organizzazione e vedono il positivo anche nel negativo.

A Parigi Canudo svolge una funzione importantissima: utilizzare al massimo la sua capacità umana di mettere insieme tutti i rappresentanti delle arti, che sono sullo stesso piano e insieme  concorrono a creare arte e al bene. Crede nel dialogo; suo fratello si trasferisce negli USA. Questa capacità di mettere insieme, di creare anche politicamente lo avvicina al socialismo.

Con questa sua idea di sincretismo delle arti, indivisibili, che non si possono scindere (così come oggi si sostiene che la cultura è  interdisciplinare) nessuna di esse deve primeggiare sulle altre; ciò che le accomuna è la ricerca estetica del Bello, del Vero, quella bellezza e purezza che Picasso riscontra nell’arte pura, quella africana. Le civiltà primitive non sono inferiori alla nostra; infatti gli artisti si ispirano all’arte ” nera “, che è l’arte senza sovrastrutture, quella che è rimasta  pura, originaria, senza sovrastrutture (come il bambino africano, che è rimasto semplice e puro, all’oscuro delle nuove tecnologie).

Compone saggi sulla pittura, sulla scultura,sull’arte, sul teatro, opere varie, tragedie,poesie, sonetti.  Scrive saggi di critica cinematografica.  Il papà di Verdone  scopre che Canudo è il primo a far conoscere  in Italia gli impressionisti e Van Gogh, in una rivista, Vita d’arte, che si pubblica a Siena nel 1906. Continua i suoi studi e frequenta uomini di cultura di spicco del suo tempo: Apollinaire, G. Boissy, Valentine de Saint-Point, Marinetti, Soffici, Papini, D’Annunzio ed effettua numerosi viaggi e conferenze anche in Italia. Esprime apprezzamenti per la nuova estetica di Picasso, Matisse, Braque e Derain.

Canudo e PicassoApollinaire ha detto: Canudo è colui che vede per primo.  Il pittore Chagall quando lesse una sua opera disse: Un giorno sarai un grande pittore del futuro. Al compositore Stravinskij, ancora sconosciuto fu detto: Rivolgiti a Canudo.

Al 1908 risale il suo primo scritto sul cinema, la nuova arte che si sta facendo sempre più strada e di tale arte abbozza già un’estetica. Da questo momento oltre che a tenere conferenze e a dare alle stampe pubblicazioni di diversi generi letterari  e di numerosi saggi, manifesta una grande attenzione per la cinematografia.

Neanche lo scoppio della prima guerra mondiale frena la sua vena di scrittore e critico. Si arruola nel Corpo di Garibaldi, al comando del figlio di Giuseppe Garibaldi. Per un gesto eroico è insignito della Croce di guerra  con stella d’argento e per un altro atto di valore ottiene la Croce di cavaliere della Legione d’Onore. Per le eroiche imprese compiute in Francia ottiene la Croce di guerra con stella di bronzo ed inoltre la Croce di guerra con palma per i servizi di guerra e la Croce di cavaliere della stella di Romania.

Continua a scrivere con una prolificità impressionante odi, poemi, memorie di guerra, opere teatrali, sonetti e tiene conferenze in Francia e in Italia.

Nel 1917 compaiono i primi sintomi  di febbre malarica. Nel 1920 è tra i sostenitori dell’istituzione a Bari di una Università e di un Conservatorio musicale. Pubblica una serie di articoli sul cinema. Scrive per testate giornalistiche  di Roma, Firenze, Milano e anche per il Corriere  della Puglia.

Nel 1921 tiene a Parigi una conferenza su ” La settima arte “: il cinema e si fa promotore del Club degli Amici della settima arte. Da questo momento si interessa prevalentemente di cinema, con una serie di articoli e pubblicazioni.Preannuncia la registrazione isocronica della musica nei film e la imminente uscita dei films a colore.

Fa parte dell’Associazione della Stampa Cinematografica, collabora alla Gazzetta delle Sette Arti e pubblica il Manifesto  delle Sette Arti. Il 1923, durante la riunione del Club degli Amici della Settima Arte, viene salutato come ” l’alfiere del cinema “. Nello stesso anno fa votare una mozione in cui si rivolge un invito a tutte le nazioni affinché collaborino per la diffusione del cinema latino.

Canudo e D'AnnunzioMuore il 10 novembre 1923 a seguito di complicazioni susseguenti  a due interventi chirurgici ad un orecchio.

I giornali di tutto il mondo danno risalto  alla sua figura e sottolineano che la sua morte costituisce una grave perdita per le arti del XX secolo e specialmente di quella cinematografica.

E’ unanimemente considerato come  ” il padre dell’estetica cinematografica “, uno dei più grandi studiosi e sostenitori del ruolo importante della cinematografia nella società del XX secolo.

Ha coniato per la cinematografia l’espressione ” Settima Arte ” perché riteneva che fosse tale, al pari delle due tradizionali: l’architettura e la musica. Queste avevano generato le altre arti: la pittura, la scultura, la poesia e la danza. La Settima Arte, il cinema,  arriva per ultima, è magia. Il numero 7 è magico (tra fisica, chimica e scienze), è la settima arte nella scala delle 7 donne; il 7 è un numero mitico, è un numero importante nella storia. Occorre unire il passato, il presente ed il futuro, senza rinnegare nulla del passato. Non esiste un momento della storia superiore all’altro; ogni momento è bello. La storia comprende 7 arti: 3 del tempo, mobili (Musica, Poesia e Danza), che aleggiano sul movimento delle note, delle parole e del corpo umano e 3 dello spazio, altrettanto mobili (Architettura, Scultura e Pittura).

Queste sei arti si uniscono nel Cinema,che diventa la Settima Arte, ultima della storia, ma che le integra tutte; a titolo esemplificativo non avremmo avuto il cinema se non ci fosse stata la pittura e la prospettiva, l’architettura con lo spazio e il movimento e la musica con il  suo il ritmo.

Il 28-12-1895 in un caffè di Parigi, il Boulevard des Italiens i fratelli Lumière danno la prima proiezione cinematografica.

Canudo è  un personaggio attualissimo. Secondo lui tutte le materie, tutte le lingue sono uguali, sono sullo stesso piano. Ha una fiducia assoluta negli altri, nei giovani. Ha il senso dell’organizzazione unitaria della cultura; la cultura è sì individuale, come la poesia, ma come tutte le arti è fatta per gli altri. L’artista è colui che opera  al servizio del popolo, della gente, non è un solitario, un lunatico.

I fratelli Lumière, inventori del cinema sostenevano che il cinema non avrebbe avuto mai futuro, Canudo ribadisce l’importanza del cinema nella società dell’immagine, capisce il senso estetico del cinema, la sua valenza estetica, che racchiude la storia. Canudo insegna che occorre guardare al futuro. Ogni suo editoriale è un inno al futuro; occorre costruire il futuro, il cinema, la letteratura, far tesoro del passato per costruire il futuro. La storia è il nostro futuro; occorre vivere il presente senza buttar via il passato. Della sua Puglia, terra dei Greci, dei Bizantini, dei Turchi, dei Romani, che hanno portato in essa le loro civiltà, conserva la storia, il nostro patrimonio. Canudo ci dà tanti spunti per il futuro. Afferma che la bellezza ha un ruolo cruciale per la salvezza dei popoli; abbiamo bisogno del bello, che rispecchia il bello del corpo umano, delle bellezze architettoniche. Inneggia al Castello di Gioia e al mito, che ci porta lontano, come a quello di Bianca lancia e dei seni recisi nella torre del castello gioiese.

Canudo veniva da scuole tecniche e affermava che il cinema è un linguaggio tecnico, ma è anche il linguaggio del sogno. Il suo motto è che per qualunque azione  che compiamo dobbiamo mirare alla meta ed oltre: Ad metam ed ultra, mai adagiarsi  sugli allori, sempre oltre la meta, sempre al servizio degli altri.

Il messaggio di Canudo è di una attualità sconvolgente, un messaggio che ha portato dal Sud, dalla sua Gioia, dalla Puglia, dall’Italia in Francia, la sede europea  della cultura nel ‘900. La scienza è la salvezza dell’uomo se, al di là del rapido progresso tecnologico,  conserva il suo umanesimo. Canudo ha capito che, attraverso il montaggio delle immagini ferme, messe una dietro l’altra, si ottiene il movimento tipico del cinema, al quale si aggiunge la musica. Fondendo diverse arti il cinema diventa la scienza che fa sognare, è umanesimo.

La grandezza e l’attualità di Canudo sta nel fatto che fa comprendere che la cultura ha una dimensione europea che annulla tutte le frontiere. Pur restando ancorato al suo passato, pur formato alle scuole tecniche, Canudo rimane un umanista innovatore, un avanguardista ed europeista convinto.

In occasione del primo centenario della sua nascita il Comune di Gioia del Colle ha apposto sulla facciata della sua casa natale, in Via Cavour n. 91, una targa con la seguente iscrizione:

Targa commemorativa del centenario della nascita di Canudo

In questa casa nacque il 2 gennaio del 1877

Ricciotto Canudo

poeta – romanziere – saggista- filosofo della musica

eroico combattente della grande guerra

fondatore dell’estetica cinematografica

la Città di Gioia

fiera di annoverarlo fra i suoi figli più illustri

nel primo centenario della nascita

pose questa targa

come tangibile segno di ricordo

alle presenti e alle future generazioni

Per ricordare questo illustre figlio il Comune di Gioia del Colle ha intitolato a Ricciotto Canudo anche una importante strada, quella precedentemente intitolata Corso Principe di Napoli, e il locale Liceo Scientifico Statale.

Allo scopo di divulgare le opere e la fama di Canudo  nel 1982 è stata istituita la Fondazione Ricciotto Canudo. Essa, inoltre, intende promuovere ed agevolare iniziative ed attività che mirano ad incrementare la cultura e la civiltà nel campo delle scienze e delle arti, specie la letteratura, il cinema. il teatro, la danza e le arti visive.

Le foto sono tratte dal volume : Giovanni Dotoli – Bibliografia Critica di Ricciotto Canudo – Schena Editore – 1983.

©  E’ consentito l’uso del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte e il nome dell’autore.

 

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8 Marzo 2007

  • Scuola di Politica

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