Regionando: La Povertà In Puglia (seconda parte)
Seconda Parte Adriano Olivetti considerava la ricchezza come condivisione non come accumulazione. Marco Zupi nel suo: "Si può sconfiggere la povertà? (Laterza,2003) ha tentato di superare la povertà connessa soltanto all'indicatore economico. All'alba del 2000 le rilevazioni ufficiali hanno recepite questa impostazione in tutte le sedi internazionali e oggi anche a livello della nostra Regione […]
Adriano Olivetti considerava la ricchezza come condivisione non come accumulazione. Marco Zupi nel suo: "Si può sconfiggere la povertà? (Laterza,2003) ha tentato di superare la povertà connessa soltanto all'indicatore economico. All'alba del 2000 le rilevazioni ufficiali hanno recepite questa impostazione in tutte le sedi internazionali e oggi anche a livello della nostra Regione la definizione concordata è la seguente: "povertà è l'insufficiente disponibilità, controllo e gestione delle risorse naturali, finanziarie, organizzative e umane che permettono alle persone di operare le proprie scelte e di vivere dignitosamente, normalmente si potrebbe aggiungere" (cfr.Zupi). Questa definizione della povertà serve per svelare la contraddizione e l'ambiguità della corrente culturale dell'"abile povero".
Quest'ultima ci induce di continuare ad approvare e a far permanere la povertà come "dato di natura" ovvero "attività criminale", "costo da pagare per il progresso".
La soluzione viene affidata alla discrezione della beneficenza privata. La recente vicenda dei lavavetri è dentro questo pensiero. La permanenza degli stigmi negativi della povertà non permette di cogliere la portata delle riforme delle politiche sociali, prodotte dai diversi approcci culturali. Dopo gli interventi effettuati dal dopoguerra in Puglia dal sistema pubblico, si è tentato di frantumare l'"abile povero" invece allo stato attuale se ne nota la sua presenza: Si verificano fatti di criminalità?
Subito si stabilisce l'eguaglianza: emarginazione=delinquenza Si registrano fatti di stupro? Ecco che si evoca il comportamento dei balordi. Si compiono scippi e furti, la colpa è dei senza fissi dimora. Il ruolo della Chiesa pugliese dopo il Concilio – anni '70/'80- è stato orientato a superare la beneficenza privatistica dell'individuo, e di perseguir opere di giustizia. L'equilibrio a favore del diritto, vanifica il favoritismo e il clientelismo.
Il Volontariato pugliese in maggioranza cattolico ha favorito l'accesso alle risorse pubbliche dei gruppi sociali esclusi. Agli inizi degli anni '90 troviamo il Volontariato a compiere azioni di supplenza del Servizio pubblico per fronteggiare le emergenze delle esclusione sociale: immigrazione, prostituzione, povertà estreme, persone abbandonate. Si è trattato di interventi "sostitutivi" di quelli pubblici.
Quando si è presentato il cambiamento prodotto dalle leggi di riforma dei servizi (L.328/2000 e L.R.N.17/2003) che richiede attori sociali protagonisti alla pari con le Istituzioni Locali e non a queste subordinati, sono emersi i limiti del "privato sociale pugliese".
La stessa area cattolica non ha capito la portata del cambiamento che si apriva e destinato a "sconfiggere la povertà pugliese". La concertazione ha prodotto il primo Piano Regionale Sociale" e i primi "Piani Sociali di Zona".
La concertazione è stata effettuata in 44 ambiti Territoriali. Alla vigilia di una nuova tornata concertativa , per il secondo Triennio dei Piani Sociali di Zona, a tutti "gli attori" viene richiesto una profonda verifica di quello che è stato fatto e non fatto nel Triennio precedente.
Nel frattempo è stata riscritta la legge regionale (L.R.N.19/2006) ed è stato pubblicato il Nuovo Regolamento per l'attuazione della stessa. Si tratta di strumenti necessari per fermare lo "scivolamento" verso la povertà di gruppi che finora sembravano al riparo. Invece l'incertezza colpisce anche i "benestanti" cittadini pugliesi e da ricchi di oggi si diventa facilmente poveri di domani.
Ottobre 2007 FRANCO FERRARA Pubblicato sul N. 24 di "Cercasi un fine" – Novembre 2007
23 Dicembre 2007