Oggi ho perso anch’io
Il nostro scrittore gioiese Francesco Resta e il suo nuovo romanzo. “Oggi ho perso anch’io” ha la pretesa di voler raccontare, attraverso il filtro di una vicenda individuale, quella di Nicola che “fugge” dal suo paese di provincia, una triste pagina della nostra storia nazionale, quella della fine di un’epoca: la scomparsa degli ultimi contadini […]
Il nostro scrittore gioiese Francesco Resta e il suo nuovo romanzo.
“Oggi ho perso anch’io” ha la pretesa di voler raccontare, attraverso il filtro di una vicenda individuale, quella di Nicola che “fugge” dal suo paese di provincia, una triste pagina della nostra storia nazionale, quella della fine di un’epoca: la scomparsa degli ultimi contadini del Mezzogiorno con tutti i loro valori, le tradizioni e i modi di vivere.
La storia è autobiografica e racconta le vicende di Nicola, ventenne che, dopo il servizio militare, ritorna nel suo paese d’origine, in Puglia. Qui si trova a fare i conti con una realtà ben diversa da quella che si immaginava. Insieme agli amici di scuola, Giuseppe, Mimmo, Marco, Gigino, apre gli occhi sulla corruzione politica, il malcostume dilagante, le tradizioni e le credenze. E mentre il mondo intorno si muove, scosso da avvenimenti quali la caduta del muro di Berlino, i ragazzi si interrogano sul loro futuro, sulle loro prospettive, sognano grandi cambiamenti e grandi ideali, in una terra in cui tutto sembra rimanere immobile e sempre uguale a se stesso. Ma una volta laureato in legge, Nicola deve fare una difficile scelta: diventare un servo di partito per inserirsi nel mondo del lavoro o rimanere un uomo libero. Sceglierà la seconda strada ma pagherà un prezzo altissimo, sarà costretto a lasciare il suo paese per andare a lavorare al Nord. Nicola decide di partire, tuttavia, quando per necessità di cose vede tutti i suoi amici, uno dopo l’altro, venir meno a quegli ideali che in un primo momento avevano condiviso insieme. Fugge lontano, dove la realtà è diversa, lasciandosi alle spalle sogni e aspettative, con la consapevolezza di aver perso la propria battaglia.
I protagonisti sono persone semplici, gente qualunque, come Giuseppe che vive in famiglia con i cinque fratelli e l’ambiente familiare diventa quasi un guscio esistenziale dove rintanarsi; Marco che segue il padre in campagna, Nicola che ha deciso di studiare e Armando che fa il ferroviere e, a un certo punto, vuole creare un circolo culturale; e infine Mimmo, insegnante supplente.
Procedendo nella lettura scorrevole e accattivante di questo complesso romanzo appare avanti agli occhi una realtà sociale chiusa su se stessa, malata, distesa sul tavolato della Murgia come un vecchio abbandonato con tutte le sue contraddizioni tipiche dei nostri paesi di provincia.
Siamo alla fine degli anni ottanta e sin dalle prime pagine, dietro le diverse realtà descritte minuziosamente, che fanno ricordare le tipiche frasi dialettali (ih cud cristiane!), i luoghi caratteristici dei nostri borghi(Piazza XX Settembre, la “Chiesetta”) e i personaggi indimenticabili della storia recente della nostra città(Peppino il fiammuso, Santino Notanicola detto Pantera), traspare una profonda introspezione psicologica. L’ambiente familiare, le giornate dei contadini, le lunghe ore di studio, i ricordi d’infanzia, le partite a pallone alla Prichicca, le noiose serate trascorse su via Roma, sogni e illusioni che non si esauriscono alla pura descrizione ma alludono a un significato meno apparente: suggeriscono ai protagonisti, un gruppo di amici di diversa estrazione sociale, il loro essere effimero, sfuggevole e precario, la fine imminente del loro mondo.
Il vitale intrecciarsi di vita interiore e vita sociale fanno scoprire le cause storiche, politiche ed economiche che hanno portato a una situazione difficile da modificare per non dire impossibile.
Il declino del protagonista è anche il declino di un certo modo di guardare la vita e non a caso il 9 novembre 1989 data della caduta del Muro di Berlino, coincide con il crollo di un mondo e la perdita dei valori in cui si identificava il protagonista: la morale, la religione, la famiglia, l’obbedienza, la rassegnazione, la sopportazione, il risparmio. Valori in cui Nicola crede ciecamente e assiste impotente, dietro un caotico fenomeno di incomprensibili trasformazioni sociali, al loro tramonto. E scaturisce da ciò uno struggente e lucido addio alla propria terra, la sua terra “tanto amata quanto ingrata”, per riconoscere con rassegnazione la propria sconfitta senza alcun tipo di rivalsa e pregiudizio ma accettando l’inevitabile umano epilogo.
“Oggi ho perso anch’io” vuole essere anche un preludio alla tragica venuta del consumismo e alla conseguente scomparsa di quei punti di riferimento che rendevano la vita dei giovani di allora piena di privazioni e sacrifici ma davano anche la libertà di sognare e illudersi in un futuro migliore.
Le considerazione di Francesco Resta:
"Vivo a Sondrio da vent'anni, dove insegno. I primi tre anni li ho passati da precario in Trentino e poi, per il passaggio in ruolo, mi sono spostato in Valtellina. Le regioni dell'arco alpino le conosco come le mie tasche e quindi ho conosciuto anche la gente del profondo Nord; gente umile, laboriosa, rispettosa e con senso del dovere. Qualità che difettano a molti meridionali, ma in cambio noi "terroni" abbiamo qualcosa che a loro manca: calore umano, personalità solare, senso dell'ospitalità. Naturalmente i "polentoni" sono pronti a riconoscerlo.Col passare degli anni perciò, noi gioiesi trapiantati al Nord, nonostante abbiamo ottenuto tutto quello che si può desiderare dalla vita, come un lavoro sicuro e soddisfacente, agiatezza economica, affetti familiari, ecc..; accusiamo nell'animo un vuoto insopportabile e ci voltiamo indietro mestamente col pensiero a ricordare ciò che avevamo lasciato: il suolo natio, gli odori e i sapori della nostra terra, le parentele e le amicizie della gioventù ormai lontani. Tutto ciò costituisce solo oggetto di chiacchierate e discussioni, la domenica mattina nella piazza principale della città, dove ci riuniamo tra di noi, come lucertoloni al sole, per ricordare i tempi andati.Verga aveva ragione, il meridionale non può allontanarsi dalla sua terra ma deve rimanere, come l'ostrica, attaccata al suo scoglio. E se un meridionale non può andar via, figuriamoci un gioiese."
Editore: Montedit
Collana I salici (narrativa)
15×21 – pp. 348 – Euro 15,00
ISBN 978-88-6037-309-0
19 Ottobre 2007