Masseria e cappella Rosati, oggi masseria D’Onghia
A circa 4 Km. da Gioia, in direzione ovest sulla via per Santeramo in Colle, in contrada Busciglio, un tempo zona ricoperta da numerosi boschi, la famiglia Rosati agli inizi del ‘700 costruì due abitazioni a poca distanza l’una dall’altra. Quella che si affaccia sulla provinciale per Santeramo è indicata sulla carta topografica dell’Istituto Geografico […]
A circa 4 Km. da Gioia, in direzione ovest sulla via per Santeramo in Colle, in contrada Busciglio, un tempo zona ricoperta da numerosi boschi, la famiglia Rosati agli inizi del ‘700 costruì due abitazioni a poca distanza l’una dall’altra.
Quella che si affaccia sulla provinciale per Santeramo è indicata sulla carta topografica dell’Istituto Geografico Militare come Casino Rosati ed attualmente è proprietà del prof. Vito Antonio Lozito, mentre l’altra, ubicata a circa 500 metri dalla precedente, per la sua maggiore grandezza è indicata come masseria Rosati.
La famiglia Rosati ha dato i natali a personaggi famosi che hanno onorato Gioia e l’Italia.
Il notaio Carlo Rosati è stato sindaco di Gioia dal 1859 al 1860.Suo nipote, Domenico (1881-1950), avvocato, magistrato nella Corte d’Appello di Trani, Presidente della Cassazione e Presidente della Corte Suprema. Viveva a Roma e al suo ritorno a Gioia trascorreva i periodi di vacanza nella Casina Rosati, fatta costruire dal padre Pasquale nel 1889. Sulla facciata dell’abitazione fece apporre la seguente iscrizione: Rure mihi vivam dum aliis vixerim urbe.
Carlo Rosati, fratello di Domenico (1883-1961), avvocato, magistrato di Cassazione, fu Questore e Prefetto del Vaticano, di Brescia ed alto funzionario del Ministero dell’Interno. Durante il periodo estivo trascorreva le vacanze presso la Masseria Rosati.
A questi due personaggi il Comune di Gioia ha intitolato una strada cittadina nei pressi dell’Hotel Svevo.
Il nome di Pasquale Rosati (1937-1996), docente universitario di Frutticultura e Genetica agraria presso l’Università di Ancona e docente di Agraria nelle Università di Roma, Bologna, Potenza ed Ancona, è legato agli studi e al miglioramento genetico della fragola sia in Italia che in Francia e in America.
Questi rappresentanti della famiglia Rosati sono sepolti nella cappella di famiglia nel Cimitero monumentale di Gioia del Colle.
Un Marino Rosati nel 1872 fu eletto maestro della Banda Musicale di Gioia; fu anche direttore dell’omonimo Circolo Musicale, che organizzava anche tornate letterario-musicali e nel 1860 chiedeva al sindaco di Gioia un contributo per la sua Filarmonica.
Notizie più approfondite sulla famiglia Rosati è possibile reperirle su questo stesso sito, https://www.gioiadelcolle.info/marino-rosati/ e https://www.gioiadelcolle.info/pasquale-rosati/.
LA MASSERIA
La masseria Rosati è attualmente proprietà della famiglia D’Onghia, originaria di Noci, che l’ha acquistata nel 1964 e la utilizza come azienda agricola e zootecnica.
Fu costruita tra il 1707 e il 1732 come masseria fortificata con torrette di avvistamento e camminatoi, probabilmente su una preesistente modesta costruzione, tipo lamioni con tetti a pignon, come si evince da ambienti presenti sul lato nord dell’attuale masseria. Il primo nucleo abitativo si sviluppava su un unico livello ed era meno esteso di quello attuale. Dopo l’800 si provvide alla sopraelevazione, dotandola di elementi fortificati e costruendo nuovi ambienti che formavano una corte interna chiusa dai quattro lati.
Al complesso edilizio si accede attraverso un grande arco ribassato sul cui fianco sinistro è posizionata la porta di accesso alla cappella di famiglia. La presenza di una cappella nei pressi di masserie di Gioia è molto frequente e rispondeva al bisogno che, non solo i proprietari, ma anche i braccianti e gli operai che lavoravano in quel territorio, avvertivano di assolvere alle loro pratiche religiose, senza grosse perdite di tempo dovute agli spostamenti in paese per seguire tali riti.
In particolare alcuni componenti della famiglia Rosati facevano parte del clero locale e quindi potevano celebrare messe e amministrare alcuni sacramenti.
Segue sullo stesso lato nord della corte una scalinata di accesso al piano superiore, su cui è accennata un’edicola con croce sovrastante, ad indicare la presenza di una cappella, e un edificio che chiude il lato est. Altri locali, costruiti successivamente a chiusura dell’atrio sul versante sud, tra i quali una zona adibita a deposito e alla vinificazione e un forno a legna, completano il complesso abitativo.
Alcuni decori architettonici presenti sulla facciata interna posta a nord sono la testimonianza della originalità del primo insediamento abitativo.
LA CAPPELLA
Una iscrizione, posta sull’architrave della chiesetta riporta l’anno 1788, probabile data della sua edificazione, anche se si avanza l’ipotesi che questa sia stata costruita su una preesistente cappella rurale.
Dopo aver varcato la soglia ci appare un grazioso locale con volta a stella, adorno di pitture murali, messe in bella evidenza dalla luce che si diffonde dalla porta d’ingresso e da una elegante bifora gotica, che si apre sul lato sinistro, elemento architettonico che richiama quelle del castello e della chiesa di Santa Lucia.
Il pavimento è in cocciopesto, materiale edilizio usato sin dagli antichi romani e che presenta una notevole durabilità e resistenza oltre una scarsa permeabilità dell’acqua.
Di fronte alla porta d’ingresso è posizionato un artistico altare, addossato alla parete di fondo, che presenta decori policromi. Sulla sua sommità, racchiuso in un’arcata a sesto acuto, è presente un dipinto murario raffigurante la deposizione di Gesù dalla Croce, ai cui lati sono presenti Gesù stesso e la Madonna racchiusi in un tondo.
Sui lati destro, centrale e sinistro uno zoccolo policromo, con prevalenza del verde e modanatura superiore e inferiore color rosso, si innalza dal pavimento fino a metà dell’altare, al cui interno si susseguono rettangoli color rosa con bordi in rosso, che racchiudono tre tondi di colore scuro. Sulla parete destra e su quella sinistra sono dipinte le 14 stazioni della Via Crucis. Quelle sul lato sinistro sono poco visibili, ma una copertura trasparente posta sulle stesse abbozza la scena che era stata originariamente dipinta. Meglio conservate e visibili sono le scene delle altre sette stazioni dipinte sul lato destro della cappella.
I dipinti sono venuti alla luce casualmente a causa di un accidentale distacco di alcuni strati di calce che ricoprivano l’intera cappella, come si evince da alcune foto della fine degli anni ’90, e che hanno portato alla luce alcuni tratti cromatici sottostanti, che hanno attirato l’attenzione dei proprietari.
Sul lato sinistro è presente anche un’artistica acquasantiera in pietra lavorata, la quale per la sua grandezza potrebbe essere stata utilizzata anche per cerimonie battesimali.
Con l’intervento della Soprintendenza ai beni artistici nel 2017 si è provveduto alla rimozione degli strati di calce e ad un restauro conservativo dei dipinti sottostanti.
L’effetto che si è ottenuto è quello di essere in presenza di un luogo sacro pittoricamente gradevole e luminoso e di grande spiritualità e raccoglimento.
All’esterno del complesso edilizio sono presenti una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, ad uso della comunità ed un forno per la cottura delle pietre per ottenere la calce.
In tempi più vicini a noi la masseria è stata ampliata con una costruzione che viene utilizzata come agriturismo.
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7 Dicembre 2021