L’Ufficio Postale a Gioia del Colle
Gioia, essendo sulla strada consolare che da Bari conduce a Taranto era tappa di sosta per ogni tipo di corrieri. Nell’Apprezzo della Terra di Gioia del 1611 stilato da Federico Pinto si dice: …et il Procaccio, che viene da Napoli per andare a Taranto, passa nello andare e ritornare per mezzo di detta Terra di […]
Gioia, essendo sulla strada consolare che da Bari conduce a Taranto era tappa di sosta per ogni tipo di corrieri.
Nell’Apprezzo della Terra di Gioia del 1611 stilato da Federico Pinto si dice: …et il Procaccio, che viene da Napoli per andare a Taranto, passa nello andare e ritornare per mezzo di detta Terra di Gioja, et ivi viene a fare continuamente stanza, per essere non solo capo giornata, ma anco per la comoda abitazione.
Nel 1806 fu disciplinata dal Decurionato di Gioia l’usanza dei corrieri pedatici per la corrispondenza.
Nel 1819 il Decurionato di Gioia fa richiesta dello stabilimento di un ufficio di procaccio per Gioia e anche per utilità dei Comuni vicini.
Ad agosto del 1837, dopo 8 anni, scadeva il contratto di locazione stipulato con il Comune da Vitantonio Straziota, all’epoca titolare della locale scuderia dei cavalli di Posta, per l’uso del vecchio lamione, detto di San Domenico, perché ubicato alle spalle dell’ex Convento dei Domenicani, sito religioso dove verso il 1816 era stata trasferita la Casa Comunale.
Il sindaco Lorenzo Ceppaglia il 23 aprile convocò il Decurionato per deliberare il rinnovo della locazione del lamione.In quell’occasione alcuni Decurioni presentarono una mozione in cui affermavano: E’ cosa sorprendente e dispiacevole che in questo Comune, che contiene al di sopra di 12.000 abitanti e che è situato nel punto d’incontro di diverse provincie, con una strada consolare, per dove transita la diligenza ed il procaccio, non vi sia un locale proprio da servire per Teatro. Per questo stimavano di non rinnovare la locazione per l’uso precedente, ma di utilizzarlo come Teatro, disposti ad aprire una sottoscrizione volontaria per la formazione del Teatro in detto locale, da riattarsi all’uopo, essendo anche ciò di voto pubblico.
L’apertura dell’Ufficio Postale a Gioia fu aperto nel 1852. Nel 1858 abbiamo l’impianto del telegrafo elettrico nel nostro Comune.
Il 13 gennaio del 1859 Ferdinando II, in una visita in Puglia, venne anche a Gioia. Qui si verificò un episodio assurdo e ridicolo, che ci testimonia il clima di sospetti e terrore in cui la monarchia e la popolazione vivevano in quel tempo.
Gioia era stazione di cambio di cavalli. Quelli della carrozza reale furono prontamente procurati dal maestro di posta Francesco Straziota.
Durante il tragitto tra Gioia e San Basilio, nella ripida discesa di Serra Amara (Seramàn), in uno scarto per una brusca frenata, un cavallo di bilancino si trovò a tiro della carrozza reale e sferrò un calcio che sfondò quasi lo sportello, al punto di insudiciare il vestito della regina. Si pensò ad un attentato e lo Straziota venne arrestato. Al ritorno da Lecce, i cavalli incriminati, su insistenza dello Straziota, vennero sottoposti a nuova prova; poiché risultarono perfetti e lodati per la loro vigoria, lo Straziota fu giudicato incolpevole e venne scarcerato, dopo 24 giorni di carcere.
L’11 settembre 1859 il Consiglio delibera il fitto per l’Officina di Telecrafia Elettrica e si parla del passaggio del filo elettrico da Gioia. Tale Officina nel 1865 viene allocata in paese e non più nei locali della ferrovia. Nel 1866 l’Ufficio Telegrafico passa dalla seconda alla terza classe, variazione che comporta sgravi economici per il Comune.
Il R. Commissario, a seguito di espletamento di un concorso, a febbraio del 1880 nomina il primo portalettere, Ciquera Giacomo, con il compito di scritturale nella Segreteria Comunale quando era libero da quel servizio.
L’istituzione di un ufficio postale risale a Biagio Favale alla fine dell’800, che fu allocato nel palazzo che il dott. Pietro Nicola Favale aveva fatto costruire allorquando nel 1820 acquistò la vecchia sede del Comune con annesso vecchio mulino, dove i cittadini macinavano i cereali, ubicata all’angolo tra corso Vittorio Emanuele II e Via Duomo. Dopo aver demoliti quegli edifici fatiscenti costruì una nuova abitazione per propria dimora e per abbellire quel quartiere del paese. In quegli anni la sede del Comune fu spostata nel Convento di San Domenico, costruzione che Gioacchino Murat nel 1813 e il re Borbone Ferdinando I nel 1816 avevano espropriato all’Ordine domenicano e avevano concesso in uso al Municipio di Gioia per usi civili.
Biagio Favale affidò la direzione dell’ufficio postale alla figlia Maria. Quando Maria Favale prese come marito Antonio Sergio, divise con lui la conduzione dell’ufficio e per questo veniva identificato come “don Antonio della posta”.
Nel 1903 l’ufficio postale fu spostato in Piazza Plebiscito, in alcuni locali del palazzo De Bellis, quello che fu demolito alla fine degli anni ’60 per far posto ad una costruzione condominiale, che ha snaturato l’impianto ottocentesco della piazza.
La gentilezza e professionalità nel dirigere l’ufficio è testimoniato non solo da tutti i gioiesi che frequentavano l’ufficio, ma anche dal poeta-soldato Gabriele D’Annunzio. Egli ebbe contini contatti con la signora Favale durante la sua permanenza a Gioia del Colle nel periodo compreso tra settembre ed ottobre del 1917, in occasione del volo su Cattaro spiccato dal nostro campo di volo il 4 ottobre di quell’anno.
D’Annunzio prima della sua partenza da Gioia donò una copia del suo libro “Per la più grande Italia. Orazioni e messaggi di Gabriele D’Annunzio” edito a Milano nel 1915, con la seguente dedica: Alla signora Favale in memoria dei giorni di Gioia del Colle divenuta per noi Gioia della Vittoria. Il riconoscente Gabriele D’Annunzio. Settembre-ottobre 1917.
In una successiva lettera inviata sempre alla signora Favale il poeta scriveva: Gentile signora, ringrazio cordialissimamente Lei e tutti i Suoi cortesi e diligenti cooperatori. Tornerò presto. Gabriele D’Annunzio. 10 settembre 1917.
Nel 1906 l’Amministrazione comunale di Gioia concede un contributo per l’aumento di un secondo telegrafo e per continuazione dell’orario di servizio.
Dopo l’accoppiata Favale Sergio, durata fino alla fine del secondo conflitto mondiale, la direzione dell’ufficio postale fu assunta dal nipote di Maria Favale, l’ingegnere Umberto Cirsella, che esercitò anche la libera professione progettando, tra gli altri, il palazzo della famiglia Romano tra via Ugo Bassi e via Giovanni Prati e il palazzo della famiglia Pastore sito in via Ricciotto Canudo. Si deve a lui anche il progetto di ricostruzione del cavalcaferrovia di Via Giovanni XXIII, che fu bombardato nel settembre del 1943 dai tedeschi in ritirata e il progetto esecutivo e la direzione dei lavori del Cinema Vittoria, eseguito con costruzione di capriate Polonceau, loggione in cemento armato e cabina di proiezione in c. a. a sbalzo sul loggione stesso.
All’interno dell’Ufficio postale l’ingegnere Umberto Cirsella dapprima si occupò del telegrafo Morse e successivamente ne divenne direttore fino all’anno della sua morte, il 1947. Il figlio, Antonio Cirsella Sergio, anch’egli ingegnere, ha interrotto la tradizione di famiglia, dedicandosi esclusivamente alla libera professione di ingegnere.
Per un caso della sorte, invece, in tempi vicini a noi qualche dipendente dell’ufficio postale porta lo stesso cognome della famiglia che in passato per decenni ha diretto con passione e competenza questo pubblico servizio.
Nel 1952 l’ufficio postale fu trasferito al piano terra della scuola media Losapio in piazza Umberto I e successivamente in corso Principe di Napoli, l’attuale Corso Ricciotto Canudo.
La sede si è spostata poi in Corso Garibaldi, l’isolato a est di via Bartolomeo Paoli attualmente utilizzato da “Mago della pizza”, e in Via Benagiano, angolo via Angelillo, per lavori di ristrutturazione della sede in corso Canudo.
Nel 1962, a ricordo del 110° anniversario dell’apertura dell’Ufficio Postale, venne organizzato un evento commemorativo. Una diligenza postale, che era stata utilizzata in passato sulla tratta Brindisi-Roma e che nel suo percorso attraversava il nostro paese, con cocchiere e procaccio in divisa si fermò in Piazza Plebiscito, davanti alla primitiva sede dell’Ufficio Postale. Il personale postale allora in servizio, unitamente al Direttore, ad alcune autorità civili e militari e a qualche spettatore, si lasciò fotografare a ricordo dell’avvenimento.
Tra i vari direttori che si sono succeduti nella gestione dell’ufficio postale di Gioia mi piace ricordare Vincenzo Rubino, del quale lo scorso anno ricorreva il centenario della nascita.
Con delibera del Commissario Prefettizio del 12 marzo 1958 in alcuni locali di proprietà comunale nella contrada di Montursi vengono istituiti una sezione distaccata di Stato civile e di Anagrafe, una sede scolastica ed un Ufficio Postale.
Agli inizi del terzo millennio, su richiesta dell’Amministrazione comunale che voleva andare incontro ai bisogni della cittadinanza gioiese e per snellire le file dei frequentatori dell’ufficio postale, è stato aperto un secondo ufficio in Via dott. Giovanni Colapietro, sulla via che conduce a Noci.
© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte ed il nome dell’autore.
19 Marzo 2022