Le neviere
Dai tempi antichi l'uomo ha avvertito l'esigenza di procurarsi refrigerio durante la calura estiva e, non avendo i mezzi di cui oggi disponiamo, ha utilizzato ciò che la natura gli offriva: la neve. La neve in passato da qualcuno era considerata una maledizione divina, perché rovinava alcune colture agricole, pregiudicando i raccolti. Come ogni moneta ha una doppia faccia, […]
Dai tempi antichi l'uomo ha avvertito l'esigenza di procurarsi refrigerio durante la calura estiva e, non avendo i mezzi di cui oggi disponiamo, ha utilizzato ciò che la natura gli offriva: la neve.
La neve in passato da qualcuno era considerata una maledizione divina, perché rovinava alcune colture agricole, pregiudicando i raccolti. Come ogni moneta ha una doppia faccia, così anche per questo fenomeno atmosferico l'uomo col passare del tempo ha apprezzato il lato positivo, vedendo in esso un beneficio per la natura, poiché la neve rallentava la crescita dei semi e delle piante e contribuiva alla distruzione degli insetti nocivi all'agricoltura. Inoltre ha imparato a considerarla una merce preziosa anche per lui e ad utilizzarla sia per scopo alimentare ( per la preparazione di sorbetti e bevande fresche e per conservare cibi, come riserva di acqua potabile nei periodi di siccità ) che per uso ospedaliero e medico ( cura di ascessi, contusioni, febbre ). La neve era anche utilizzata da comunità monastiche, specialmente per la conservazione di prodotti caseari.
Nei tempi passati, quando non erano state ideate e prodotte apparecchiature refrigeranti, per contrastare gli effetti del caldo estivo la popolazione faceva ricorso all'utilizzo della neve, che veniva recuperata e stipata in luoghi adatti durante le abbondanti precipitazioni invernali.
Potrà sembrare strano alle nuove generazioni ( abituate ai giorni nostri a gustare un buon gelato, dissetarsi con una bevanda fresca, rinfrescarsi, avere un po' di refrigerio durante la stagione estiva ) la pratica in uso nel secolo scorso di ricorrere all'utilizzo della neve, conservata durante l'inverno, per conseguire tali finalità.
Il consumo della neve presso alcuni popoli nei tempi antichi era considerato un segno di ricchezza e di raffinatezza. Anche nella Villa dell'imperatore romano Adriano a Tivoli una grossa galleria scavata nel tufo sembra essere stata utilizzata come deposito di neve.
In genere la neve veniva deposta in luoghi esposti a nord, quindi freschi e umidi, come sotterranei, grotte, scantinati, fosse oppure in locali appositamente costruiti.
La neviera ( o niviera, forma che ricalca più fedelmente l'etimologia latina ) è una struttura semplice, ma funzionale, indispensabile per assicurarsi l'utilizzo del ghiaccio nei caldissimi mesi estivi.
Queste strutture, ormai quasi tutte distrutte o dal tempo o dalla mano dell'uomo, prendono il nome di neviere perché sono dei veri e propri depositi di neve, che col tempo si trasforma in ghiaccio. Le uniche strutture sopravvissute sono state dismesse a seguito dell'installazione e del funzionamento di impianti per la produzione industriale di ghiaccio, le cosiddette " fabbriche di ghiaccio ".
Gioia è stato uno uno dei pochi paesi del circondario a dotarsi di una fabbrica di ghiaccio sin dai primi decenni del Novecento e questo soprattutto perché la stessa forniva le cosiddette " bacchette" di ghiaccio da 25 chilogrammi, che principalmente servivano per refrigerare i prodotti agro-industriali locali ( essenzialmente ortofrutta e mozzarelle ) che venivano spediti sia al Nord che nel resto dell'Italia per mezzo di vagoni ferroviari attrezzati per quel trasporto o con autotreni. La costruzione fu realizzata in contrada Acquaro, nei pressi del cavalcaferrovia, luogo ricco di falde acquifere, da cui si poteva prelevare grandi quantità di acqua, elemento indispensabile per il funzionamento della fabbrica. Funzione non secondaria che la " fabbrica industriale " espletava era quella che precedentemente veniva svolta dall'artigianale neviera.
Nella nostra zona murgiana spesso le neviere erano situate presso le masserie, nei declivi dei campi, per facilitare la conservazione della neve. I locali adibiti a neviera erano costituiti da costruzioni interrate abbastanza profonde per consentire la conservazione della neve e impedirne lo scioglimento. Tali locali erano molto simili alle attuali cisterne di accumulo di acqua piovana che ritroviamo nelle aziende agricole locali. Si distinguono dalle cisterne o dalle piscine per alcune caratteristiche: la maggiore profondità, la minore altezza dal piano di calpestio e l'assenza di pile, contenitori in pietra nelle quali si versava l'acqua per abbeverare gli animali.
Le neviere avevano la forma di un parallelogramma, con volta prevalentemente a botte. Il piano di calpestio delle neviere non risulta lastricato, come nelle cisterne, ma presentava una superficie formata da terriccio, che ricopriva le lastre calcaree adagiate sulla volta, per ridurre l'incidenza dei raggi solari e neutralizzare il calore, nocivo alle finalità cui era adibita la struttura. La copertura a volta era sporgente rispetto al livello del suolo e presentava sulla sua sommità un'apertura attraverso la quale la neve veniva introdotta per essere conservata nel periodo invernale o veniva prelevata per essere utilizzata nel periodo estivo.
Esse avevano, inoltre, una o due aperture laterali, che restavano murate o chiuse con porte di legno fino al momento del prelievo del ghiaccio. Allorquando si verificavano delle nevicate, atteso che non si registrava né la presenza di inquinamento atmosferico né di piogge o nevicate acide ( basti pensare che la neve appena caduta veniva tranquillamente raccolta e assaporata con il vincotto ), la neve, dopo essere stata " tagliata " , per mezzo di badili, nella parte superficiale, per evitare danni alle culture sottostanti, era trasportata nelle neviere, che non erano molto distanti dal paese, con una specie di portantina a mano a quattro portatori, chiamata vaiardo.
Solo la neve raccolta lontano dalle neviere era trasportata su carri trainati da cavalli; i traini, però, erano ingombranti e potevano provocare danni agli erbaggi. D'inverno, dopo un'abbondante precipitazione nevosa gli operai, detti "nevierai", si recavano al lavoro presso la neviera, che generalmente si trovava nelle vicinanze dei centri abitati, anche se alcune di esse venivano costruite all'interno del paese. Siccome spesso le neviere erano costruite nelle vallate i nevierai formavano delle grosse palle di neve, che facevano rotalare dal pendio, le quali si ingrossavano lungo la discesa nei campi sottostanti, per essere infine spinte all'interno della neviera.
Prima d'iniziare a riempire di neve il vano sotterraneo si stendeva sul fondo un consistente strato di fasci di sarmenti per facilitare il distacco dello strato di ghiaccio dal fondo, per eliminare la possibilità alla neve di sciogliersi e di inquinarsi e per costituire un'intercapedine tra il pavimento e la neve in grado di isolarla dal fondo. Poiché una piccola quantità di acqua si formava sempre, in seguito allo scioglimento di parte della neve o del ghiaccio, questa, filtrando attraverso i fasci di sarmenti, confluiva sul fondo della neviera. L'acqua veniva raccolta in apposite vasche attraverso alcune canalizzazioni oppure si infiltrava nel terreno o attraverso un tubo calato sul fondo della neviera era pompata all'esterno, per consentirne il deflusso. Tra le pareti e il terreno, con funzione di intercapedine, c'era uno spazio che si riempiva di paglia per mantenere il freddo nella neviera.
In quel luogo la neve veniva ammassata e costipata, per farne fuoriuscire l'aria e consentirne una conservazione ottimale fino a tutta la stagione estiva. La neve veniva compressa con le pale anche perché la neviera potesse contenerne grandi quantità, affinché si compattasse uniformemente e assumesse, con l'ausilio delle basse temperature notturne e del modestissimo irraggiamento diurno, le caratteristiche del ghiaccio.
Dopo l'operazione di battitura la neviera veniva chiusa per essere riaperta con l'arrivo della stagione calda. La neve, diventata ghiaccio, veniva tagliata da operai specializzati in pezzi regolari e abbastanza ampi ( a volte del peso di quatto o cinque quintali ) e, dopo essere stata ricoperta di paglia e avvolta in teli, per evitarne lo scioglimento, veniva trasportata con carri per essere venduta in paese.
Era acquistata da chi aveva bisogno di conservare i cibi freschi, come i gestori di bar, e dava vita ad un vera e propria industria che offriva un'opportunità di lavoro a coloro che si occupavano di questa primordiale catena del freddo. La neve, oltre che nei bar per preparare gelati, per rinfrescare bibite, per preparare granite, per essere mescolata a sciroppi o vincotto, era utilizzata anche in macelleria. Il ghiaccio non serviva solo per i piaceri della gola, per uno sfizio nei giorni delle feste, ma veniva utilizzato tra le mura domestiche per alleviare le sofferenze derivanti da alcuni malanni fisici o in ospedale, per curare alcune malattie.
Una cura particolare era riservata alla raccolta della neve sia per motivi commerciali che di durata del prodotto; occorreva evitare il deprezzamento della neve e lo scioglimento del ghiaccio. La neve doveva esere di ottima qualità o, come di diceva, " neve da bicchiere ", cioè trasparente come il vetro, simbolo di purezza e di qualità, e abbastanza compatta, in modo da sciogliersi lentamente.
La neve venduta, infatti, era di due tipi: quella bianca venduta per uso alimentare e medico, la più richiesta e più costosa, e quella grezza o nera destinata ad altri usi, più economica e di seconda scelta.
I manuali di architettura ottocenteschi danno indicazioni precise sulle tecniche di stivaggio delle neviere. In uno di tali manuali si legge: Per riempirla di ghiaccio si scelga un giorno freddo e asciutto; prima di riporvelo vi si deve mettere al fondo un denso strato di paglia lunga incrocicchiata in tutti versi, e devesi pur rivestire di paglia tutto l'interno, in guisa che il ghiaccio posi sulla paglia e non tocchi le pietre.
Il Comune di Gioia durante la stagione estiva concedeva delle sovvenzioni a coloro che in quel periodo offrivano il servizio del " freddo ". Si stabiliva annualmente le basi per l' appalto per il servizio e la vendita della neve. Nell'Archivio Storico del Comune di Gioia si conservano le deliberazioni e i contratti di appalto delle neve, che risalgono al 1879 e vanno fino alla prima metà del Novecento. L'appaltatore si impegnava a vendere la neve pulita, ovvero il ghiaccio, in quantità sufficiente ai bisogni del paese durante il periodo estivo, di una determinata qualità e ad un prezzo politico, assoggettandosi ad una serie di osservanze, pena il ritiro della concessione o il pagamento di forti penalità. Di seguito sono riportati due contratti di appalto per il servizio della neve nel nostro Comune.
Poiché nell'inverno del 1878-79 non si erano verificate nevicate e la neve difettava in modo assoluto per cui non era stato possibile raccoglierla, per far sì che la popolazione di Gioia nella imminente stagione estiva non fosse privata di un elemento tanto necessario, massima in vista delle non poche malattie che da parecchi anni affliggono questa Provincia e stantecché da parte di non pochi cittadini pervengono istanze perché fossero presi dei provvedimenti atti ad impedire il monopolio, il Sindaco, Vincenzo Castellaneta, nella riunione del Consiglio comunale del 31 maggio 1879 propone che il Municipio incoraggi la vendita di questo genere col deliberare a titolo di premio una somma qualsiasi a beneficio di colui il quale offrirà le migliori condizioni di vendita e nel contempo si obbliga di non far mancare la neve al paese durante la stagione estiva. Il Consiglio delibera: 1° Che fosse dal Municipio pagato a titolo di premio la somma di lire 200 a colui il quale assumesse l'obbligo di non far mancare la neve in questo Comune per tutta la stagione estiva, cioè sino a tutto settembre dovendo però fornire neve bianca mangiabile e per quanto più possibile scevra di corpi estranei, nella quantità necessaria al consumo giornaliero del paese ed al prezzo di centesimi dodici a chilogrammi. 2° Che per accordarsi la preferenza al premio fosse tenuta una licitazione privata tra tutti i concorrenti, e dovrà essere ritenuto migliore offerente colui il quale apporta maggiore ribasso sul citato prezzo di vendita, dovendo tutte le altre condizioni che riflettono la quantità e la qualità della neve e della durata dello spaccio rimanere inalterate. 3° Il pagamento del premio sarà fatto all'avente diritto al termine della vendita e dietro l'esibizione di un certificato di buon servito da rilasciarsi dall'Assessore Delegato alla Polizia Urbana.
Nella deliberazione del Consiglio del 10 aprile 1889 vengono esplicitati meglio i rapporti tra Comune e futuro appaltatore del servizio della neve. Art. 1 I concorrenti dovranno obbligarsi di vendere la neve al pubblico di qualità buona, mangiabile al prezzo di centesimi cinque al chilogrammo. Art. 2 Il deliberatario avrà l'obbligo di aprire due spacci di vendita al pubblico uno alla piazza e l'altro al largo Vittoria ( oggi Piazza XX Settembre ), dal giorno dell'approvazione degli atti d'appalto fino a tutto il mese di ottobre. Detti spacci saranno costantemente aperti per l'intera giornata e fino alle ore tre di notte. Dovranno anche riaprirsi nelle altre ore della notte per fornire la neve necessaria per urgente causa di malattia. Art. 3 Per ogni mancanza di neve durante le ore di vendita e per ogni rifiuto a fornire la neve di notte, giusto l'articolo precedente, l'appaltatore pagherà al Comune una penale di lire due, la quale gli sarà applicata con verbale dell'Assessore Delegato alla Polizia Urbana, in seguito a rapporto degli agenti comunali. Art. 4 Seguita la definitiva aggiudicazione il deliberatario dovrà presentare analoga garantia solidale con persone solvibili e di fiducia dell'Amministrazione. Art. 5 La gara per la concessione del sussidio sarà aperta sulla base di lire 400. I concorrenti dovranno offrire il ribasso su detta somma, ad ogni modo non potrà essere minore dell'uno per cento. Art. 6 Per garentia dell'asta e per le relative spese che andranno tutte a carico dell'aggiudicatario, i concorrenti dovranno fare nelle mani del Presidente dell'asta medesima un deposito di lire 30. Art.7 Il premio depurato del ribasso d'asta e delle multe comminate allo appaltatore sarà pagato per metà a fine agosto e per l'altra metà a fine ottobre.
L'importanza attribuita nel passato alla neve e alle neviere è testimoniata, ancora oggi, dalla presenza in numerose città di chiesette consacrate alla Madonna della Neve. Infatti era molto diffusa l'usanza, e non solo nel Meridione, d'invocare la protezione divina sulle neviere. Tra le varie denominazioni che sono state attribuite in passato alla Chiesa Madre di Gioia c'è anche quella di Santa Maria della Neve.
La nostra moderna società, abituata all'uso dei frigoriferi, ha completamente dimenticato la preziosa e umile opera svolta in passato da questi depositi del freddo.
Tra le neviere in discreto stato di conservazione nel territorio di Gioia va segnalata quella sita a circa tre chilometri dal paese, nella proprietà Svelto, lungo la strada vicinale Cinque Parieti nei pressi dello svincolo autostradale, risalente all'Ottocento. Si compone di due distinti e adiacenti corpi di scavo con copertura in pietra e due aperture laterali sovrastanti, rispettivamente l'una per il carico e l'altra per lo scarico del ghiaccio. Un'altra neviera in discreto stato di conservazione è quella sita a circa quattro chilometri in direzione Taranto sulla statale 100, presso la masseria di proprietà della famiglia Ninni, sulla cui apertura di accesso è ben visibile la data del 1852. Essa è composta da un unico corpo e, come la precedente, sfrutta il declivio del terreno per ottenere due aperture, poste su due diversi livelli, che erano utilizzate per lo stivaggio e per il prelevamento del ghiaccio.
Un'altra grossa neviera, costituita da più locali, si trovava nella zona di fronte alla ex distilleria Cassano, all'uscita del casello autostradale; questa durante i lavori di allargamento della circonvallazione di via Milano, probabilmente è stata interrata perché insisteva sul tracciato del tronco stradale.
Con l'avvento delle nuove " tecnologie del freddo ", come l' installazione e funzionamento di impianti per la produzione industriale di ghiaccio, le cosiddette " fabbriche di ghiaccio ", e successivamente con la vendita di frigoriferi e di congelatori, questi depositi hanno perso la loro funzione e sono diventati monumenti dell'ingegnosa civiltà contadina, veri e propri monumenti dell'archeologia agricolo-industriale.
Le neviere che oggi sopravvivono all'incuria del tempo o alla distruzione operata dall'uomo sono completamente abbandonate a se stesse, sono state dismesse dalla primitiva finalità per essere trasformate in cisterne o trovare utilizzo come deposito di acqua o depositi di paglia oppure sono andate in rovina.
Il loro studio e la loro salvaguardia sono importanti se vogliamo tramandare alle future generazioni un frammento di storia locale, una preziosa testimonianza di un settore lavorativo dei nostri avi e inoltre un prezioso esempio di archeologia agricolo-industriale nel nostro Comune.
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3 Gennaio 2010