Le necropoli dolmeniche di Masseria del Porto: la Castelluccia e Murgia San Benedetto
A differenza dell’insediamento di Santo Mola, abbastanza esteso e vicino all’abitato di Gioia, caratterizzato dalla presenza di cave di calcarenite, che vengono utilizzate per ricavarne materiale da costruzione, altri antichi siti, posti tutti a sud ovest del paese sono localizzati in un’area molto vasta, poco distanti tra di loro, in località Masseria del Porto, a circa […]
A differenza dell’insediamento di Santo Mola, abbastanza esteso e vicino all’abitato di Gioia, caratterizzato dalla presenza di cave di calcarenite, che vengono utilizzate per ricavarne materiale da costruzione, altri antichi siti, posti tutti a sud ovest del paese sono localizzati in un’area molto vasta, poco distanti tra di loro, in località Masseria del Porto, a circa 10 Km. da Gioia, ai confini tra il Comune di Gioia e quello di Castellaneta, in un lembo di territorio gioiese tra i più affascinanti da un punto di vista naturalistico.
Con Masseria del Porto vengono indicati anche gli insediamenti e le necropoli dolmeniche, risalenti al II-I millennio avanti Cristo, di Murgia Giovinazzi, Murgia San Benedetto, Murgia San Francesco, Masseria San Benedetto e Masseria della Madonna, che sono territorialmente limitrofi e connotati da ritrovamenti di diverse epoche e di varie tipologie.
E' il prof. Antonio Donvito nel 1971 a scoprire in località Masseria del Porto la presenza di tombe che presentano una struttura a tumulo. I risultati della sua scoperta vengono pubblicati nello stesso anno nell’articolo “ Dolmen e tombe a tumulo dolmenico a Masseria del Porto “.
A seguito delle sue segnalazioni il prof. Rodolfo Striccoli ( professore di Preistoria e Protostoria Europea presso Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bari, Dipartimento di Scienze dell’Antichità, sezione Archeologia Classica ), dal 1978 al 1986 conduce in loco alcune campagne di scavo che portano alla luce numerosi tumuli sepolcrali e resti di un centro abitato sulla collina detta "La Castelluccia".
Un’altra necropoli di tipo dolmenico è stata esplorata nel 1980 a Murgia San Francesco, sito archeologico posto a nord del territorio di Masseria del Porto.
Nello stesso anno il prof. Striccoli attraverso una campagna di scavi ha portato alla luce un sepolcreto di tipo dolmenico a Murgia Giovinazzi, ad ovest di Masseria del Porto.
Nel 1983 una serie di scavi porta alla luce 12 sepolcri nella necropoli di Murgia San Benedetto, a est di Masseria del Porto.
Negli anni Ottanta sono stati rinvenuti nei pressi di Masseria della Madonna, località posta a sud ovest di Gioia, a nord ovest di Murgia Giovinazzi, a due chilometri da essa, cinque tra dolmen a galleria e sepolcri dolmenici a tumulo .
L'intera area su cui sorge la necropoli, Murgia Giovinazzo, Murgia San Benedetto, Murgia San Francesco, Masseria San Benedetto e Masseria della Madonna, che comprende 33 sepolcri dolmenici, ha restituito inoltre tracce di frequentazione umana che vanno dal Neolitico antico (circa settemila anni fa) all'età peuceta. La zona è ancora tutta da esplorare.
I sepolcri hanno diversa tipologia; sei tombe sono a galleria ( dolmen, con funzione di tombe collettive ), 15 con cista dolmenica e 11 sono tumuli semplici.
Si tratta di opera di pastori vissuti durante l’età del bronzo ( XIII-XI secolo a.C. ) in quella zona murgiana, come è attestato dal corredo rinvenuto ( scarse tracce di ceramica e qualche oggetto in bronzo ).
L’estensione dei tumuli che sottraggono spazio alla coltivazione e la mancanza di resti di un abitato fisso, inducono a pensare che gli antichi frequentatori e abitanti del sito erano individui nomadi per cui si riparavano in grotte o caverne, presenti numerose in loco.
La presenza umana scompare tra il XII e l'XI secolo a. C., probabilmente sostituita dall'affermarsi di popolazioni limitrofe appartenenti alla successiva civiltà del ferro e quindi culturalmente più evolute.
LA CASTELLUCCIA
Tra Murgia Giovinazzi e Murgia San Francesco a Ovest della Masseria del Porto, sulla collina La Castelluccia, dopo la scoperta effettuata dal prof. A. Donvito, nel 1981 il professor Rodolfo Striccoli ha effettuato un saggio di scavo, che ha portato alla luce vari frammenti di ceramica e resti di strutture murarie di abitazioni, segni della presenza di un modesto villaggio indigeno peuceta, i cui abitanti dal VI al I secolo a. C. praticavano sia una modesta attività agricola che l'allevamento del bestiame, come dimostrano i numerosi reperti di ovini, caprini e bovini ed equini lì rinvenuti e la presenza di resti di muri a secco. Nei due siti i sepolcri più grandi sono stati riutilizzati in periodi successivi al primo impianto, in due momenti diversi, nei secoli VI e IV a.C.
MURGIA SAN BENEDETTO
Gli scavi effettuati nel 1983 dal professor Striccoli hanno portato alla luce 12 sepolcri di tipo dolmenico a Murgia San Benedetto, anch'essa parte del comprensorio di Masseria del Porto.
I frammenti di ceramica " impressa " rinvenuti, che risalgono al periodo neolitico fanno pensare che la zona era abitata molto prima della costruzione della necropoli, e cioè in epoca neolitica, da popolazioni che dovevano essere dedite essenzialmente alla pastorizia, data l'asperità del suolo di tipo murgioso. Probabilmente la forma circolare riscontrata nei tumuli a dolmen richiama la struttura della capanna di forma circolare, che era l'abitazione tipica di quelle prime popolazioni nomadi che vi si erano stanziate.
I 12 sepolcri, risalenti all'Età del Bronzo dal XIII al X secolo a.C., come è confermato dai reperti ceramico-vascolari, si possono catalogare in tre tipologie: tombe a corridoio a tumulo dolmenico, tombe dolmeniche a tumulo e tombe a tumulo con cista pseudodolmenica.
Tali differenze sono dovute alla diversa situazione economica e socio-culturale degli abitanti che si sono avvicendati in questo territorio. La presenza di muri a secco di recinzione nell'interno della necropoli, interrotti in alcuni punti fa pensare ad accessi a un villaggio contemporaneo alla necropoli o ad un intervento operato in seguito a successivi insediamenti.
La zona recintata può essere stata utilizzata come recinto per gli animali; è stata abitata dal IV al I secolo a. C. E' probabile che dalla vicina collina denominata " La Castelluccia " la popolazione per timore della presenza dei romani si sia spostata a Murgia San Benedetto. Anche in questo caso i tumuli presentano una povertà di corredo funerario, segno il tenore di vita degli abitanti doveva essere modesto.
Sono stati probabilmente i numerosi scontri con la città di Taranto, che portarono alla distruzione del centro peuceta di Monte Sannace, i motivi che alla fine VI secolo portarono allo spopolamento della zona, che torna ad essere abitata dopo due secoli. Ciò è testimoniato dal rinvenimento di un abitato che presenta case con base in pietra. La popolazione era dedita all'allevamento tradizionale e a quello dei suini e utilizzava tombe a fossa o a cassa. Tali manufatti presentano corredi funerari, tra i quali sono giunti a noi frammenti di vasi che fanno propendere per riti in onore di antenati sepolti nelle precedenti tombe a tumulo. Questo villaggio rimane abitato fino al II-I secolo a.C.
Un primo sepolcro ad essere esplorato, di tipo dolmenico a tumulo circolare e orientato in senso nord-sud, conteneva frammenti di ceramica, un bulino semplice su scheggia triangolare silicea, una scheggia silicea biancastra, resti antropici, consistenti in alcuni denti, parte del cranio, ossa lunghe, appartenenti ad un individuo di età infantile deposto in posizione rannicchiata o contratta.
Un secondo sepolcro, posto a sud del precedente, è risultato un tumulo circolare e fa pensare a una tomba a corridoio, con deposito quasi integro, articolata in un corridoio antistante e una cella retrostante, separati da un lastrone-tramezzo. Nonostante fosse stata depredata poco prima dello scavo, in un piccolo spazio del corridoio sono state ritrovate tre deposizioni con i relativi corredi funerari. Sono stati rinvenuti resti antropici, ossa lunghe di arti superiori e inferiori, frammenti di cranio, della mandibola e di denti, e di corredo, frammenti ceramici di vari recipienti e una citola monoansata, due bulini in pietra. Delle tre deposizioni rinvenute, due sono riferibili a individui adulti e sistemate in posizione contrapposta, una rannicchiata e una contratta e un'altra singola, di un individuo di età infantile. Inizialmente il corridoio fungeva da ingresso, che portava alla cella funeraria; in un successivo periodo è stato utilizzato come luogo di sepoltura. Modesto è il corredo funerario recuperato, a causa degli scavi effettuati clandestinamente; il materiale rinvenuto fa pensare che si si tratti di manufatti riferibili all'Età del Bronzo.
Il terzo sepolcro, anch'esso di tipo dolmenico a tumulo, con cista a pianta rettangolare, che presenta anche dei contrafforti laterali, è localizzato a sud ovest, a circa 200 metri dal precedente e sembra più antico dello stesso. Gli scavi hanno portato alla luce ossa lunghe appartenenti ad un individuo adulto in posizione rannicchiata e frammenti di ceramica appartenenti a contenitori utilizzati dagli abitanti della zona, un raschiatoio in selce, una scheggia in silice.
Il quarto sepolcro, che dista dal precedente 30 metri circa e oltre 200 metri dagli altri è dolmenico a tumulo con cista rettangolare. Presenta due caratteristiche: si innalzava a forma tronco-conica ed era ricoperta da un lastrone su cui erano sovrapposti blocchi in pietra, simili a quelli dei muretti a secco. Anche questo sepolcro ha subito manomissioni da parte di scavatori clandestini per cui gli scavi regolari hanno portato alla luce solo pochi reperti: alcuni denti, frammenti di ossa umane di un individuo adulto, un piccolo frammento in ceramica e una scheggia silicea.
Il quinto sepolcro, di tipo dolmenico a tumulo, con cista rettangolare, è situato a sud-est dei due precedenti, dai quali dista circa 60 e 80 metri. Anch'esso è stato precedentemente " visitato " per cui ha portato alla luce solo alcuni denti e resti di ossa umane appartenenti ad un individuo adulto e pochi frammenti in ceramica del tipo " impressa " risalente al periodo Neolitico.
Il sesto sepolcro, anch'esso dolmenico a tumulo, con cista rettangolare e contrafforti laterali, si trova a sud-est del n.3 e a sud-ovest del n.4 ed è distante circa 50 e 90 metri dagli stessi. Sembra sia stato costruito su un tumulo sepolcrale più antico e ha portato alla luce la presenza di denti, frammenti di cranio e di ossa umane appartenenti ad un soggetto di età infantile e a un individuo adulto. La scarsità del corredo, consistente essenzialmente in un pezzo di fibula ad arco, un bulino in silice e qualche frammento di ceramica fanno ritenere che gli antichi abitanti della zona erano culturalmente arretrati e di condizioni economiche molto modeste.
Il settimo sepolcro si trova a sud del n.4 e a sud-est del n.6, dai quali dista circa 60 e 90 metri. E' di tipo dolmenico a tumulo circolare, come i precedenti, ma rispetto agli stessi è stato costruito con una tecnica elementare. Lo scavo, inoltre, ha permesso di recuperare pochi frammenti di ossa umane e qualche oggetto in silice.
L'ottavo sepolcro, di tipo dolmenico con cista, dista da nord circa 30 metri dal n.7 e da sud-ovest circa 10 metri dal n.9. E' l'unico che è privo blocchi perimetrali in pietra, con il compito di fungere da argine, e conserva dei contrafforti nella parte posteriore. Scarsi sono stati i reperti rinvenuti: frammenti di ossa umane di un individuo adulto deposto in posizione fetale insieme a pochissimi frammenti ceramici.
Il nono sepolcro è a sud del n.7, da cui dista circa 30 metri. Sono stati rinvenuti resti di ossa di un uomo adulto; per il ritrovamento di pochi reperti, tra j quali un raschiatoio in silice, si ritiene che vi era stato sepolto un individuo economicamente povero.
Il decimo sepolcro e i due successivi, sono quelli più lontani dalla Masseria del Porto. Questo, in particolare, presenta una piattaforma circolare ed una tecnica costruttiva molto approssimata. Ha portato alla luce denti ed ossa di un uomo adulto e alcuni frammenti di ceramica, segno che l'individuo sepolto era anch'esso di modeste condizioni economiche.
L'undicesimo sepolcro si trova in posizione sud-est dal n.10, dal quale dista circa 50 metri. Ha subito gravi danni a seguito di scavi clandestini. Sembra essere stato costruito su un precedente manufatto utilizzato come sepoltura, come si evince dalle modifiche apportate al primitivo impianto funerario. Sono stati rinvenuti pochi reperti in ceramica ed alcuni resti umani di un individuo adulto. Per la sua particolare struttura architettonica e la sua imponenza costruttiva è sicuramente uno dei migliori tumuli della zona.
Il dodicesimo sepolcro si trova a sud dei due precedenti e presenta uno sviluppo perimetrale circolare. Pur essendo stato oggetto di scavi clandestini che ne hanno sottratto numerosi reperti, il sepolcro ha consentito di recuperare frammenti ossei di un individuo adulto, un bulino in silice insieme a modesti reperti ceramici.
La presenza nella zona anche di una serie di muretti a secco, sia pure senza fossato, disposti in modo concentrico, fa pensare ad un ingrandimento del nucleo abitativo primitivo o alla creazione di una serie di elementari sistemi di difese multiple alle capanne che dovevano essere presenti all'interno dell'abitato. L'andamento irregolare dei muri e la sua molteplicità, però, inducono ad ipotizzare lo sviluppo del villaggio attraverso vari periodi e ad un conseguente allargamento delle sue difese.
La presenza, quasi al centro dell'insediamento, di un muro di maggiore spessore e sviluppo, potrebbe far pensare che quel luogo fosse la residenza di un individuo socialmente importante, forse un capo-villaggio, la cui abitazione doveva essere convenientemente difesa, ponendo una particolare cura nella costruzione dei muri a secco di recinzione.
Il responsabile del WWF di Gioia del Colle, Roberto Cazzolla, a proposito della distruzione, operata da parte dell'uomo, del territorio su cui insistono le necropoli, allo scopo di sottrarre alla Murgia terra da coltivare, il 3 novembre 2008 così scriveva su Controcorrente:
Masseria del Porto: distruzioni per l'uso
Ambiente, storia e paesaggio distrutti nel silenzio generale
Siamo a pochi chilometri dal confine tra Gioia e Castellaneta. Scendendo lungo la provinciale che porta verso Montursi si imbocca il raccordo per Castellaneta, la SP 104.
Dopo poca strada si intravedono sulla destra delle traversine ferroviarie a fungere da staccionata. La recinzione separa un terreno con rocce affioranti di murgia dalla strada. Pini piantati un po' casualmente sollevano la strada per qualche decina di metri. Al termine della curva si apre la vista su una delle più antiche e belle masserie del territorio: Masseria del Porto. Questa, con le sue volte alte, la chiesa rurale ed il frontone maestoso, chiude la straordinaria gravina che da essa prende il nome. Gravina del Porto è certamente un angolo di paradiso per gli amanti della natura. Una pineta ne apre le porte, una magnifica insenatura naturale dove volano falchi e poiane, con pareti alte più di 40 metri, ne segnano il cammino. Intorno i segni di un passato di sfaceli. Affacciato su di una parete, un terreno agricolo a pochi metri dallo strapiombo. Senza più massi, senza più vegetazione. Solo terra rossa volatile. Solo l'ombra di una murgia che fu. In un' area individuata da sempre come paesaggisticamente rilevante, inclusa nel SIC (Sito di Interesse Comunitario) e nella ZPS (Zona di Protezione Speciale) denominati Murgia Alta, Alta Murgia, insomma il famoso parco, in una zona inserita nei fogli territoriali, nei catasti archeologici, nelle mappe floristiche, in un luogo di magia e storia dove nell'antico abitato della Castelluccia si svolgeva la vita dei nostri avi, dove vi sono raccolti in poche decine di metri dolmen, monumenti funerari della civiltà preistorica appenninica, jazzi, ovili e numerosissime grotte, in un paesaggio che farebbe invidia ai più grandi parchi naturali si sta consumando l'ennesimo atto vandalico nei confronti della nostra terra.
Via la storia, ben servito alle grotte. Così d'un colpo. In due tre giorni.
Lì dove, c'era la Murgia ora c'è un bel campo di grano, lì dove regnava la storia di Puglia ora c'è una distesa di pietre bianche sgretolate, lì dove dalle forze dell'ordine preposte ed allertate in tempo, un campo arato sulle grotte, un cumulo di polvere di pietre al posto di dolmen e monumenti funerari, uno stelo di paglia al posto del magnifico lentisco.
Data l'estensione degli insediamenti e della varietà dei siti nella zona di Masseria del Porto è da sperare che la Soprintendenza ai Beni Archeologici provveda a vincolare l'area e successivamente a trovare i fondi per ulteriori campagne di scavo e per rendere i vari siti visitabili non solo a studiosi di storia locale, che potrebbero fare maggior luce su tali insediamenti, ma anche a turisti provenienti da altri paesi e regioni.
Le foto sono tratte da R. Striccoli, Masseria del Porto … in Gioia Una città nella storia e civiltà di Puglia, vol.I, Schena Editore.
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3 Giugno 2010