L’arciprete Pasquale Gatta
Via Arciprete Gatta a Gioia del Colle è una strada conosciuta da molti cittadini. Infatti in uno stabile di proprietà comunale al numero 33 di questa strada è attiva l’Area Servizi alla Persona, meglio noto come Ufficio dei Servizi Sociali del Comune, frequentato da molti gioiesi. Per qualche tempo lo stabile è stato utilizzato anche […]
Via Arciprete Gatta a Gioia del Colle è una strada conosciuta da molti cittadini. Infatti in uno stabile di proprietà comunale al numero 33 di questa strada è attiva l’Area Servizi alla Persona, meglio noto come Ufficio dei Servizi Sociali del Comune, frequentato da molti gioiesi.
Per qualche tempo lo stabile è stato utilizzato anche come sede del Consiglio Comunale dei Ragazzi e d è stato concesso ad alcune associazioni culturali per un progetto Bollenti Spiriti e il Laboratorio urbano Bandeàpart,
Obiettivo di tale Laboratorio era quello di realizzare un’officina, sperimentale e innovativa, delle arti e delle culture, uno spazio fisico in cui ospitare e sviluppare progettualità artistiche favorendo incontri, conoscenza e crescita sociale, un luogo di aggregazione e animazione capace di alimentare forme di auto-organizzazione dei giovani. le iniziative e attività erano rivolte a tutta la cittadinanza e realizzate grazie alla collaborazione con la cooperativa Murex, l’associazione culturale MusicaInGioco, l’associazione culturale Ombre e l’associazione culturale Liberate Lucignolo. Sono stati organizzati laboratori teatrali di ricerca, narrazione ed espressione scenica, quelli di allestimento scenico, quello musicale per i bambini a cura dell’associazione MusicaInGioco, il laboratorio multimediale dedicato a fotografia, progettazione grafica, ripresa e montaggio, quelli di scrittura e lettura, il laboratorio di cittadinanza attiva e i laboratori specifici per i più piccoli dedicati sia alla creazione sia al teatro.Notizie sull’arciprete Gatta le ricaviamo dallo studioso gioiese l’abate Francesco Paolo Losapio il quale alla fine del libro Quadro istorico-poetico sulle vicende di Gioia in Bari detta anche Livia, dedica una Galleria in sonetti ai ritratti istorico-poetici degli Arcipreti della Collegiata insigne di Gioja in Bari.
Nella Galleria XIII il Losapio ci notizia dell’arciprete dottor D. Pasquale Gatta. Dapprima con versi e successivamente in prosa, afferma:
Santo, e beato Gatta, io ti saluto! / Che sopra Gioja tua vegli dal cielo; / Onor, gloria ed amor io ti tributo, / E meco applaude il popolano zelo.
Benché sì poco tempo abbi vissuto / Qui fra noi, pur sotto al mortal velo / Opre facesti col divino aiuto / Tante, che numerarle io non anelo.
Invan fuggisti dall’altar, dal tempio, / Dalla tribuna, e verga pastorale, / Che in te rinnovellossi il prisco esempio.
Il tuo sacro deposito immortale / Di tempo e corruzion vitò lo scempio, / D’alta felicità pegno e segnale. (*)
(*) Il dottor D. Pasquale Gatta nato a Gioja a 22 marzo 1691, morì a 26 aprile 1739. Fu sforzato, e trascinato quasi multitudine strangulante compulsus sì dal popolo, che dal clero a concorrere dopo la morte di Barba, e ad accettare l’arcipretura della sua chiesa, com’era stato sforzato ad ascendere agli ordini sagri, ad ascoltare le confessioni sagramentali ed a mettersi alla direzione, e rettoria spirituale di due pie congregazioni erette nella chiesa di S. Angelo. Avea dato segni, e saggi di santità fin dalla sua puerizia, per cui in tutte queste occasioni le acclamazioni del popolo furono quasi tumultuose. Quantunque di gracile complesso, e di debole salute fu sempre indefesso nel sagro ministero, bastando a tutto da se solo, per cui a forza di fatighe, e di penitenze non prolungò di troppo la sua vita, che all’età di quarant’ otto anni soccumbè sotto il peso di tante cure. Non fu arciprete, che per diciassette mesi. Il popolo non si consolò mai della sua perdita, abbenché lo avesse veduto sempre acciaccato, e valetudinario, ma sempre ilare, e pronto in suo servizio. Consumatus in brevi explevit tempora multa. Placita enim erat Deo anima illius. Propter hoc properavit educere illum de medio iniquitatum. Questa fu l’esclamazione unanime di tutto il clero. Gioja tiene Gatta per uno de’ suoi santi, e per uno de’ suoi eletti. Dopo cinque mesi a datare dalla sua sepoltura per un moto spontaneo l’intiero capitolo, la popolazione tutta, ed i più notabili del paese, ispirati da un movimento irresistibile, ottenuta la licenza dall’arcivescovo di Bari, si portarono in folla nella chiesa, per riconoscere il di lui cadavere, seppellito cogli altri nel sepolcro de’ sacerdoti, per metterlo separato in luogo di deposito. Bisogna dire, che a Domino factum est istud per le tante grazie, favori, e guarigioni portentose, che il Signore si degnò di concedere a’ suoi concittadini, per l’intercessione del suo servo invocata sovente dal popolo di Gioja. Questo grand’atto è consegnato in un pubblico istrumento stipulato nelle forme le più solenni dal fu notar Gervasio Scarpetta a dì 30 del mese di settembre del 1739 “ in hac terra Joviae, et intus ecclesiam collegiatae insignis ejusdem. Uscita la cassa dove stava il suo cadavere fuori del sepolcro, fu trasportato in mezzo la nave della chiesa, ed aperta detta cassa si trovò coperto il cadavere con una tovaglia bianca, e tolta detta tovaglia si vide, ed attentamente si osservò, e liberamente da tutti gli astanti si conobbe esser quello il cadavere del detto arciprete D. Pasquale Gatta, che pareva così fresco, come se allora si fosse separata l’anima dal corpo. Si videro la faccia, mani, e piedi, che stavano scoperti, mentre l’altra parte del corpo era vestita con un camice bianco, e pareva al suo naturale, senza che in minima parte del corpo si fosse corrotto; ma minutamente si osservarono li peli della barba, delle mani, e de’ piedi, che stavano con natural colore, con tutto che da cinque mesi, e giorni fosse stato seppellito. Sopra il petto poi si trovò un foglio di carta turchina, dove vi stavano scritte le seguenti parole: –Utriusque juris doctor Pascalis Gatta archipresbiter obiit die 26 aprilis 1739. II ora secunda nuctis testibus D. Donatantonio Nicastri, suddiacono Giovanni Giove, Acolito Giannantonio Monte, e D. Donato Panessa. – Poi fu detto cadavere ricoperto con detta tovaglia bianca, e fu serrata detta cassa, e ben centrata con chiodi di ferro, e fu di nuovo sepellito in un sepolcro fatto, e lavorato a tal fine di capacità quanto pigliava di luogo detta cassa dentro la cappella di S. Anna, situata dentro la stessa chiesa madre che attacca detta cappella alle fabbriche della sacrestia della cappella del Purgatorio, lavorato di pietra viva, ed alla lapide che cuopre detto sepolcro vi è scolpita un’iscrizione sopra di detto cadavere, e tutto questo fatto sortì alla presenza de’ reverendi canonici, preti partecipandi, sacerdoti religiosi, persone civili, artigiani, donne, ed ogni ceto di persone, fra quali vi furono gl’infrascritti testimonii”. Così finisce l’atto pubblico e solenne di disseppellimento, di ricognizione e di deposito, e nell’assertiva vi sono narrate le sue glorie.
E pure quest’uomo fornito di una santità non solamente contemplativa, ma egualmente attiva e sociale, e di salute cotanto fragile e caduca, esercitò varii impieghi nella sua chiesa. La carica faticosa di cancelliere del capitolo, e di archivista della chiesa la sostenne per dodici anni continui senza mai mancare, ed interrompere le altre sagre funzioni di confessore, di rettore, di canonico, di sacerdote. Esercitò parimenti molte deputazioni con sommo onore e vantaggio della chiesa, e scrivea tutto di suo carattere. Ne’ libri delle conclusioni capitolari, durante il solo suo cancellerato si leggono ancora con piacere molte memorie per tramandare ai posteri, fatti e notizie memorabili, che verun cancelliere né prima, né dopo di lui ha saputo imitare. Oltre la memoria riportata nella nota al ritratto di Barba, è anche pregevole la seguente, che contesta tutto il suo zelo per i vantaggi anche temporali della sua chiesa.
“ Copia – Die 15 mensis settembris 1738. Joviae.- Memoria per i posteri. Si raccorda a’ posteri, come questo reverendo capitolo è stato sempre solito ogni anno dare a censo a quest’università più centinaja di docati, quali in fine dell’amministrazione si affrancavano dal sindaco antecessore, e si pigliavano di nuovo a censo dal sindaco successore, di modo che è stato sempre un sollievo de’ procuratori di questo nostro capitolo pro tempore, che entrati erano nella procura alli 5 di agosto, faceva capitale almeno di 150 di censo, che l’entrava, acciò avesse potuto provvedere ai bisogni della nostra chiesa, per compra di cera, ed altre spese forzose si fanno dal nuovo procuratore. In quest’anno essendo stato eletto per sindaco Francesco Soria, figlio di Lonardantonio Soria, stava nella credenza detto nostro reverendo capitolo, che il detto Soria, secondo il solito degli altri sindaci avea da venire a prendere i denari a censo. In fatti già venne verso li 8 di detto mese di settembre, ma per deridere il capitolo, non per prendere i denari, di maniera che sotto frivoli pretesti licenziò detto capitolo, il quale chiedeva l’assicurazione di benestanti per detto denaro, e si pigliò a censo dal barone signor Giovannangelo Molignani di Acquaviva, a chi si era compromesso, per mezzo del quale era riuscito sindaco. Quel che è da considerarsi da’ posteri, che D. Francesco Soria tiene nella nostra chiesa un fratello sacerdote. –Partecipante dottor D. Donatantonio Soria, che ne avea da partecipare delli frutti di detto denaro, e spera ancora avere figli preti, e pure ave usato tale atto d’ ingratitudine colla nostra chiesa.; anzi l’istesso D. Donatantonio Soria, il quale essendosi portato in pubblico capitolo per dare la sicurtà di detto danaro, si dovea prendere a censo la sua Fattoria, avendo dato la parola al detto capitolo, di volersi obbligare lui stesso, e mancò di parola con disdire ciocchè avea detto. Questi son quelli che mangiano il pane della chiesa, e poi sono a questa contrarii “.
Non conosciamo la motivazione ufficiale della ricognizione del corpo dell’arciprete Gatta, a solo circa cinque mesi dalla sua sepoltura. È probabile che, per la sua vita vissuta in aura di santità e, come riporta il Losapio, per tante grazie, favori e guarigioni portentose che il Signore si degnò di concedere ai suoi concittadini, per l’intercessione del suo servo invocato sovente dal popolo, la riesumazione della salma dell’arciprete Gatta sia stato un adempimento canonico preliminare per l’avvio del processo di santificazione o di beatificazione dello stesso, tramite la prevista recognitio exuviarum.
Questa ricognizione, dunque, che portò alla constatazione che il corpo dell’arciprete Gatta si era mantenuto praticamente intatto, rafforzò nell’abate Francesco Paolo Losapio ( Avea dato segni, e saggi di santità fin dalla sua puerizia … Gioja tiene Gatta per uno de’ suoi santi …) e anche nella popolazione gioiese la convinzione che si trattava di un sacerdote santo; un santo mancato, diremmo oggi, perché non abbiamo notizie del successivo iter per la sua santificazione e neppure della sua beatificazione.
Infatti anche Nicola Bitetti, nel testo Le chiese di Gioia nella storia e nell’arte, ci parla dell’arciprete Gatta, titolando: Un Santo mancato?
Che fine ha fatto il sepolcro e il corpo dell’arciprete Gatta?
Con la distruzione della vetusta fabbrica della insigne Collegiata di S. Maria Maggiore o Chiesa Madre, avvenuta nel 1764, probabilmente è andata distrutta la sua sepoltura. Il prof. Mario Girardi nella sua ricerca ‘L’antica Collegiata di S. Maria Maggiore in Gioia dalle origini alla demolizione del 1764, esplorazioni archivistiche per un contributo alla ricostruzione documentaria’, pubblicata nel volume ‘Gioia una città nella storia e civiltà di Puglia, volume III, Schena editore, afferma: Solo scavi sistematici nel soccorpo dell’attuale fabbrica potranno far venire in luce, oltre al venerato monumento sepolcrale dell’arciprete Gatta ed alla sepoltura particolare (7 gennaio 1825) di Carlo III de’ Mari, principe di Acquaviva e ultimo feudatario di Gioia, anche altri pezzi erratici la cui individuazione e primitiva ubicazione sarà sicuramente agevolata dal quadro dettagliato offerto da questa prima esplorazione archivistica.
Il prof. Girardi, facendo riferimento alla Relazione dell’arciprete Andrea Bruno fatta a Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor D. Francesco Pedicini Arcivescovo di Bari nella 1° S. Visita Pastorale eseguita in questa Parrocchia nel mese di Giugno dell’anno del Signore 1872 ed in conformità della Notificazione dei 19 marzo 1859, cita un brano in essa riportato, che recita: ‘Dietro l’apertura del Camposanto si sono chiusi i sepolcri comuni, non che il Cimitero. Vi sono due sepolcri gentilizi, dell’arciprete Gatti di v. m. e del Principe di Acquaviva’.
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13 Gennaio 2021