La villa del ‘Masciaridde’
La villa è ubicata sulla strada provinciale 61, che collega Gioia del Colle a Turi, poco prima dell’ingresso del sito archeologico di Monte Sannace. La costruzione di questa villa ha una storia in comune con quella di un’altra villa simile, ubicata sulla Provinciale per Acquaviva delle Fonti, a circa 4 Km. da Gioia, di proprietà […]
La villa è ubicata sulla strada provinciale 61, che collega Gioia del Colle a Turi, poco prima dell’ingresso del sito archeologico di Monte Sannace.
La costruzione di questa villa ha una storia in comune con quella di un’altra villa simile, ubicata sulla Provinciale per Acquaviva delle Fonti, a circa 4 Km. da Gioia, di proprietà del costruttore Romano. Infatti entrambe sono state costruzione durante il tempo libero dai rispettivi proprietari, costruttori, che hanno utilizzato come elemento preponderante la pietra locale, che si trova in abbondanza nelle nostre campagne e che hanno subito una interruzione nel loro completamento a causa della morte degli stessi titolari.
La villa apparteneva al signor Leonardo Castellaneta (1937-1995), di professione costruttore, in particolare nell’esecuzione di lavori rustici in pietra e in restauri. Tra l’altro si deve a lui il restauro della masseria Montanaro, esistente all’ingresso del parco archeologico di Monte Sannace, attualmente utilizzata come centro di accoglienza dei visitatori e di orientamento alla visita.La costruzione fu avviata nel 1970 su un terreno agricolo di proprietà del Castellaneta.
Il figlio Filippo, che gestisce una macelleria a Gioia in Via Manin, mi fornito alcune informazioni che di seguito riporto, visibilmente commosso mentre sfogliava ricordi della famiglia e delle tappe di costruzione della villa.
Nella stessa macelleria del figlio, Filippo, è possibile vedere alcune foto e una legenda che spiega le motivazioni del soprannome affibbiato al padre,’U masciaridde.
Masciaro, masciara derivano dai termini dialettali mascara o masciaro (dal latino megarea, l’italiano megera), col significato di strega, maga o, se un uomo, stregone, mago: era questa, dunque, la definizione svolta dalla capostipite o dal capostipite all’interno della propria comunità, in tempi in cui la magia e le credenze popolari erano molto diffuse, soprattutto in ambienti contadini. In altri casi questi soprannomi erano attribuiti in base alle caratteristiche fisiche o comportamenti simili a quelle di un masciaro o di una masciara.
Masciaridde, quindi significa ‘piccolo mago’, ‘piccolo stregone’, magari riferito alle ridotte fattezze fisiche del primo portatore del soprannome.
Filippo ricorda che il padre Leonardo voleva costruire un villino per la sua famiglia, fuori dal suo orario di lavoro, lavorando tutti i sabati, le domeniche e i giorni in cui non aveva impegni lavorativi.
Trascorreva intere notte a pensare e a progettare e poi passava alla realizzazione del progetto, facendosi aiutare da maestri della pietra e scalpellini, senza neppure il consiglio di ingegneri ed architetti; anzi erano loro che andavano a prendere spunto da lui per i loro progetti.
Quando iniziò la costruzione negli anni ’70 la sua campagna non era servita da energia elettrica e quindi non si potevano utilizzare montacarichi o attrezzature elettriche, ma trasporto e messa in opera delle pietre avveniva solo manualmente, con il solo ausilio delle braccia e delle mani.
Essendo costruita in pietra, era necessaria la materia prima, che Leonardo ricavava in loco, sia attraverso lo spietramento del terreno sia utilizzando pietre che provenivano da cantine, da case ristrutturate, da scalinate. Sembra che per la costruzione dell’annessa cappella siano state usate delle chianche provenienti dalla ristrutturazione del sagrato di Sant’Antonio.
La signora Anna, moglie del signor Leonardo, ricorda che in quasi venticinque anni di lavori non vi è stato un giorno di festa per la famiglia; tutte le domeniche genitori e figli lavoravano in campagna per completare la costruzione della villa e non c’era tempo neppure per trascorrere una mezza giornata a mare o per svagarsi e riposarsi dalle fatiche settimanali. L’unico svago era quello di aiutare il capo famiglia a portare a termine la villa e, qualche giorno festivo, dopo aver lavorato mezza giornata, concedersi una sosta nella tavernetta per gustare il pranzo preparato dalla moglie del Castellaneta, per poi riprendere a lavorare.
Purtroppo la villa rimase incompiuta poiché il signor Leonardo nel 1990 si ammalò e nel 1995 venne a mancare.
Essendo necessari numerosi fondi per completare l’opera, essendo gli eredi impegnati nelle loro attività e anche a causa della morte di alcuni di essi, la villa fu messa in vendita. Nel 2010 la villa fu acquistata da un signore di Bari, il quale ha provveduto a completare la costruzione e ad abitarla.
Dal cancello d’ingresso campeggia una alta statua che raffigura San Pio da Pietralcina, quasi ad impetrare la sua protezione celeste sugli abitanti della villa e a scacciare la cattiva sorte, compito in passato svolto dai masciari presso le nostre culture contadine.
Il luccichio degli occhi di Filippo e della mamma, nel ricordare Leonardo e gli anni trascorsi in questa titanica impresa, fa capire quanti sacrifici hanno dovuto affrontare e il rammarico per aver dovuto alienare una proprietà messa su con tanto amore, sacrificio e costanza da parte di tutta la loro famiglia.
Prima di accedere alla villa attraverso un cancello metallico sorretto da due colonne, si può ammirare la pavimentazione in pietra lavorata, che in un ovale sembra racchiudere la forma di un pozzo in pietra. Dopo aver varcato l’ingresso si entra in un viale lastricato che presenta la forma di una grande X percorsa al centro da una linea di pietre poste in modo trasversale a quest’ultima.
A prima vista la costruzione potrebbe sembrare una chiesa a tre navate. Si accede all’abitazione attraverso due scalinate laterali protette da una serie di sostegni in pietra raccordati con altrettante traverse in pietra, che danno luogo ad un effetto scenografico particolare, come ad un parapetto forato. La parte centrale del primo livello della costruzione, costruita in pietra, presenta un portone centrale e due finestre laterali con chiusura a ad arco. Il secondo livello, costruito in pietra, presenta un fregio aggettante a forma di archi sostenuti da mensole e una balconata traforata di colonnine in pietra, su cui si innalza una costruzione simile al fastigio di una chiesa, con un’apertura centrale ad arco e due laterali di forma rettangolare. Sul terrazzino è presente la statua di un’aquila.
I due blocchi laterali, simili al prospetto di due navate laterali di una chiesa, anch’essi in pietra, mascherati da un intonaco giallino che conferisce alla costruzione un tocco di colore, presentano una finestra rettangolare per parte, sormontata da un parapetto in pietra, con tre colonnine, altrettanto in pietra, con terminazione merlata. In questa parte sono presenti alcuni decori architettonici e quattro colonnine che sorreggono delle sfere in pietra.
La costruzione è dotata di un piano interrato, con funzione di tavernetta, per la presenza di un camino, tutta in pietra e con copertura ad archi in pietra.
Nelle vicinanze della Villa è stata abbozzata una costruzione in pietra di modeste dimensioni, con una grande apertura di ingresso, probabilmente ad uso di rimessa o di deposito. Infatti dalla presenza, nei pressi della costruzione, di numerosi blocchi di pietra già lavorata, ci fanno pensare ad un’incompiuta.
Nei pressi della costruzione è stata edificata una cappella, intitolata a San Daniele, nome dato in onore del padre del costruttore. Anche questa cappella, costruita in pietra, era rimasta incompiuta.
Sono stati costruiti due artistici e ornamentali pozzi in pietra con annesso contenitore per l’acqua, scavato anch’esso nella pietra.
Per la sua caratteristica, unica e preziosa struttura di stile neoclassico molto spesso la villa è stata richiesta come location per foto in occasione di eventi nuziali.
© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte ed il nome dell’autore.
28 Aprile 2021