La Chiesa di Santa Maria lo Vurzale
Una delle più antiche chiese rurali che in passato erano ubicate nel territorio di Gioia è quella di Santa Maria lo Vurzale. Il nucleo originario del Santuario di Santa Maria di Picciano (MT) risale al XII-XIII secolo. Dalla metà del ‘300 ai monaci benedettini subentrarono i Gerosolimitani, poi Cavalieri di Malta, i quali vi costituirono […]
Una delle più antiche chiese rurali che in passato erano ubicate nel territorio di Gioia è quella di Santa Maria lo Vurzale.
Il nucleo originario del Santuario di Santa Maria di Picciano (MT) risale al XII-XIII secolo. Dalla metà del ‘300 ai monaci benedettini subentrarono i Gerosolimitani, poi Cavalieri di Malta, i quali vi costituirono una Commenda e si presero cura del Santuario.
Documentazioni storiche attestano che la metà del sec. XIII è un momento di floridezza economica del monastero, così come è attestato da una serie di donazioni, compravendite ed acquisizioni di diritti ed immunità.
Il santuario aveva anche due beni nel territorio di Gioia, denominati Feudo della Piscina della Tufara e Feudo di San Giovanni, seu Santa Maria lo Vurzale, ubicati nella parte sud e sud ovest di Gioia.La gestione di questi due feudi gioiesi appartenenti alla Commenda di Picciano era tenuta direttamente dall’Ordine degli Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme, probabilmente per la presenza in loco di una Domus gestita dall’Ordine Gerosolimitano.
Infatti dalla lettura dell’Inchiesta del 1373, voluta dal Papa Gregorio XI, sulla presenza degli Ospedalieri di San Giovanni nel Mezzogiorno d’Italia, veniamo a conoscenza che nel 1384 a Gioia era presente una Domus degli Ospitalieri di San Giovanni, che si impegnava ad assistere ed ospitare sia i pellegrini che transitavano da Gioia per poi proseguire verso i porti pugliesi sull’Adriatico sia i cavalieri che dopo essersi fermati a Gioia proseguivano il loro cammino per imbarcarsi, come i pellegrini, e dirigersi verso la Terra Santa.
La presenza di questo Ospitale è attestata altresì da una iscrizione presente sulla facciata ad ovest della Chiesa di Sant’Angelo, sulla quale si legge:
In honorem B.ti Ihes Bb Io Braia Bielopaulic de casa Maxlesa de paiso de Seta, Scavonus, fieri fecit istam capelam cum aspedalem iustam ditam capelam ano D MCCCCCVI, Iohie, la cui traduzione in italiano è la seguente: In onore del Beato Giovanni Battista, Giovanni Braia Bielopaulic del casato Maklesa della terra della Zeta, Schiavone, fece costruire questa chiesa con l’ospedale annesso alla stessa chiesa l’anno 1506, in Gioia.
Il Bielopaulic, nome italianizzato in Bartolomeo Paoli, venne a Gioia con un gruppo di soldati schiavoni nella metà del XV secolo, per dare manforte agli Aragonesi nella guerra che essi sostennero contro gli Angioini per il possesso del territorio che comprendeva anche Gioia. Terminata la guerra una parte degli Schiavoni ritornò in patria mentre un altro gruppo prese residenza stabile a Gioia e si insediò nel borgo che da loro prese la denominazione di Borgo degli Schiavoni.
Ai due Feudi di pertinenza della Commenda di Picciano, quelli della Piscina della Tufara e di S. Giovanni e S. Maria lo Vurzale, si aggiunse in seguito, come riporta padre Bonaventura da Lama nel suo volume Cronica de’ Minori Osservanti della Provincia di San Nicolò, pubblicata nel 1724, un territorio a sud di Gioia, ubicato lungo la strada che porta a Taranto, sul quale era presente un’antica cappella rurale dedicata a Sant’Antonio da Padova e sul quale, dopo la distruzione della stessa, venne ricostruita l’attuale chiesa di Sant’Antonio o del Crocifisso.
Nel Verbale della Visita effettuata alle chiese di Gioia il 24-10-1578 dall’arcivescovo di Bari, Antonio Puteo, a riguardo delle cappelle di San Giovanni e di S. Maria lo Vurzale, si ordina: Che le cappelle di S. Maria e di Santo Giovanni annesse alla Commenda della Religione di Malta siano reparate, et ivi si celebri le messe fra un anno immediate sequente.
Le due chiese, di San Giovanni e Santa Maria erano delimitate ad est dalla via pubblica per Acquaviva, chiamata la Via Vecchia, a sud dalla via pubblica da Gioia a S. Eramo, a nord nord-ovest dalle vie che vanno a Cassano. L’ubicazione della chiesa di S. Maria del Vurzale è attestata da una carta dell’Atlante Geografico del Regno di Napoli pubblicata nel 1810 ed eseguita dal cartografo Antonio Rizzi Zannoni, nella quale sul lato destro dell’attuale via per Santeramo sono indicate la Chiesa della Madonna del Vero Zelo e più a sud quella della Madonna della Croce, chiesa visibile ancora oggi.
Nel Verbale della Visita pastorale compiuta alle chiese di Gioia il 18 e 19 novembre 1623 da parte dell’arcivescovo di Bari, mons. Ascanio Gesualdo, viene riportata la Ecclesiam Sanctae Mariae vulgo dello Verzale, denominazione in seguito variata in Vurzale e successivamente in Vero Zelo. La cappella di San Giovanni non viene citata in questa Visita probabilmente poiché non necessitava di interventi di prescrizioni da parte dell’arcivescovo.
Nei Decreti di Santa Visita effettuata alla chiesa di Gioia nel 1640 dall’arcivescovo di Bari, Diego Sersale, si riporta: In cappella Sanctae Mariae noncupate del Verzale si ordina di non celebrare messe prima di aver rifatto il tetto aperto e sistemato tutto quanto necessario per celebrare le divine funzioni.
Una testimonianza della presenza delle due chiese è attestata anche nel cabreo (elenco di beni appartenenti a grandi amministrazioni ecclesiastiche o signorili; con tale nome si indica anche il catasto dei beni dell’ordine di Malta) del 1674. Nel cabreo è segnata una mappa topografica che riporta la seguente scritta: Platea di Santa Maria di Picciano Gioia San Gio. seu S. Maria lo Vurzale.
Tale Feudo era gestito per conto della Commenda di Picciano dai giovanniti, cioè dall’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni, quelli che ancora oggi sono ricordati come Ordine dei Cavalieri di Malta.
Fu il canonico Angelo Grammatico di Ferrandina, geometra e agrimensore, a compiere l’accertamento delle terre possedute dall’Ordine di San Giovanni Gerosolimitano (di Gerusalemme) nella Terra di Gioia, tra le quali c’era la cappella detta di S. Maria lo Vurzale, che faceva parte del Feudo di San Giovanni seu S. Maria lo Vurzale.
Nelle ultime Visite pastorali del ‘700 da parte degli Arcivescovi di Bari, non compare più il richiamo alla chiesa di San Giovanni, segno che doveva essere ridotta in condizioni talmente precarie da ritenere proibitiva ripararla e che quindi era stata abbandonata e abbattuta; la cappella di Santa Maria del Vurzale, invece, era ancora utilizzata fino alla metà dell’800. Dopo tale periodo si perde memoria della presenza delle due cappelle nel territorio di Gioia.
Nel Catasto onciario del 1750, tra i possedimenti della Commenda di S. Maria di Picciano, sita nella città di Matera, si cita una chiesa di Santa Maria del Vero Zelo dell’Ordine Gerosolimitano e di proprietà nel territorio denominato S. Giovanni, confinante con un territorio chiamato “La Susciola” sulla via di Santeramo, denominata la Cappella di Santa Maria della Croce. La denominazione Vero Zelo, che viene citata come esistente a Gioia oltre che dalla carta topografica stilata da Antonio Rizzi Zannoni del 1810, anche nel 1838 da parte dell’abate Francesco Paolo Losapio, è verosimilmente la trasformazione del lemma Verzale in Verzaro, Vurzale e infine Vero Zelo.
A seguito delle cosiddette leggi eversive della feudalità del 1806 e 1809 volute dai napoleonidi con cui si stabiliva: La feudalità con tutte le sue attribuzioni resta abolita. Tutte le giurisdizioni sinora baronali, ed i proventi qualunque che vi siano stati annessi, sono reintegrati alla sovranità, dalla quale saranno inseparabili, i beni degli Ordini religiosi possidenti vengono soppressi, incamerati dallo Stato sotto la denominazione di beni demaniali dello Stato.
La Commissione feudale insediata dai napoleonidi con la Terza Sentenza del 26 giugno 1810 dichiarò soppressa la Commenda di Picciano e i feudi e i fondi che essa possedeva nel territorio di Gioia passarono in proprietà diretta dei coloni che per dieci anni consecutivi li avevano coltivati.
Sicuramente a seguito di questo “sfratto” nella chiesa di San Giovanni, santo dal quale gli Ospitalieri, futuri Cavalieri di Malta, presero denominazione e che era considerato protettore dell’Ordine Gerosolimitano, chiamato anche giovannita, non furono più ufficiate cerimonie religiose e quindi la cappella rurale fu abbandonata e subì un degrado che la portò alla definitiva scomparsa.
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5 Maggio 2020