L’ I.T.I.S. , ex Lanificio Lattarulo
Fino alla prima metà del Novecento Gioia è stato un paese florido non solo nel settore agricolo, ma anche in quello industriale; ciò è testimoniato sia dalla presenza di industrie di trasformazione di prodotti agricoli, come distillerie, frantoi oleari e enologici, mulini e pastifici, molte delle quali oggi fanno parte dei monumenti dell'archeologia industriale locale, sia […]
Fino alla prima metà del Novecento Gioia è stato un paese florido non solo nel settore agricolo, ma anche in quello industriale; ciò è testimoniato sia dalla presenza di industrie di trasformazione di prodotti agricoli, come distillerie, frantoi oleari e enologici, mulini e pastifici, molte delle quali oggi fanno parte dei monumenti dell'archeologia industriale locale, sia dalla presenza di altri opifici, come il Lanificio Lattarulo.
Quest'anno ricorre il 50° anniversario dalla deliberazione del Comune di Gioia di acquisto dell'opificio ex Lattarulo, che successivamente verrà destinato a sede dell'ITIS.
Alla fine dell'Ottocento un giovane di Fasano divenuto ormai nostro concittadino, Angelo Lattarulo di Onofrio, dopo aver iniziato a lavorare come garzone nello stabilimento di Saverio De Bellis a Castellana Grotte, dà avvio alla sua attività lavorativa a Gioia come tintore, andando in giro per il paese con un carretto e chiedendo alla gente se avesse abiti e indumenti da tingere. Successivamente impianta anche una modesta tintoria a carattere artigianale in alcuni locali presi in fitto in via Monte Sannace.
Il 4 giugno 1885, dopo aver provveduto ad acquistare 60 fusi, cinque telai a mano e due piccole cardatrici, impianta anche un piccolo laboratorio tessile. Man mano che i suoi figli, Onofrio, Oronzo e Michele crescevano, questi, insieme al padre e allo zio Giuseppe Ciaccia, ampliano l'industria con l'aggiunta di nuovi reparti.
Nel 1908, dovendo ampliare ulteriormente l'azienda e quindi avendo necessità di nuovi locali, i proprietari decidono di acquistare un suolo edificabile, in Via Mazzini, per costruire un opificio per poi trasferirvi l'azienda.
Allorquando il fondatore, Angelo Lattarulo, decide di ritirarsi dall'attività lavorativa dona una metà del fabbricato del lanificio, compresi i macchinari, le attrezzature e gli impianti, ai figli e ai nipoti Angelo, Franca, Onofrio ed Oronzo. (Il figlio Michele muore tragicamente il 12 -4-1944 ).
Questi signori il 4 giugno 1944, esattamente 59 anni dopo la primitiva fondazione, costituiscono a Gioia una Società, che chiamano " Lanificio Lattarulo ".
Il fondatore del Lanificio, Angelo Lattarulo senior, per la sua costante operosità e per la sua intraprendenza nel suo settore lavorativo, sarà insignito dell'onorificenza di Cavaliere del Lavoro.
L'attività del Lanificio non si limita alla produzione di tessuti di lana, ma prevede altresì la lavorazione del cotone e della bambagia e la produzione di abiti, di costumi, di materassi, di coperte e di stoffe. Oltre ai lavori di tintoria l'attività dell'azienda sconfina anche nella produzione di divise per le Forze Armate. A tal proposito, come ricorda la Gazzetta del Mezzogiorno del 26-12-1938, il Lanificio, che forniva divise alle Forze Armate, viene visitato dalla fiduciaria del fascio femminile di Bari, che esprime parole di elogio sia per i proprietari che per gli operai impegnati in un meritorio e delicato compito e nella costruzione della nuova Patria.
Il ciclo di produzione del Lanificio era completo e andava dal lavaggio, alla filatura, alla cardatura, alla tessitura, alla tintura, al candeggio, all'asciugamento, al finissaggio per finire all'imballaggio, prima della definitiva spedizione dei tessuti lavorati.
E' probabilmente un errore ( un colore non perfettamente riuscito nella produzione di divise per la Marina, nonostante il nipote dell'industriale, anche lui di nome Angelo, fosse diplomato come Perito Chimico Colorista ) che costituisce l'inizio della crisi dell'azienda, in quanto quell'episodio comporta la mancata vendita dell'ordinativo richiesto, i mancati introiti per pagare materie prime ed operai e il mancato utile per i proprietari.
Il Lanificio, che aveva sede in via Mazzini n. 91, è stato ampliato alla fine degli anni quaranta a seguito dell'ampliamento dei reparti e per far fronte ai crescenti ordinativi richiesti da parte di operatori del settore tessile. Nella fase di massima espansione si estendeva su una superficie di circa mq. 6.500. Anche dopo la costruzione dell'ala sud, quella sita di fronte alla Chiesa dell'Immacolata di Lourdes, costituiva un unico corpo di fabbrica costruito a scopo industriale. Si sviluppava intorno ad un cortile centrale e comprendeva due livelli: il piano terra era costituito di quattro grandi vani, mentre il primo piano ne comprendeva undici. L'opificio era suddiviso in 5 reparti, ciascuno dei quali aveva uno specifico utilizzo.
Un primo padiglione, che aveva una superficie di circa mq. 745, era allocato su due livelli; quello inferiore era destinato al reparto lavaggio e tintoria, mentre quello superiore era utilizzato come deposito-magazzino. In questo modulo erano presenti diverse attrezzature: Una macchina Obermaier con cesto da Kg.140, un impianto per candeggio al cloro, due vasche per acidificare, un impianto Leviatan con 4 vasche in cemento e tre spremitoi, tre vasche in acciaio per la tintura delle matasse, due vasche in cemento con rivestimento a piastrelle, un forno-essiccatoio con attrezzature per l'asciugatura delle matasse.
Un secondo modulo, anch'esso disposto su due livelli, ma più ampio del primo, di circa mq. 1320, era adibito alla tessitura. La parte superiore, che non era edificata, ma solamente terrazzata, era utilizzata per far asciugare la lana. Nel modulo, oltre ad alcune attrezzature e vari contenitori erano installati 22 telai Jacquards ( per ottenere tessuti a maglia con disegni geometrici o variamente figurati, permette l'esecuzione di complessi disegni e intrecci sul tessuto), 18 telai a Ratières, 13 telai per lana a doppia altezza, altri due telai, due ordinatoi a sezione per il cotone e tre per la lana.
Anche il terzo modulo, di circa mq. 615, era disposto su due livelli. Il primo piano, dove erano impiantate 4 macchine per classificare le diverse fibre tessili, era utilizzato come reparto cardatura, operazione effettuata con attrezzature brevettate dalla stessa ditta, mentre il primo piano era adibito per la filatura.
Anche il quarto modulo era composto di due parti. La prima, utilizzata come opificio, aveva una superficie di circa mq. 340; in essa erano presenti sia una sfilacciatrice, che produceva ogni ora 25 chili di ritagli di lana per panni militari che un aspiratore per la lana sporca, mentre l'altra zona, di circa mq. 680, era utilizzata come sede per uffici, come abitazione del custode e fungeva da magazzino e da autorimessa.
L'ultimo modulo, di circa mq. 290, era utilizzato per il finissaggio; in esso erano presenti due macchinari che rendevano uniforme il tessuto e una spazzolatrice- ripianatrice.
La struttura era dotata di due cabine di trasformazione di elettricità e di alta e bassa tensione per il funzionamento dell'opificio. Inizialmente aveva macchinari che sviluppavano una forza motrice di 40 cavalli vapore, 400 fusi e dieci telai meccanici per la lavorazione di diversi prodotti: cotone, lana, drappi, coperte e filati. Durante gli anni che vanno dal 1930 al 1940, in media lo stabilimento produceva 94.000 chili annui di tessuti di cotone e 71.250 chili di filati di lana cardata. Il buono stato di salute della fabbrica è confermato dal fatto che negli anni '40 il numero dei telai passa a 42, i fusi diventano 1200 e la potenza complessiva dei motori arriva a 190 cavalli vapore.
A pieno regime tra operai ed impiegati lavoravano circa 250 persone; gran parte della manodopera era costituita da donne.
Il lanificio Lattarulo, per l'alta qualità dei suoi prodotti, ottenne numerosi riconoscimenti; tra questi ricordiamo: un diploma e una medaglia d'oro alla Esposizione di Roma nel 1912 e una medaglia d'argento da parte del Ministero per l'Industria e il Commercio nel 1921.
Nel 1954 lo stabilimento presenta una situazione delicata, tanto che la proprietà è costretta a licenziare 220 operai. L'allora Sindaco di Gioia, Pietro Rubino, in una lettera al Prefetto evidenzia le preoccupazioni sue e della cittadinanza per la perdita del posto di lavoro per 220 famiglie gioiesi e per l'economia locale, anche a seguito dell'aumento della disoccupazione, sottolineando che il fallimento era divenuto esecutivo a causa del mancato fido da parte delle banche.
Non si riesce a scongiurare il fallimento, nonostante la missiva che il Presidente dell'Assoindustria di Bari invia il 17-1-1956 al curatore fallimentare del Tribunale di Bari, con la quale chiedeva che il Lanificio Lattarulo fosse mantenuto in vita, perché ritenuto ancora valido, produttivo e necessario per l'economia di Gioia e della Provincia.
Nonostante pressioni operate da più parti, dopo il periodo di commissariamento, affidato a Severino Cavallone, il fallimento viene deliberato il 25-6-1955.
Il fallimento interessa anche altre aziende della famiglia Lattarulo: una fabbrica di ghiaccio, un opificio di produzione di manufatti per l'edlizia, una società operante nel settore dei lavori pubblici, il mulino pastificio ex Alfredo Pagano.
L'eco di questa tragica conclusione giunge anche in Parlamento; infatti il 13-7-1955 il Sottosegetario di Stato risponde alla Camera dei Deputati alla seguente interpellanza presentanta dall'Onorevole Ernesto De Marzio ai Ministri del Tesoro e del Lavoro e della Previdenza Sociale: Per conoscere se non ritengano opportuno d'intervenire per la grave situazione verificatasi nel lanificio Lattarulo di Gioia del Colle ( Bari ) per la mancata concessione di un prestito di £. 50 milioni da parte del Banco di Napoli, richiesto in base alla legge Sturzo; si tratta di un'azienda che dispone di un complesso industriale del valore di circa 700 milioni e che ha dovuto cessare la sua attività per i debiti veramente modesti in confronto al valore reale e potenziale di cui dispone, con la conseguenza della disoccupazione nelle famiglie dei suoi 200 dipendenti.
La risposta è la seguente: Il predetto lanificio ebbe a presentare alla sezione di Credito industriale del Banco di Napoli una domanda di finanziamento per lire 50 milioni, ai sensi della legge 16 aprile 1954, n. 135. Tale domanda fu sottoposta alla normale istruttoria prevista, al termine della quale il Banco fece presente alla ditta che il suo accoglimento doveva considerarsi subordinato ai seguenti adempimenti: 1°) accordo con i maggiori creditori per una ratizzazione dei debiti fluttuanti in atto; 2°) concretizzazione di impegni per l'assorbimento della produzione al fine di assicurarne il rapido collocamento. La ditta, con sua lettera del 9 maggio scorso, assicurò il Banco di Napoli che entro breve tempo avrebbe fornito la prova sia delle transazioni concordate con i creditori sia degli impegni contratti per l'assorbimento della produzione e si impegnò inoltre ad espletare le formalità necessarie per la sua trasformazione da " in nome collettivo " in " società per azioni ". Il 24 dello stesso mese, poi, la stessa ditta comunicò al Banco che la documentazione richiesta era in corso di approntamento, e precisò che avrebbe presentato i relativi incartamenti entro breve termine. Pertanto, non appena detti documenti saranno stati prodotti, la domanda di finanziamento sarà sottoposta al Comitato tecnico amministrativo della sezione, per le determinazioni di competenza.
Ancora l'11-7-1967 l'onorevole Genco, durante la discussione per l'approvazione del programma economico-nazionale per il quinquennio 1966-70, in Senato afferma: Che cosa ne è, per esempio, del lanificio Lattarulo, che stava a Gioia del Colle, con 250 operai e che si chiuse solamente perché l'istituto di credito temeva per i 70 milioni che aveva erogato? Oggi, i soli suoli di quello stabilimento valgono il triplo o il quadruplo; se l'istituto avesse atteso, si sarebbe rifatto largamente della somma anticipata.
I macchinari, perfettamente funzionanti, dopo la dichiarazione di fallimento vengono smontati, trasferiti in un'industria al Nord per essere lì utilizzati.
Il 19-4-1956 il Comune di Gioia approva l'istituzione di Corsi di qualificazione professionale per operai tessili della fallita Lattarulo. Il 12-10-1956 il Commissario Prefettizio, dott. Emanuele Loperfido, delibera il pagamento del fitto di 6 telai per 4 corsi di qualificazione per operai tessili della fallita Lattarulo, tenuti a Gioia. Tali corsi erano finalizzati ad un reintegro degli operai in una nuova azienda tessile.
Infatti, da una deliberazione dello stesso Commissario del 4-3-1959 apprendiamo che da accordi tra l'Amministrazione comunale e l'Amministratore delegato della Società per Azioni Lanificio Gioia del Colle sarà costruito un lanificio industriale e che il Comune si impegna a costruire la condotta della fogna all'opificio da costruirsi.
Cinquant'anni fa, esattamente il 24-10-1959, per evitare che la fabbrica finisse in mano di privati, a seguito del processo di liquidazione, l'Amministrazione comunale, guidata dal Sindaco Tommaso Surico, con deliberazione consiliare decide di acquistare l'immobile contraendo un mutuo di 50 milioni di lire.
Si pensava inizialmente di utilizzare la struttura come sede di un mercato ortofrutticolo all'ingrosso, mentre il 24 novembre 1959 viene discussa la modifica della delibera di acquisto dell'edificio per uffici pubblici , acquisto, escluso il 2° lotto, da effettuare per la somma di £. 65 milioni attraverso il ricorso a un mutuo.
Neppure questa seconda destinazione trova attuazione perché l'utilizzo finale diventa quello di scuola e precisamente diventa sede dell'Istituto Tecnico Industriale Statale. Infatti il 17-6-1960 la Giunta delibera di richiedere al Ministero della P.I. l'istituzione in Gioia di una sezione staccata dell'Istituto Tecnico Industriale di Bari.
Il 20-12-1960 il Consiglio ratifica la delibera di Giunta del 17 giugno 1960 riguardante l'istituzione di una sezione staccata dell'Istituto Tecnico Industriale di Bari.
Il 6-4-1961 il Consiglio riduce da £. 65 milioni a £. 46 milioni il mutuo per l'acquisto dell'ex Lanificio.
Il 24-4-1961 il Consiglio delibera di assumere gli oneri ( acqua, illuminazione e riscaldamento) per i locali dell'istituendo ITIS.
Il 4 9- 1961 la Giunta approva il progetto di sistemazione del comprensorio immobiliare ex Lattarulo, per il mercato ortofrutticolo ed altri servizi pubblici, complesso che il 25 novembre 1959 il Consiglio comunale deliberava di acquistare dal Tribunale di Bari, escluso il 2° lotto, per un importo di £. 65 milioni. Il relativo mutuo con la Cassa di Risparmio di Puglia di £. 46 milioni per finanziare l'acquisto viene deliberato dalla Giunta il 18-2-1962.
Il 5-12-1961 la Giunta, in merito all'acquisto dal Tribunale di Bari dell'ex comprensorio Lattarulo, provvede alla nomina del legale del Comune, avv. Matarrese, per assistere il Sindaco.
Il 2-2-1962 la Giunta delibera di liquidare l'onorario all'avv. Matarrese e delibera il deposito presso la Cassa di Risparmio di Puglia della somma residua del mutuo di £. 46 milioni per l'adattamento dell'immobile ex Lanificio Lattarulo: £.35 milioni erano per l'acquisto e £. 11 milioni per l'adattamento dello stesso a mercato ortofrutticolo.
Il progetto di adattamento e trasformazione a scuola viene eseguito a cura dell'Ufficio Tecnico del Comune. Il 30-3-1962 la Giunta approva il progetto per i lavori di adattamento dell'opificio Lattarulo, 1° lotto, per l'Istituto Tecnico Industriale. I lavori sono appaltati all'impresa Nicola Antonio Putignano.
L'1-10-1962 la Giunta approva il preventivo di spesa EAAP ( Ente Autonomo Acquedotto Pugliese ) per la costruzione del tronco idrico e fognante all'immobile ex Lanificio Lattarulo e il pagamento del contributo alla SGPE ( Società Generale Pugliese di Elettricità ) per l'allacciamento elettrico allo stesso edificio. Il 26 ottobre vengono approvati i lavori di adattamento di due locali dell'opificio ad officina meccanica e palestra per l'ITIS.
L'ITIS inizia a funzionare il 1° ottobre 1961 in alcuni locali presi in fitto dalla parrocchia del Sacro Cuore, mentre la sede della Scuola viene inaugurata il 12-12-1962, come sezione staccata dell'Istituto tecnico Industriale " Marconi " di Bari. La Giunta comunale il 21-12-1962 delibera la liquidazione delle spese di rappresentanza per tale inaugurazione.
Il 27 novembre 1962 la Giunta approva il preventivo spese per la demolizione di un vano a piano terra e la sistemazione di un locale per il custode.
Nel 1965 viene completato un prefabbricato per ospitare nuovi corsi, vista l'affluenza di studenti che si iscrivevano a tale Istituto.
L'ITIS è diventato un Istituto autonomo dal 1-10-1966. Successivamente l'Istituto è stato dotato di una palestra coperta. Nell'anno scolastico 1972-73 è stata istituita ad Altamura una sezione staccata dipendente dall'ITIS di Gioia, con un'ulteriore specializzazione in Chimica. Dall'a.s. 2006-07 la sede di Altamura è diventata sede associata dell'ITG " Nervi " di Altamura.
Attualmente nell' ITIS " Galileo Galilei " di Gioia sono operative le specializzazioni in Meccanicanica, Elettrotecnica e Automazione, Elettronica e Telecomunicazioni, Informatica.
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Foto tratte dal volume : Gioia del Colle … in bianco e nero – Storia fotografica degli ultimi cinquant'anni della "Città di Federico" a cura di Carlo Maria Tangorra. Suma Editore.
30 Novembre 2009