Isabella Del Balzo e la famiglia Orsini a Gioia
A Gioia del Colle abbiamo una strada denominata Via Orsini. La presenza del solo cognome potrebbe trarci in inganno e farci andare con la mente a Felice Orsini, patriota vissuto nell’Ottocento e condannato a morte nel 1858 per il fallito attentato a Napoleone III. La sua denominazione, invece, si riferisce alla famiglia Orsini, la cui […]
A Gioia del Colle abbiamo una strada denominata Via Orsini. La presenza del solo cognome potrebbe trarci in inganno e farci andare con la mente a Felice Orsini, patriota vissuto nell’Ottocento e condannato a morte nel 1858 per il fallito attentato a Napoleone III.
La sua denominazione, invece, si riferisce alla famiglia Orsini, la cui presenza in Gioia è attestata nel XIV secolo.
La casa D’Angiò nel Trecento deteneva il possesso del Principato di Taranto. Alla morte di Filippo II D’Angiò (1374), in mancanza di eredi il principato di Taranto fu ereditato da suo nipote Giacomo del Balzo. Successivamente le lotte interne tra il ramo Angioino durazzesco e quello franco-provenzale porterà Raimondo Orsini del Balzo a governare il Principato di Taranto.Questo principe, conosciuto anche con il nome di Raimondello, figlio di Nicolò Orsini, a sua volta figlio di Roberto Orsini e Sveva del Balzo, aggiunse al cognome paterno e del nonno, Orsini, anche quello della nonna, del Balzo, dando origine alla casata Orsini Del Balzo. Raimondo sposò Maria d’Enghien, contessa di Lecce. Alla morte di Raimondo dopo alterne vicende Maria fu dapprima imprigionata e quando tornò in libertà si ritirò nella sua Lecce e nel 1420 riuscì a far riconoscere il figlio avuto da Raimondo, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, detto anche Giannantonio, come erede legittimo del principato di Taranto. Giovanni Antonio Orsini del Balzo rafforzò ed estese il suo dominio e la potenza del Principato di Taranto, al punto da contendere in grandezza e ricchezza i possedimenti angioini. Il Principato di Taranto sotto gli Orsini fu così potente che possedeva 7 città arcivescovili, più di 30 castelli. Andando da Salerno a Taranto poteva viaggiare sempre nei suoi domini.
Sotto gli Angioini Gioia era tra i primi 15 centri della Terra di Bari a nella contribuzione tributaria.
Dopo alterne vicende, il Principato passò nelle mani della nipote Isabella, che oltre che principessa di Taranto divenne anche regina di Napoli.
Durante la lotta tra gli Orsini e i sovrani regnanti Gioia nel 1435 fu sachizata et abrusata dal capo delle milizie, Caldoro, de che remase inabitata.
Nel 1456 il Principe di Taranto G. A. Orsini fa sposare la figlia Caterina con Giulio Antonio Acquaviva, conte di S. Flaviano e duca d’Atri e le assegna in dote la contea di Conversano con Bitetto, Bitonto, Casamassima, Gioya, Cassano, Noci, Turi, Castellana e il casale di Montrone.
Il Duca di Milano, Francesco Sforza e il macedone albanese Giorgio Castriota Scandenberg nel 1459 vengono in aiuto di Ferdinando I d’Aragona e gli Angioni sono sconfitti. Nel 1463 Giovanni Antonio Orsini si ritira ad Altamura, dove viene assassinato nel castello cittadino, forse per volere di Ferdinando I, succeduto sul trono di Napoli al padre Alfonso I.
Nel 1465 ha termine il Principato di Taranto, di cui Gioia faceva parte, che è incorporato al Regno di Napoli, entrando così a far parte del regno aragonese.
Della famiglia Orsini si conserva nel Municipio di Gioia del Colle un bassorilievo, che secondo l’abate Francesco Paolo Losapio fu scolpito da primicerio Giovanni De Roccha, nel secolo XIV. In passato il bassorilievo era inserito nella cosiddetta Torre del Principe del Balzo, un tempo appartenuta alla famiglia Cassano.
La Torre, oggi è incorporata nel palazzo appartenente alla famiglia Carnevale, in Via Canova, di fronte alla chiesa di San Rocco. Su questa Torre la tradizione vuole che San Rocco, invocato dai gioiesi durante la peste del 1656 che infuriò anche a Gioia, apparve con una spada fiammeggiante e fugò il terribile morbo. I gioiesi a ricordo di quel miracolo operato dal Santo a favore di Gioia costruirono una Cappella a San Rocco.
Lo stemma scolpito sul bassorilievo, come riferisce il prof. Carano-Donvito, pare risalga al principe Giacomo Del Balzo, succeduto nel 1371 a Filippo II d’Angiò nel Principato di Taranto, cui successe, poi, verso la fine dello stesso secolo Raimondello Orsini-Del Balzo, morto nel 1406.
Questa affermazione, però, contrasta con la presenza sul bassorilievo dell’arma di Raimondo Orsini del Balzo e della moglie Maria d’Enghien Brienne e confermerebbe che lo stesso Raimondo, nel periodo in cui era a capo del Principato di Taranto (1399-1406), ponendo il bassorilievo su una delle Torri a guardia di uno degli ingressi di Gioia, volesse attestare che il nostro territorio faceva parte del suo dominio.
Il bassorilievo fu poi spostato e murato dalla famiglia Cassano in un’altra loro residenza, che viene ricordata anche come villino Milano, sita sull’omonima strada, in prossimità del ponte che scavalca la linea ferroviaria Gioia-Rocchetta Sant’Antonio, di fronte all’attuale stabilimento Termosud Ansaldo. All’inizio di questo secolo la famiglia Cassano lo ha ceduto al Comune di Gioia del Colle, che lo ha sistemato nel palazzo municipale.
Di Isabella Del Balzo e di Gioia ci parla Rogeri de Pacienza, poeta di Nardò, che dopo il 1494 passò al suo servizio e per lei scrive “Lo Balzino”, un poema in ottave che rientra nella letteratura odeporica, cioè quella relativa ad un viaggio. Infatti, oltre a raccontare le avventurose vicende della vita di Isabella del Balzo, a partire dalla sua nascita (1465) al matrimonio con Federico d’Aragona (Andria, 28 novembre 1487), ci descrive il viaggio attraverso la Puglia di Isabella Del Balzo nel 1497, mentre si recava incontro allo sposo Federico, divenuto re di Napoli.
Il poema è dedicato ad Antonia del Balzo, sorella di Isabella, alla quale, nella Lettera II, dice di aver scritto le operette con breve intermissione e poco disconzo de le faccende a le quale per debito era obligato.
Alcune date riferite da Rogeri non sono pienamente attendibili poiché lo stesso non è stato presente a tutti gli avvenimenti che racconta, come nella circostanza del matrimonio di Isabella con Federico d’Aragona nel 1487, Io non ce fui, ma li compagni miei / me dicon cose che me fan star smorto e neppure della visita che fece alla principessa l’anno successivo, quelli ce fo, dirmelo non sanno / quanti baron lo venne accompagnare.
Rogeri fu presente a Lecce nel 1497, città dalla quale la regina Isabella iniziò il viaggio alla volta di Napoli, fu testimone dell’omaggio che le tributarono alla sua partenza gentiluomini e gentildonne, ma afferma che non ebbe modo di vedere il corteo trionfale. Rogeri descrisse le varie tappe successive con maggiore dovizia di particolari, come si evince dall’ utilizzo dell’espressione vidi e dalle sue affermazioni di essere stato testimone oculare.
Lo Balzino ci parla di Isabella del Balzo Orsini dalla sua nascita (1465) al matrimonio con Federico d’Aragona (Andria, 28 novembre 1487); dal soggiorno pugliese quale principessa di Altamura e duchessa di Andria e Venosa alla notizia della proclamazione di Federico a re di Napoli (1496).
Rogeri scrive un poema encomiastico, forse per ingraziarsi la benevolenza e i favori della principessa-regina: insiste sulla cooperazione di Isabella e del marito per raggiungere l’obiettivo comune, quello di pacificare il regno e fare ritorno finalmente a Napoli. Egli si propone di narrare la vita straordinaria di Isabella del Balzo, con una funzione quasi divinatoria sul suo futuro, predestinandola ad un futuro glorioso, ad assumere il titolo di regina fin dalla sua infanzia. L’autore insiste sull’ idealizzazione eroica e quasi agiografica della figura di Isabella e al termine del poema le augura che possa dare alla luce un figlio maschio, augurio che si realizzò realmente. Sembra quasi che voglia accostarla alla Madonna, anche nell’invocazione iniziale, nella funzione che le attribuisce: come la Madonna dà alla luce Gesù, il Redentore del mondo dal peccato, così Isabella è investita del ruolo di redentrice del suo popolo.
Questo testo è un documento prezioso per gli studiosi di storia della lingua, dello spettacolo. Si tratta di un poemetto encomiastico in otto libri in ottava rima, che, come recita la nota introduttiva, narra la origine e discesa de l’inclita e felicissima casa Del Balzo, e de la vita con la avversa e prospera fortuna de la serenissima signora nostra diva Isabella Del Balzo, nova regina del Regno di Sicilia.
L’autore ancora afferma: O Vergine …/ concedi a lo mio ingegno gracia tanta/ che sequa l’alta istoria reginale / de questa serva tua, diva Isabella / finch’al marito produr possa quella.
Isabella del Balzo nacque a Minervino nel 1465 da Pirro del Balzo, duca di Andria e principe di Altamura e da Maria Donata Orsini.
Nel 1483 fu promessa in sposa a Francesco d’Aragona, il più giovane dei figli legittimi del re di Napoli Ferdinando I. Il matrimonio non poté però realizzarsi, perché il principe morì il 26 ottobre 1486, dopo essere tornato nel Regno e avere guidato in Puglia la repressione contro la ribellione del futuro suocero, Pirro del Balzo.
Federico d’Aragona mandò a richiedere Isabella in sposa. Il matrimonio fu celebrato ad Andria dall’arcivescovo di Trani Giovanni Attaldi il 28 novembre 1487 e fu accompagnato da un grande convito nel palazzo di famiglia. Dopo il matrimonio Isabella rimase in Puglia, con il titolo di principessa d’Altamura e duchessa d’Andria e di Venosa.
Il 12 ottobre 1496, mentre Isabella si trovava a Carpignano in visita alle sue terre, Bernardino del Balzo le comunicò che il re Ferdinando II era passato a miglior vita e che suo marito Federico sarebbe stato nominato di lì a breve come successore nel regno di Napoli.
Isabella ritornò a Lecce, dove restò, finché l’11 maggio 1497, scortata da Galeotto Carafa e accompagnato dalla moglie Vittoria, sua cugina e figlia del duca di Sora, intraprese il viaggio verso Napoli per assistere alla successione al trono del marito a re (febbraio 1498) e alla nomina di suo figlio Ferrandino a duca di Calabria .
Quando Isabella del Balzo arriva a Gioia provenendo da Lecce, mentre si recava incontro allo sposo Federico d’Aragona, divenuto re di Napoli per la morte di Ferrandino, le si fa incontro Andrea Matteo Acquaviva, signore di questa terra.
Nel suo viaggio, tra la fine di maggio e la metà di giugno, Isabella attraversò diversi paesi: Campi Salentina, San Pancrazio, Grottaglie, Taranto, Massafra, Castellaneta, Gioia, Acquaviva, Bitonto, Giovinazzo, Bisceglie, Andria, dimorando in alcuni di essi, tra cui Gioia. L’11 giugno, dopo diciassette giorni, entrò a Barletta, città nella quale inizialmente era prevista l’incoronazione.
Nel XIII sonetto e nel libro V, vv. 625 e segg. de Lo Balzino Rogeri parla dell’arrivo di Isabella Del Balzo a Gioia, delle accoglienze trionfali a lei tributate e dei festeggiamenti a lei riservati nella corte del castello dalla popolazione schiavone che si era insediata a Gioia nella seconda metà del Quattrocento.
Descrive come hanno cantato e ballato il kolo (danza) in onore della Regina di Napoli, Isabella del Balzo. L’autore si sofferma sulle danze organizzate in suo onore, in particolare su una antica bugarštica, cioè una ballata in serbo-croato, i cui versi appartengono ad un canto popolare eroico slavo del XV secolo, che costituisce una importante testimonianza della presenza degli Slavi, in particolare Schiavoni, nell’Italia del Sud e anche a Gioia nel Quattrocento. Era un gruppo di profughi serbi che lasciò il despotato di Đurađ Branković per stabilirsi a Gioia del Colle.
Riporto un frammento di quel canto popolare in lingua croata, che appartiene al ciclo popolare di Pjesme o al ciclo dei despoti, il quale riecheggia fatti del XV secolo, in cui il vojvoda prigioniero a Smederevo (1448) esprime il suo desiderio di essere liberato e di poter riprendere la sua lotta contro i Turchi. La traduzione che segue è del prof. E. Sequi: L’aquila si levò sulla città di Smederevo- nessuno non volle con essa parlare, – ma Ianko voivoda parlò dalla prigione . – “ Ti prego, aquila, scendi un po’ più in basso – perch’io parli con te: in Dio ti ho fratello; – va dai signori di Smederevo – perché preghino il despota glorioso – che mi rilasci dal carcere di Smederevo; – e se Dio m’aiuta – e il despota glorioso mi rilascia dalla prigione di Smederevo,- io ti sazierò di rosso sangue turco – di bianco corpo di cavaliere”
Nella loro sosta a Gioia del Colle gli ospiti regali gustarono il buon vino di Gioia, quello a cui don Francesco Filippo Indellicati alla fine del secolo XVIII darà il nome di Primativo. Probabilmente tale vitigno fu portato a Gioia da quegli stessi Schiavoni, venuti al seguito di Giorgio Castriota Scandenberg nel 1459 in aiuto di Ferdinando I d’Aragona nella lotta che sostenne contro gli Angioini , quegli stessi Schiavoni che organizzarono i festeggiamenti in onore di Isabella.
Dopo alterne vicende familiari, Isabella condivise l’esilio del marito nel 1501 nell’isola d’Ischia e poi con lui giunse in Francia e alla fine dell’anno giunse alla corte di Luigi XII, il quale, in cambio della sua rinuncia a ogni diritto sul trono di Napoli, gli concesse la Contea del Maine, dove Federico si insediò nel 1503. Nel 1505 Isabella rimase vedova e per difficoltà economiche e per provvedere al mantenimento dei quattro dei suoi cinque figli fu costretta ad alienare un’altra parte della ricca biblioteca di famiglia.
Isabella morì a Ferrara nel 1533 e fu lì sepolta nella chiesa del monastero di Santa Caterina.
Rogieri scrisse un secondo poema encomiastico per Isabella del Balzo, il Triunfo, probabilmente tra il 1497 e il 1498, in quanto parlando di lei afferma che trenta un anno so’ ch’al ciel compiacque / mandar sì chiaro e glorioso lume. La regina Isabella appare su un carro trionfale che la condurrà a Roma.
In occasione del V Centenario della venuta a Gioia di Isabella del Balzo Orsini il Comune di Gioia del Colle ha organizzato una rievocazione storica dell’avvenimento, con corteo e personaggi in costume. Infatti l’assessore alla cultura del Comune di Gioia del Colle, Pino Dentico, nell’ambito delle manifestazioni culturali del mese di agosto, “Invece d’estate” occasioni & incursioni di stagione 1998, alla data del 19 agosto inserì In onore di Isabella 1498-1998, 1° rievocazione storica a 500 anni dalla visita di Isabella del Balzo, regina di Napoli, a Gioia del Colle. A margine dell’evento annotava: Apprendiamo dal poema Lo Balzino, opera del poeta di Nardò Rogeri de Pacienza, che nel maggio 1498 Isabella del Balzo, nel suo viaggio dal Salento incontro allo sposo Federico, divenuto re di Napoli per la morte di Ferrandino, viene accolta trionfamente nella nostra città. Il poeta annotando le cose “con li propri occhi vidute”, ci narra di un intero paese in festa ed in particolar modo dell’accoglienza tributata alla regina dalla comunità schiavona di Gioia del Colle, che nel castello dà vita ad una animatissima danza. E’ guardando a tale episodio storico, uno dei pochi gioiosi che la nostra storia ricordi, che Antiqua, nel corso di due fittissime ed emozionanti giornate, ricrea per noi con l’utilizzo di compagnie professionali e di una folla di artisti, e nel modo grandioso che abbiamo imparato a conoscere da “Bagliori di fede” dello scorso maggio, il colore, il sapore e la magia della vita quotidiana di fine Quattrocento. Un ulteriore contributo alla nostra memoria storica collettiva, alla cui scoperta e valorizzazione tanti sforzi sono stati diretti nel corso degli ultimi anni. Ai gioiesi, alle associazioni ed alle realtà economico-produttive il compito di tornare a pensarci ed a lavorarci, a partire dal 21 agosto, per l’edizione 1999 “In Onore di Isabella”.
La giornata del 19 agosto prevedeva nel Centro storico e per le vie della citta, ANTIQUA di Recanati con azioni ad oltranza con: Diableries Teatro, azioni su trampoli con fuoco, Tostabor Espadrones, compagnia di stantmen di scherma storica, Compagnia dell’Antico Bordone, musica antica, Discanto, musica rinascimentale, Yoshi Tomo, domatore di serpenti, fachiro, Ercole spaccacatene, Danzatrice del ventre, La Carretta dei comici commedia dell’arte. Per il 20 agosto, sempre a cura di ANTIQUA di Recanati, nelle vie del Centro storico e nel castello normanno-svevo era programmato un Grande Corteo Storico con: I trombonieri di Cava dei Tirreni, archibugi, sbandieratori, chiarine, tamburi e corteggio storico con gli artisti di Tostabor Espadrones, Diableries Teatro, Compagnia dell’Antico Bordone, Discanto, Silvana Licursi in concerto.
Oltre ad intestare una strada cittadina alla famiglia Orsini, il Comune di Gioia ne ha intitolata una ad Isabella del Balzo Orsini, regina di Napoli, via ubicata di fronte all’edificio scolastico San Filippo Neri.
Del testo Lo Balzino si interessò anche Benedetto Croce, il quale tratteggiò il ritratto di Isabella Del Balzo (La regina Isabella del Balzo, Napoli 1897) sulle pagine dell’Archivio storico per le province napoletane (poi raccolto in Storie e leggende napoletane, 1915 ). Su Rogeri va segnalato il lavoro di E. De Felice, T. Fiore, L’impasto linguistico del Balzino di Rogeri de Pacienza, in «Lingua e storia di Puglia», 24 (1984), pp. 121-48.
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18 Giugno 2020