Il testamento di Reone Guarnita, 14 settembre 1292
Presso l’archivio della Biblioteca Provinciale “De Gemmis” di Bari si può prendere visione di un testamento di Reone Guarnita di Gioia, rogato dal notaio Nicola De Capite di Gioia il 14 settembre 1292 (V Indizione di Gioia), che ci porta a conoscenza di un pezzo di storia del nostro Comune. Di particolare importanza notizie sulla […]
Presso l’archivio della Biblioteca Provinciale “De Gemmis” di Bari si può prendere visione di un testamento di Reone Guarnita di Gioia, rogato dal notaio Nicola De Capite di Gioia il 14 settembre 1292 (V Indizione di Gioia), che ci porta a conoscenza di un pezzo di storia del nostro Comune.
Di particolare importanza notizie sulla presenza di alcune chiese in Gioia, sulla contemporanea presenza della duplice gerarchia ecclesiastica, quella latina e quella greca, le donazioni alla chiesa di San Francesco, alla Chiesa Matrice e un accenno alla chiesa di San Vito, che attesta già a quella data il culto del Santo Martire nel nostro Comune.
Dal documento apprendiamo anche i nomi di alcune contrade di Gioia, notizie su alcune unità di misura, sulle produzioni agricole, tra cui frumento, orzo, vino e sull’allevamento di animali, come buoi, mucche, muli tori, giovenche.
Il testo che si riporta è la traduzione dell’originale, che presenta alcune lacune, segnalate con puntini sospensivi, di difficile trascrizione, perché mutilo nella piegatura centrale o macchiato dall’umidità.
Reone Guarnita, signore della Terra di Ioa, appressandosi il giorno in cui renderà la sua anima al Signore Dio dell’universo dichiara le sue ultime volontà.Istituisce erede il fratello Nicola Guarnita, e le nipoti Benedetta e Giovanna, figlie del quondam Isacco Guarnita, per la metà dell’eredità col detto Nicola; l’eredità è la seguente: tre case congiunte di trenta travi; due case situate nella propria corte; casa di travi sei nel casale presso quella del notar Gualtieri di Cambio; due case presso la chiesa di S. Biagio ed un orto nello stesso luogo, una di queste, però, con l’orto ed un pozzo dovrà essere assegnata ai poveri, l’altra a coloro che avranno in custodia l’ospizio dei poveri; un piccolo orto presso la chiesa di S. Caterina, col censo annuo di grani cinque alla Curia; altro piccolo orto presso quello di Nicola de Gresonis; tre vigne in Gualdella; due vigne e mezzo, delle quali una, che è unita alla chiesa di S. Vito (…), lega a detta chiesa per la salute della sua anima; un palmento di pietra in Gualdella; tre vigne che furono del quondam giudice Antonio, presso la vigna del giudice Lorenzo; un molino con mulo e ronzino; quattro asini, tredici buoi domiti, cinquanta bovini tra giovenchi e giovenche, quattro tori, e otto giovenche da due anni; sedici salme di frumento ed altrettante di orzo, che sono nella fossa; altre ventiquattro salme di frumento commiste ad orzo; a casa cinque ferlicie piene di frumento, cinquantacinque ferlicie di orzo nel granaio, una ferlicia piena di fave, cinque botti di vino vecchio, due botti di olio, sette botti da vino vuote.
Lega, vita natural durante, a Gemma sua moglie la casa, ove è il mulino ed il mulo, la qual casa dovrà passare, alla di lei morte, alla chiesa di S. Nicola de Casulis. Lascia alla moglie due buoi, quattro vacche, un’asina, tre ferlicie piene di frumento ed altre tre di orzo riposte nel granaio.
Lascia alla chiesa di S. Nicola de Casulis due vigne in Gualdella, una detta di Noce, l’altra di Caduto, quattro grosse vacche e sei giovenche. A ciascuna delle nipoti una vacca; a Giovanna, figlia della nipote, una vacca. Alla nipote Benedetta, una botte di vino. A Margherita, figlia della predetta, una casa di quattro travi presso la casa di Giovanni Balsano; una vacca, due giovenche, un letto ed i panni necessari per il letto, i quali panni debbono essere comperati dalla moglie.
Alla pupilla Rosa, educata nella casa del testatore, una casa di quattro travi confinante con la casa di Giovanni de Gugli, ed una in Gualdella, sulla via di Taranto, una vacca, una giovenca, un letto, nonché i panni necessari da comprarsi dalla moglie e da restituirsi, nel caso di morte senza figli, agli eredi.
Alla nipote Isabella una casa di quattro travi sita in Gualdella, una vacca ed un giovenco di due anni, una coltre ed un piumaccio, un saccone ed un’oncia d’oro.
All’arcivescovo di Bari, per quarta, due fiorini d’oro; a ciascun sacerdote, tanto latini che greci, un tarì d’oro; a ciascun diacono grana dieci; ad ogni suddiacono grana 5; agli accoliti e chierici tarì 7½ (sette e mezzo).
Alla chiesa di S. Nicola di Bari tarì tre e grana cinque; alla chiesa di S. Nicola di Ceglie tarì tre e grana cinque, e per la cera tarì d’oro diciotto.
Alla chiesa di S. Francesco dei frati minori di Gioia un bue fra i migliori; all’arciprete dei greci un bue ed un giovenco.
A venticinque vedove, per la sua anima, venticinque tomoli di frumento.
A Stefano di Filippo de Rosa una salma di frumento, un bue, un giovenco.
A Gemma, di lui sorella, una salma di frumento.
Ordina che siano restituite a Gualtieri Guarnita nove salme di frumento.
Rimette a Benedetto di Lorenzo de Piramo ogni debito tanto in denaro, quanto in frumento.
Confessa di dover ricevere dal notaio Gualtiero di Cambio quindici tarì d’oro, dal giudice Saracino di Matera, tarì dodici, e dalla di lui moglie tarì sei, dal giudice Lorenzo una salma di frumento, tomoli sei di orzo, due once d’oro e tredici tarì, da Stefano Anniccone dodici grani, da Angelo de Mirabile quattro tomoli di frumento, da Francesco de Andrano tarì nove, dal giudice Angelo di Laterza tarì quattro e mezzo, da Nicola di Matera once d’oro due e tarì mezzo, da Matteo de Ferrante tarì uno e grani quindici, da Carapresa da Matera tarì tre e grana sei, da Giovanni di Filissa un’oncia come da istrumento che il testatore ha, dall’abate Gualtieri tarì due, da Giovanni Bando da Casavoli un’oncia e tarì sette e mezzo, dal giudice Berardo una salma di frumento, da Roberto di Laterza due tarì e diciassette grani, dal giudice Stefano di Romanita tre once e dodici tarì ed ha in pegno, il testatore, un libro legale, dal notaio Abarnabab diciassette tarì come da istrumento in possesso del testatore, da Pietro Cabellero tarì quattro e mezzo, dal giudice Guglielmo di Risone di Bari nove once d’oro e nove salme di frumento, da Nicola Adilagne un fiorino d’oro, da Stefano di Maione d’Alemagna due once d’oro e dodici tarì, da Ursone de Sasso un’oncia d’oro, da Nicola de Maione un fiorino, da Giovanni de Andreana quattro tomoli di frumento, da Demetrio di Maddaloni undici tarì.
Lega alla chiesa di S. Maria Maggiore di Gioia per le decime, tarì sette e mezzo. Costituisce epitropi Nicola … (arciprete dei greci) e Simeone di mastro Giorgio.
Testi: notar Gualtieri di Cambio … Nicola de Tormaceri arciprete dei Greci, Giacomo Memi… greco, Nicola de David, fra Giacomo, guardiano dei frati minori di Ioa, fra Giovanni Angelo di Errico di Ioa, testi letterati, ed in loro mancanza, Simeone di mastro Giorgio e Giovanni de Franco della stessa terra.
Io attesto e dichiaro, Notaio: Nicola de Capite di Ioa.
Il 15 giugno 2010 la parrocchia di San Vito Martire, a conclusione delle celebrazione del 50° anniversario della sua istituzione canonica, come affermato dal parroco don Vito Campanelli, ha voluto rievocare le origini del culto del Santo attraverso un corteo storico di Reone Guarnita, allo scopo di recuperare una tradizione che ha uno spessore ben più consistente rispetto ai ricordi del secolo scorso. Custodire l’integrità della memoria storica assume dunque una forte valenza culturale a salvaguardia dell’identità gioiese.
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19 Novembre 2021