Il notaio cav. Vincenzo Taranto
La famiglia Taranto, oltre al notaio Donatantonio Taranto, ha avuto un altro notaio, il cav. Vincenzo Taranto (1855-1894). Ritroviamo il cav. Vincenzo Taranto in un periodo molto travagliato della vita politica di Gioia del Colle, per le dispute tra i due partiti contrastanti che sedevano in Consiglio: il Partito Operaio, giolittiano, capeggiato dal socio sindaco […]
La famiglia Taranto, oltre al notaio Donatantonio Taranto, ha avuto un altro notaio, il cav. Vincenzo Taranto (1855-1894).
Ritroviamo il cav. Vincenzo Taranto in un periodo molto travagliato della vita politica di Gioia del Colle, per le dispute tra i due partiti contrastanti che sedevano in Consiglio: il Partito Operaio, giolittiano, capeggiato dal socio sindaco Marcellino Cassano, di cui faceva parte l’on. Vito De Bellis, e il Partito Agrario, capeggiato dal sindaco Daniele Eramo e spalleggiato dallo stesso Vincenzo Taranto.
Le combattute elezioni del 1892 portarono alla sconfitta del Partito Agrario, alla vittoria del Partito Operaio e al trionfo di Marcellino Cassano.
In occasione dell’insediamento del nuovo Consiglio comunale di Gioia il 12 novembre 1889, durante il quale fu rieletto sindaco il cav. Marcellino Cassano, il consigliere Vincenzo Taranto si astenne. Il neo sindaco, però si dimetteva dopo circa un mese.
Durante la seduta del Consiglio comunale del giorno 1 maggio 1890 venne eletto sindaco il sig. Enrico Soria con 16 voti, mentre il cav. Vincenzo Taranto ne ottenne otto.Il 15 settembre del 1890 il sindaco Soria si dimise e subentrò la nuova Amministrazione, guidata dal sindaco cav. Vincenzo Taranto.
Le tensioni tra i due partiti locali, quelli che facevano capo al cav. Cassano e quella che faceva capo al cav. Taranto portarono alle dimissioni di quest’ultimo e alla nomina a sindaco del Cassano nel luglio del 1891.
A maggio del 1892 il sindaco Cassano si dimette ed i due partiti presenti in Consiglio votarono unanimi Daniele Eramo.
Il 30 marzo 1893 il Consiglio comunale fu convocato per deliberare sul progetto di una lapide in onore del comm. Carlo Soria, morto nel 1891. In quell’occasione il consigliere Vincenzo Taranto disse: A me, Sindaco, di Gioia del Colle, toccò l’onore di rendere alla memoria del Comm. Carlo Soria le dovute onoranze, e quanto a me, con grato animo, operai in onore dell’Illustre Estinto … E con orgoglio, Signori, io ricordo quella Commemorazione, perché fu la prima volta che Gioia compiva atto degno di città civile, onorando la memoria di un illustre concittadino. Ma con animo dolente aggiungo che è in vero deplorevole che in questo nostro Comune nessuno ha mai pensato a ricordare date e nomi memorandi, sebbene di date e nomi memorandi qui non vi sia stato difetto. I nostri Martiri del 1799, che dopo aver visto distrutte le loro case saccheggiate, furono dalle mercenarie turbe dei Sanfedisti arsi vivi, giacciono sepolti nell’oblio degli anni, ed è molto se a pochi di essi fu fatto il tardo onore di denominare coi loro nomi alcuni vicoletti nascosti nella nostra città. Fu al certo opera onesta denominare così quei vicoli dove quei grandi Pensatori, quei venerandi Patrioti avevano avuto le loro case di abitazione, case modeste, donde tanto ammaestramento di grandi virtù e tanto esempio di nobili abnegazioni alla Patria fu dato; ma bisogna convenire che fu ben poca cosa che si fece per Loro. Dimenticati giacciono ancora i Martiri del 1821 e i Magnanimi Eroi del 1848, del 1859, del 1860, cui la Città va giustamente debitrice della fama di patriottica e liberale in allora conquistata; così come dimenticati giacciono i nomi di quanti le loro sostanze conferirono in questa nostra Gioia allo incremento della pubblica istruzione ed alla fondazione d’istruzioni consacrate al sollievo degli infermi e degl’indigenti.
Quando morì Carlo Soria, io sentii tutta la grave responsabilità che a me, Sindaco di Gioia s’imponeva, e con le onoranze rese a Lui mi augurai fosse surta l’alba generosa del giorno in cui il nostro Comune avesse saputo e dovuto pensare ad onorare la memoria dei nostri illustri e benemeriti trapassati, quali furono i Del Re, i Losito, i Petrera nel 1799, i Calabrese, i Latorre ed altri del ’21 e del ’48, i Losapio, che lasciarono largo Legato per la istruzione del nostro Popolo, i Minei, Dorotea Indellicati, Nicoletta Taranto, che, per parecchie centinaia di migliaia di lire concorsero alla fondazione di un Ospedale e un Ricovero di Mendicità, e tanti altri nomi e tante altre date, che un popolo civile non dovrebbe mai dimenticare.
Il 21 novembre del 1893 il sindaco Eramo, dopo aver elencato i positivi risultati conseguiti in 18 mesi di amministrazione, presentò le sue dimissioni. Poiché i due partiti presenti in Consiglio non riuscivano ad esprimere un loro candidato, non disponendo di una tranquilla maggioranza, solo il 27 gennaio del 1894, all’unanimità fu rieletto sindaco Marcellino Cassano. Il 25 luglio 1895 il Cassano si dimetteva e all’unanimità veniva rieletto sindaco il cav. Eramo.
Un episodio che testimonia il clima di grave tensione in cui si viveva a Gioia alla fine dell’Ottocento si verifica la sera del 7 gennaio 1893. Intorno alle ore venti, dall’angolo tra Via Mercurio e il palazzo Pagano, dove era ubicata la farmacia Iacobellis, dove era appostato un individuo con un fucile militare, partì un colpo a palla in direzione del piano terra del palazzo Tateo, nel quale era allocato lo Studio Notarile del cav. Vincenzo Taranto, capo del cosiddetto ‘Partito moderato’. Fortunatamente, o volutamente, pur penetrando nel locale, il colpo non ferì alcuni dei frequentatori dello studio del notaio Taranto. In quello studio, alla fine della giornata lavorativa, erano soliti riunirsi i maggiorenti del Partito. Era evidente, quindi, che si trattava di un attentato di carattere politico.
Il sindaco cav. Eramo nella seduta straordinaria del Consiglio comunale del 19 gennaio disse: Sebbene infermo, non ho voluto mancare al posto del dovere, dal quale, ricordando il malvagio quanto vile attentato perpetrato contro un nostro Egregio Collega, il Cav. Vincenzo Taranto, io, sapendomi interprete degli animi di voi, che siete i degni rappresentanti di tutta la cittadinanza, mi rallegro con lui dello scampato pericolo, e protesto pubblicamente e solennemente contro quell’atto, che, per fortuna, non colpì il designato, colpì certamente, al cospetto della Provincia, il decoro, il prestigio del nome di Gioia, se potrà accertarsi ch’esso non fu esplosione di personale vendetta per privati rancori (condannevole sempre), sibbene una intimidazione o vendetta contro chi è gravato della ingrata responsabilità di pubblici uffici.
Quello che non riuscì a gennaio del 1893 fu portato a compimento nel 1894. Infatti alle 21,30 circa del 15 agosto, ad un chilometro da Gioia, sulla via per Noci, il cav. Vincenzo Taranto veniva colpito a morte da un colpo di arma da fuoco. Se ne andava così, all’età di 39 anni!
Questo episodio provocò sgomento e dolore non solo tra i parenti del Taranto, ma anche tra la popolazione gioiese.
Fu subito scartata l’ipotesi del suicidio, dato il sito della ferita ed il decorso della stessa.
Il Procuratore Generale, nella sua Requisitoria svolta a Trani l’11 aprile 1895, affermò: Quistioni di partito e d’interesse erano tra il Cav. Vincenzo Taranto e la famiglia del dottor Candido Mariano, poiché militavano in campo opposto sia amministrativo che politico, ed il Mariano, la cui moglie era sorella della moglie del Taranto, si riteneva ostacolato dal cognato nel conseguimento dell’ammontare della dote. Per questo motivo il Mariano venne imputato di concorso nel suddetto reato per aver determinato altri a commetterlo.
Il processo si concluse nel 1897 presso la Corte di Assise di Potenza, dove era stato trasferito dal tribunale di Trani per legittima suspicione, con l’assoluzione di tutti gli otto imputati.
Per questo motivo nel Cimitero Monumentale di Gioia sulla sepoltura del Taranto si legge la seguente iscrizione: Qui il cadavere lagrimato di Vincenzo Taranto nato il 23 febbraio 1855 assassinato la sera del 15 agosto 1894 dall’alta e bassa canaglia attende la giustizia di Dio e quella degli uomini.
A tenere la commemorazione funebre del cav. Taranto il 25 agosto 1894 fu il capo del Partito a lui avverso, al potere in quegli anni, il sindaco, comm. Marcellino Cassano, il quale disse: Signori Consiglieri, la generale costernazione ed il profondo cordoglio che commossero la cittadinanza intera al triste annunzio dell’infame attentato, che rese esanime il nostro collega carissimo, cav. Vincenzo Taranto, si ripercuotono con più veemenza in quest’aula oggi, che, dal quel giorno nefasto siede la prima volta questo On. Consesso. Al bene del Comune ed alla sua prosperità l’egregio Cons. Taranto, strappato barbaramente all’affetto della famiglia, che idolatrava, ed al culto della patria, dall’arma di un volgare assassino, aveva dedicato ogni sua più assidua ed amorosa cura.
Con fede di apostolo egli volle le sorti migliori della patria, che onorò moltissimo, spesso immolando, a questa, i suoi privati interessi.
Altra volta ebbi l’onore di additare al pubblico elogio quell’Amministrazione da lui degnamente presieduta, perché, pur avendola combattuta, ne ammirai lo spirito forte, la tenacia nei propositi, l’abnegazione nella quale egli ed i suoi egregi colleghi servirono il paese.
Fu suo merito l’aver dato vita ed organismo ad un partito ravvivato da nuovi ideali, che rese possibili l’avvicendarsi dei partiti locali al potere, ragione di bene e di civile progresso. Il suo nome, circondato dalla riconoscenza e dal generale ossequio dei suoi concittadini, resterà memorabile, come esecrando rimarrà quello dell’assassino.
Voglia Iddio che la Giustizia in breve ora ci apprenda il nome scellerato di quell’essere abbietto, perché siano presto cancellati il vituperio e l’onta di questa città, che ha tradizioni altamente civili e generose, e dove a nessuno, forestiero o cittadino, sarà mai lecito uccidere e massacrare sulla pubblica via senz’attirarsi addosso i fulmini della Giustizia punitrice e riparatrice del disonore inflitto alla nostra Gioia.
La patria vegli e protegga la Vedova infelice e le cinque innocenti creature, che nelle ansie della vita trovino conforto e ricordo dalla virtù del loro genitore.
Ad attestare la parte grandissima che tutti prendiamo al lutto di Casa Taranto, che possiamo dichiarare lutto della nostra famiglia, la Vostra Amministrazione ha disposto che per una intera Sessione restino abbrunati il banco della Presidenza ed il vessillo Municipale.
Abbiamo inoltre l’onore di proporre per voi, Sigg. Consiglieri, che si levi la seduta e si mandino a nome di questo Consesso condoglianze vivissime alla vedova; agli orfani ed ai congiunti di Casa Taranto.
Alla commemorazione seguirono gli interventi dei consiglieri: Diomede Angelo, Eramo Daniele, Bruno Berardino e Soria Enrico, i quali espressero indignazione per il vile attentato e per la scomparsa del collega Taranto.
© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte ed il nome dell’autore.
13 Febbraio 2021