Il Museo di Angelo Pavoncelli
In una rientranza del Centro storico di Gioia, in via Michele Petrera n. 44 si trova una Porta dell’Imperatore denominata “ Il volo di Federico “, dipinta nel 2012, con un’atmosfera surreale, dal pittore gioiese Mario Lozito. Aprendo questa porta, però, si entra in un mondo reale, che per le giovani generazioni potrebbe avere qualcosa […]
In una rientranza del Centro storico di Gioia, in via Michele Petrera n. 44 si trova una Porta dell’Imperatore denominata “ Il volo di Federico “, dipinta nel 2012, con un’atmosfera surreale, dal pittore gioiese Mario Lozito.
Aprendo questa porta, però, si entra in un mondo reale, che per le giovani generazioni potrebbe avere qualcosa di surreale, ma che per chi è più avanti negli anni è quanto mai reale e ci rimanda al passato: è un Museo particolarissimo, è la rievocazione di alcune nostre tradizioni che un nostro concittadino e proprietario della struttura edilizia, Angelo Pavoncelli, innamorato della sua e della nostra Gioia del Colle, con passione certosina e con tenacia e sacrificio ha voluto recuperare nel corso si qualche decennio; si tratta di oggetti e materiali appartenenti alla nostra civiltà contadina, insieme ad altri oggetti tipici della nostra civiltà pre-industriale ed industriale.
Si tratta di un Museo particolarissimo, allocato in una vecchia cantina, che è stata soppalcata per avere a disposizione un fronte di esposizione dei materiali raccolti, su due diversi livelli.
Tra i vari pezzi in esposizione fa da spicco un artistico presepe in carparo gioiese, inserito in una nicchia della cantina, arricchito da piccole grotte costruite nello stesso carparo. L’ambiente presenta un pozzo di acqua sorgiva, costruito a campana, abbastanza profondo, il cui boccapozzo è coperto da una lastra di cristallo infrangibile che permette di osservarlo agevolmente anche per la presenza di un discreto impianto di illuminazione.
Lo scopo di tale raccolta e della formazione del Museo è lo stesso Pavoncelli a spiegarlo: l’obiettivo è quello di salvare un patrimonio culturale antico che il tempo e il progresso irrimediabilmente cancellano per consegnarlo ai posteri, soprattutto ai giovani, insieme alla cultura che gli oggetti esprimono, perché non dimentichino le loro proprie origini, le proprie tradizioni e possano guardare al futuro con ottimismo e con uno sguardo, un occhio rivolto al passato, alla laboriosità dei nostri padri, per non farsi travolgere dalla tecnologia e perdere la propria umanità.
In questo modo il Pavoncelli ci invita a recuperare i rapporti umani in una società che sembra perdere quotidianamente i valori su cui si fonda il vivere civile, relegando l’uomo ad un ingranaggio della società e delle strumentazioni meccanico-tecnologiche, svuotato del pathos e della passione, del contatto umano ricco di emozioni, di sentimenti, che sono gli elementi che spingono l’uomo ad andare avanti. Salvando questo patrimonio e queste tradizioni della nostra terra ci invita ad impegnarsi per migliorare la vita su questa nostra terra, operando nella solidarietà e partecipazione; in una parola ci sponge ad operare per rendere il mondo più umano, ad eliminare le sacche di miseria, di povertà, di ignoranza, non solo materiale, ma anche morale, economica, sociale, della moderna società.
E’ un andare indietro nel tempo non per compiangere la bellezza di un tempo che fu, ma per recuperare i veri valori del vivere, che promanano dall’operosità, dal lavoro, dall’impegno, dalla solidarietà.
E i reperti esposti ci parlano di questo, ci richiamano a superare gli egoismi, l’individualismo, a lavorare per il bene della collettività, ad essere solidali, a collaborare, a socializzare le nostre esperienze.
Gli oggetti esposti sono migliaia e sono catalogati per famiglie: attrezzi agricoli, utensili da cucina, attrezzi utilizzati per gli antichi mestieri, libri, oggetti di arredamento, giocattoli …
Il compito di salvare le testimonianze del nostro passato non è affidato solo alla buona volontà di chi crede nell’utilità che gli oggetti della vita di un tempo possiedono, ma richiede anche un forte impegno culturale, un messaggio didattico da tramandare alle nuove generazioni. Per questo il signor Pavoncelli, oltre a recuperare oggetti, strumenti, attrezzi del passato, va continuamente alla ricerca di altri ‘ documenti ‘, cioè di libri antichi, che racchiudono il sapere tramandatoci dai nostri padri.
A tal proposito ha recuperato due manoscritti ottocenteschi che parlano di Gioia.
Il suo desiderio è quello di coinvolgere il mondo della scuola per far conoscere alle giovani generazioni il tesoro che il suo Museo racchiude, offrendone gratuitamente l'accesso.
In questo suo compito altamente educativo si sente solo e forse incompreso e mentre accenna a questo suo titanico sforzo, a questa prova d’amore che lui sta profondendo per Gioia, qualche lacrima riga il suo volto, nel timore che tutti i suoi sacrifici possano andare perduti con il termine del suo cammino terreno e che la sua generosa fatica possa essere infranta dal tempo, dall’incomprensione, dall’insipienza o dalla freddezza dei suoi concittadini e delle Istituzioni.
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3 Settembre 2016