Gli Ebrei in Puglia e a Gioia del Colle
Molto fantasiosamente, secondo alcuni il termine Puglia deriverebbe dal toponimo biblico “Pul” (variante Put), citato dal profeta Isaia 66,19, ricordato da Beniamino da Tuleda, un geografo ed esploratore spagnolo di cultura ebraica del XII secolo. Nel suo viaggio effettuato nel 1159 da Tudela a Damietta (Egitto) attraversò per due volte l’Italia. Attraversando la Puglia annota: Ad un giorno […]
Molto fantasiosamente, secondo alcuni il termine Puglia deriverebbe dal toponimo biblico “Pul” (variante Put), citato dal profeta Isaia 66,19, ricordato da Beniamino da Tuleda, un geografo ed esploratore spagnolo di cultura ebraica del XII secolo.
Nel suo viaggio effettuato nel 1159 da Tudela a Damietta (Egitto) attraversò per due volte l’Italia.
Attraversando la Puglia annota: Ad un giorno da Trani sorge a Nicola di Bari; di qui s’impiega un giorno e mezzo per giungere a Taranto, una grande città abitata da 300 ebrei. L’unica strada che collegava Bari a Taranto era quella che passava per Gioia; è probabile che si sia fermato anche a Gioia.
L’Italia meridionale è stata per secoli una terra di passaggio per gli Ebrei che spesso sbarcavano a Brindisi, Otranto, Bari, o Trani per motivi di commercio, per sfuggire alle persecuzioni, perché costretti come deportati a lavorare da schiavi.
La presenza di colonie ebraiche in Italia Meridionale è attestata da numerose fonti storiche sin dal periodo della Roma repubblica; troviamo Ebrei sia come liberi cittadini che come schiavi utilizzati nella coltivazione dei latifondi romani, condotti da Gerusalemme da Pompeo nel 63 d.C. o successivamente.La Puglia era una meta preferita dagli Ebrei non solo per la proverbiale ospitalità dimostrata nel corso dei secoli verso popolazioni esterne, ma anche per la fertilità del suolo, in massima parte pianeggiante e quindi in gran parte coltivabile e per il fatto che le città rivierasche erano vicine alla Grecia, dove erano presenti comunità ebraiche ed erano in contatto con esse.
Dagli Apprezzi della Terra di Gioja del 1611 e del 1640 abbiamo la conferma di queste favorevoli condizioni anche di Gioia. E’ detta Terra molto abbondante e graziosa de tutte cose non solo per li cittadini di detta Terra, quali sono tutti piani, ameni et fecondi, et atti ad ogni sorte di coltura, et ne tengono quantità et abbondanza. Si fa abbondanza di vino e di molta bona qualità per le commode vigne che possedono detti cittadini…. Per uso di detti cittadini è acqua sorgente perfettissima … In detti territori, quelli che sono vicini a detta Terra, , sono seminatori, pascolatori, vigne, giardini, hortalizi … Si possono fare industrie d’ogni sorte di animali per la sua grandezza, et qualità dell’herbaggi, quali sono abbondanti.
La Puglia, per il fatto di essere stata terra di conquista da parte di numerose popolazioni, ha dovuto convivere con diverse culture e religioni e ha mostrato tolleranza verso di esse: quella cristiana, quella musulmana e quella bizantina.
Gli Ebrei, dal canto loro, si sono mostrati acerrimi nemici dei Saraceni e quindi si sono assunti anche l’onere di difendere le città pugliesi, in cui risiedevano, dalle invasioni a partire dall’anno 800.
Nella cronaca ebraica di Sepher Yosephon del secolo X, pubblicata nel 1969, si afferma che l’imperatore romano Tito nel 70 d. C. dopo aver distrutto Gerusalemme aveva portato in Italia prigionieri ebrei dei quali 5000 obbligati a stabilirsi a Taranto ed altri in città pugliesi tra cui Brindisi. Un altro cronista del secolo XI, Achimaaz, afferma che il nucleo degli Ebrei residenti in Oria, sua patria, era composta di discendenti di prigionieri che Tito aveva condotto con sé da Gerusalemme.
Molti Ebrei sfuggirono alla persecuzione e per loro iniziò la diaspora; una parte di essi giunse in Puglia.
Mons. Grazio Gianfreda nel 1972 affermava con certezza che l’apostolo Pietro sbarcò ad Otranto e predicò la buona novella ai suoi connazionali lì presenti.
Nel corso dei secoli si verificano numerose migrazioni di Ebrei in Italia, ma la Puglia, differenza delle altre regioni, registra la presenza continuativa di colonie ebraiche dal periodo imperiale fino al 1000, frutto di stanziamenti più antichi.
Gli Ebrei hanno contribuito positivamente per l’economia pugliese; nel periodo in cui gran parte dell’Italia era interessata dalle invasioni barbariche il Meridione godeva di un certo benessere derivante dai traffici e dalla presenza di fabbriche, tra le quali spiccavano quelle legate alla manifattura della lana a Venosa e a Canosa, e le manifatture di Taranto e di Otranto.
Inoltre Bari, Oria, Venosa e Otranto, grazie agli Ebrei sono diventati centri del risveglio culturale di quel tempo; in particolare, l’importanza di Bari e Otranto è dimostrata da quanto fra i dotti ebrei europei, da una parafrasi da Isaia, 2, 3 da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola di Dio, si diceva delle due città: da Bari esce la legge e la parola di Dio da Otranto; questo detto ci è stato tramandato da Rabbenu Tam, famoso rabbino francese del XII secolo.
Una serie di epigrafi funerarie ritrovate in queste città, tutte in lingua ebraica, sono la dimostrazione che, da sempre, quelle comunità ebraiche pugliesi utilizzavano la loro lingua originaria. Ciò era dovuto con molta probabilità agli stretti rapporti intercorrenti fra la Puglia, la Palestina, la Grecia, il Medio Oriente, in Nord Africa e l’Egitto.
Personaggi colti e dotti ebrei presero dimora in Puglia dove si formò una vera e propria scuola di studiosi di testi sacri. Famosa è la scuola dei copisti di Otranto che rimanda alla scrittura quadrata ebraica italiana.
Varie dinastie governarono il Mezzogiorno italiano dall’XI al XV secolo: Normanni, gli Svevi, gli Angioini e poi gli Aragonesi.
Al tempo dei Normanni comunità giudaiche fiorenti erano presenti a Barletta, Trani, Giovinazzo, Bari, Brindisi, Otranto, lungo la fascia costiera adriatica della Puglia, e a Taranto e Gallipoli lungo la fascia ionica.
Durante la dominazione normanna si determinò un periodo di pesante soggezione per gli Ebrei, dovuta al loro passaggio dal dominio diretto dei principi a quello dei vescovi, con la conseguente cessione a questi ultimi dei redditi e della giurisdizione su loro stessi: essi vennero esclusi dai diritti politici e dai pubblici uffici come pure dalla possibilità di esercitare talune arti e professioni.
La casa di Svevia, in particolare Federico II, si dimostrò molto disponibile verso gli Ebrei, anche perché avversi al Papa e ai guelfi del tempo, che erano a quest’ultimo favorevoli. Anche lui, perseguitato dal Papa, come “ghibellino”, si dimostrò tollerante verso gli Ebrei. Infatti riportò gli Ebrei sotto l’unica e diretta giurisdizione dello Stato, concesse loro il riposo festivo del sabato e, volendo dare loro sicurezza poiché disponevano di grandi capitali, permise che prestassero soldi con un interesse del 10% in qualità di banchieri del regno (avevano già acceso mutui e concesso grossi prestiti nel regno), senza incorrere in alcuna pena, anche se, a seguito del Concilio Lateranense del 1215, fu costretto nel 1221 ad introdurre per loro l’obbligo di indossare abiti con un segno distintivo che li identificasse come Ebrei.
Federico II chiamò presso di sé uomini di cultura ed amministratori ebrei, affidò agli Ebrei di Puglia la gestione del monopolio della seta e nel 1231 ordinò che nella Puglia tutta la seta grezza, sia di produzione locale che forestiera, doveva essere ceduta ad una società ebrea di Trani. Anche l’esercizio dell’arte della tintoria, che fu l’altra attività prevalente degli ebrei in Puglia, rientrò tra i privilegi che Federico II concesse alla comunità ebraica pugliese. L’istituzione del monopolio sul commercio estero ed interno consentì agli ebrei una partecipazione importante alla sviluppo e alla vita economica pugliese. Ciò portò gli ebrei ad assumere ruoli importanti nelle alte cariche cittadine statali e riconoscimenti per le loro competenze in materia finanziarie e per la perizia nella scienza medica. Molti sono anche prestatori di denaro e cambiavalute. Per il fatto di prestare denaro ad interesse venivano accusati di usura.
Con l’avvento degli Angioini in Puglia si ebbe complessivamente un peggioramento nella condizione delle comunità ebraiche; alcuni regnanti imposero conversioni forzate alla religione cattolica, l’obbligo del segno distintivo (giallo per gli uomini e indaco per le donne), e fecero ricorso a sovvenzioni per gli inquisitori, mentre altri mostrarono maggior tolleranza nei loro confronti.
La politica aragonese fu caratterizzata da oscillanti prese di posizione nei confronti degli Ebrei. Questa ambivalenza fu dovuta a tre fattori: da una parte dalla necessità dei sovrani di ottenere finanziamenti dai banchieri ebrei, dall’altra da pressioni provenienti da alcuni ambienti cattolici, contrari agli Ebrei, e dal fatto che si succedettero sul trono aragonese diversi sovrani con diverse vedute nei confronti degli Ebrei. Quando essi furono protetti fu consentito loro di svolgere le consuete attività: tintore, conciatore, beccaio, fornaio, commerciante, anche se l’attività maggiormente preferita fu il prestito del denaro, la cosiddetta usura.
Gli Ebrei sono andati via dalla Puglia nel 1500 quando sono stati cacciati dal re di Spagna e dai rispettivi governanti delle nostre terre. Infatti in quella data, con il Patto di Granada tra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII, il Ducato di Puglia venne assegnato alla Spagna. Nel 1501 il re Ferdinando diede ordine di espellere gli Ebrei dal Ducato di Puglia, decisione seguita da altri provvedimenti, come quello del 1510 che riconfermava l’espulsione oltre che per l’intolleranza politica e religiosa anche per l’eccessiva pratica dell’usura da parte degli Ebrei. Anche nel 1533 e nel 1540 furono reiterate tali norme. Le disposizioni del 1° dicembre 1540 prevedevano l’espulsione con proroga di quattro mesi ed il giorno 31 ottobre 1541 avvenne il loro definitivo allontanamento dalla Puglia e da tutto il regno di Napoli.
Tali espulsioni erano giustificate per l’eccessiva pratica dell’usura da parte degli ebrei, ma anche per l’intolleranza politica e religiosa dei governanti spagnoli e per una sorta di una vendetta nei confronti della nobiltà, che era debitrice di fortissime somme nei loro confronti, per cui al momento dell’espulsione fu costretta a saldare i suoi debiti oppure a rinunciare ai pegni prestati.
Centri importanti che ospitarono Ebrei furono anche Manduria, Sannicandro Garganico e Vieste. Essi erano commercianti, artigiani, contadini, gestori di fabbriche di manifatture, copisti.
Ad Otranto, altro centro importante per la presenza degli Ebrei, assistiamo alla presenza di una scuola di copisti ebrei, che rimanda alla scrittura quadrata ebraica italiana formatasi proprio intorno alla scuola salentina.
Nel periodo federiciamo abbiamo notizia di uno scriptor Johensis, nativo di Ioha, l’antica Gioia, autore della Bibbia di Manfredi e del De Balnei Puteolanis.
Come mai abbiamo notizie della presenza di Ebrei a Bari, Taranto e non a Gioia, che si trova al centro dei due porti più importanti della Puglia e costituisce la strada più breve per raggiungerli?
Non può essere sufficiente liquidare la questione dicendo che gli Ebrei, per le loro attività e commerci si stanziarono il città marittime, altrimenti non ci spiegheremmo pienamente l’importanza che assunse la città di Venosa come centro di attrazione per quel popolo.
Le motivazioni vanno ricercate altrove.
Lo storico acquavivese Antonio Lucarelli (Notizie e Documenti in Acquaviva, Giovinazzo, 1904) scrive: Nella seconda metà del secolo XI noi vediamo stanziati in Acquaviva una colonia straniera, composta di elementi eterogenei: Greci, Schiavoni, Albanesi ed Ebrei. Fra la predetta colonia straniera e per numero e per potenza economica prevalevano di gran lunga gli Ebrei, i quali nel ghetto, o giudecca, segregati dal rimanente della popolazione. Varie vestigia della presenza di queste genti si rinvengono nella toponomastica di Acquaviva: Sepolture degli Ebrei, Strettula delli Iudei…Eran saponari e conciatori di pelle, speziali e medici, tintori e droghieri, mercanti di panni e rivenditori di pesci salati, argentieri ed orefici. Attivissimi, operai infaticabili giravano con le loro mercanzie le terre finitime, davano denaro a mutuo alle Università ed ai privati cittadini, compravano, vendevano, accentrando nelle loro mani il movimento economico del paese. Ma nonostante le innegabili benemerenze, ostilissimi rapporti correvano tra Giudei ed Acquavivesi….
Non sono state rinvenute fonti storiche scritte che attestano la presenza di una colonia di Ebrei a Gioia del Colle.
Abbiamo una affermazione dello studioso Vito Tirelli, il quale nell’appendice ad un suo scritto del 1956 sulla costituzione di Altamura come centro abitato, trascrive il testamento del ricco ebreo gioiese Reone de Guarnita, censito nel 1282 tra i borghesi nobili di Gioia, senza feudo, da Goffredo Summesot, Regio Giustiziere di Terra di Bari, riportando che due vigne e mezzo, delle quali una che è unita alla vigna della Chiesa di San Vito … lega a detta Chiesa per la salute della sua anima.
Lo storico Gioiese Giovanni Carano Donvito, autore de “La Storia di Gioia dal Colle”, a proposto degli Ebrei, afferma: Non riusciamo ancora a spiegarci come a Gioia non si rinvenga alcuna traccia di Ebrei, pur così numerosi nella vicina Acquaviva e in molti altri Comuni dei nostri dintorni. Eppure dai paesi limitrofi i gioiesi sono appellati … “Giudei”.
Per alcuni studiosi, quanto all’epiteto di “Giudei”, esso si basa sulla omofonia “Gioiesi-Giudei”.
Il defunto don Vito Leonardo Cardetta, da una testimonianza del gioiese Giuseppe Labrocca, ricordava che l’epiteto era stato affibbiato ai gioiesi dagli abitanti di Acquaviva, allorché vennero a conoscenza di un episodio verificatosi a Gioia alla fine dell’Ottocento durante una Sacra rappresentazione dei Misteri. Per uno scherzo organizzato da alcuni giovani, che avevano manomesso il palco su cui dovevano recitare gli attori, il personaggio che rappresentava Gesù flagellato alla colonna si trovò coinvolto nel crollo del palco. Di qui l’appellativo Gioiesi – Giudei.
Nonostante l’assenza di fonti certe, probabilmente andate distrutte a causa di numerosi incendi che hanno interessato l’Archivio comunale e quello della Chiesa Matrice di Gioia, da altri elementi possiamo ipotizzare che gli Ebrei sin da tempi antichi e cioè sin dalla fine del X secolo possano essere stati presenti a Gioia.
In mancanza di documentazione certa possiamo ricostruire con ipotesi da verificare, basandoci su tre elementi che ci rimandano all’Oriente e al mondo ebraico:
1) I culti di origine orientale, a Gioia, 2) lo sviluppo demografico di Gioia, 3) l’onomastica gioiese.
1) In quanto al primo punto c’è da segnalare che in Gioia in passato si veneravano Santo Stefano e Santa Maria Maddalena. Santo Stefano era venerato nella primordiale Chiesa Matrice, poi abbattuta e ricostruita alla fine del ‘700 e dedicata a Maria, Madre di Gesù.
Il culto di S. Maria Maddalena era operante nell’omonima cappella sita nella prima traversa di Corso Vittorio Emanuele. Singolare è la presenza a Gioia di tale cappella, che risalirebbe probabilmente al secolo X e che ci rimanda al mondo bizantino ed ebraico. Il nome Maddalena è legato all’ebraico Magdala, cittadina nei pressi del lago di Tiberiade, località nota anche come Genezaret. Anche la tecnica edificatoria della cappella, che utilizza per gli affreschi e per le murature moduli costruttivi tipici dei bizantini, ci rimanda a influenze orientali. Come mai il culto di quella Santa a Gioia?
Se analizziamo il culto della Santa, vissuta nel territorio ebraico, e operante a Gioia, si potrebbe pensare ad una importazione effettuata da Ebrei o da bizantini.
Maria Maddalena, vissuta in un territorio un tempo abitato dagli Ebrei, è una santa il cui culto nacque verso l’880, quando il monaco Badilone portò in Europa dalla Giudea delle reliquie della Santa, culto che poi si sviluppò a Vérzelay, in Francia, nel secolo XI.
La Puglia è stata una terra di transito e di sosta sia per i Crociati che per i pellegrini che attraverso la Via Francigena si recavano in Terra Santa’, in particolare a Gerusalemme, ma anche per i Cavalieri di Malta, che erano titolari di alcune proprietà terriere nel nostro Comune ed avevano una sede a Gioia, dove avevano costruito un Ospitale per soccorrere i pellegrini in transito.
E’ probabile, quindi, che da Bari o da Taranto, dove si erano insediate colonie di Ebrei, spostandosi nelle due direzioni lungo la cosiddetta via Consolare, alcuni Ebrei si siano stabiliti a Gioia, al centro delle due città maggiori, diffondendo i culti orientali, tra cui quello di S. Stefano e di S. Maria Maddalena, santi ebraici, e le tecniche costruttive orientali, utilizzate per l’erezione della chiesa di S. Maria Maddalena.
2) L’andamento demografico della popolazione di Gioia durante i secoli potrebbe essere la spia di un eventuale arrivo di una colonia di Ebrei a Gioia, con logica conseguenza di un aumento della popolazione locale.
Escludendo la presenza di un nucleo di Ebrei a Gioia nel primo millennio, perché la nascita e la presenza di bizantini risalirebbe alla fine del X secolo, un aumento della popolazione si registra tra il 1545 e il 1611, quando si passa da 1410 a 2630 abitanti; questi anni però, corrispondono al periodo che segue alle norme restrittive emanate nei confronti degli Ebrei.
E’ proprio il ‘700 l’epoca in cui la popolazione di Gioia raddoppia e triplica. Infatti dai 2465 abitanti registrati nel 1699 si passa a 5090 nel 1760 e a 9000 nel 1799. Da questi ultimi dati si potrebbe pensare che il ‘700 sia il secolo di stanziamento a Gioia di una comunità di Ebrei.
3) Quest’ultima ipotesi, però, confligge con un dato certo: l’onomastica collegata a cognomi di origine ebrea è abbastanza diffusa in Gioia prima del ‘700. A chiarirci l’epoca dello stanziamento degli Ebrei a Gioia, quindi, potrebbe venirci in aiuto proprio l’onomastica.
Riguardo all’onomastica, però, occorre tener presente che gli Ebrei, in seguito all’editto del 1492, furono costretti a convertirsi e cambiarono il loro cognome; alcuni di essi, però, vollero mantenere il nome originario, o adottarono una forma latinizzata. Queste conversioni come anche i matrimoni misti potrebbero spiegare il motivo per cui oggi abbiamo Ebrei con cognomi appartenenti alla cultura cristiana, e cristiani con cognomi ebraici. Per lo stesso motivo alcuni cognomi più comuni, indicativi dei luoghi di provenienza, o che richiamano un mestiere, sono portati sia da cristiani sia da Ebrei, come Rossi, Toscano, Cagliari, Pisano, Calderaio, Ferrario.
Samuel Schaerf, nel testo I cognomi degli ebrei in Italia, 1925, ce ne fornisce un elenco in ordine alfabetico.
Alcuni di essi sono collegati a nomi di città. Secondo alcuni studiosi avere il cognome di una città o di un luogo indurrebbe a concludere che gli antenati di quella famiglia si trovavano lì o per propria scelta o perché vi si erano rifugiati.
Alcuni cognomi riportati dallo Schaerf sono: Albini, Angelini, Arditi, Benedetti, Belmonte, Bonaventura, Calabresi, Calò, Cavalieri, Colasanti, Colombo, Colonna, Consiglio, Costantini, Depace, De Angelis, De Benedetti, Di Capua, Fasano, Ferrarese, Fiorentino, Fornari, Galli, Gentili, Greco, Guglielmi, Israel, Italia, Leone, Levi, Liuzzi, Losito, Lopez, Marino, Melli, Milano, Moretti, Nigris, Pace, Padovano, Pavoncello, Pinto, Pugliese, Romanelli, Romano, Rossi, Soria, Tedesco, Tesoro, Tolentino, Turra, Valenti, Venezia, Ventura, Veroli, Vitale, Viterbo.
Numerosissimi sono i nomi di origine ebraica: Alexander, David, Dina, Emanuele, Ester, Lea, Mosè, Michele, Rachele, Rina, Sara, Abramo, Beniamino, Daniele, Simone, Elia, Gabriele, Matteo, Mattia, Raffaele, Giacomo, Giacobbe, Gioacchino, Giovanni, Giuseppe, Zaccaria, Annalisa, Annamaria, Annarosa, Bartolomeo, Carmela, Dalila, Daniele, Debora, Dino, Elisa, Elisabetta, Emanuele, Giuditta, Lia, Mara, Miriam, Pasquale, Raffaele, Rebecca, Sabrina, Salvatore, Samuele, Santina, Stella, Tamara, Simonetta.
La famiglia Milano, proprietaria di vaste estensioni di terre nel Comune di Gioia, è stata forse la prima azienda che ha impiantato un caseificio da noi tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900.
Essendo acclarato che registriamo la presenza in Gioia di famiglie con cognome di origine ebraica c’è da chiedersi: A che epoca risale la venuta a Gioia degli Ebrei?
E’ improbabile che si possa fare risalire il primo nucleo di Ebrei a Gioia intorno al ‘700. L’anno scorso parlavo con il prof. Leonardo Antonio Losito, recentemente scomparso, il quale per i suoi studi ed interessi culturali era venuto a contatto con il mondo ebraico. Avendo saputo che trovavo difficoltà a reperire fonti circa la venuta degli Ebrei a Gioia, mi confidò che era venuto a conoscenza che il suo cognome era di provenienza ebraica. Tale affermazione, avallata, come il prof. mi disse, dai responsabili della comunità ebraica di Roma, ci porta alla memoria un altro Losito, di nome Paolo, cittadino gioiese vissuto tra il 1709 e il 1789, uomo di scienze, di lettere, di diritto e autore di un piccolo volume manoscritto di “Memorie”, opera andata misteriosamente perduta, contenente prevalentemente notizie feudo-demaniali di Gioia. Tale manoscritto fu consultato dal prof. Giovanni Carano Donvito in occasione della compilazione della sua “Storia di Gioia dal Colle”.
La permanenza a Gioia di Paolo Losito nel ‘700 presuppone la presenza di Ebrei nel nostro Comune in un’epoca anteriore a quella data.
Si potrebbe, quindi ipotizzare la venuta a Gioia degli Ebrei nel ‘600, periodo compreso tra le disposizioni antiebraiche dei sovrani spagnoli e la presenza a Gioia di un personaggio di un certo rilievo, come fu Paolo Losito, al quale è stata intitolata una strada cittadina.
In attesa di ulteriori documenti che possano chiarire definitivamente la questione, dobbiamo fermarci a formulare solo ipotesi.
E’ da segnalare, a margine di questa ricerca, che da agosto del 1940 a gennaio del 1941 il Molino e Pastificio Pagano, ubicato nei pressi del casello autostradale di Gioia, è stato utilizzato come Campo di concentramento di Ebrei italiani. Anche in questo caso, come per altri arrivi passati nel nostro paese da parte di popoli di diverse nazionalità, l’atteggiamento dei gioiesi verso gli internati ebrei è stato di grande rispetto e collaborazione.
Potremmo fare nostre le parole che Elisa Springer ha rivolto a studenti della scuola di Gioia in occasione di un suo incontro con alcune scolaresche:
Noi sopravvissuti abbiamo “dovuto” ricordare, per la memoria degli uomini, cose, luoghi e momenti che avremmo preferito dimenticare. Ma soprattutto, abbiamo “voluto” testimoniare a noi stessi, il miracolo della vita, nata dalle macerie della morte.” “Allora io, Voce della Memoria, ricordo agli altri il dovere di non tacere, ricordo perché gli altri non dimentichino. Ed ai ragazzi dico ‘cercate Voi di costruire ciò che l’uomo ha voluto distruggere: la Speranza, la Pace, la Fratellanza, un Mondo Migliore.
Per un approfondimento sulla presenza degli Ebrei a Gioia durante la Seconda Guerra Mondiale è possibile consultare su questo sito l’articolo “Il campo di internamento nell’ex Mulino-Pastificio A. Pagano”.
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13 Maggio 2020