Giovanni Rocca
La prima documentazione scritta della presenza di Giovanni Rocca (o Giovanni De Roccha, come appare in alcuni documenti) nel Comune di Gioia del Colle è riscontrabile su un bassorilievo che riporta tre scudi, oggi murato nel palazzo municipale di Gioia. Lo scudo centrale presenta l’Arma degli Acquaviva-d’Aragona, quello di destra l’Arma Universitas Ioe. Nello scudo […]
La prima documentazione scritta della presenza di Giovanni Rocca (o Giovanni De Roccha, come appare in alcuni documenti) nel Comune di Gioia del Colle è riscontrabile su un bassorilievo che riporta tre scudi, oggi murato nel palazzo municipale di Gioia. Lo scudo centrale presenta l’Arma degli Acquaviva-d’Aragona, quello di destra l’Arma Universitas Ioe. Nello scudo scolpito sul lato sinistro del bassorilievo, che probabilmente raffigurerebbe l’Arma di Livia, moglie di Bartolomeo Paoli, è riportata la seguente iscrizione: PR(imicerius). IO(ann)ES. DE. ROCCHA. ME. SCULPSIT. 1480.
Giovanni de Rocca, nato e vissuto a Gioia (sec. XV-XVI) oltre ad essere stato primicerio fu anche notaro apostolico.
Sulla facciata sud della Chiesa di Sant’Angelo è presente una epigrafe commemorativa dell’erezione della chiesa, sulla quale sono riportati, oltre i nomi dei probabili fondatori, Brava e Liuba Bielopaulic, anche quello del Primicerio Giovanni Rocca. L’epigrafe, che fu composta e incisa da Giovanni Rocha, e che ricorda ai fedeli che la Chiesa era dotata di 525 anni di indulgenza, concessi dai vescovi diocesani, da lucrarsi tutti i Lunedì e i giorni delle feste degli Angeli, è la seguente: + A(nno) D(omini) MCCCCC, regnante rege Federico / et ill(ustrissimo) d(omino) n(ostro) Andrea Matheo Aquavivo, Brava / Mastes Bielopaulic, Scavonus, cum uxore Liuba/ fecerunt hanc basilicam ad honorem Dei et / S(anc)c(ti) Mihaelis, in qua ego pr(imicerius) Ioannes Rocha apo-/ stolicus tabellio reperi indulgentias annorum / quingentorum vicesimorum omni die Lunae et / festorum Angelorum concessas per ep(iscop)os dioces(anos).Anche una seconda epigrafe, coeva e affiancata alla precedente, viene attribuita al primicerio Giovanni Rocha, anche se è priva del suo nome ed è differente dalle altre sue iscrizioni sia per la tecnica di incisione, sia per la grafia e sia per l’uso della lingua latina. Infatti si può leggere: In onore del Beato Giovanni Battista, Giovanni Braia Bielopaulic del casato Maklesa della terra della Zeta, Schiavone, fece costruire questa chiesa con l’ospedale annesso alla stessa chiesa, l’anno 1506, in Iohie.
L’Apprezzo della Terra di Gioia, stilato dal tabulario Federico Pinto nel 1611, riporta: Sono in detta Terra devote ed onorevoli Chiese, nelle quali s’esercitano, et amministrano continuamente, e giornalmente i sagramenti dalli Preti, e Frati, che quelle servono, … e particolarmente vi è la Chiesa Maggiore nominata il Capitolo, nella quale esistono il Vicario, Arciprete, Primicerio …
Il termine primicerio, che deriva dalle parole latine primus e cera, a indicare il primo iscritto in una lista di cera. Nella gerarchia ecclesiastica, quindi indicava colui che teneva il primo posto subito dopo l’Arcidiacono e l’Arciprete.
Come riporta l’Enciclopedia Treccani, indica il titolo dell’ecclesiastico che vigilava e presiedeva ai suddiaconi e agli altri chierici minori nel servizio divino; attualmente, in alcuni capitoli o collegiate e nelle confraternite, è il titolo di dignitario con funzioni di direzione e sorveglianza o puramente onorifiche. In alcune cattedrali quella del primicerio era dignità in quanto egli aveva giurisdizione sui canonici, potendo punirli, anche con la privazione delle distribuzioni corali, per il loro cattivo comportamento nel coro; in altre, aveva una semplice precedenza d’onore sui canonici.
L’abate Francesco Paolo Losapio nel Quarto Canto del “Quadro istorico-poetico di Gioia in Bari detta anche Livia”, riporta: Le arti d’incisioni e del disegno, / e di scolpir in bel basso rilievo, / che richieggon finezza e molto ingegno / erano coltivate in cotal’ evo. / Ne rimangon molt’opre, e sono il pegno / di valenti scultor non senza nevo, / perché l’arte nascente e allor bambina / era imperfetta al solito e tapina. / Gli emblemi di Panessa a Sant’Antonio, / della Torre del Balzo, or di Cassano, e l’Ecciomo sull’istesso conio / coll’impresa del Carcer non lontano, / gli stemmi del Comun buon testimonio / ne fanno a tutti: quelli poi d’Andrano, / di Joacchina e dell’Imperatrice, / Ohimé! Son come l’araba Fenice! Però l’arma di Pauli e i sculti sassi / che si veggono ancor fregiati e incisi, / o prode cittadin, lungo i tuoi passi, / son tanti monumenti e tanti avvisi / della tua gloria, ch’unque mai trapassi, / e che con altri mai non fien divisi: Fra i nomi degli artisti a piena bocca / risuonerà quel di Giovanni Rocca.
Nelle Note istoriche e diplomatiche al Canto Quarto il Losapio annota: Le scolture a basso rilievo del Primicerio D. Giovanni Rocca sono le seguenti,
1° L’arma di Gioja collo stemma di Livia a fianco, che si ravvisa in faccia alla casa comunale, oggi censita al dottor fisico D. Pier Nicola Favale,
2° Due iscrizioni in lapidi, una della Cappella di S. Angelo, e l’altra della Cappella di S. Giovanni Battista ed Ospedale, di sopra riferite.
3° L’impresa di Bartolomeo Paoli sistente, come si è detto, in faccia alla casa dirimpetto alla porticella del Purgatorio, oggi Cappellone del Santissimo.
4° Lo stemma del Principe del Balzo che ritrovasi in faccia alla Torre, oggi di Cassano.
5° L’’Ecce-Homo sistente a fianco dell’altare del Crocifisso alla Chiesa Matrice.
6° L’emblema del beneficio di S. Lonardo de’ Signori Panessa trasportato dalla Cappella di san Lonardo, ch’era in Chiesa, in faccia della casa del fu Canonico D. Donato Panessa.
7° L’epigrafe o stemma del carcere criminale nella piazza di giurisdizione del Comune.
L’arma di Bartolomeo Pauli consistendo in una sciabla che esce con manico a punta di sotto un gran scudo, si vede anche oggi a canto all’architrave della porta d’ingresso dell’antica casa di Pauli dirimpetto all’antica Chiesa del Purgatorio, oggi Cappella del Santissimo; casa che appartiene ora in parte, come una volta era di pertinenza del monistero de’ Domenicani, al convento de’ Certosini di Napoli.
Ancora nella Cornice in versi sciolti al Quadro istorico-poetico a pag. 166 il Losapio dice: Siegue a questi il ben conto Primicerio / non men per opre di man che di mente / Rocca Giovanni celebre incisore, / e il primo che tra noi fiorisse: speme / egli nutrì che del tempo e degli anni / alle ingiurie scampato, l’opre sue / alla patria il suo nome commendassero, / né tutto il bel desio fu preda al vento: / egli sudò nel gran tempio costrutto / da Pauli e Livia, e in modo sì solenne / sagro a Santa Maria Costantinopoli; / e si leggon tutt’ora le iscrizioni / del Battista e dell’Angelo: sussiste / ancor lo stemma in faccia ad una casa, / misero avanzo del palagio un tempo / di Pauli, e l’altro di sua patria terra, / con arma illustrata d’iscrizione / sul fronton della casa Comunale. /Si vede pur l’Ecciomo nella Chiesa, / e un San Antonio Abate ch’ei ritrasse / in bel basso rilievo, con lo stemma / di famiglia Panessa ed altri emblemi / e iscrizion. A questa gloria aggiunse / quella che meritò per li suoi lumi, / e portamenti nobili ed onesti, / nel lodevole uffizio che sostenne / di Notar Apostolico del regno.
Lo scudo che rappresenterebbe lo stemma di Bartolomeo Paoli è collocato sulla facciata della casa ubicata al n. 2 dell’antica Via Le Torri, attualmente Via Giovanni Rocca. Rappresenta una sciabola con la parte centrale nascosta da uno scudo.
Lo stemma del Principe del Balzo, originariamente murato nella torre del palazzo ad angolo tra via Canova e Corso Cavour, un tempo della famiglia Cassano, durante i lavori di ristrutturazione dell’immobile fu asportato e murato sulla facciata della Villa Cassano su via Milano, nei pressi dello stabilimento Ansaldo, altra villa di proprietà della famiglia Cassano.
Grazie alla disponibilità di Michele Cassano la lastra Orsini Del Balzo è stata donata al Comune di Gioia e posizionata nel palazzo municipale. Sul lato sinistro della lastra è rappresentato un drago alato che regge tra le sue fauci un rocchetto dal quale si snocciola un cartiglio su cui sembrano scolpite a caratteri gotici mara am (?).
La parte destra è divisa in due parti equivalenti nelle quali sono raffigurate l’Arma degli Orsini del Balzo e quella della famiglia d’Enghien Brienne.
Nel primo volume della Storia di Gioia dal Colle del prof. Giovanni Carano Donvito, a proposito di questo bassorilievo si dice: Questo stemma pare risalga al Principe Giacomo Del Balzo, succeduto nel 1371 a Filippo II d’Angiò nel Principato di Taranto, cui successe poi, verso la fine dello stesso secolo Raimondello-Orsini Del Balzo, morto nel 1406.
L’Ecce Homo, scolpito da Giovanni Rocca, salvato dalla distruzione della Chiesa Madre nel 1764, è stato posizionato sul lato sinistro del terzo altare destro della nuova Chiesa Madre, quello del Crocifisso.
È un altorilievo policromo scolpito in pietra locale che ricorda le parole pronunciate da Ponzio Pilato, governatore della Giudea, nel momento in cui rivolgendosi ai Giudei consegnava loro Gesù dopo averlo fatto flagellare.
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano avanti e gli dicevano: Salve, re dei Giudei! E gli davano schiaffi. Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa. Allora Gesù uscì portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l’uomo (Giov. 19, 1-5).
Lo scultore riproduce fedelmente la scena riportata dall’evangelista Giovanni; infatti Gesù è raffigurato con le mani legate e la testa china. Sulla testa è poggiata una corona di spine e il suo corpo mostra rivoli di sangue, segni della flagellazione subita.
L’immagine del Cristo è delimitata da due colonne piatte e scanalate e da un architrave che sorregge una lunetta contenente un semirosone a raggiera nella cui parte centrale è scolpito un calice con l’ostia, simbolo dell’Eucarestia.
Alla base della figura di Cristo la scritta A. P. , uno scudo raffigurante tre torri merlate (da quella centrale parte uno stilo con tre piccole rose) e la scritta I. R. firma dell’autore.
È probabile che altre opere realizzate da Giovanni Rocca siano andate perdute a seguito della demolizione dell’originaria Chiesa Matrice di Gioia, avvenuta nel 1764.
L’Amministrazione comunale di Gioia ha denominato la strada che fiancheggia il lato nord della Chiesa Matrice via Giovanni Rocca.
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1 Dicembre 2022