Daniele e Filippo Petrera
Daniele Petrera fu un personaggio di spicco nel panorama scientifico e politico di Gioia del Colle, di cui ben poco si è detto e scritto proprio dov’egli nacque il 31 marzo del 1839. Suo padre era un umile sarto, Filippo Petrera junior, nipote del Filippo Petrera che insieme ad altri patrioti gioiesi fu ucciso e bruciato […]
Daniele Petrera fu un personaggio di spicco nel panorama scientifico e politico di Gioia del Colle, di cui ben poco si è detto e scritto proprio dov’egli nacque il 31 marzo del 1839.
Suo padre era un umile sarto, Filippo Petrera junior, nipote del Filippo Petrera che insieme ad altri patrioti gioiesi fu ucciso e bruciato nel rogo di Piazza Castello il 14 febbraio del 1799, reo di aver piantato, insieme a Biagio e Giuseppe Del Re e Donatantonio Losito, l’albero della libertà per propugnare i principi della rivoluzione francese. Daniele Petrera era un fanciullo brillante, grazie agli enormi sacrifici di suo padre, che in lui aveva riposto ogni speranza di riscatto sociale dalla povertà, si diplomò e conseguì la laurea in Medicina presso l’Università di Napoli. In questa città si formò professionalmente e culturalmente, nutrito dai venti patriottici che vi aleggiavano, permanendovi fino al compimento degli studi, aiutato dalla sua famiglia.
Il versatile ingegno manifestato negli studi, gli consentì di conquistare una borsa di studio che lo portò a perfezionare gli studi di medicina a Parigi. Nel 1866, all’età di 26 anni conquistò la medaglia d’Oro Luigi Settembrini e conseguì l’ambito premio. Tornato a Gioia, sua città natale, intraprese l’esercizio della professione, ma ben altro il destino aveva in serbo per lui.
Nel corso dei suoi studi a Napoli aveva incontrato politici e patrioti carismatici, i quali avevano risvegliato e rafforzato la sua sete di giustizia e libertà, la stessa che aveva spinto il suo antenato Filippo ad innalzare l’albero della libertà e far propri gli ideali giacobini.
Daniele Petrera mantenne rapporti con Nicotera ed altri uomini politici, fu anche uno dei maggiori animatori del movimento che portò alla spedizione dei Mille e profuse il suo entusiasmo per affrettare l’ingresso in Napoli di Garibaldi.
Nel 1867 sposò Angela Losacco, pupilla di un’agiata famiglia barese e spostò la sua residenza nel capoluogo pugliese. La città offriva ben più opportunità e terreno fertile rispetto alla provincia e Daniele in breve poté dar sfoggio della sua genialità, del suo personale carisma e della sua indole eclettica, promuovendo iniziative che spaziarono dal campo scientifico al campo civile. Militò nella sinistra storica che faceva capo alla Pentarchia e poi a Francesco Crispi, ed aveva a Bari la sua rappresentanza in Giandomenico Petroni che a sua volta contrastava nel capoluogo il partito conservatore di De Nicolò. Per 40 anni la sua fede politica restò inalterata, e per altri 30 rappresentò Gioia del Colle nel Consiglio provinciale.
Cenni concreti del suo impegno politico si riscontrano in una relazione della Deputazione provinciale di Bari, letta nella tornata del 10 novembre 1877 e pubblicata per ordine del Consiglio in cui era relatore il nostro Daniele Petrera, con la quale veniva presentata la dettagliata relazione di un progetto per captare acque potabili dalle fonti naturali di Palazzo San Gervasio e Venosa, oltre che dai laghi di Monticchio, per soddisfare l’immensa sete della Puglia. La relazione composta di 52 pagine riporta un conteggio minuzioso dell’opera, partendo dal costo degli espropri al costo di realizzazione della stessa in metri lineari, dal quantitativo di acqua pro capite al costo delle opere stesse e alla ripartizione delle spese a carico dei vari enti. Questo primo studio fatto dal Petrera fu accantonato a seguito di un altro studio relativo alle acque potabili, che portò per opportunità e capacità di fornitura del prezioso liquido a pensare alle fonti del Sele e anche di questa seconda progettazione lo vediamo artefice e promotore.
A tale studio di approvvigionamento d’acqua seguì quello degli impianti fognari che lo stesso Petrera inaugurò il 9 gennaio del 1921 in Bari.
Fu anche alfiere dell’istituzione, sempre nel capoluogo barese, dell’Università degli Studi e dell’ospedale consorziale (Policlinico), nonché sostenitore fervente e fondatore della stazione sperimentale di agricoltura.
Daniele Petrera nel lungo periodo vissuto al servizio della comunità provinciale, lasciò segni indelebili della sua genialità e della sua lungimiranza, poste al servizio della società che gli aveva confermato per tanti anni la fiducia come uomo politico, tanto da essergli anche dedicata una strada in prossimità del Policlinico.
Nel 1933 l’ospedale consorziale di Bari si apprestava ad una solenne cerimonia per festeggiare il 70° anniversario dell’esercizio professionale di Daniele Petrera, cerimonia che non poté attuarsi per la morte dello stesso, avvenuta all’età di 94 anni.
La sua lunga e laboriosa vita fu dedicata all’apostolato professionale, all’ascesa e al risveglio della città e della Provincia per la maggior grandezza d’Italia. Non minore fu il suo impegno verso la città che gli diede i natali. Atti alla mano è possibile affermare che grazie al suo intervento molti gioiesi furono salvati da sicura bancarotta. Uomo di elevatissima dignità e di rispetto per il suo nome e per la sua famiglia, intervenne il 5 maggio del 1905 nella risoluzione con atti transattivi con la Banca d’Italia, di una pendenza di debito nei confronti di un suo zio, Giuseppe Losito, versando una somma rilevantissima alla banca creditrice e riscattando i beni dello zio, aggredito dalle procedure esecutive indirizzate contro questi, socio dell’Istituto di credito privato Banca Pavone Fiorentini di Gioia del Colle.
Questo intervento non solo fu importante per salvaguardare l’onore della famiglia, ma ancor più proficuo ed utile per agevolare la liquidazione della banca, che – salvaguardata in tal modo dal fallimento – poté restituire ai clienti le somme loro dovute, senza trascinare nella miseria centinaia di famiglie e l’inevitabile indotto. L’importo economico di tale transazione fu complessivamente di £ 300.000.
Anche nelle attività di solidarietà civile, Daniele Petrera si distinse. Sono pietre miliari che ne segnano il ricordo, le donazioni benefiche a favore dei poveri, come attesta una targa apposta in via Gioberti, angolo via Arcobaleno, al civico 18, beni confluiti nel patrimonio dell’allora Ipab ed oggi venduti all’asta nell’attuazione del programma di alienazione dei beni patrimoniali del Comune di Gioia.
Suo figlio, Filippo Petrera nacque a Bari il 17 settembre del 1868. Omonimo del suo antenato Filippo Petrera, martire della controrivoluzione che insanguinò Gioia nel 1799, ebbe da sempre in animo di scoprire cosa accadde esattamente in quegli anni, una passione che si tramutò in costante e incessante impegno e ricerca di atti, ovunque essi potessero essere rinvenuti, ed è grazie agli atti archiviati con certosina dovizia, in possesso dell’avvocato Luciano Macario, suo discendente, e da lui generosamente prestati al “Centro Studi Antonio Donvito – Genius Loci”, che queste pagine di storia sono state riscritte e saranno a breve a disposizione della comunità.
Filippo esercitò la professione di avvocato e sposò la gentildonna Teresa D’Ambrosio di Cassano Murge. Egli rappresentò dal 1912 al 1926 il collegio elettorale Gioia – Cassano nella giunta provinciale di Bari e si rivelò uno dei più fervidi e convinti sostenitori dell’opera di valorizzazione della Murgia pugliese.
Uomo di squisita cultura, scrisse articoli su riviste letterarie pugliesi e giornali, quali la rivista bimestrale “La Disfida”. Il Consiglio provinciale pugliese gli assegnò numerosissimi incarichi durante i suoi mandati, sfruttando le sue abilità politiche e le poliedriche competenze in vari settori: dall’archeologia, alla storia, dal fisco alla beneficenza, alla solidarietà.
Ricordiamo solo alcune delle prestigiose nomine: fu socio onorario del Circolo giuridico di Napoli, il 4 giugno del 1893; componente della Commissione di vigilanza per le scuole elementari comunali il 25 febbraio 1899; componente della Giunta provinciale dal 1902 al 1944, a fasi alterne, e di varie commissioni provinciali dal 1907 al 1944, spaziando tra archeologia, bilancio, comitato elettorale, vigilanza scolastica, comitato forestale, biblioteca consorziale, beneficenza, consiglio di leva e Storia Patria. Presso la Scuola Superiore del Commercio egli rivestì la carica di delegato nel Consiglio di Amministrazione, fu componente della Commissione provinciale per la revisione dei canoni daziari e rivestì la carica di segretario del Consiglio provinciale nel 1919. Nominato Cavaliere dell’ordine della Corona d’Italia l’11 giugno del 1906, e Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, fu anche designato nel Comitato locale per le “Case popolari ed ammortamento assicurativo” e investito della carica di Commendatore della Corona d’Italia il 9 novembre 1923. A riprova dell’immensa considerazione che di questo illustre gioiese si ebbe all’epoca, basti ricordare che Filippo era tra gli invitati alla solenne cerimonia, tenutasi al cospetto del re e delle regina, in occasione dell’inaugurazione del monumento equestre dedicato a Umberto I in piazza Ateneo l’11 giugno del 1905, cui seguì il pranzo con i reali “in abito da sera e decorazioni”, ed ancora all’inaugurazione della linea ferroviaria Bari – Spinazzola.
Un sentito grazie all’avvocato Gennaro Losito per aver messo a disposizione il materiale per elaborare questo scritto.
Dalila Bellacicco
Tratto da “la Piazza” dicembre 2010
14 Aprile 2011