Ci vediamo a San Filippo

Ci sono espressioni dialettali tipiche di una popolazione, che si comprendono solo se si appartiene a quella comunità. Tra queste ce n’è una che è collegata al nostro Santo Patrono, San Filippo: Ci vediamo a San Filippo. Si potrebbe pensare che questa frase, pronunciata in forma dialettale, abbia come significato quello di vedersi alle ‘calende […]

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Processione di San Filippo, 1981

Ci sono espressioni dialettali tipiche di una popolazione, che si comprendono solo se si appartiene a quella comunità.

Tra queste ce n’è una che è collegata al nostro Santo Patrono, San Filippo: Ci vediamo a San Filippo.

Si potrebbe pensare che questa frase, pronunciata in forma dialettale, abbia come significato quello di vedersi alle ‘calende greche’, cioè mai. In realtà il significato che  viene dato a questa espressione è quello semplicemente letterale, cioè l’augurio di ritrovarsi il 26 maggio di ogni anno, in occasione della festa patronale.

Nonostante Gioia può ancora annoverare tre Compatroni, Santa Sofia, San Filippo e San Rocco e nel corso dell’anno celebra la festività di numerosi Santi, verso i quali i gioiesi nutrono devozione e affetto, ai nostri giorni il giorno 26 maggio viene considerato come la festività più importante, essendo la ricorrenza del Patrono per eccellenza.Di seguito riporto una ricerca del nostro concittadino, l’insegnante Giuseppe Montanarelli.

 N vdim a San Flipp

Anticamente i Gioiesi quando si incontravano per salutarsi e soprattutto per quelli che vivevano lontano dal proprio Paese, nel congedarsi si dicevano l’un l’altro: “Ci vediamo a San Filippo”, per essere sicuri di rivedersi felicemente con certezza nel giorno della festa patronale, cioè nel giorno più solenne per la Storia cittadina.

I giorni della festa patronale erano sacri e propizi per incontrarsi e rivedersi in buona salute.

Per ogni Gioiese era un affronto vergognoso essere lontani dalla propria città nei giorni della festa patronale, in quanto si offendeva San Filippo Neri per non essere andati a venerarlo.

Non essere a Gioia del Colle nel giorno della festa di San Filippo Neri, per un cittadino gioiese era sinonimo di sventura in quanto in questo modo non si onorava degnamene il Santo patrono, che andava salutato e rispettato.

Come anche portava sfortuna lavorare nel giorno della festa patronale, in quanto occorreva donare la propria giornata lavorativa al Santo, che avrebbe provveduto poi ad ogni bisogno familiare.

La festa patronale era il capodanno dei Gioiesi e divideva l’anno civile in due parti: la parte dell’anno prima della festa e la parte dell’anno dopo della festa.

C’erano impegni che dovevano essere assolti prima della festa, altri potevano essere svolti dopo la festa.

Particolari erano le pulizie domestiche di San Filippo Neri. Per la festa ogni famiglia provvedeva a pulire, rinnovare, sanificare ed abbellire la propria abitazione. Si realizzavano lavori di manutenzione straordinaria, imbianchimento delle stanze con la calce o la pitturazione di porte, portoni, cancelli, infissi e persiane.

Ogni lavoro doveva essere finito assolutamente prima della festa, in caso contrario il Santo si sarebbe offeso, creando inconvenienti ai proprietari ed ai lavoranti.

Rivedersi alla festa patronale era un dovere civile, affettivo, spirituale, amicale, religioso e sociale. Era un impegno comunque morale e culturale, per essere tutti insieme ai piedi di San Filippo Nei, un cuor solo ed un’anima sola, soprattutto nel momento emozionante e commovente della consegna delle chiavi della città.

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6 Giugno 2021

  • Scuola di Politica

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