Chi sono i Martiri del 1799
Quando si parla di rivoluzioni si pensa che esse siano opera di individui esaltati o esasperati dalle misere condizioni economiche in cui sono stati relegati da una società che emargina gli ultimi e difende i diritti dei più ricchi e dei più forti, e non uomini desiderosi di un cambiamento della loro esistenza e di […]

I nomi dei sei Martiri gioiesi ,sul monumento eretto in Piazza dei Martiri del 1799
Quando si parla di rivoluzioni si pensa che esse siano opera di individui esaltati o esasperati dalle misere condizioni economiche in cui sono stati relegati da una società che emargina gli ultimi e difende i diritti dei più ricchi e dei più forti, e non uomini desiderosi di un cambiamento della loro esistenza e di un ridimensionamento del potere di chi comanda o ricopre cariche importanti nella società a vantaggio di pochi eletti.
Riferendoci agli avvenimenti che videro coinvolti alcuni giacobini gioiesi nel 1799, si potrebbe applicare lo stesso giudizio e trattamento, cioè attibuire il loro comportamento al desiderio di sostituirsi al potere costituito o per voler approfittare dei benefici che sarebbero potuti derivare da quel cambiamento.
In realtà gli uomini che furono vittime del 1799 erano uomini appartenenti ad un ceto sociale benestante, il cui solo scopo era quello di operare una svolta democratica non solo nel nostro Comune, ma anche nel Regno delle Due Sicilie, in continuità con l’opera intrapresa nel 1793 dal nostro concittadino Emanuele De Deo.
Essi avrebbero potuto vivere tranquillamente nelle loro abitazioni, rinfrescate d’estate e riscaldate d’inverno, ma preferirono mettersi in gioco e mettere a repentaglio le loro vite nel tentare di dare di dare un nuovo corso alla storia cittadina, a vantaggio niente affatto personale, ma per tutta la comunità gioiese.

Filippo Petrera ucciso in casa di Filippo Paradiso. Quadro di Mimmo Alfarone
L’ignoranza, purtroppo madre di tutti i mali e di tutte le tragedie umane, spinse il popolo a dar credito non a questi illustri Martiri, ma a chi voleva che non si realizzasse quel cambiamento in senso democratico della società, con il mettere in cattiva luce chi si adoperava per il loro bene, facendoli apparire come nemici del popolo.
Dei sei Martiri, i cui nomi sono scolpiti sul marmo che fu apposto sul Monumento eretto nella piazza di fronte al castello normanno-svevo di Gioia, che dall’eroico sacrificio degli stessi prese la denominazione di Piazza dei Martiri del 1799, quattro di loro (Biagio e Giuseppe Del Re, Donato Antonio Losito e Filippo Petrera) furono bruciati in questo luogo il 14 febbraio.
Altri tre gioiesi vanno annoverati tra le vittime dei filoborbonici del 1799: Nicola Basile, Giuseppe Calabrese e Marcellino Buttiglione, anche se il nome di quest’ultimo non compare sul monumento.
Il 14 febbraio Nicola Basile venne fermato per strada. Un gruppo di rivoltosi lo denuncia ritenendolo giacobino, viene colpito al petto da uno sparo di schioppo ed alla testa da un colpo di accetta. Il Basile arriva a stento in casa. dove riceve le cure mediche dal fisico Nicola Girone e del chirurgo Filippo Eramo. Muore dopo venti giorni per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute.

Nicola Basile, ucciso il 14 febbraio 1799. Quadro di Mimmo Alfarone
Il notaio Giuseppe Calabrese, Comandante della Guardia Civica del nuovo governo della città di Gioia, la sera del 22 febbraio mentre transitava per il largo San Domenico con lo schioppo in mano e la coccarda tricolore sul berretto, viene circondato da una folla di realisti filo borbonici, è colpito a morte da numerosi colpi di schioppo sparati da Giovanni Pellegrino, Francesco Galatola, Giuseppe Donato Resta ed altri. Spira tra le braccia del suocero, Paolo Martellotti, mentre il sacerdote Sigismondo Romano gli impartisce l’Estrema Unzione.
Marcellino Buttiglione, sacerdote servizialista viene ucciso, presumibilmente fuori dal centro abitato o nell’immediata periferia, mentre si reca in visita ad un suo parente, noto giacobino.
I primi quattro Martiri che sono stati precedentemente elencati furono strappati violentemente dalle loro abitazioni dai filoborbonici; le loro case furono oggetto di saccheggio ed essi furono condotti nelle carceri comunali. La folla inferocita corse alle carceri e dopo esservi penetrata li uccise e li bruciò davanti a Largo Castello.
Il Canonico Don Biagio Del Re era figlio di Giuseppe Del Re; Antonio Losito era un alfiere, nipote di Giuseppe e cugino di Biagio Del Re e Filippo Petrera era un Magnifico.

Il notaio Giuseppe Calabrese, ucciso il 22 aprile 1799. Quadro di Mimmo Alfarone
Erano dunque uomini di cultura e benestanti che, nonostante l’agiatezza della loro esistenza non esitarono a mettersi in gioco; essi avevano abbracciato le idee della Rivoluzione francese e volevano che anche a Gioia si diffondessero le idee di libertà, di uguaglianza, di fratellanza e di democrazia, principi alla base della Costituzione francese, sconfiggendo da noi il regime autoritario dei Borboni.
Riporto gli atti di morte dei primi quattro Martiri, presenti nei registri della Chiesa Madre, documenti fortunatamente salvatisi dapprima dalla furia borbonica, volta a distruggere gli atti che si riferivano ai personaggi da loro perseguitati e successivamente da incendi che hanno interessato l’Archivio comunale e quello della Chiesa Madre di Gioia.
Die decima quarta mensis februarii, in comunione Sanctae Romanae Ecclesiae animam Deo reddidit in carceribus Dominus Canonicus Blasius Del Re ubi interfectus fuit annorum quadraginta, eiusque corpus extra carceres combustum fuit a multis huius populationis, eiusque cineres translate sunt a vento, ideoque Sacramenta non fuerunt administrata.

L’uccisione di Marcellino Buttiglione. Quadro di Mimmo Alfarone
Eodem die, in comunione S. R. E., animam Deo reddidit in carceribus Dominus Ioseph Del Re ubi interfectus fuit annorum sexaginta quinque, eiusque corpus extra carceres combustum fuit a multis huius populationis, eiusque cineres translate sunt a vento, ideoque Sacramenta non fuerunt administrata.
Eodem die, in comunione S. R. E., animam Deo reddidit in carceribus Dominus Donatus Antonius Losito, in carceribus, ubi interfectus fuit annorum 55, eiusque corpus extra carceres combustum fuit a multis huius populationis, eiusque cineres a vento translate sunt. Ideoque Sacramenta non fuerunt administrata. Vir Angelae Rosae Bonavoglia.
Eodem die, die decima quarta mensis februarii 1799, in comunione S. R., animam Deo reddidit Philippus Petrera in carceribus, ubi interfectus fuit annorum 43, eiusque corpus extra carceres combustum fuit a multis huius populationis, eiusque cineres a vento translate sunt, ideoque Sacramenta non fuerunt administrata.
I documenti, redatti in lingua latina, lingua ufficiale della Chiesa, recitano: Il 14 febbraio 1799 in comunione con la Santa Romana Chiesa resero l’anima a Dio nelle carceri dove furono uccisi, i signori Canonico Biagio Del Re di anni 40, Giuseppe Del Re di anni 65, Donato Antonio Losito di anni 55, Filippo Petrera di anni 43. I loro corpi furono bruciati fuori dalle carceri da molti appartenenti questa popolazione e le loro ceneri furono trasportate dal vento. Pertanto non furono amministrati i Sacramenti.

Basorilievo posto sul monumento ai Martiri del 1799, raffigurante i Martiri che vengono bruciati nella piazza antistante il castello
Le date indicate negli Atti di morte presentano alcuni errori. Biagio Del Re, essendo nato il 25 giugno 1757, morì all’età di 42 anni e non 40; Giuseppe Maria Del Re, essendo nato il 5 gennaio 1733, morì all’età di 66 anni e non 65; Donato Antonio Losito, nato il 2 luglio 1739, morì all’età di 60 anni e non 55; Filippo Saverio Donato Petrera, essendo nato il 5 giugno 1758, morì all’età di 41 anni e non 43.
È stato grazie a un discendente di uno di questi Martiri, e precisamente del Magnifico Filippo Petrera, che ha conservato gelosamente un manoscritto in cui aveva annotato gli avvenimenti verificatisi nel mese di febbraio 1799, e che è riuscito a salvarsi dalla distruzione degli atti che attestavano le malefatte dei Borboni, se siamo venuti a conoscenza di quei tragici eventi, che sono stati il preludio per il nostro Risorgimento e che hanno portato all’affermazione degli antichi e veri principi di libertà e di democrazia, alla base del nostro vivere civile.
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10 Aprile 2025