“Chi di spada ferisce …”Il malprete Pietro Nicola Patarino
Parlando del nostro concittadino Emanuele De Deo, primo Martire della Rivoluzione Napoletana, impiccato a Napoli il 18 ottobre del 1794, per ordine dei Borboni, nel 250° anniversario della morte, abbiamo ricordato la figura di un altro concittadino gioiese: il sacerdote Pietro Nicola Patarino. Nella primavera del 1793 Emanuele De Deo rientra a Gioia e, insieme […]

Emanuele De Deo
Parlando del nostro concittadino Emanuele De Deo, primo Martire della Rivoluzione Napoletana, impiccato a Napoli il 18 ottobre del 1794, per ordine dei Borboni, nel 250° anniversario della morte, abbiamo ricordato la figura di un altro concittadino gioiese: il sacerdote Pietro Nicola Patarino.
Nella primavera del 1793 Emanuele De Deo rientra a Gioia e, insieme ai fratelli Carlo e Giuseppe e alla sorella Angela, partecipa ad un banchetto offerto da donna Anna Innocenza Sala-Buttiglione ad un gruppo di amici, per lo più esponenti del clero e della colta borghesia, tutti invaghiti dalle nuove idee che avevano portato allo scoppio della Rivoluzione francese. Tra questi si distingue per doti di ingegno e di dottrina l’abate Francesco Paolo Losapio.
Quel giorno di maggio nella riunione in casa Sala Buttiglione, in via Bartolomeo Paoli, Emanuele De Deo porta con sé libelli e fogli volanti. Legge e commenta poesie popolari che circolavano a Napoli nelle case dei ricchi e dei poveri e illustra la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Nel muovere aspre accuse al re e severe critiche al governo borbonico, afferma: I popoli hanno il diritto di detronizzare il sovrano e condannarlo. Siamo ormai pronti. La sorte di Ferdinando e di Maria Cristina è segnata. Anch’essi finiranno come i sovrani di Francia. Nella foga del discorso va, con un coltello alla mano, ad insultare il ritratto del re.
In una lettera anonima inviata al prete gioiese Pietro Nicola Patarino, che si trovava a Napoli per completare i suoi studi, si dice: Nello scorso maggio 1793 si tenne convito sopra la casa di donn’Anna Bottiglione, dove intervenne don Bernardo Palmieri, il reggente conventuale Mastropaolo, il governatore, li fratelli don Emmanuele e don Giuseppe De Deo e il canonico don Biagio Del Re e in atto di pranzo si lessero molto satire contro del re e della regina e il don Emmanuele De Deo perorò la causa della libertà, e, trasportandolo tanto la follia, con un coltello alla mano corse ad un ritratto del re e disse che, se era realmente il re, l’avrebbe ammazzato al che interloquì il detto canonico don Biagio Del Re e disse: Tra breve speriamo fare ammazzare il re e la regina.

Cartello segnaletico-turistico posto sul prospetto del palazzo Sala Buttiglione in via Bartolomeo Paoli
Insieme agli altri gioiesi Emanuele De Deo provvide alla stampa, presso una tipografia clandestina di Napoli, di 2.000 copie della traduzione italiana della Costituzione Francese e poi si decise di inviarle a Gioia.
De Deo ancora una volta porta con sé a Gioia un fascio di opuscoli, fogli, gazzette, materiale introdotto clandestinamente nel Regno di Napoli, su argomenti politici di ispirazione repubblicana.
Nella sua casa, che attualmente porta il suo nome, con entusiasmo e fervore il 6 dicembre 1793 spiega ai commensali i principi del nuovo sistema politico-sociale attuato in Francia, modello delle repubbliche popolari da far sorgere sulle ceneri degli anacronistici sistemi monarchico-assolutistici ancora presenti in Europa, affermando che i popoli hanno il diritto di detronizzare il sovrano e condannarlo quando, da garanti della libertà e della giustizia e da promotori di benessere e di cultura, si rendono despoti ed oppressori dei loro sudditi.
Nel dicembre del 1792 avvenne lo sbarco di La Touche a Napoli. Nel dicembre del 1792 il sacerdote Patarino si era spostato a Napoli per studiare, raccomandato dai due fratelli: il canonico Biagio e da Michele Del Re.
Un giorno il Patarino fu da questi invitato a pranzo, dove convennero don Carlo Laubergh e suo fratello, lo scolopio Laubergh; quest’ultimo gli fu proposto come maestro. Per rispetto verso i Del Re il maestro non chiese mesata alcuna.
Il Patarino, interrogato come testimone, raccontò al Regio Consigliere che i Del Re erano celebri giacobini, inimici della monarchia, insieme ad altri come Emanuele De Deo e Silvio Bonavoglia di Gioja.
Riferì anche che costoro parlavano contro il monarca lodando la condotta de’ Francesi, biasimando quella de’ Sovrani, dicendo che per certo i Francesi sarebbero venuti e si sarebbero fatti padroni del Regno di Napoli, e così sarebbe introdotta la libertà e l’uguaglianza, affermando che il Sovrano fosse peggiore di quello de’ Francesi e questo discorso si faceva da ognuno di essi dicendo che il Sovrano era una schiavitù per i vassalli.
Esattamente un anno dopo dall’arrivo di La Touche a Napoli, nel dicembre del 1793, questo sacerdote, a differenza di un altro religioso (il buon padre Grimaldi che fece stampare la Dichiarazione dei diritti dell’uomo), il cosiddetto malprete Pietro Nicola Patarino, scrive una triste pagina nella storia del Regno di Napoli e della nostra Gioia.
Egli, infatti, volendo entrare in possesso di una copia delle Costituzioni giacobine, il 6 dicembre si portò in casa di Emanuele De Deo, a cui aveva veduto portare dalla casa dei fratelli Del Re un fascio di dette stampe giacobine.
Nonostante quei personaggi avessero usato benevolenza nei suoi confronti ospitandolo spesso a casa loro e fornendogli i mezzi per completare i suoi studi a Napoli, il Patarino compì un atto ignobile.

Casa De Deo a Gioia del Colle con targa commemorativa
Durante la riunione in casa del De Deo, mentre tutti i convenuti si trattenevano in cucina intenti a cuocere i maccheroni, lui, col pretesto di togliersi di tasca un pezzo di cioccolata, entrò in una stanza attigua e cominciò a rovistare in ogni angolo finché nel tiretto di un tavolo trovò una copia della Costituzione francese, e la trafugò. La consegnò al ministro Acton e accusò i due fratelli Del Re e i loro complici di cospirazione contro lo Stato, portando la prova della Costituzione francese sottratta nella casa del De Deo.
Durante l’interrogatorio da parte del Signor Consigliere Caccia, il Patarino, così giustificò il suo comportamento nei confronti dei suoi concittadini giacobini: Perciò essendo io entrato in gran scrupolo di coscienza tener in segreto tutti gli anzidetti fatti in pregiudizio della pubblica tranquillità ed anche per essere affezionato vassallo della Maestà del Sovrano (che Dio guardi) per cui vi spargerei il mio sangue, stimai perciò giusto di presentarmi a S.E. il Generale Acton, esibite nelle sue mani le costituzioni suddette in stampa ed informarlo di tutto ed accudire presso la persona di V. S.
Il Patarino diede forza alle sue affermazioni, affermando che era convinto del giacobinismo dei componenti quella Società poiché era al corrente degli incontri di La Touche e del circolo di Laubergh, cui appartenevano i De Deo, i Del Re e Bonavoglia e di aver sentito dite da loro: O Acton nelle nostre mani o Napoli in polvere.
Bonavoglia gli aveva confidato che le Costituzioni Giacobine pubblicate in Francia erano state tradotte in lingua italiana da Laubergh e da lui fatte stampare. Lui le aveva viste sopra la casa dei fratelli Del Re, che ne avevano mandato delle copie nel loro paese forse per far numero di giacobini.
Il prete Pietro Nicola Patarino era nemico giurato dei fratelli Del Re, soprattutto del canonico Biagio. Egli, che stava completando i suoi studi a Napoli e frequentava i circoli del Laubergh, di De Deo e dei De Re, sospettava che i Del Re fossero affiliati alla Massoneria. In una lettera delatoria dice: erano celebri giacobini, inimici della monarchia. Nelle loro riunioni segrete a Napoli sparlando contro il monarca, lodando la condotta de’ Francesi e biasimando quelle dei sovrani, dicevano pur anche che i Francesi sarebbero venuti sicuramente e si sarebbero fatti padroni del Regno, ed in tal guisa si sarebbe introdotta la libertà e l’uguaglianza e si opprimeva il nostro sovrano, come peggiore di quello de’ Francesi, e questo discorso era sulla bocca ad ognuno di detti soggetti, i quali dicevano che il sovrano era una schiavitù.
Non avendo prove contro i Del Re, il Patarino frequentava i circoli giacobini gioiesi per incastrare i rivoluzionari.
Il Patarino nella denuncia presentata il 12 dicembre 1793 contro De Deo, a proposito delle costituzioni giacobine pubblicate in Francia, afferma: Mi si consta benissimo, per averle vedute che sopra la casa de’ fratelli Biagio e Michele Del Re ve n’erano un numero significante di dette costituzioni, delle quali certe ne mandarono al loro paese, forse per far numero di giacobini. Il giorno de’ 6 del corrente mese di dicembre 1793, essendomi portato a questo effetto alla casa di don Emmanuele De Deo, a cui l’istesso giorno aveva veduto uscire dalla casa di detti fratelli Del Re con un fascio di dette stampe giacobiniche, datasi l’occasione che nella casa di detto De Deo si cocevano certi maccaroni nella cucina nella quale erano insieme con detto De Deo … lasciando il De Deo nella cucina, in altra stanza, in una boffetta ritrovai le stampe conservate; ne presi subito una copia … me la posi nella mia sacca.
Il Patarino rincarò la dose riferendo che quando lui stava per partire per Gioja con D. Silvio Bonavoglia, D. Emmanuele De Deo voleva dargli un fascio di Costituzioni per portarle al fratello, ciò che lui non volle fare e perciò non partì e De Deo lo mandò a Gioia per mezzo del detto Bonavoglia.
Riferì anche quanto aveva appreso dalla lettera anonima che gli era pervenuta e cioè del pranzo tenuto a casa di donna Anna Sala, nella primavera del 1793, e delle parole dette da Emanuele De Deo e da don Biagio Del Re.
Da Napoli fu subito inviato a Gioia l’Uditore di Trani per interrogare i testimoni.
Passando ad esaminare il reato contestato ad Emanuele De Deo l’Uditore citò a comparire dinanzi a lui alcuni testimoni oculari al banchetto: la padrona di casa donna Anna Sala, don Bernaldo Palmieri (sindaco dal 1794 al 1795) e il reggente dei Frati minori Conventuali, padre Giuseppe Mastropaolo.
La signora Sala non confermò quanto detto dal Patarino, mentre padre Giuseppe parlò di attivismo dei giacobini intervenuti.
Il processo contro Emanuele De Deo si concluse il 3 ottobre 1794 con la condanna a morte, preceduta da tortura (quattro tratti di corda, secondo il dispositivo della sentenza), che fu eseguita il 18 ottobre 1794.
L’imputazione era di ribellione al sovrano, di reato di opinione e di diffusione di pericolosa droga mentale, quale la diffusione di testi di ispirazione rivoluzionaria.
Ironia della sorte: il Patarino, che aveva in mente di vendicarsi dei fratelli Del Re e di distruggere la loro famiglia, con la sua delazione e testimonianza portò alla morte solo Emanuele De Deo e non i Del Re, come aveva programmato.
La denuncia fruttò al Patarino una ricompensa di 60 ducati.
Quale fu in seguito la sorte del Patarino? La sua sorte fu pari alla sua vigliaccheria.
Parafrasando il detto biblico che recita: Chi di spada ferisce, di spada ferisce (Matteo, 26,52) la tracotanza e il tradimento del Patarino gli si rivoltarono contro e lo portarono ad una ingloriosa morte.
Probabilmente per la sua qualità di religioso il Patarino riteneva di trovarsi in una botte di ferro, anche se si fosse scoperto che la sua potesse risultare una falsa delazione, e in tal caso era sicuro di non andare incontro a eventuali provvedimenti giudiziari in quanto il Re non si sarebbe mai permesso di punire un appartenente al clero, inimicandosi in tal modo il Papa e correndo il rischio persino della scomunica, ma al massimo di mandarlo per qualche tempo in esilio.

Il peof. Giovanni Carano Donvito
La ingloriosa fine del Patarino ce la ricorda il prof. Giovanni Carano Donvito nel primo volume della “Storia di Gioia dal Colle.
Pier Nicola Patarino, gioiese, l’indegno sacerdote di Cristo, rappresenta la figura più laida e ributtante di tutto il dramma; il Giuda traditore dei suoi compagni e conterranei, nonché dell’insigne maestro, Carlo Laubergh, il quale, generosamente, gli impartiva lezioni gratuite. Non passione politica, non amor di sovrano, “non scrupolo di coscienza”, com’egli andava propalando nelle sue inique delazioni, sospinse all’infamia quest’uomo di fango e di fiele, sibbene cupidigie di ricompense, istinto malefico, privati rancori verso i compatrioti di Puglia, massime contro i fratelli Biagio e Michele Del Re, che pur l’avevano ospitato in casa loro e l’avevano più volte tenuto a pranzo, e gli avevano perfino spianata la via agli studi, facendolo ammettere nella rinomata scuola del Laubergh “senza mesata alcuna”, com’egli dichiarava nel suo cinismo.
Una lettera alligata al processo e dal Patarino spedita il 25 ottobre 1793 al sacerdote Colombano Losito di Gioia, irradia di luce sinistra quest’anima bieca, che vien di lunga mano premeditando l’insidia, che trarrà all’estrema rovina i suoi giovani amici: “Ho impegno – egli scrive – d’inabissare questi Signori Del Re, tanto Biagio, quanto Michele …”
Ed aspetta al varco le inconsce vittime.
L’occasione agognata non tarda a presentarsi: la ristampa delle Costituzioni francesi ed i maneggi compiuti nelle segrete adunanze da scolari e docenti per diffonderla nella metropoli e nelle provincie, gliene porge il destro. Il 6 dicembre dello stesso anno 1793, portatosi l’infame Patarino in casa di Emanuele De Deo, che aveva veduto portare dalla casa dei fratelli Del Re un pacco di dette stampe giacobine, datasi l’occasione che si cocevano certi maccheroni nella cucina, dove stavano insieme con detto De Deo, avendo finto il Patarino di uscir fuori dalla cucina per levarsi certa cioccolata dalla sacca, entrò dentro una camera dove, avendo tirato il tiratoio di una boffetta, ritrovate dette stampe, se ne pose una di esse in sacca …
Corre lo stesso giorno il malvagio Patarino a consegnare il foglio incriminato al Ministro Acton, il quale comanda al commissario Caccia di “praticar subito le diligenze” contro i Del Re, presunti traduttori e divulgatori della stampa criminosa. E, saputosi ancora, sempre dal Patarino, che un fascio di stampe era stato inviato da Emanuele De Deo al fratello Giuseppe in Gioia, per mezzo del giovane sacerdote Silvio Bonavoglia, che qui rimpatriava, con Dispaccio del 28 dicembre si ordinava al R. Uditore di Trani di perquisire in Gioia le case degli indiziati, ove sciaguratamente, fu rintracciata la prova del crimine. Seguì subito l’arresto a Gioia di Giuseppe De Deo e Silvio Bonavoglia, trascinati nel castello di Trani, e la cattura in Napoli dei fratelli Del Re e dello studente Emanuele De Deo, il quale non uscì dalla prigione, se non per dischiudere -1° martire d’Italia – il lugubre sentiero della forca!

La Storia di Gioia dal Colle del prof. Giovanni Carano Donvito
Frattanto la Polizia venne a sapere che nel maggio 1793 si era tenuto un convito in casa di D. Anna Sala-Buttiglione, in Gioia, e che, ivi, pranzando, si erano lette molte satire contro il Re e la Regina, e D. Emanuele De Deo, nel perorare la causa della libertà, trasportato da follia, era corso con un coltello alla mano al ritratto del Re, dicendo che se fosse stato veramente il Re, lo avrebbe ammazzato; al che interloquendo il Canonico Don Biagio Del Re, avrebbe detto: Fra breve speriamo di fare ammazzare il Re e la Regina.
Donde era pervenuta questa notizia alla Polizia? Da una lettera anonima pervenuta da Gioia per la posta di Bari al Patarino, e da questa comunicata al Commissario Caccia. Alcuni testimoni, partecipi del pranzo, interrogati dalla Giunta Inquisitoria, furono controversi, oscillanti, negativi, uno solo, l’avv. Francesco Soria, confermò la denunzia anonima con la sua deposizione: “D. Emanuele De Deo durante il pranzo dato da D. Anna Sala andò con un coltello alla mano ad insultare il ritratto di S. M.”
Il quale Soria, poi, stretto dalle controprove dei fratelli Del Re davanti agli Inquisitori di Stato, finisce col confessare: “… che non bene conviveva col dott. Michele e col suo fratello, per causa d’interessi di clienti”.
Diremo poi chi era Francesco Soria; vediamo prima come finì il turpe Pier Nicola Patarino. Egli subì la sorte di tutti i perfidi, di tutti i traditori incarcerati e torturati dagli stessi complici delle loro malefatte, dagli stessi beneficati delle loro scelleratezze!
Si legge infatti nelle “Carte diverse dell’Alta Polizia borbonica – fascio 40: Patarini Pietro Nicola, sacerdote, mischiavasi negli affari del Governo, intrigando ed allarmando. Fu confinato in Cosenza in virtù di ordini del 21 giugno 1821, e quindi fu abilitato a passare in Avellino. Sua Maestà, in data del 16 agosto 1825, ordinò che rimanesse ove trovavasi. Trovandosi traslogato in Avellino, ed avendo quivi serbata pessima condotta, nel Consiglio Ordinario, datato dei 24 dicembre 1826, Sua Maestà ordinò che fosse rilegato a Ponza. È trapassato in Ponza ai 5 di marzo 1830 (Foglio 411).
È possibile approfondire le vicende di Emanuele De Deo su questo sito, digitando i seguenti link: https://www.gioiadelcolle.info/lasilo-dinfanzia-e-de-deo/; https://www.gioiadelcolle.info/il-230-anniversario-della-morte-di-emanuele-de-deo/; https://www.gioiadelcolle.info/la-lettera-di-addio-di-emanuele-de-deo/.
© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando le fonti ed i nomi degli autori.
7 Aprile 2025