C’era una volta il Palazzo Soria

Con molta probabilità i Soria vengono in Italia meridionale, ormai dominio spagnolo, nella seconda metà del Cinquecento. La loro presenza a Gioia è attestata nell’ultimo ventennio del 1500, come si evince da alcuni atti di matrimonio, nozze celebrate nella Chiesa Madre. Sulla famiglia Soria è possibile consultare il seguente articolo, digitando il seguente link: https://www.gioiadelcolle.info/la-famiglia-soria-a-gioia-del-colle/. I  Soria […]

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Palazzo Soria come appare nel 1999 in via Prati e via Flora in una foto di Gennaro Losito

Con molta probabilità i Soria vengono in Italia meridionale, ormai dominio spagnolo, nella seconda metà del Cinquecento. La loro presenza a Gioia è attestata nell’ultimo ventennio del 1500, come si evince da alcuni atti di matrimonio, nozze celebrate nella Chiesa Madre.

Sulla famiglia Soria è possibile consultare il seguente articolo, digitando il seguente link: https://www.gioiadelcolle.info/la-famiglia-soria-a-gioia-del-colle/.

I  Soria sono stati una delle famiglie più facoltose e con maggiori possedimenti terrieri tra quelle che risiedevano a Gioia del Colle; disponevano di molti possessi fondiari nel nostro Comune, alcuni dei quali erano proprietà da loro acquistate ed altri usurpati dal demanio di Gioia.

L’Archivio comunale abbonda di processi che il Comune intentò contro le famiglie che si erano appropriate di grandi estensioni di terra, le cosiddette ‘liti demaniali’. Tra queste figura anche la famiglia Soria.

Con la legge del 2-8-1806 Giuseppe Napoleone sancì l’abolizione della feudalità. Con successiva legge del giorno 1-9-1806 si ordinò la ripartizione dei demani.

Con legge del 17-8-1809 veniva decretata la soppressione definitiva e radicale di tutti gli Ordini religiosi possidenti (a Gioia il provvedimento riguardava il convento dei Domenicani e quello dei Francescani).

Mentre i terreni nell’agro di Gioia, che erano stati riacquisiti al demanio furono quotizzati e sorteggiati tra i proletari, quelli nelle vicinanze del paese, dell’estensione di circa 800 ha, furono messi in vendita.

Della vendita ne beneficiarono cinque famiglie della borghesia terriera di Gioia, tra cui i Bonavoglia, i Calabrese, i Soria, i Cassano, che avevano maggiori disponibilità finanziarie.

Alcuni di essi, circa una quindicina, già dal 1807 avevano occupato abusivamente delle terre demaniali, circa 2500/2700 ha, tanto che alcuni proprietari, tra cui i Soria e i Cassano nel 1827 furono chiamati davanti alla Commissione di Rivendica, per aver occupato il demanio di Marzagaglia.
Marcellino Cassano (il nonno del futuro sindaco) e Cesare Soria si opposero a qualsiasi conciliazione, come si legge negli Atti Demaniali presenti presso l’Archivio di Stato di Bari, pur essendo disposti a pagare un canone.

Nel 1834 si addivenne ad un accordo: ritenere una discreta porzione di terreni occupati, pagando il canone al Comune e lasciando il resto libero.

Complessa è la vertenza promossa nel 1842 dal Comune di Gioia verso un membro della famiglia Soria, per varie usurpazioni.

La Villa Soria, inglobata da una costruzione condominiale

L’usurpazione delle terre demaniali da parte dei maggiorenti gioiesi, tra cui professionisti di chiara fama, benemeriti di istituzioni cittadine, patrioti insigni i cui nomi si leggono nei libri di storia, sono incisi nel marmo e hanno sofferto nelle patrie galere a causa delle loro idee di libertà e di giustizia, era stata trasformata nel 1842 in possesso di proprietà con il pagamento di un canone annuo al Comune di Gioia.

Poiché Carlo Soria, Sostituto Procuratore della Corte di Appello di Napoli, avendo la residenza a Trani, non pagava tale canone, il Sindaco si rivolse al Prefetto per ottenere quanto dovuto. Il Prefetto impose al Soria di eleggere il suo domicilio nel Comune di Gioia del Colle.
Con la vendita dei demani comunali si diede vita alla formazione della grande proprietà terriera.

Il re Ferdinando I nel 1816 accordò alla signora Apollonia Chimienti, vedova di don Ciccio Soria, una pensione di annui 120 ducati. A gennaio del 1818 il re accordò un sussidio mensile di ducati 10 al figlio del Soria, Donatantonio, per completare i suoi studi. Donatantonio fu un bravo medico, ottimo cittadino, ottimo padre, esercitò con successo la sua professione in Gioia, dove morì nel 1864, all’età di 73 anni.

Sia nel nostro paese che nell’agro circostante, nelle loro proprietà i Soria costruirono masserie, ville e residenze cittadine, molte delle quali resistono ancora all’azione distruttrice del tempo e dell’uomo.

Sull’attuale via Flora e sul suo prolungamento, quello che oggi  prende la denominazione

via Carlo Soria erano ubicate due delle abitazioni cittadine della famiglia Soria.

Una in particolare, quella costruita tra via Giovanni Prati e via Flora, abbattuta alla fine del XX secolo per mano umana, per far posto ad un grosso complesso condominiale, sembra risalga al tardo Seicento.

Il palazzo, costruito extra moenia, confinava con il giardino di San Francesco, di proprietà dei frati francescani conventuali. Era sicuramente fortificato, come si evince dai possenti muri perimetrali edificati in passato e da alcuni resti che non sono stati oggetto di abbattimento, ed era ubicato lungo la strada che portava alla contrada e alla cappella di Santa Sofia, sita a sud del paese, e che conduceva ad Altamura e a Matera, strada che presumibilmente era un tratto di un’importante arteria di comunicazione che collegava Gioia al tracciato della via Appia.

Purtroppo rimangono solo alcuni segni della vecchia costruzione e qualche foto che ne perpetua il ricordo, dopo la sciagurata perdita di un pezzo importante della nostra storia cittadina.

Un’altra abitazione della suddetta famiglia, che ancora oggi viene indicata come Villa Soria, fortunatamente è ancora visibile, ubicata tra via Giovanni XXIII e via Teodorico Soria, anche se una parte di essa è stata inglobata in una nuova costruzione condominiale.

La struttura al piano terra di via Flora è stata utilizzata per numerosi anni come sede di un supermercato.

Palazzo Soria vista dal pittore Raffaele Van Westerhout

Parlando dell’edificio Soria in via Flora, distrutto dalla mano dell’uomo, il prof. Domenico Paradiso nel volume “Memorie dal fuoco” riferisce: Un loro (dei Soria) palazzo residenziale era presente a Gioia, in periferia, circondato da mura ciclopiche e dotato di un ponte levatoio sorvegliato giorno e notte da un piccolo esercito di bravi.

Una fotografia scattata dall’avv. Gennaro Losito prima dell’abbattimento del vecchio edificio e riportata sullo stesso volume “Memorie dal fuoco” riproduce una parte di questa possente abitazione, mentre sullo stesso libro viene inserita una ricostruzione di quella che doveva essere l’intera costruzione prima delle sue ulteriori modifiche e dell’abbattimento, disegno eseguito dal pittore gioiese Raffaele VanWesterouth.

A Carlo, Pasquale e Teodorico Soria, uomini che hanno dato lustro a Gioia e all’Italia, il Comune di Gioia ha intitolato altrettante strade cittadine.

Speriamo che dopo gli abbattimenti del palazzo De Bellis in Piazza Plebiscito, del Mercato Coperto, di alcuni palazzi liberty in Via Roma, dell’Arena Castellano, del palazzo Soria in via Flora si sia posto fine allo scempio della nostra Città e si preservi nel tempo il ricordo della storia, dell’architettura e della laboriosità dei nostri concittadini, come stimolo ad impegnarsi sempre più per il progresso e il bene della collettività gioiese.

Oggi, soprattutto, in presenza di un vistoso calo demografico non è più tempo di distruggere le tracce del nostro passato per far posto a complessi condominiali, atteso che tanti di essi sono ancora incompleti o invenduti, ma di dare una ristrutturazione all’esistente, senza modificare il volto di una città a tal punto da sfigurarla, rendendola anonima, senza storia e simile ad altre località più “fredde”, in nome di una modernità che non la rappresenta.

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1 Aprile 2025

  • Scuola di Politica

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