Battiti d’ali. Storie di bambini nella Puglia antica
"Battiti d'ali. Storie di bambini nella Puglia antica" L'infanzia svelata da giochi del IV sec. a.C. In mostra tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30 presso il Castello Normanno Svevo, fino al 30 novembre 2007. "Fugaci apparizioni sulla scena della Storia…" attraversando gli eventi in " brevi palpiti" di vita, "versi" a corredo di esplicativi […]
"Battiti d'ali. Storie di bambini nella Puglia antica"
L'infanzia svelata da giochi del IV sec. a.C.
In mostra tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30 presso il Castello Normanno Svevo, fino al 30 novembre 2007.
"Fugaci apparizioni sulla scena della Storia…" attraversando gli eventi in " brevi palpiti" di vita, "versi" a corredo di esplicativi e preziosi manufatti provenienti da siti e musei di Taranto, Conversano, Canosa, Egnazia, Minervino, Gravina per narrare l'infanzia, svelarne i segreti, coinvolgere cuore e mente nel ricordo di ancestrali emozioni senza tempo. Un progetto curato e coordinato dalla dottoressa Angela Ciancio con Teresa Follino, Annalaura Amatulli, Fabio Galeandro, Paola Palmentola, Rosa Cannarile e Ginevra D'Onofrio, grazie alle sovvenzioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Sovrintendenza, al patrocinio di Regione, Provincia e Comune ed alla "generosità" di Michele Favale.In un metaforico "Battiti d'ali" racchiuse microstorie secolari di una quotidianità assurta ad eccezionale testimonianza archeologica di costumi, tradizioni, tecniche ed emozioni.
Su queste ultime intessuto il canovaccio narrativo, un percorso non solo espositivo in cui dialogano scienza e storia, incorniciato dalle egregie installazioni "blu-indaco" della cooperativa ARES di Gravina su progetto grafico di Dom&Partners di Bitonto. Così recita una stele in marmo bianco del I sec. d.C: "Qui riposa Graecinia Sevia, di quattro anni", ed ancora Grapte (cinque anni), Thalame (sei), serva dell'imperatore e Optatus, rapito dalla morte alla servitù e ad un "promettente" futuro da "liberto".In quei secoli segnala la nascita di un maschietto un ramoscello d'ulivo sul desco, per le bimbe una striscia di lana. Il settimo giorno il padre riconosce il neonato, cui dona il suo primo giocattolo, solitamente un sonaglio (gnorismata per i Greci, crepitacula o tintinnabula per i Romani), contestualmente ha luogo il rito della purificazione che consente alla partoriente e alle sue aiutanti il ritorno alla quotidianità. Il decimo giorno il nascituro riceve un nome e viene presentato alla comunità, in suo onore si offrono sacrifici agli dei ed un banchetto, gli amuleti e i giocattoli donati dai parenti saranno il suo corredo d'infanzia. E' in uso fasciare strettamente il piccino, da analisi scientifiche risultano particolarmente sviluppati i muscoli "imbrigliati", tesi nel tentativo di liberarsi. Se il piccino non viene riconosciuto dal padre, nasce in una famiglia molto povera, alquanto numerosa o non è sano, il suo destino è segnato: morirà d'inedia in un vaso o una pentola d'argilla (chytra) sull'uscio di casa, al fine di evitare punizioni divine. I bimbi rinvenuti nelle olle o nei sarcofagi di tufo carparo protetti da un coppo laterizio o da lastrine funebri, sono gracili e denutriti, provati dalla malattia. Vengono sepolti rannicchiati in postura fetale nel cortile di casa. L'incinerazione riservata ad adulti ed adolescenti, in uso dal II sec. a.C. non sarà mai adottata per i neonati, trovati spesso inumati accanto ai genitori "incinerati". Nelle piccole tombe tintinnabuli, astragali, bamboline in avorio e terracotta, vasi decorati, carretti, collane, bracciali, anelli, fibule, fermagli per capelli in argento, anforette, coppe miniaturizzate, statuine in ricordo di una maternità presente nel più lacerante dei distacchi… talismani che evocano giochi, risate, lacrime, struggente dolore. Dizoma è una bimba dodicenne di Conversano, il suo nome è inciso sull'anellino d'oro, lo indossa al suo ritrovo. Alla sua età si è già spose e le bambole in argilla o in avorio, con braccia e gambe "snodate", dai seni accennati, dalle gonne plissettate e dalle elaborate acconciature scolpite sul capo, vengono offerte ad Artemide o Afrodite a suggello del passaggio all'età adulta. Dizoma vive in una famiglia agiata, lo testimoniano i fermagli in argento, gli unguentari in vetro disposti a raggio intorno al volto, i boccoli che inanellano i suoi capelli, la monetina d'argento custodita tra le labbra per "pagare" il suo ultimo viaggio. Nelle raffigurazioni l'esaltazione della fecondità femminile è costante e i bimbi ne sono corollario, cullati tra le braccia, in contemplazione delle attività domestiche, tenuti per mano mentre trotterellano, persino puniti anche se "dei" infanti – è il caso di Ercole – con un'umiliante "sculacciata". Tra i gioielli, ciondoli in ambra, collane di conchiglie, bracciali ed anelli in bronzo, argento, oro, campanellini e vezzosi fermagli a spirale. Imprigionate nei sonagli zoomorfi dai vivaci colori (cinghiali, galletti, uccellini, pesci, buoi, porcellini, tartarughine…), palline di creta rievocano l'eco di soffusi tintinnii tra risate argentine e vagiti, altri animaletti in terracotta vengono trascinati su carretti di legno o argilla, lo attestano i fori per le cordicelle. Si gioca a nascondino, mosca cieca, si va in altalena e a "caccia" di prede fittili, si rivivono combattimenti epici indossando il "petaso" a larga falda, armati di spade e mini scudi di legno. Si spinge con un bastone un cerchio di legno o di ottone per ascoltarne il rumore sui ciottoli e, smarrito ogni equilibrio, osservare l'ondeggiante e veloce corsa spegnersi e arrendersi contro l'ultimo ostacolo. Si lancia la palla verso una pietra "segnale" e chi sbaglia trasporta "a cavalluccio" (ephedismòs) il compagno verso il mancato bersaglio, tentando di sbirciare tra le dita che coprono gli occhi, divertente stratagemma per prolungare il gioco. Gli astragali, pedine di ossicini di tarso di pecora o ovini, richiedono maggior destrezza in lanci in aria e "prese" sul dorso (in tempi più recenti lo stesso gioco si ripete con bottoni o sassolini), ma l'oggetto che più incanta è il biberon – pesciolino dotato di beccuccio per suggere: immaginarlo stretto tra piccole mani e con stupito incanto rigirato ed ammirato da un frugoletto peuceta, dona il senso dell'eternità.
Dalila Bellacicco
Da: La Piazza – Gioia del Colle.
16 Agosto 2007