Don Vincenzo Angelillo
Gioia non può non commemorare e rinverdire al nostro ricordo un nobile ( non certo per nascita ) e illustre concittadino, un uomo di multiforme ingegno, un padre spirituale che ha predicato il messaggio evangelico e con coerenza e fedeltà lo ha testimoniato nella sua vita, uno studioso che ha spaziato nel campo dello scibile, […]
Gioia non può non commemorare e rinverdire al nostro ricordo un nobile ( non certo per nascita ) e illustre concittadino, un uomo di multiforme ingegno, un padre spirituale che ha predicato il messaggio evangelico e con coerenza e fedeltà lo ha testimoniato nella sua vita, uno studioso che ha spaziato nel campo dello scibile, in poche parole un uomo che ha reso illustre la nostra Gioia con la sua opera umana, culturale e spirituale.
Un concittadino in cui modernità, dirittura morale, fede, cultura, umiltà, servizio per i fratelli si fondono in tutt’unicum.
Gioia ha avuto in passato grandi uomini hanno reso illustre il nostro Paese, che ne hanno onorato la nostra città, la cultura.
Tra essi certamente un posto notevole occupa don Vincenzo Angelillo,in arte Angelilli, come lui stesso volle chiamarsi. Il 20 marzo 1963, cioè 50 anni fa, don Vincenzo Angelillo concludeva il suo percorso terreno.
Parlando di lui la mente non può non andare ad un altro figlio di Gioia, anch’egli sacerdote e studioso locale, l’abate Francesco Paolo Losapio, vissuto dal 1762 ( 250 anni fa ) al 1842 ( 170 anni fa ), (ricorrenze passate sotto silenzio), e autore della prima Storia di Gioia, una storia poetica dal titolo Quadro Istorico-politico sulle vicende di Gioia in Bari, detta anche Livia, ma anche educatore dei giovani e benefattore.Angelillo non solo per la missione sacerdotale e per il ruolo di educatore delle giovani generazioni che ha svolto sembra essere il naturale erede del Losapio, e sembra inserirsi nel solco e nel percorso del suo predecessore, anche per aver donato, come lui, il suo patrimonio librario per la costituzione di una Biblioteca civica, di cui per alcuni anni fu il primo responsabile. Anche il Losapio, infatti, con il legato che da lui prese nome, lasciò al Comune una cospicua somma per l’istituzione a Gioia di tre classi d’istruzione superiore e per la formazione di una Biblioteca comunale, il cui primo nucleo fu costituito con la donazione della sua personale biblioteca.
Due uomini che hanno diffuso nei giovani la cultura, che hanno profuso la loro cultura non solo a favore del popolo gioiese, ma anche al di fuori delle nostre mura cittadine.
Don Vincenzo nasce a Gioia del Colle, come si rileva dal suo atto di nascita, alle due e dieci antimeridiane in Strada Moncenisio n.12, il 27 ottobre 1879, da genitori di modesto ceto, poveri economicamente, ma ricchi di valori e di fiducia nella Provvidenza divina. La madre, Vincenza Gatti, è filatrice, suo padre, Giovanni, baglivo, specie di guardia campestre.
Entra in seminario nel 1899 e al termine degli studi nei Seminari di Bari e di Molfetta nel 1903, a 24 anni, viene ordinato sacerdote. Sul ricordino della prima messa il 29 marzo 1903, si firma già Vincenzo Angelilli.
Per le sue qualità umane, culturali e spirituali, per la sua disponibilità all’ ascolto, per i suoi modi sempre cordiali con tutti, per l’aiuto, il conforto, il suo dispensare continuamente consigli, per il suo apostolato e il sostegno a favore soprattutto delle classi più umili riscuote subito la simpatia, la stima e l’affetto non solo dei suoi concittadini, ma anche dei suoi Superiori religiosi.
Per queste sue doti umane e per la sua statura morale viene chiamato a Roma in Vaticano per ricoprire delicati ed importanti incarichi, che assolve con grande dedizione, responsabilità e professionalità. Avrebbe potuto raggiungere alti gradi nella gerarchia ecclesiastica se dopo qualche anno, dal suo arrivo nella città eterna, non avesse fatto ritorno nella sua Gioia, rinunciando a prestigiose cariche, a ciò spinto dall’affetto verso la sua città, verso gli amici e i parenti, ma soprattutto verso la madre e l’intera sua famiglia che versava nell’indigenza e per la quale sentiva il dovere di contribuire a provvederne i bisogni.
Nei primi anni del ‘900, contrassegnati da crisi di valori, da disorientamento, dalla furia di una spaventosa guerra mondiale e dal dilagare dello scetticismo e del materialismo don Vincenzo sa attirare alla Chiesa, con la parola del vangelo, con gli scritti e con l’esempio, numerose anime smarrite, incarnando in tal modo il messaggio evangelico di amore, di carità e di dedizione al prossimo.
Non rimane estraneo agli orrori della guerra, ma si rende disponibile per l’esercito italiano e viene assegnato, come Ufficiale, All’ Ospedale Militare di Gioia con il compito di assistere i feriti e gli ammalati. Anche in tale circostanza don Vincenzo non fa mancare il conforto della parola evangelica e il suo sostegno morale verso i militari ammalati e feriti. Nella nostra città incontra Gabriele D’annunzio.
Quando il 4 ottobre 1917 il poeta-vate parte da Gioia nella sua eroica impresa su Cattaro ottiene da lui il plauso e, anche in qualità di Rettore della Chiesa di S. Francesco, D’Annunzio, cultore del Santo poverello, gli affida il compito di appuntare sul petto degli aviatori, che si apprestavano a compiere l’eroica trasvolata, l’immagine del Santo di Assisi, considerato il protettore dei viaggi d’oltremare.
Don Vincenzo anticipa i tempi e ha percezione di quello che qualche decennio dopo di lui affermerà Paolo VI: il pericolo più grande per la Chiesa è l’ignoranza. Lui matura questa convinzione già all’ indomani del primo conflitto mondiale. E’ l’ignoranza che porta alla guerra, alla morte, alla distruzione dell’uomo e del mondo. Solo la vera cultura della pace e dell’amore, quella che affonda le sue radici nella Bibbia da una parte e nei grandi scrittori italiani del passato dall’ altra ( da Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Carducci, per citarne alcuni ) può farci riscoprire la nostra umanità e fragilità, quei valori che sono alla base della nostra vita, per formare dei cittadini onesti e responsabili.
La scuola per l’Angelillo, come per il Losapio, è un impegno importante nel suo apostolato. A lui si deve nel 1910 la fondazione del Convitto Manzoni, istituzione nata con un duplice scopo: ospitare gli studenti dei paesi limitrofi che seguivano nel nostro paese gli studi superiori e trovavano difficoltà a rientrare a casa, a causa degli scarsi mezzi di trasporto allora disponibili, e accogliere e seguire con un’attività di doposcuola, durante il pomeriggio, studenti di famiglie povere, che frequentavano le scuole medie, cioè i figli dei diseredati, perché anch’essi si accostassero alla cultura e si riscattassero moralmente e civilmente, divenendo cittadini responsabili e partecipi alla vita cittadina.
Il Convitto lo intitola ad Alessandro Manzoni, probabilmente per il fatto che quello scrittore, per i suoi principi morali e per la sua conversione religiosa, per il suo messaggio, ben si addiceva allo scopo che l’Angelillo si prefiggeva, cioè di educare i giovani ai veri valori umani e morali e a quei principi fondamentali del cattolicesimo, esposti nelle Odi Sacre e ne I Promessi Sposi, per quella piena fiducia nella Provvidenza, che opera, servendosi dei suoi figli.
Dopo l’esperienza tragica della seconda guerra mondiale si rafforza in lui la convinzione che occorre debellare le guerre; ciò è possibile attraverso una riedificazione morale culturale e religiosa della società, una educazione delle nuove generazioni ai principi evangelici di amore e di fratellanza. Nell’orazione commemorativa del prof. Enrico Carano nel 1943 immagina che alle guerre segua l’era delle seminagioni e dove si combatteva e vi era morte e odio si radicasse la pace, la vita e l’amore. Per questo motivo al termine del terrificante conflitto mondiale intensifica il suo ruolo di educatore quindi si sforza di diffondere la cultura della pace e anche l’amore per la patria.
Questa istituzione rimane attiva fino al termine della sua vita e si avvale della collaborazione di altri sacerdoti.
Il 27-9-1921 il Consiglio Comunale di Gioia e il 27 novembre 1922 la Giunta comunale, riconoscendone la funzione sociale, deliberano un sussidio alla scuola tecnica Manzoni, su istanza dello stesso prof. Angelillo.
Molti giovani sono usciti da quel Convitto, uomini che si sono realizzati come validi professionisti, tra i quali il prof. Lozito. L’impegno educativo dell’Angelillo si è espresso anche nell’insegnamento nel nostro Liceo-Ginnasio, del quale hanno beneficiato tantissimi alunni, che si sono abbeverati alla sua cultura non solo religiosa, ma anche letteraria, critica e storica.
La maggior parte del popolo gioiese però serba un amorevole ricordo di don Vincenzo per quanto il sacerdote realizzò nella Chiesa che fu chiamato a reggere come Rettore e Padre Spirituale della Confraternita: S. Francesco. Il suo impegno durante il lungo periodo del rettorato 1903/63 si snoda su due fronti: il primo impegno è quello di evangelizzare con la sua parola dolce, dotta, mai finalizzata a far emergere il suo vasto bagaglio culturale, bensì a testimoniare il messaggio cristiano e la povertà evangelica, con la sua predicazione e con il suo esempio di vita di povertà e di completa dedizione all’altro. A tale proposito ho colto una testimonianza: Un giorno mentre don Vincenzo passeggiava per il centro storico di Gioia con i suoi convittori, imbattutosi in un povero giovane scalzo, si slacciò le scarpe, le diede al giovane e continuò il suo cammino scalzo.
Il secondo impegno è quello di restaurare l’edificio sacro, per renderlo degno di venerazione per il Santo ( vedi acquisto dell’organo e restauro interno altari e del campanile ) non solo attingendo alle offerte dei fedeli, ma anche con interventi personali. Fa issare sul campanile la campana dell’Ave, che era stata asportata durante la guerra, cura con devozione l’allestimento del grande presepe, cura il culto dei morti e dei sacri riti ( rimane memorabile la processione dell’Addolorata il Venerdì Santo dalla chiesa di S. Francesco, dalle 22 alle 24 ) e celebra con solennità la festa di S. Antonio.
E i gioiesi hanno apprezzato la sua coerenza e la sua adesione al messaggio cristiano non solo seguendo numerosi le sue omelie e le celebrazioni sacre in S. Francesco, venendo in paese a piedi anche da abitazioni sparse nell’agro gioiese per ascoltare le sue omelie, ma anche partecipando in massa al suo funerale.
L’Angelillo, infatti, oltre ad essere un uomo acculturato nelle discipline teologiche è un uomo di cultura a 360°. Si può dire che non ci fu campo in cui non si cimentò ( come testimoniano i suoi studi e il suo amore per la letteratura, la poesia, l’arte, la musica, il teatro ) e lo troviamo impegnato persino nella vita politica locale. Ha ricoperto infatti il ruolo di consigliere comunale dall’11 settembre1906 al 25 luglio1910. In lui cultura e fede non sono elementi antitetici, contrapposti, ma traggono linfa reciprocamente e portano l’uomo verso la fonte suprema della vita e della cultura, che è Dio.
Infatti nell’elogio per la morte di Enrico Carano, che definisce Sacerdote della scienza, egli ribadisce che Fede e Scienza si fusero in lui in una profonda ed ammirabile armonia. Gli uomini hanno bisogno della scienza, ma hanno bisogno sopratutto della Fede, quella Fede ch’è sola capace di conciliare in una medesima idealità le grandi azioni ed i grandi pensieri… e suscitare nei sinceri e nei forti il vero sentimento della vita eroica.
Ebbe alto il senso non solo della gioiesità, ma anche dell’italianità, uscendo dal piccolo mondo paesano per spaziare verso orizzonti più ampi, nazionali e sovranazionali, come a voler raggiungere la meta ultima di ogni credente: quella dell’universo e del nostro Creatore.
Anche se e celebra il fascismo e Mussolini quando scampa ad un attentato, neo nella sua lunga vita di uomo e di credente, ciò fa per estremo amore per la Patria, per l’italianità, per il culto della Patria.
Si riscatta però quando dà ospitalità ai militari polacchi della 13° Compagnia si trasporto della 3° Divisione, che subito dopo l’armistizio si stanziano a San Basilio- Mottola e celebra anche per loro i sacri riti e mostra una disponibilità umana e fraterna al punto che quando i militari fanno rientro in patria nel 1946 donano a don Vincenzo una icona raffigurante la Madonna di Censtochova, Regina della Polonia.
Celebra anche numerosi caduti delle due guerre ( Esaltazione ai caduti per la più grande Italia, 1918, In memoria di Pierino Surico, Gioia 1941, Ai caduti per l’onore e la gloria e la grandezza della Patria, 1948, Colloquio con la salma del giovinetto eroe, Tarsia,1950 ) e tiene il discorso per il milite ignoto e per l’inaugurazione del monumento ai Caduti.
Si preoccupa anche di avvicinare il popolo alla lettura con l’apertura della biblioteca, istituzione che sollecita insieme al prof. Armando Celiberti, del quale anche, quest’anno, ricorre il 50° della morte. Il 28 ottobre 1941 il Podestà, avv. Vincenzo Castellaneta, delibera di conferire l’incarico per l’ organizzazione, la sistemazione, il funzionamento, l’incremento e la direzione della istituenda biblioteca comunale al prof. Vincenzo Angelillo.
Il professor Angelillo in quello stesso anno ottiene dal Comune l’incarico di riordinare la biblioteca del Liceo classico.
Il 22 novembre del 1943 il Podestà, comm. Bruno Berardino, revoca l’incarico di direttore della biblioteca comunale al prof. Angelillo, essendo stato lui richiamato alle armi, come ufficiale del Regio Esercito.
Don Vincenzo diffonde tra i giovani la cultura, ma anche nel popolino, privo di istruzione, dando ad essi anche i primi rudimenti culturali, umani e religiosi. Infatti attraverso i suoi scritti e le sue omelie, incarna il messaggio cristiano, testimoniandolo e presentando ai suoi ascoltatori quei valori che sono i cardini della civile convivenza e del nostro essere testimoni della fede: la famiglia, la giustizia, l’onestà, la tolleranza, la fratellanza, l’amore per i fratelli, l’amore per la patria.
Svolge un alto compito educativo anche attraverso il canto e la musica sacra ( scrisse anche su Verdi e Chopin, su Marino Rosati, su Falcicchio, entrambi direttori della banda di Gioia, acquista l’organo della Chiesa di San Francesco), ponendosi nel solco di un’educazione popolare, come negli anni del suo ministero fece appunto la Banda Musicale di Gioia.
A conferma del suo multiforme impegno, che spazia in diversi settori della vita sociale cittadina, bisogna ricordare che nel 1914 l’Arcivescovo di Bari, mons. Giulio Vaccaro, lo nomina assistente ecclesiastico della Unione Sportiva Pro Gioia, la locale squadra di calcio cittadina.
Pur vissuto nel periodo post unitario, delle due disastrose guerre mondiali e della ripresa economica del dopoguerra, rileggendo la sua vasta produzione letteraria, critica e poetica ci rendiamo conto che don Vincenzo è stato un uomo e un sacerdote all’avanguardia, tremendamente moderno e avanti rispetto al suo tempo e di una attualità sconvolgente. Egli, infatti, anticipa nei suoi discorsi e nei suoi studi le tematiche del mondo di oggi, tematiche quasi impensabili 60 anni fa: il pericolo di un nuovo conflitto atomico, la condanna della guerra e di ogni forma di violenza, i diritto divino dell’uomo alla pace, il trionfo dello scetticismo e del materialismo a scapito dei veri valori morali e degli ideali, la nascita e lo sviluppo di autonome e nuove cultura periferiche, tematiche che da qualche anno stanno interessando e coinvolgendo studiosi, storici, economisti, docenti, politici, psicologi.
Don Vincenzo anticipa anche in campo religioso quel cambiamento che il Concilio Ecumenico Vaticano II ( 1962-65 ) comincerà ad attuare solo qualche mese prima della sua morte.
Nel 1950 il Consesso intellettuali di Roma gli conferisce l’onorificenza di Cavaliere Ufficiale d’Onore dell’Ordine Cavalieri Legionari d’Onore e del Lavoro d’Italia.
A marzo del 1953 grandi festeggiamenti per il 50° della sua ordinazione sacerdotale.
Il 23-10-1957 il Commissario Prefettizio, dott. Emanuele Loperfido, delibera sulla istituzione della Biblioteca comunale e provvede alla nomina provvisoria a bibliotecario del sig. Vito Umberto Celiberti.
La biblioteca è inaugurata e aperta al pubblico il 2 giugno 1959.
Il mese di luglio del 1959 don Vincenzo, ormai infermo, dona al Comune l’intera sua biblioteca umanistica, costituita da ben 1644 volumi, nonché alcuni busti e bassorilievi dello scultore gioiese Giuseppe Masi.
Il 13-7-1962 la Giunta delibera l’accettazione della donazione dei libri di don Vincenzo Angelillo.
Il 13 febbraio 1963, un mese prima della sua morte, con delibera consiliare n.139 alla Civica Biblioteca viene data la denominazione di Biblioteca Comunale don Vincenzo Angelillo, rettore della Chiesa di San Francesco e dell’ex Convitto Manzoni, nonché primo bibliotecario.
Troppo poco per questo genio, per don Vincenzo, dedicare la Biblioteca Comunale al Suo Nome, dirà don Nicola Mazzarelli nel suo elogio funebre.
Un mese dopo quel riconoscimento, il 20 marzo 1963, all’età di 84 anni, don Vincenzo torna alla casa del Padre. Il giorno seguente l’Arcivescovo di Bari si reca di proposito nell’umile abitazione di don Vincenzo per posare il suo sguardo benedicente su di lui e augurargli luce e pace eterna.
Ai suoi funerali una folla oceanica lo accompagna all’ultima dimora terrena. In chiesa dopo la celebrazione della Messa Esequiale del 22 marzo nell’orazione funebre don Nicola Mazzarelli tra l’altro dice: Signori, in questa ora solenne e trepida, in questo luogo di pietà e di pianto, affollato sin oltre il Tempio e sulla imponente piazza antistante, quasi fosse l’ora dell’eroe e del trionfo, avrei preferito tacere ed ascoltare questo solenne silenzio della morte,… ed ascoltare piuttosto e far parlare ancora don Vincenzo, qui… così ben composto in questa bara da cui ci parla ed immobilmente ci fissa, ed evitarmi questo immane compito di onore e di dolore, se, …se Mons. Arciprete, i Rev.mi Sacerdoti, i Familiari e il Comitato non avessero scelto ed obbligato me, ultimo dei sacerdoti, ma più volte amato e beneficato dal caro don Vincenzo, a parlare,… di Lui! … Il Sacerdote… non è del tempo; egli vive nel tempo, ma appartiene all’Eternità. E all’Eternità appartiene ormai il Sac. Vincenzo Angelillo. … Don Vincenzo, come ogni Sacerdote, non muore, nemmeno un poco; Egli vive,.. vive in Dio; vive e vivrà nell’affetto di tutti noi,…La Sua vita non è stata tolta, ma mutata in una migliore; da quella del dolore in quella della felicità eterna del Cielo, … L’inverno è passato… e nell’ultimo suo giorno, avant’ieri – 20 marzo – ha ammantato di colpo, con fredde gramaglie, tutta questa Città… tutta, lasciando… nella solitudine e nel lutto le Tue sorelle, ( le umili sorelle del caro don Vincenzo ), i Familiari di qui e di Roma, e più che altri l’ammirevole ed infaticata nipote “Vicinzella” che tutta la sua vita ha dedicato e sacrificato al venerato zio. La morte ha purtroppo rapito don Vincenzo alla nostra famiglia di Sacerdoti – impoverendola ancora di più -…, e così noi, rimasti pochi, e feriti dalla veemenza e dall’improvviso dolore, sostenuti solo dal conforto della Fede, offriamo a Lui, per la Sua Anima eletta, con preci e singhiozzi visibili ed invisibili… siamo stati tutti,… colpiti dal lutto; perché don Vincenzo … era di tutti, di tutti quanti! Infatti di tutto il popolo è il Sacerdote; egli è il Padre di tutti;… e di tutti fu ed è don Vincenzo. Gli Angeli – invisibili – hanno avuto pietà di noi, ed Essi scendono dal Cielo – numerosi – per rivolgere oggi a tutti noi, nella luce della Fede e della Speranza cristiana, qui… per rivolgerci… le celesti condoglianze ed il loro conforto per il grande dolore che ci ha colpiti; quindi… solo gli Angeli ci possono porgere le condoglianze,… Essi solo hanno potuto comprendere il nostro immenso ed irreparabile dolore!…. Forte e nobile, nella dignitosa esuberanza della Sua mente e dei Suoi giovani anni, questo Tempio, da Lui artisticamente curato ed abbellito, Lo accolse trionfalmente all’inizio di questo travolgente secolo; .. ed ora,… il caro don Vincenzo è qui, nella chiesa di San Francesco, in quella che fu, ed è,… la Sua casa, solenne nel suo parato e nelle sue luci, imponente Egli e composto anche nella bara, è ora aureolato solo dalla serenità della morte: accolto don Vincenzo – nello stesso Tempio d’allora – da questa marea di popolo, incontenibile nella sua manifestazione di doloroso affetto,… ma da un popolo oggi dolente e suffragante, qui, dinanzi all’inerzia e alla rigidità della Morte!…. Tutto è silenzio ora,… eloquente silenzio però; parla solo il cuore, … il dolore ed il pianto!… Sembra ancora di sentire qui … l’eco armoniosa della Sua dotta ed avvincente parola; e l’organo, questo magnifico organo da lui voluto ( …e in quell’epoca era un gran lusso religioso tenerlo! ), l’organo da Lui voluto sembra che suoni…, anch’esso mesto, le pie melodie ed i canti funebri dell’addio…, il pianto della morte del suo Cantore, del buono e grande don Vincenzo, ora qui muto e freddo, per sempre!… . Tutto… parla di Lui ed ovunque, in una parte più e meno altrove, ma ovunque;……. gli altari ripetono e riflettono gli echi ed i canti delle Sue curate e belle funzioni!… Quante sante Messe!… quanti canti suoi qui, quanti! Lo vedo don Vincenzo… estatico ancora, religiosamente solenne, nella tradizionale e commovente processione dell’Addolorata,… quando il nostro incomparabile Concerto bandistico inaugurava le nuove note e le nuove maestrali melodie della stagione! …. Tutto… parla di Lui,… del sempre don Vincenzo nostro; basta entrare in Sagrestia, dove nella fausta ricorrenza delle Sue nozze d’oro ( 3 aprile del 53 ), Nozze d’oro sacerdotali, fu apposta la bella lapide in Suo onore e leggervi sinteticamente il ricordo perpetuo delle Sue insigni virtù morali e civili, religiose e sacerdotali!…
Miei cari, il mio non è un elogio funebre, ma è solo… la voce di un figlio,… un inno di religiosa riconoscenza a nome di tutte le Autorità, a nome dei Sacerdoti e di tutti voi… a don Vincenzo, al venerato e caro nostro don Vincenzo;…il mio… vuol essere solo uno sfogo dell’animo ferito che umilmente raduna – orando – le voci di tutti i vostri cuori ed il gemito delle vostre e nostre inconsolabili lagrime… Gigante fu don Vincenzo, …somaticamente imponente e distinto; e gigante – e più ancora – per nobiltà di sentire e d’intelligenza, gigante per la sua larga influenza,…e su ogni ceto sociale, gigante, più che altro, per la Sua elevata figura morale e sacerdotale dignità. Gigante e bello fu don Vincenzo, anche … nella morte; bello esteticamente e nello spirito; bello nei Suoi occhi nei Suoi occhi profondi… penetranti… fosforescenti; bello e distinto nei Suoi modi, sempre gentili,… e nel Suo affetto, nel Suo immutabile e sacerdotale palpito. E’ stato … il Sacerdote!… don Vincenzo, che ha saputo conservare – e con dignità – rispettivamente l’abito sacerdotale… in tempi più scandalosi e più difficili di questi!!!.. Quando la lotta contro la Fede – contro di noi – era più aperta e violenta,… Egli, solo Egli seppe difendere con fermezza sacerdotale, anche in Piazza… su questa stessa piazza antistante la Chiesa, seppe difendere tutto il Capitolo della nostra Insigne Colleggiata, di cui era intelligente equilibratore ed ammiratissimo Canonico. Povero fu don Vincenzo,… povero… e così è morto!.. Ricco però, ricco di tanti meriti ( e quali! ) dinanzi a Dio e dinanzi alla Società, alla Chiesa e alla Patria; ricco don Vincenzo d’intelligenza abile ed intuitiva, d’intelligenza e di spirito poetico… ricco di nobili sensi, di tanta stima e di ambita benevolenza. Fu povero… e poveri ed umilissimi furono anche i Suoi fortunati Genitori… ( così come sono sempre i genitori di tutti i grandi, dei veri Grandi e dei Buoni ! )…. E’ Cristo,… Che vive e si ripete nei Suoi sacerdoti; è Cristo Che vive… e si ripete in don Vincenzo. “ Sacerdos alter Christus “! La vita di don Vincenzo… è stata una vita laboriosa, anche se umile, ma intensa… ( nella Chiesa,…la Sua Chiesa; tra i Libri,.. i Suoi libri; e nella Famiglia,.. la Sua Famiglia! ); vita metodica e disciplinata, vasta e precisa!… Egli fu chiaro e limpido nel Suo spirito,..come l’acqua delle fonti;.. don Vincenzo fu generoso e sempre pronto a donare, ad aiutare,… paziente e saggio anche nell’ascoltare…;pronto umilmente a donare e donarsi, a rinunziare e dimenticare!.. Don Vincenzo – e voi lo confermate – non ha chiesto mai… nemmeno nella morte, mai!… Chi è andato… , da don Vincenzo senza essere aiutato, illuminato e guidato?… cioè, senza ricevere?… Certo tutti lo sanno,…e più che le giovani generazioni, meglio ricordano e Lo conoscono gli anziani. Nelle principali manifestazioni, di gioia o di dolore, manifestazioni pubbliche o private, cittadine, sociali, religiose o patriottiche,… c’era sempre don Vincenzo;… Egli è stato l’anima “ dalle molte vite “ nel nostro Paese!… Lui colla Sua parola alata ed incisiva, col Suo inconfondibile scritto o colla sola Sua sorridente maestosa figura,… era Lui, sincero e cordiale,… il paciere buono era don Vincenzo; Lui dominava, anche colla sola presenza, tutti e tutto; e sempre effondendo con buona grazia… effondendo con buona grazia, il Suo spirito sacerdotale e paterno… Al solenne… mesto… e maestoso funerale di ieri osservai, con viva emozione, che per la scomparsa del caro del caro don Vincenzo tutto era a lutto: il Cielo e la Terra!!!….don Vincenzo non c’era più tra noi!…. Le Autorità tutte, d’ogni gerarchia, il sig. Sindaco ed il Clero, i giovani e gli anziani, gli ex Combattenti dell’Italia nostra, i dotti ed i meno dotti, tutte le Scuole con le loro bandiere abbrunate, i piccoli …tutti Lo piangono e Lo ricordano con commozione!… Anche il Cielo… ieri (..ritardando l’ingresso dell’attesa primavera e coprendosi il volto!)… si oscurò e pianse;…improvvisamente e singhiozzò a dirotto, insieme ai gravi, ai gravi e toccanti rintocchi della bella campana dei nostri avi…, da questa torre, mentre noi… accompagnavamo – starei per dire – come ad una festa, di trionfo e di dolore,… il nostro caro don Vincenzo!.. A memoria d’uomo… non c’è stato mai ( e forse mai ci sarà! ) un Genio del sapere e della virtù, che ha accolto un cordoglio più plebiscitario e compatto, più spontaneo e più vivo, di quanto ha ricevuto e riceve il concittadino e sacerdote don Vincenzo Angelillo!…..Sì, miei cari, sì…,fenomeno UNICO oggi,… dinanzi al nero della Morte,… sono caduti tutti i colori politici, e gli odi;… una sola bella innumerevole famiglia attorno al Padre, qui, nella composta maestà di questa bara;…. tutti si scoprono e s’inchinano, con gli occhi umidi del gemito, dinanzi a don Vincenzo,… ancor più grande e più bello persino nella morte!… Il Castello, il nostro armonioso e bel castello ( ora purtroppo malandato!..), presso il cui severo ed artistico bugnato il prof. don Vincenzo Angelillo, Rettore del Convitto “Manzoni”, buona parte della vita visse, educando ed istruendo, formando da quella “ vedetta” … generazioni e schiere d’impetuosi giovani, al vero amor di Patria e al culto della vera Fede, il Castello – dicevo – è oggi, solo e triste, anch’esso chino e a lutto!.!… Don Vincenzo …è stato per Gioia del Colle ( oppure Gioia della Vittoria…come la chiamò un poeta )… e per molti paesi vicini il grande ed unico “ Mecenate “, dell’arte e della letteratura, mecenate del Bene e del Vero, del Bello nella pittura e nella poesia…; specie in quei tempi, quando un lusso era la scuola e pochi i docenti!…. Signori, don Vincenzo fu integro sotto ogni aspetto; Egli – e a chi non è noto?..- Egli fu un puro e vero Patriota,… perché amò e servì l’Italia … come la Chiesa; perché… per questa Italia seppe scrivere, amare, e piangere!… Chi non conosce don Vincenzo, chi?… quanti professori, funzionari, altolocati, lavoratori e docenti d’oggi, educatori, non hanno conosciuto la ben energica mano, la calda Sua voce e la rara fecondità delle Sue elette doti di mente e di Sacerdote?…Egli fu gentile… e buono con tutti, ma sempre dignitoso; pronto a levarsi il cappello – sembra di vederLo ancora!… e per primo! – anche all’ultimo lavoratore ed operaio. Il nostro abbate Losapio, fondatore degli studi a Gioia, i grandi Arcipreti… Gatta e Bernal, l’umile infaticabile e pio don Girolamo Pavone, creatore del maestoso campanile e della stessa chiesa di San Rocco, don Sante Milano… fondatore della monumentale e romantica chiesa dell’Immacolata, e don Vincenzo Angelillo,… sono giganti ed immortali sacerdoti,.. monumenti vivi – i più grandi ed i più belli! -; monumenti per questa insigne città di Gioia del Colle!…. giusta di glorie, dispensiera è morte! Troppo poco per questo genio,… per don Vincenzo, dedicare la Biblioteca Comunale al Suo Nome…. non lascia solo i libri,…non lascia solo questa nobile chiesa di S. Francesco, col grande organo e rifatta nei bei marmi, no, ma lascia anche – e soprattutto – un incalcolabile ed indistruttibile patrimonio morale, .., patrimonio accumulato per oltre mezzo secolo di attività, veramente educatrici e sacerdotalmente sociali! …. Ieratico e pio, don Vincenzo ha celebrato sempre qui.., a questo altare – sempre ben adorno e fiorito – costantemente preciso e con chiara voce,.. religiosamente elegante ed umile nello stesso tempo…. chi può valutare l’apostolato del consiglio, saggio e disinteressato consiglio..? e l’apostolato della parola della risurrezione e del perdono, della parola di pace e di bontà,.. del vero conforto da parte del Sacerdote? I consigli di un Sacerdote, i consigli di don Vincenzo hanno un valore evangelico e divino, un valore davvero incommensurabile per i molteplici, fecondi e duraturi frutti morali, che tuttora permangono e per innumerevoli generazioni ancora!.... Noi sacerdoti daremo sempre, perché la nostra missione specifica è di donare,… donare anche se non raramente veniamo ripagati d’ingratitudine simulata ed amara. Signori, questa è la nostra missione; viviamo nel tempo, ma siamo di Dio per l’eternità. Così fu ed operò il giovane e vecchio don Vincenzo, il bello ed immortale don Vincenzo! Dinanzi alla morte,… che tutti eguaglia e tutto travolge… dobbiamo saperci unire e riabbracciarci. Da questo trono di morte,.. da questa bara, don Vincenzo, Egli, ancor più buono, perdona le nostre colpe e l’immancabile ingratitudine di qualcuno, presente o assente!… E così io … da Sacerdote e da Padre… se c’è qualche persona che ricorda qualche offesa ricevuta da don Vincenzo…( non so, anche involontariamente o per umana fragilità!),.. io l’invito, dinanzi a questa eloquente bara, mentre siamo in lagrime,… l’invito ad alzarsi e venire a deporre – generoso e sublime – il bacio della remissione e della pace.. .. Sì.., oggi,.. il poeta ed il professore, il cantore ed il maestro, il benefattore e l’educatore, il nobile concittadino e l’amico – l’Amico vero! – il Rettore di questa Chiesa, orbata di tanto valore, il Sacerdote ed il Canonico, il nostro caro ed amato don Vincenzo, oggi è già in Cielo!…. Egli non è più qui, tra noi; miei cari;.. Egli è ora lassù…,dove le rondini con i loro trilli e le loro festose danze sono presenti ogni giorno;.. Egli… è lassù, dove è primavera ,..piangiamo,.. sì – è umano il pianto ed il gemito del cuore -, ma leviamo… i pesanti e tristi drappi neri del lutto; suonino ora a festa le campane ( è la Fede che ce lo dice e c’invita!); si canti di gioia e tripudio; forte dal maestoso organo erompa ancora l’inno dell’esultanza e della speranza cristiana, perché, miei cari, su nel Cielo splende un nuovo ed immortale astro:.. il nostro caro sacerdote don Vincenzo Angelillo!.. . Egli non è morto, ma la Sua vita è stata mutata in quella migliore e vera dell’Eternità…. Ho parlato ed ho pianto;.. e voi avete ascoltato e singhiozzato innanzi alla mia “Orazione”. Ora…, scopro il capo e m’inchino dinanzi a questa bara…, per l’ultimo Addio e l’ultimo infrangibile silenzio!… m’inchino…e ( magnifica e confortante visione!), e con me s’inchinano – reverenti – tutti i morti, i morti di questo sacro Cimitero di Gioia:…. , vedo per primi levarsi i Tuoi Genitori, don Vincenzo, il Tuo Papà e la Tua venerata Mamma, i Tuoi amati fratelli, i Sacerdoti che nei secoli precedenti curarono la Fede dei nostri avi!.. , vedo levarsi ed inchinarsi ancora i Rettori, i Tuoi predecessori e custodi di questa Chiesa,.. tutti i membri di questo pio sodalizio del “ Purgatorio” che ci precedettero nel bacio della Fede,.. e tutti inchinarsi dinanzi a Te, don Vincenzo! M’inchino, don Vincenzo, m’inchino anche a nome dell’amabile Pastore di questa Archidiocesi, di Sua ecc. Mons. Arcivescovo, che ieri, di proposito, venne per salire sulla Tua umile abitazione e posare il Suo sguardo benedicente sulla Tua morte, augurandoTi Luce e Pace eterna!.. M’inchino ancora, don Vincenzo, a nome dell’amatissimo Mons. Arciprete – qui celebrante – e di tutti i Sacerdoti, presenti ed assenti; a nome pure, don Vincenzo, del Sig. Sindaco e di tutte le Autorità, dei docenti e degli alunni, degli Universitari,… dei presenti e degli assenti, sparsi in Italia o lontani dalla Patria! Tutti, tutti siamo qui attorno a Te,… e tutti adunque c’inchiniamo e preghiamo per Te.., per Te, don Vincenzo! Non parli?.. perché?!..; solleva la Tua mano per l’ultima volta, …alza il Tuo spirito e benedici, benedici ancora, don Vincenzo, i Tuoi cari – desolati e muti -, e noi, ancora militanti ed esuli in questa valle di lagrime. Don Vincenzo noi Ti vogliamo bene.., tanto bene! Noi – purtroppo – ci dipartiremo dalla Tua sacra bara, don Vincenzo; i giornali non segneranno più il Tuo nome benedetto; i molti manifesti del triste annunzio cadranno dai muri;.. ed anche questo giorno avrà il suo tramonto, ma.. non avrà tramonto il Tuo caro e soave ricordo, la nostra riconoscenza per Te e l’omaggio perenne della nostra Prece e del nostro Suffragio. Tu oggi, don Vincenzo, ci hai reso più buoni!.. C’inchiniamo.., c’inchiniamo – sì – per l’ultima volta e Ti ripetiamo, colla piena delle nostre lagrime: Noi…Ti vogliamo bene, don Vincenzo, tanto bene!
Sempre il giorno del funerale in Piazza Plebiscito parla il Sindaco, dott. Tommaso Surico. Sulla scalinata del Cimitero l’avv. Vito A. Resta tiene l’elogio funebre alla memoria di don Vincenzo. Tra l’altro dice: Rivolgendo oggi questo accorato saluto alla salma di don Vincenzo Angelilli mi ritornano nella mente quei giorni in cui egli declamava i suoi versi possenti, sottolineando la sua vita e le sue opere, rivelandosi uomo di prestigio, probo, patriota, educatore, dotto e sapiente; oltre che scrittore fu anche poeta gentile e delicato. Fu direttore del semiConvitto “ Manzoni “ dal quale intere generazioni di giovani uscirono per inserirsi nel tessuto lavorativo. Valorosissimo e apprezzato conferenziere e letterato, eminente studioso di problemi sociali e politici di cui il prof. Angelilli fu in ogni momento strenuo e validissimo assertore pure in Consiglio Comunale. Egli non è più! La sua scomparsa ha destato in tutti i settori della socialità cittadina e della provincia il più vivo cordoglio e la più profonda commozione, come hanno dimostrato i solenni funerali svoltisi nella chiesa di S. Francesco, di cui egli era rettore spirituale amatissimo e autorevole. Noi non lo dimenticheremo mai. Egli se ne è andato per sempre, lasciando nelle sue opere compiute il segno luminoso del suo spirito eletto. Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. Con infinito rimpianto. Vale.
Sulla sua tomba, nella Cappella della Confraternita del Purgatorio, solo il nome, il cognome e una sua foto.
Con la sua voglia di portare al riscatto morale e culturale delle classi più povere l’Angelillo è il precursore di quella politica che, sulle basi della dottrina cristiana, porterà la società italiana ad acculturarsi subito dopo i due conflitti mondiali e ai nuovi orizzonti e alla voglia di pacificazione che germoglieranno in Italia ed in Europa. Un uomo, dunque, in anticipo sui tempi, un uomo di fede ed un educatore a servizio di tutti ed in particolare dei più deboli e dei più bisognosi, in aderenza al messaggio evangelico che ha cercato sempre ed ovunque di annunciare instancabilmente.
Il suo repertorio culturale si può suddividere in alcuni filoni: poesie, opere teatrali, saggi critici e letterari, discorsi, commemorazioni funebri, scritti patriottici e civili, scritti su santi e su personaggi gioiesi del mondo della cultura e dell’arte, conferenze.
POESIE
I Canti de l’Anima 1903
Notes sur la vie, Tip. A. De Bellis e C. , Gioia del Colle, 1906
La Canzone de l’Arte, Tip. Covella e Stea, Gioia, 1910
Motivi tenui
Invocazioni Supreme, Cressati, Noci, 1918
La quercia del prato verde
Italia mia
Ode a Saffo ( pubblicata in appendice a “ Quando le memorie piangono “ )
Canzone “ In morte di Verdi “, 1912
Quando le memorie piangono, Soc. Giovani Autori, Milano, 1921
Quaderno di poesie scelte ( inedito )
A San Francesco, N°. Unico “ Strenna “ dicembre 1925
Ascoltami o Signore ( per il Natale 1946 )
Sei venuto ( per il Natale 1948 )
PROSE
Orazione funebre per il suddiacono Vito Antonio Mancino ( Sammichele, 1904 )
I sogni de l’anima, De Bellis e C. , Gioia, 1908
La preghiera per gli eroi della Libia, Covella e Stea, Gioia, 1912
Il canto della Montagna Nera, Gioia, 1912
Commemorando Giovanni Pascoli, Covella e Stea, Gioia 1912
In memoria di Marino Rosati nel XXX della sua morte, 1913
Commemorando Giuseppe Verdi, Tip. Tateo, Gioia 1913
La Fede e l’Unità ne l’ora che volge
Costellazioni Italiche, 1917
Patria madre, 1918
Esaltazione ai caduti per la più grande Italia, 1918
I Salmi della vittoria, 1919, Tateo, Gioia
L’Apoteosi del Milite Ignoto, Tip. Tarsia, 1923
L’alta Coscienza Italica
Discorso per l’Esposizione Artigianale Agricola di Gioia, 1921
I Canti delle stagioni ( Leggenda Pugliese ), Tateo, Gioia 1914
Per l’inaugurazione del Monumento ai Caduti, 1925
San Filippo Neri: Eroe e Poeta, 1911
Commemorazione del Comm. Nicola Serino Romano
Commemorazione di G. Semeria
Commemorazione funebre per Benedetto XV, Gioia 1922
Commemorazione per la Regina Margherita, Tarsia, Gioia 1926
In memoria di Pierino Surico, Gioia 1941
Rievocazione del Principe Amedeo di Savoia, Fortunato, Gioia 1942
Commemorazione per Enrico Carano, Gioia 1944
Omaggio del Clero e della città a don Sante Milano, Fortunato, Gioia 1946
Lagrime in memoria di Maria Febronia Donvito, Gioia 1946
Ai caduti per l’onore e la gloria e la grandezza della Patria, 1948
Commemorazione di V. Emanuele III, Gioia 1948
Colloquio con la salma del giovinetto eroe, Tarsia Gioia 1950
Elena di Savoia, Gioia 1952
Lettera alla mia diletta “ Congrega di San Francesco “, Gioia 1953
Orazione per Paolo Falcicchio, Gioia 1956
Preghiera alla Madonna di Pompei, 1934
Preghiera al glorioso San Rocco, 1935
SAGGI C: da critico arguto a poeta civile
I tre amori di Dante, Tarsia, Gioia 1923
Manzoni e la Patria, Tarsia, Gioia 1923
Uno studio su Manzoni- Dante- Pascoli- Carducci
Un grande paesista: Francesco Romano, Strapaese, Gioia 6-8-1930
Romano, Fortunato, Gioia 1942
Discorso su Chopin, Gioia 1949
Uno studio intorno a Giacomo Leopardi, Gioia 1948
TEATRO
Il manto di porpora ( commedia in tre atti )
Le luci de l’anima ( damma storico )
Ove m’attacco ( dramma in tre atti )
Le lacrime del sogno ( dramma in un atto )
La preda ( dramma in tre atti )
Nella…Nella… l’Arte ( dramma in tre atti )
Fate la carità ( commedia brillante per sole donne )
Amore disincantato ( commedia )
Potrei definirlo: Povero tra i poveri, servitore tra i servi, umile tra gli umili: questo è stato don Vincenzo, un pastore di anime e un educatore di menti, un uomo e un pastore specchio di coerenza nell’ incarnare il messaggio cristiano nel suo vivere quotidiano, attraverso il ministero della Parola e il suo impegno umano e sociale per la nostra Gioia.
Un sacerdote nella città e una città nel sacerdote, lo definisce il prof. Lozito, suo allievo, perché a lui la città si rivolgeva per tutto; dagli epitalami alle orazioni funebri, alle invocazioni supreme per la Patria.
Sempre il prof. Lozito, a febbraio del 1986, ricordando la sua attività sacerdotale, quella di educatore, di scrittore, di poeta della fede, della famiglia e dell’uomo, così concludeva: La poesia intima ci rivela un aspetto di Angelilli completamente nuovo, per un uomo che aveva lottato e operato tanto eroicamente negli eventi della storia a lui contemporanei. I temi della solitudine, della fragilità, dell’insicurezza, della morte, delle illusioni e delle delusioni della vita, il tema dell’amore divino e umano, cosmico ed individuale, dominano il mondo poetico di Angelilli, fino alla “ Canzone dell’Arte” in cui il poeta esaltando lo sviluppo dell’arte dalle origini ai nostri tempi, perviene ad un celebrazione della poesia, non solo come evento umano, ma anche come epifania divina agli uomini in cammino verso l’assoluto.
Al suo nome è stato intitolato un Premio Letterario, voluto proprio dal prof. Lozito presso la scuola Carano. Vincitori delle prime edizioni sono stati nel 1987 il prof. Fortunato Matarrese ( che tessè l’elogio funebre di Angelillo ), nel 1988 don Giovanni Ingravallo.
Il Preside Matarrese di lui disse: Angelilli è stato uno dei più nobili educatori che come insegnante di Religione nel nostro Liceo e come Rettore del Convitto “ Manzoni “ ha contribuito come pochi altri alla formazione della personalità dei nostri giovani, alcuni dei quali sono assurti ad alti posti di responsabilità nei diversi settori della vita nazionale.
Mi piace chiudere questo mio intervento ricordando quanto ebbe a dire lo stesso prof. Fortunato Matarrese, che lo ebbe come collega nel Locale Liceo Classico, nella commemorazione che tenne nel 1975 : Vincenzo Angelilli visse in povertà e morì in povertà lasciando ai suoi familiari larga ed indefettibile eredità di affetti, agli amici e agli estimatori l’esempio di una vita spesa tutta per l’incremento della fede cristiana e per l’educazione dei giovani, alla cittadinanza gioiese che si onora di annoverarlo tra i suoi figli migliori un legato di opere e di iniziative, la riconoscenza per le quali testimoniatagli con la partecipazione commossa e plebiscitaria di tutti i gioiesi alle sue esequie rimarrà imperitura nel ricordo dei figli e dei nipoti di quelli che ebbero la ventura di essere suoi coetanei e di conoscerlo, stimarlo e onorarlo da vivo.
Sembra che il prof. Fortunato Matarrese, su richiesta della Confraternita abbia sollecitato le Autorità religiose e civili ad avviare la pratica per la traslazione della sua salma nella chiesa in cui l’Angelillo era stato Rettore per 60 anni ( 1903-1963).
La pratica non sappiamo perché non andò in porto.
Approfitto per suggerire sia all’Amministrazione comunale che alle Autorità ecclesiastiche che oggi si possa riprendere quella proposta per far sì che, come don Sante Milano, fondatore della chiesa Immacolata di Lourdes, anche don Vincenzo Angelillo, che ha speso tutte le sue energie e i suoi averi per restaurare, abbellire e curare la chiesa di S. Francesco, possa ritornare nella “ casa “ in cui ha profuso il suo ministero pastorale a favore di tutta la cittadinanza gioiese, per essere ricordato ed essere preso ad esempio di coerente agire cristiano.
Inoltre l’Amministrazione comunale potrebbe intitolare una strada a questo benefattore.
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20 Marzo 2013