Alcuni elementi che fanno risalire l’origine di Gioia ai Bizantini
Si comincia a parlare di Impero Romano d’Oriente o Bizantino dopo la morte di Teodosio I nel 395 d. C. Alcuni studiosi fanno coincidere con il 395 (separazione definitiva dei due imperi), ma si è anche proposto il 476 (caduta dell’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augusto). In quel periodo l’Italia era invasa da popolazioni barbariche. Nel […]

Affresco della chiesa rupestre di san Nicola a Mottola, ad opera dei monaci basiliani
Si comincia a parlare di Impero Romano d’Oriente o Bizantino dopo la morte di Teodosio I nel 395 d. C. Alcuni studiosi fanno coincidere con il 395 (separazione definitiva dei due imperi), ma si è anche proposto il 476 (caduta dell’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augusto).
In quel periodo l’Italia era invasa da popolazioni barbariche.
Nel 727 l’imperatore bizantino Leone III ordina che in tutte le Province dell’Impero d’Oriente siano rimosse e distrutte le sacre e le icone (fenomeno passato alla storia come iconoclastia).
Alcuni monaci, contrari a tale pratica, si rifiutano di obbedire e, per sfuggire a oppressioni e persecuzioni, dall’Oriente giungono in Puglia. Sono i “monaci basiliani”, di origine egiziana, palestinese, siriana, turca, così chiamati perché fedeli di san Basilio, iniziatore di un ordine monastico di origine orientale.
L’imperatore francese Ludovico II, discendente di Carlo Magno, cerca di sgomberare i Saraceni dalla
Puglia e nell’anno 871 occupa Bari, ma rimane assediato dai saraceni. Alla fine dell’anno 876 i Franchi chiedono l’intervento di Gregorio, stratega di Otranto. Costui ne prende possesso in nome dell’imperatore bizantino Basilio I nell’anno 880.
Una flotta bizantina e due eserciti investono le coste ioniche e sconfiggono Taranto. I Bizantini ritornano in Puglia. Fondano il Ducato di Calabria, che comprende anche la Puglia.
Un Editto dell’Imperatore Bizantino Niceforo Foca dell’anno 968 ordina che in tutta la Puglia e Calabria i divini uffici si celebrino in greca lingua. Solo sul finire del secolo XV il rito greco viene a poco a poco abbandonato.
I Bizantini si affermano dapprima in Salento, con le guerre greco-gotiche tra il 535 e il 553 d. C. Nel Salento c’è una zona chiamata Grecìa Salentina, che ricorda la presenza di questi greco-orientali, dove si parla il griko, una fusione linguistica di greco antico, greco bizantino ed elementi di italiano.
Alcuni studiosi, tra cui Luigi Sylos, ritengono che il Canale Frassineto, ubicato a nord nel territorio di Gioia nei pressi di Monte Sannace, sia stato una stazione saracena e prenormanna, un avamposto fortificato dei saraceni dell’Emirato barese, con lo scopo di difendere le comunicazioni con Taranto, insieme a Mottola e Massafra.

Foto aerea del Parco archeologico di Monte Sannace
Monte Sannace resta abitato anche oltre il periodo dell’Impero romano, 476 d.C., come si deduce dal materiale utilizzato nelle costruzioni in questo sito, il carparo proveniente dalle cave di Santo Mola.
È probabile che nel secolo IX, per essere tornato a costituire un nodo viario importante, benché presidiato e difeso dai Berberi dell’Emirato di Bari, la maggior parte dei pastori e dei contadini che si erano arroccati su Monte Sannace, per essere il sito sulla direttrice BA-TA e quindi diventato poco sicuro ed esposto alla violenza di armati e di eserciti più o meno organizzati, ritiene prudente spostare la propria residenza a qualche Km. più a Ovest, in una zona interna, non battuta da vie di comunicazione e dai conseguenti pericoli di invasione, una zona fuori mano, ma ricca di acque e seminascosta dalla boscaglia.
Dove oggi sorge Gioia, quindi, sorgono delle capanne, primo nucleo di abitazioni del futuro castellum sul Monte Gioia, che diviene sempre più esteso nella seconda metà del secolo X, formando il Casale di Gioia.
A proposito del Castello sul Monte Gioia, Donato Protonobilissimo nella sua Cronaca della antica città di Mottola, composta nel XVIII secolo, riferisce che il generale bizantino Giugurta, preso prigioniero dai ribelli di Mottola dopo una battaglia, viene condotto nel Castello di Monte Gioia (Castellum Montis Joviae), dove è accecato e bruciato sui carboni nell’anno 1002 d. C. Tale affermazione, pur contestata da alcuni studiosi, è indice della presenza di bizantini nel nostro territorio.
È probabile, quindi, che nella seconda metà del secolo X, avendo i bizantini ripreso il controllo della regione, obbligano gli abitanti dell’entroterra a costruire opere di fortificazione militare e che gli antichi ruderi di Monte Sannace siano stati spianati, per evitare di offrire riparo e arroccamento agli invasori.

Il prof. Mario Girardi, studioso storico gioiese
I blocchi di carparo di Santo Mola, trasportati a Monte Sannace per costruire case e mura, è probabile che abbiano fatto ritorno come materiale da costruzione e da difesa per Gioia, mentre i sarcofagi siano stati utilizzati come contenitori per abbeverare il bestiame o per lavare i panni, le cosiddette ”pile”.
Secondo altri studiosi è verosimile che nel secolo IX, in seguito alle scorrerie dei saraceni e degli ungari, mentre governavano in loco i bizantini, la popolazione rurale si sia accentrata su Monte Sannace, accanto alla chiesa di Sant’Angelo, elevando rudimentali opere di difesa con le precedenti rovine, rinforzando un luogo naturalmente fortificato e soggiornandovi anche il secolo successivo, il X, come testimoniano sia il rinvenimento di una moneta bronzea bizantina dell’imperatore Romano II (953-963 d. C.) sia i resti di una costruzione già esistente in quel periodo e resti di un’antica chiesa, segnalata dal Gervasio nel 1914 e portata alla luce dalla archeologa Bianca Scarfì nel 1957 sull’acropoli di Monte Sannace, sia la presenza di una numerosa serie di frammenti di terrecotte medievali.
Dopo l’abbandono del sito di Monte Sannace notizie sul popolamento del territorio di Gioia le ritroviamo in alcuni documenti storici.
La presenza di un nucleo abitato risalente al periodo bizantino è attestata da un diploma del marzo-aprile del 1071 (Cod. Dipl. Bar.,IV, 45). In esso si legge che tra le Chiese e i Conventi che l’abate Lucius (abate del Monastero di S. Benedetto in Bari, che elenca i beni dipendenti dal Monastero di Bari) trasmette al suo successore Elia, vi è una Ecclesiam Sancti Salvatoris Joi.

I probabili ampliamenti del castello di Gioia del Colle
Il primo nucleo del castello di Gioia sembra essere stata una costruzione benedettina o bizantina fortificata. Tale fortilizio nasce in vicinanza di un aggregato urbano, sempre disponibile come luogo di rifugio per la popolazione di un territorio che è un nodo viario che si irradia verso i quattro punti cardinali.
Pur non essendo certi sulla sua origine benedettina o bizantina, l’analisi delle strutture murarie del lato Nord del castello mostrano l’esistenza di strutture sicuramente pre-normanne, da attribuire con buona probabilità al periodo della dominazione bizantina.
L’abate Losapio nel Quadro istorico poetico … riporta: Già l’impero latino era crollato, / E la nostra Japigia unita al Greco; / Quindi il rito fra noi fu raddoppiato, / In San Marco il Latin, l’altro fec’eco /… Insomma le due lingue in suon discordo / Nelle lodi di Dio givan d’accordo.
Nell’XI secolo nelle chiese di Gioia si officiava seguendo due distinti riti; nell’antica chiesa di San Marco e nella Chiesa che successivamente prenderà il nome di Chiesa Madre si officiava secondo il rito latino, in quelle di Santa Sofia, di Sant’Angelo e di Sant’Andrea si officiava secondo il rito greco.
I culti più antichi del territorio gioiese, rivolti a Santi provenienti o venerati in area orientale (Santa Maria Maddalena, Santa Sofia, Sant’Andrea, Maria SS. di Costantinopoli) sono solo la punta emergente di una radicata e determinante presenza greco-bizantina a Gioia fino al tramonto del dominio bizantino in Puglia, tenuto conto che Bari fu presa dai Normanni nel 1071.
Risalente probabilmente al secolo X, quindi al periodo bizantino, è la Chiesa di S. Maria Maddalena.
I resti della Chiesa, che si trova nel sotterraneo di una casa privata ottocentesca, sono stati portati alla luce da un saggio di scavo operato dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia, a seguito della segnalazione del prof. Antonio Donvito, Ispettore Onorario alle Antichità e Monumenti di Gioia, e di un sopralluogo effettuato dallo stesso prof. Donvito e dal prof. Mario Girardi nel 1982.

L’abside della chiesa di Santa Maria Maddalena
Nell’abside della Chiesa esisteva un dipinto murale a fresco, di cui restano poche tracce, ma sufficiente a darci una valutazione spazio-temporale della sua manifattura.
Nell’impasto dell’intonaco, infatti, si è notata la presenza di paglia, insieme alla malta; è una tipica tecnica bizantina, che ha lo scopo di alleggerire la malta e mantenere umido e più a lungo l’impasto, per una migliore carbonatazione, cioè la presa e l’indurimento della calce, che ritorna ad essere dura come la pietra calcarea originaria da cui è stata ricavata con la cottura nelle calcare.
La tecnica costruttiva della Chiesa è stata realizzata rispettando misure bizantine, come blocchi realizzati in piedi bizantini, cm. 32-33 o suoi multipli, e probabili tracce di una iconostasi (nelle chiese bizantine è il tramezzo di divisione tra fedeli e celebrante, una specie di balaustra), variamente ornato con icone o statue tra il bema (presbiterio e abside) e il naos (tabernacolo e presbiterio).
La presenza bizantina in Gioia è altresì attestata oltre che da una moneta dell’imperatore Romano II su Monte Sannace, dal rinvenimento di una moneta bizantina del secolo X dell’imperatore Giovanni Zimisce (969-976 d. C.), trovato sotto l’intonaco di una casa abbattuta in via Spada.
Anche il nome Joannakios, da cui deriva il toponimo Monte Sannace (Mons Ioannacius), deriverebbe da un’antica famiglia greco-bizantina trasferitasi da Costantinopoli a Bari tra l’VIII e il IX secolo.

La chiesa di Sant’Andrea
Di provenienza sclavonica, ossia slava molto arcaica, è l’antica chiesa gioiese di S. Pietro de Sclavezolis, citata già nel 1108 e il toponimo Frassineto, adiacente Monte Sannace, citato dal 1155.
Rimandano ai bizantini anche i culti attestati dalle Chiese più antiche: Santa Sofia, Sant’Andrea con il culto di S. Maria di Costantinopoli, San Nicola e i più antichi documenti paleografici risalenti ai primi anni del regno dei Normanni: quelli del 1071, 1087 e 1093.
Era presente a Gioia un’Opera Pia denominata Madonna di Costantinopoli, le cui rendite erano erogate in opere di culto, per opere di beneficenza, per elemosine e per soccorso agli infelici.
Anche la lastra tombale del D’Andrano, nella Chiesa di San Francesco, presenta elementi bizantini: la decorazione con foglie intrecciate di acanto, l’angelo con un’ala abbassata, le 5 parti rigate dello scudo.
Greci erano i nomi nel sopravvivente ordinamento pubblico bizantino, i funzionari che amministravano a quei tempi il Casale: il Catapano e lo Stratigò.
Nell’Arco di Costantinopoli c’era probabilmente la casa del Catapano, nome dato al governatore bizantino residente in Bari, figura che sopravvive anche nel periodo normanno, ad indicare il funzionario amministrativo e giudiziario locale preposto alla sorveglianza dei commerci e dei mercati.
Stratigò o straticò era il magistrato bizantino in Italia meridionale.

L’Arca di messer Luca D’Andrano, nella Chiesa di San Francesco
Il primo nucleo antico di Gioia risale al periodo bizantino.
Infatti in questo nucleo sono presenti elementi che attestano la presenza di bizantini a Gioia: la chiesa di Santa Maria Maddalena, l’Arco di Costantinopoli e l’icona della Madonna di Costantinopoli, l’icona sull’Arco Nardulli, il bassorilievo della Madonna di Costantinopoli nell’Arco Mastrocinto.
A questi segni bizantini vanno aggiunti il quadro della Madonna di Costantinopoli nella chiesa di San Rocco, la pala dell’altare della chiesa di Sant’Angelo, la prima patrona di Gioia, Santa Sofia.

Quadro di Santa Sofia, cappella della famiglia Monte, oggi della famiglia Colapinto
Già l’abate Francesco Paolo Losapio fa riferimento al culto orientale di Santa Sofia a Gioia, nel “Quadro istorico poetico di Gioia in Bari detta Livia” e afferma: La nostra origin Greca manifesta / Anche l’antico culto di dulìa / Di principal Patrona, che si presta / Alla Greca Eroin Santa Sofia / Di cui ancor si celebra la festa…
Il prof. Mario Girardi in una sua ricerca su Santa Sofia, pubblicata nel libro “Gioia una città nella storia e civiltà di Puglia” vol I, Schena editore, Fasano, 1986, dedica alcune pagine alle origini greco- bizantine del casale Joha.
Le origini bizantine del nostro Comune, riporta il prof. Girardi, si evincono da alcuni documenti. Un pubblico istrumento di donazione rogato in Gioia nel 1180 (Cod. Dipl. Bar. I, 107-109, doc. n. 55) riporta tra i sottoscrittori lì presenti un tale Bartolomeo olim stratigo, magistrato bizantino in Italia meridionale.
Un diploma dell’imperatrice Costanza d’Altavilla, risalente al 1195, parla di catapani e baiuli da insediarsi a Bari e a Gioia e concede immunità fiscali agli ecclesiastici tam grecos quam latinos di Bari e della diocesi.
Il baiulo era un governatore, un ufficiale regio introdotta nella Francia del nord da Filippo II Augusto fra il 1180 e il 1190, allo scopo di arginare lo strapotere dei grandi feudatari. A lui spettava di deliberare circa le lamentele avanzate contro di loro. I baiuli agivano nel nome del sovrano e amministravano nelle città la giustizia penale per i reati minori e operavano nell’ambito giudiziario e fiscale.

Icona della Madonna di Costantinopoli sotto l’omonimo Arco
In un atto notarile del 1196 è citato un proprietario delle terre di Gioia, un presbitero sicuramente greco, Nicola Zizi o Zisi, insieme al presbitero Epifanio Costa e all’arciprete di Gioia, Cataldo.
In un atto rogato nel 1199 è presente un ecclesiastico, donno Georgio sacerdote greco de Joa su alcuni problemi di disciplina liturgica da loro sottoposti all’abate di Casole.
Il Losapio in un documento del 1318 ha trovato un D. Pietro de Datiis, Archipresbyter Latinorum. Lo stesso Losapio ricorda che nella chiesa di S. Pietro, che poi prese il nome di Madonna della Neve e, più tardi, fu dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria, si officiava col rito latino, mentre il rito greco passò dall’antica chiesa di Santa Sofia a quella di San Giovanni, diventata poi di Santa Maria di Costantinopoli, oggi Sant’Angelo.
Nel 1225 Nicola Nettario, abate del monastero greco di San Nicola di Casole, località vicino Otranto, scrive in greco una lettera ai piissimi e divinissimi sacerdoti di Gioia.
Tale monastero era un centro propulsore della letteratura italo-bizantina, vivaio di cultura non solo religiosa ma anche laica, per la ricchezza della sua biblioteca alimentata dai costanti rapporti culturali con Bisanzio (M. Gigante, La civiltà letteraria in I Bizantini in Italia).

Icona della Madonna di Costantinopoli, Regina dei Patriarchi, Arco Nardulli
L’abate Nettario nel 1232 svolse il ruolo di appassionato ed energico difensore della spiritualità greca in Puglia e Calabria, presso la Curia di Roma. Scopo primario della lettera è quello di rinsaldare l’unità e le convinzioni del clero greco di Gioia avverso quello latino.
Greco doveva essere il presbitero di Gioia don Palmiro de Viana, arciprete di Altamura dal 1261 al 1269.
Greco doveva essere anche un tale Michele de Caloiohanne, chiamato insieme ad altri Gioiesi a testimoniare nel 1266 in merito a usurpazioni fatte nel territorio di Gioia a danno del convento di Ognissanti di Cutri.
Nel testamento rogato a Gioia il 14 settembre 1291, scopriamo che un certo Reone o Leone Guarnita ricco proprietario di Gioia, fra l’altro dona a ciascuno dei sacerdoti sia latini che greci di Gioia un tarì d’oro; all’arciprete dei Greci, Nicola de’ Tormaceri, teste presente all’atto, lascia un bue e un giovenco. Tra i testi firmatari c’è anche un Giacomo Memi…, greco.
Nei registri vaticani delle decime versate nel 1310 a Roma sono annotate due voci per gli ecclesiastici di Gioia, una per i clerici latini in poi e l’altra per i clerici greci.

Testamento di Reone Guarnita
Il sacerdote Domenico Vendola afferma: Unica eccezione di clero greco in provincia di Bari si trova in Gioia del Colle.
Il centro storico di Gioia ha una impostazione di origine bizantina, con case addossate, strade strette e tortuose, con corti, archi e larghi (spiazzi o piccole piazzette).
La dominazione bizantina in Bari e a Gioia è attestata fino al 1071, nel sec. XI. In quel secolo si affacciano in Puglia i primi avventurieri e conquistatori Normanni, che prendono il sopravvento sui dominatori bizantini.
Il Losapio ci informa che dal secolo XV in poi a Gioia la Chiesa latina acquistò preponderanza e ritiene che con la consacrazione della chiesa di Sant’Angelo nel 1500 risulterebbe l’abolizione definitiva del rito greco, come proverebbe l’iscrizione lapidaria in latino e non in greco presente sul fianco sinistro della stessa chiesa.
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12 Aprile 2025