Una pietra d’inciampo per Nicola Capozzi
Chi si trova a percorrere via Giuseppe Del Re in direzione est, giunto nei pressi del numero civico 59 si imbatte in una “pietra d’inciampo” sulla quale è riportata la seguente iscrizione: La casa di Nicola Capozzi saccheggiata dai fascisti il 29/10/1922. Le pietre d’inciampo, ideate su iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig per tramandare, nel […]
Chi si trova a percorrere via Giuseppe Del Re in direzione est, giunto nei pressi del numero civico 59 si imbatte in una “pietra d’inciampo” sulla quale è riportata la seguente iscrizione: La casa di Nicola Capozzi saccheggiata dai fascisti il 29/10/1922.
Le pietre d’inciampo, ideate su iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig per tramandare, nel tessuto urbanistico delle città europee, il ricordo dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti, sono dei blocchi di pietra ricoperti da una lastra di ottone, che vengono inseriti nel selciato stradale o sui marciapiedi delle città, davanti alle ultime abitazioni delle vittime di deportazioni. L’espressione “pietra di inciampo” è mutuata dalla Bibbia e precisamente dalla Lettera ai Romani di San Paolo (9,33): Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo e un sasso d’inciampo; ma chi crede in lui non sarà deluso.
Vito Nicola Capozzi è nato a Gioia il 7 luglio 1889 ed è morto a Bari il 23 aprile 1975.
Per le sue idee e la sua militanza politica fu subito inviso al regime fascista, fu più volte arrestato, condannato e inviato in carcere al confino. Si formò politicamente durante il dopoguerra, senza aver conseguito alcuna preparazione teorica, se non l’esperienza maturata dalla sua condizione sociale o da quella dei contadini, con i quali condivise istanze e rivendicazioni, sempre agendo nell’alveo della legalità, del rispetto delle istituzioni e delle diverse, ma democratiche, idee espresse da uomini non allineati alle sue linee o a quelle del suo partito.
Il 29 ottobre 1922, giorno successivo alla ‘Marcia su Roma’, come ricorda il prof. Giuseppe Milano nel volume “Gioia del Colle, storia politico-sociale dalle origini alla fine del ‘700. Gioiesi eminenti. I soprannomi”, edito da Suma nel 2009, un centinaio di fascisti, di ritorno dal San Carlo di Napoli, dove Mussolini, rinunziando al programma repubblicano, aveva espresso fedeltà alla monarchia sabauda, in camicia nera, dalla stazione, armati di moschetti, fucili e pugnali, incolonnati militarmente, per via Mazzini, dopo aver saccheggiato la sede della cooperativa agricola, andarono alla casa di Capozzi. Erano tutti della provincia di Bari: avevano l’ordine di “cancellare” la sede della Federazione Provinciale Socialista, che era appunto a Gioia e di “dare una lezione a quel porco di Capozzi”. Ne circondarono la casa e alcuni di loro salirono armati, e la perquisirono minuziosamente; non lo trovarono, essendo egli il giorno precedente partito per Bari. V’erano solo suo padre, sua madre e la sorella, lì pallidi per lo spavento. Andarono via e si portarono verso la Camera del Lavoro, che era in piazza Margherita, a fianco del Municipio, con l’intento di saccheggiarla.Nel volume Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Puglia, di Katia Massara, presente nell’Archivio Centrale dello Stato, pubblicato per conto del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, Roma 1991, nella biografia di Capozzi Vito Nicola, l’autrice riporta: di Vincenzo e di Pugliese Letizia, n. a Gioia del Colle (BA) il 7 luglio 1889, res. a Gioia del Colle, licenza elementare, falegname, comunista.
Arrestato il 24 febbraio 1926 per essere stato trovato in possesso di materiale di propaganda e di documenti riguardanti l’organizzazione comunista. Assegnato al confino per anni cinque dalla C.P. di Bari con ord. del 18 marzo 1927. La C di A con ord. dell’11 giugno 1927 respinse il ricorso.
Sedi di confino: Ustica, Ponza. Liberato il 19 novembre 1931 per fine periodo.
Periodo trascorso in carcere e al confino: anni cinque, mesi otto, giorni 27.
Nel 1916, nominato membro della federazione socialista pugliese, costituì a Gioia del Colle una sezione socialista rivoluzionaria e la federazione provinciale dei lavoratori della terra, con direttive di lotta contro i proprietari terrieri.
Nel marzo 1919, mentre prestava servizio militare, tornato in paese per una breve licenza attaccò violentemente le istituzioni dello Stato durante un comizio pubblico, incitando gli operai ad organizzarsi in leghe di resistenza.
Congedatosi, assunse l’incarico di segretario della federazione provinciale socialista e in tale periodo organizzò la lotta contro i proprietari che culminò in Gioia nel conflitto del luglio 1920, in seguito al quale il Capozzi fu colpito da mandato di cattura come istigatore e correo negli assassinii consumati dai contadini.
Seguace della tendenza terzinternazionalista del partito socialista, votò per la fusione di essa con il partito comunista, che fu effettuata nell’ottobre 1924.
Nominato in seguito fiduciario del partito comunista per la regione pugliese, organizzò il movimento nelle province con diffusione di manifestini e di stampe sovversive e con riunioni nelle quali si esaminava la possibilità di tentativi di ripresa rivoluzionaria. Per tale motivo fu arrestato nel gennaio 1925 e condannato dal tribunale di Bari a quattro mesi di reclusione (che poi scontò in aggiunta al periodo di confino).
Essendosi svolte nel frattempo ulteriori indagini nei confronti dei maggiori esponenti dei gruppi sovversivi, emersero altre responsabilità a carico del Capozzi, che fu nuovamente arrestato il 24 febbraio 1926; prosciolto per insufficienza di prove dalla sezione d’accusa di Bari l’11 agosto 1926 con sentenza confermata in Cassazione il 4 marzo 1927, fu trattenuto in carcere per essere inviato al confino.
A Ponza fu condannato a quattro mesi di arresto dovendo scontare una condanna emessa nei suoi confronti dal tribunale di Bari con sentenza dell’8 marzo 1926. In tale sede di confino si sposò e la moglie morì durante il parto il 30 giugno 1929 insieme al neonato.
Gli fu negata una breve licenza per accompagnare la salma della moglie il 30 dicembre 1930, in quanto i carabinieri di Gioia del Colle riferirono che l’occasione avrebbe potuto facilmente prestarsi a speculazione politica in quanto i vecchi compagni di fede avrebbero preparato sfarzose onoranze funebri.
In un seguente documento è annotato: Capozzi Vito Nicola di Vincenzo e di Pugliese Letizia, n. a Gioia del Colle, coniugato con due figli, licenza elementare, rappresentante della ‘Singer’, comunista.
Arrestato il 22 aprile 1937 per aver continuato a svolgere attività sovversiva volta alla ricostituzione del partito comunista nel proprio paese.
Assegnato al confino per anni cinque dalla CP di Bari con ord. del 7 luglio 1937. La C di A con ord. del 13 dicembre 1937 respinse il ricorso.
Sedi di confino: Ventotene, Agnone, Venafro. Liberato il 16 settembre 1942 per fine periodo e dell’internamento.
Periodo trascorso in carcere e al confino: anni cinque, mesi quattro, giorni 26.
Tornato in paese dopo il primo confino si riposò e sebbene conducesse vita riservata le autorità ritennero che, dati i suoi precedenti, non fosse estraneo al recente risveglio comunista verificatosi in paese in concomitanza con gli avvenimenti spagnoli.
Dopo aver scontato il periodo di confino, all’atto del proscioglimento rimase come internato a Venafro venendo liberato poi per atto di clemenza del duce il 16 settembre 1942.
Nel 1944 Capozzi rifonda il Partito Comunista, scelta che successivamente, nelle sue memorie, giudicherà un suo errore, per il fatto che, identificatosi dal primo momento come socialista, per coerenza avrebbe dovuto continuare ad esserlo. Infatti per contrasti in sede provinciale e a seguito del congresso sezionale tenutosi a Gioia il 21 novembre 1948, fu decisa la sua espulsione.
Capozzi nel luglio del 1944 fu nominato deputato provinciale dal Prefetto di Bari, carica che mantenne fino al 1950.
Si riavvicinò al PSI, che nelle elezioni comunali del 1956, grazie al suo impegno, risultò la seconda lista più votata con più di tremila voti.
Fu chiamato, insieme al prof. Giovanni Carano Donvito, a far parte del Comitato di Liberazione nei giorni dei giudizi politici agli ex fascisti
Dopo diverbi con i locali socialisti si trasferì a Bari, dove morì nel 1975.
Nel 1954 si dedicò a scrivere alcune brevi memorie che volle lasciare al figlio. Nella prefazione a queste memorie, tra l’altro, scrive: sono un sentimentale, o meglio un idealista, più che un politicante. Attribuisce il fatto di non aver fatto ‘buona carriera politica‘ a quella condizione spirituale. Tramando queste mie doti a mio figlio, unica grande speranza dopo le molte disillusioni, affinché gli siano lezioni di vita e nella vita. Se egli, anche dopo l’esempio di suo padre, vorrà impigliarsi nella politica di partito saprà almeno come regolarsi per non essere sommerso. Nelle memorie dice anche: Anche se il mio scritto sarà molto modesto, proprio lo scrivere senza alcuna pretesa ma a puro titolo di testimonianza, potrà essere utile alle giovani generazioni.
Il 29 ottobre 2022, il giorno dopo dell’anniversario della marcia su Roma, ricorrevano i 100 anni del saccheggio fascista all’abitazione di Nicola Capozzi, socialista e antifascista di spicco della provincia di Bari. Il Comune di Gioia per quel centenario volle posizionare una pietra d’inciampo dinanzi l’abitazione di Capozzi che in quel giorno fu saccheggiata.
L’associazione ANPI di Gioia del Colle nel giorno dello scoprimento della pietra d’inciampo ricordava che La Giunta Comunale, nella delibera di patrocinio e autorizzazione alla collocazione della pietra d’inciampo, ancora una volta non fa i conti con la storia, omettendo che si trattò di un violento assalto squadrista di matrice fascista … ma relega a banale aggressione uno degli avvenimenti simbolici della furia fascista del ventennio a Gioia del Colle.
l’Amministrazione comunale di Gioia ha intitolato una strada al concittadino Nicola Capozzi per tramandare ai posteri il suo ricordo. Fu avanzata anche una proposta per intitolare a Capozzi la Scuola materna ed elementare di Via Eva.
Un’altra pietra d’inciampo, di cui darò notizie più approfondite nel momento in cui sarà realizzata, sarà posizionata a breve ai piedi del monumento ai Caduti, in Piazza Cesare Battisti, a ricordo dei 16 inermi cittadini gioiesi uccisi a settembre del 1943 ad opera dei soldati tedeschi durante la loro ritirata da Gioia.
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13 Gennaio 2025