Il cav. Pompeo Lippolis
La famiglia Lippolis è stata una delle più significative nel panorama gioiese dell’800, tanto da dare due sindaci alla nostra comunità: il cav. Pompeo Lippolis dal 20 gennaio 1870 al 15 gennaio 1876 e il figlio, il dott. Cav. Pietro Lippolis (1876-1951) dal giorno 11 settembre 1908 al 25 giugno 1910. Pompeo Lippolis nacque nel […]
La famiglia Lippolis è stata una delle più significative nel panorama gioiese dell’800, tanto da dare due sindaci alla nostra comunità: il cav. Pompeo Lippolis dal 20 gennaio 1870 al 15 gennaio 1876 e il figlio, il dott. Cav. Pietro Lippolis (1876-1951) dal giorno 11 settembre 1908 al 25 giugno 1910.
Pompeo Lippolis nacque nel 1835 e morì nel 1897.
Il 18 dicembre 1869 a seguito di aspri scontri con l’opposizione consiliare il sindaco, dott. Vito Prisciantelli, un po’ rude nel suo fare, si dimetteva e subentrava al suo posto il cav. Pompeo Lippolis, uomo dal carattere più conciliante e in grado di comporre le tensioni tra i vari gruppi consiliari.
Il suo mandato fu caratterizzato da un lato da un’azione pacificatrice all’interno del Consiglio e del paese, al punto che resse le sorti del Comune per due mandati, dal 20 gennaio 1870 al 15 gennaio 1876, e dall’altro da numerose iniziative a beneficio di Goia. Vale la pena ricordare le principali.
Nel 1870 fu deliberato l’alberamento del Viale della Stazione ferroviaria, la numerazione delle case e la denominazione delle strade e delle piazze, la preparazione della Pianta Topografica del Comune.
Nel 1871 il sindaco, a seguito di un ricorso contro la validità dei risultati delle Elezioni Generali amministrative si trovò a gestire le sedute consiliari quasi sempre in seconda convocazione in presenza di difficoltà finanziarie. Riuscì ad ottenere un prestito per la costruzione del Mercato Coperto e dispose la compilazione di un Regolamento edilizio e di un Piano Regolatore della città. Sia nell’anno 1872 che in quello successivo la situazione finanziaria del Comune si aggravò. Proprio nella seconda metà del 1873 si verificò un forte rincaro dei prezzi, specie del grano, per cui, su proposta del sindaco Lippolis, il Consiglio comunale nella seduta del 10 settembre deliberò: 1) Di conservare i generi della “Terraggiera”, goduti dal Comune, per vendere appena necessario, fave ed orzo in dettaglie al pubblico, e per panizzare il grano per l’uso della piazza, e del prezzo che se ne ricaverebbe, venir provvedendo giorno per giorno. 2) di contrarre un mutuo di lire 10 mila per acquistarne grano da tenere in serbo. Il mutuo si doveva contrarre con l’Amministrazione del Monte dei Pegni, poiché di tutto il danaro che ne formava la Cassa, per oltre 15 mila lire, non si erano mutuate nel corso dell’anno che per 4 mila appena, ciò che si era verificato in tutti gli anni fin dall’inizio della Istituzione. Con tale operazione si sarebbe avvantaggiato il Comune, che, costretto al mutuo passivo per sopperire all’imperiosissimo bisogno del caro dei viveri, godrebbe di un prestito facile ed a mite interesse, ed avvantaggiato altresì il Monte dei Pegni con le sue giacenze infruttuose. 3) Infine fu nominata una speciale Commissione, nelle persone di Pugliese Vito, Filippo Taranto, Girone Francesco e Santarsieri Nicola, per dare esecuzione a questi provvedimenti.
Poiché il rincaro aumentava e veniva a mancare il pane sulla piazza, il sindaco Lippolis propose alla Giunta, che l’approvò nella seduta del 22 febbraio 1874, l’acquisto da 1200 a 1500 tomoli di grano ed orzo, contraendo un prestito per tre mesi con la Banca Nazionale di Bari, al tasso del 10%. Il 9 novembre 1873 ebbero luogo le elezioni comunali. Nella seduta consiliare del 29 novembre 1873 il Consiglio deliberò di devolvere la spesa per il Predicatore Quaresimalista a favore del locale Ospedale Paradiso. Nella seduta consiliare del31 gennaio 1974 il sindaco Pompeo Lippolis affermò che la costruzione del Macello si rendeva più che mai indispensabile per togliere lo sconcio di vedere uccidere gli animali in paese, quanto per procurare un po’ di lavoro in questa triste stagione iemale.
Sempre nel 1874 furono acquistati e piantumati alberi a Piazza San Francesco e alla Via della Stazione ferroviaria. Su proposta del consigliere Castellaneta il Consiglio delibera di eseguire la chiusura dei canali e pozzi neri dei fondi suburbani e dell’abitato, causa di epidemie e di insopportabili esalazioni, dandosi corsa alle acque con la costruzione dei selciati, e che si vieti l’ingrasso dei terreni con materie fecali, che si usa dagli ortolani.
Tra il 1873 e il 1875 viene eseguita la costruzione del primo nucleo dell’Edificio scolastico a San Francesco, quello ubicato ad Occidente. Nella seduta del 24 giugno 1875 viene destinato un fondo iniziale di 500 lire di annua rendita, ricavata dallo scioglimento di promiscuità tra il Comune ed il Reale Albergo di Napoli, per l’istituzione di un Ricovero di Mendicità.
Uno degli ultimi provvedimenti del sindacato di Pompeo Lippolis risale alla seduta consiliare del 13 settembre 1875, nella quale viene deliberata la concessione gratuita dell’ex Convento dei Francescani Riformati sia per ampliare l’Ospedale Paradiso sia per allocarvi l’istituendo Asilo di Mendicità, a cui favore vennero destinate altre 100 lire annue oltre le 500 stanziate precedentemente.
Il Cav. Pompeo Lippolis morì nel 1897, compianto da tutta la popolazione gioiese.
Nella seduta consiliare del 12 aprile 1897 il sindaco cav. Daniele Eramo, tenne la seguente commemorazione.
Colleghi! Sapendo d’interpretare l’animo vostro, il quale fedelmente rispecchia i sentimenti dell’intera cittadinanza, adempio il compito doloroso di mandare da questo banco un saluto alla sacra memoria del venerando cittadino che fu Pompeo Lippolis.
Voi lo conosceste bene in vita, ne sentiste, dopo la morte, la degna commemorazione che, con eletta forma, con profondo sentimento, con forbito pensiero, sulla sua bara fecero due degni ed assai colti nostri concittadini (il sig. Giuseppe Eramo, Direttore didattico delle scuole elementari e il sig. Giuseppe Marvulli) ,voi accompagnando il feretro all’ultima dimora, vedeste all’intima commozione vostra sposarsi, in dolorosa armonia, la commozione profonda di due fitte ali di popolo che lacrime, baci e benedizioni inviavano a quella salma. E questo commento postumo della voce del popolo è il più vero ed il più eloquente.
Pompeo Lippolis tenne varie cariche, più che per proprio desiderio, per designazione imperativa di popolo e di Governo. Fu Sindaco due volte, fu membro della Congregazione di Carità; fu R. Delegato scolastico, e, dappertutto, portò una intelligenza pari all’alto ufficio, un decoro altissimo, una probità specchiata.
Nella famiglia fu modello di padre, di marito; tutto dedito all’affetto e alla educazione dei figli suoi, ebbe un culto per quella impareggiabile donna, che gli fu degna compagna nel cammino della vita.
Allorché i tempi si resero più facili alle ambizioni dei tristi e degli irrequieti, egli si ritrasse quasi sdegnoso dagli eventi della vita pubblica. Ed, allorché, per colloquio o per consiglio a lui si andava, egli, proseguendo il santo apostolato che si era proposto per la concordia degli animi, ripeteva col poeta:”Io vo gridando, pace, pace, pace!”.
E se a qualche cosa, per le generazioni che restano debba servire la virtù degli estinti, se l’ossequio devoto alla loro memoria non deve limitarsi a un coreografico corteo funebre, o a una retorica e vana commemorazione, se proficuo deve giungere ai popoli il monito di oltre tomba, mai come ora si sente il bisogno d’ascoltare quella voce; possa il suo spirito, nunzio di pace, aleggiare su questa derelitta terra di Gioia, che di pace ha bisogno e di fecondo lavoro. Per tal guisa, quanto maggiore è il vuoto che lascia il fu Cav. Pompeo Lippolis, tanto più utile sarà per noi il ricordo dell’esempio del suo apostolato di vita. E così, con profondità di sentimenti, se non con altezza d’ingegno io pago il tributo che il Consiglio Comunale di Gioia deve alla memoria del Cav. Pompeo Lippolis.
A seguito della commemorazione il Consiglio, all’unanimità approva la proposta del sindaco, Cav. Daniele Eramo, di inviare, a nome di tutto il Consesso, una lettera che esprimesse alla famiglia dell’estinto il profondo rammarico per la perdita sofferta e che per tre giorni restasse abbrunato il Banco della Presidenza.
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22 Ottobre 2024