Battenti antichi a Gioia del Colle
In passato, quando non era ancora disponibile l’energia elettrica nei nostri paesi, per poter accedere alle abitazioni monofamiliari di parenti ed amici, era necessario dotare i portoni delle abitazioni di congegni che segnalassero la presenza di qualcuno che avesse bisogno di entrare. Questi congegni vengono chiamati in diversi modi: picchiotto, perché bisogna farlo battere o […]
In passato, quando non era ancora disponibile l’energia elettrica nei nostri paesi, per poter accedere alle abitazioni monofamiliari di parenti ed amici, era necessario dotare i portoni delle abitazioni di congegni che segnalassero la presenza di qualcuno che avesse bisogno di entrare.
Questi congegni vengono chiamati in diversi modi: picchiotto, perché bisogna farlo battere o picchiare su un pezzo di metallo, battaglio, batacchio, battente, battiporta, battiportone o bussatoio perché occorreva farlo battere oppure occorreva bussare sul portone.
Sono composti di due parti snodabili applicate sul portone di accesso all’abitazione. Una parte è costituita da un supporto fisso sulla porta e l’altra da una parte mobile, collegata al supporto con una cerniera, che si impugna, si solleva e si lascia cadere o battere sul supporto fisso, la cui azione produce un suono che richiama l’attenzione di chi abita all’interno dell’edificio e annuncia la presenza di una persona, all’ingresso dell’abitazione, che chiede di entrare.
Sono variamente decorati ed erano utilizzati sin dal tempo degli antichi Romani, come possiamo osservare nei musei archeologici che ne conservano vari esemplari.
Questi congegni, di forma estremamente varia, di varie tipologie, spesso erano ispirati a motivi araldici o ornamentali.
Si tratta di sculture in bronzo, in ottone o in ferro, alcuni antropomorfi; ma in genere sono a forma di testa di leone che tiene nella bocca un anello, oppure sono costituiti da una semplice sbarra sagomata. Nel Medioevo si ebbero picchiotti modellati in forma di figure di santi o di personaggi biblici. Nel Rinascimento furono realizzate sculture in bronzo da celebri artisti, come il Sansovino, il Giambologna e Andrea Briosco, detto il Riccio. Il picchiotto assunse la forma di delfino, di angelo, di figura femminile, di serpente.
Nei centri storici di città e di borghi europei se ne incontrano, affissi ai portoni delle case antiche, e potrebbero essere ancora utilizzati, al posto dei moderni campanelli.
Anche sui portoni di Gioia venivano applicati i picchiotti, elaborati o semplici, a seconda del ceto sociale della famiglia che abitava lo stabile.
Infatti sono presenti esemplari a forma circolare, esagonale, di uccello che batte sulla parte fissa con il becco ed altri che hanno la forma di un leone nell’atto di lanciarsi su una preda, di testa di donna o di un egiziano, di una mano che stringe una palla metallica, ma anche figure con valore scaramantico; un elenco di tutte le varietà è praticamente impossibile.
Da segnalare, sulla porta di accesso laterale del castello normanno-svevo di Gioia la presenza di un grande battente a forma di serpente.
Le famiglie più nobili o benestanti applicavano un battente che facevano costruire appositamente da un artigiano locale o che acquistavano presso fonderie importanti. Ce n’erano esemplari sia semplici sia più complessi, con decori di animali o di altri oggetti.
Uno dei giochi o meglio degli scherzi preferiti dai ragazzi di un tempo, che trascorrevano per strada numerose ore dopo gli impegni scolastici, era quello di impugnare la parte mobile dei battiportoni presenti sulle porte d’accesso delle case monofamiliari, battere più volte e con forza, in modo da richiamare l’attenzione degli abitanti, e darsi subito alla fuga per non essere scoperti e subire i rimproveri dei malcapitati che erano stati disturbati, specie se stavano schiacciando un pisolino pomeridiano.
Infatti al suono del battente i proprietari dell’abitazione coinvolta nel gioco dei monelli, spesso si affacciavano sul balcone per sincerarsi di chi fosse e per essere certi di aprire la loro casa ad una persona conosciuta.
Era necessario darsela a gambe per evitare di essere riconosciuti da chi aveva subito lo scherzo o anche dagli abitanti del vicinato che avrebbero senz’altro riferito l’accaduto ai genitori dei monelli, i quali parenti avrebbero provveduto ad impartire loro una punizione esemplare o vietato di scendere in strada per giocare con i compagni buontemponi.
Quando i vecchi portoni in legno sono stati sostituiti con l’installazione di altri costruiti con serramenti metallici e con porte blindate, che non necessitavano di battenti, questi congegni sono stati soppiantati dai citofoni elettrici, per cui sono stati eliminati; permangono, invece, su alcuni portoni lignei, a volte con valore scaramantico.
Anche le nuove costruzioni condominiali, per la presenza di numerosi appartamenti, non necessitano di tali congegni, che restano solo come ricordo di un tempo o come oggetti ornamentali solo su qualche portone di abitazioni monofamiliari.
Con l’arrivo dell’energia elettrica inizialmente sono stati montati dei piccoli campanelli, consistenti in un pulsante collegato ad una suoneria che squillava all’interno dell’abitazione, fino ad arrivare ai moderni citofoni o ai videocitofoni. Tutto ciò ha avuto come conseguenza quella di far spesso dimenticare gli antichi usi dei nostri avi e il loro ingegno per risolvere uno dei problemi di vita quotidiana cui andavano incontro.
Qualche anno fa alcuni corsisti dell’Università della Terza Età e del Tempo Libero di Gioia del Colle durante un corso di fotografia, tenuto dal docente Giovanni Addabbo, hanno provveduto a fotografare i battenti più significativi ancora presenti sui portoni delle abitazioni di Gioia del Colle. È stata un’esperienza altamente positiva non solo come un significativo utilizzo del tempo libero, ma anche come riscoperta di alcuni aspetti e caratteristiche del nostro paese.
Sopo di tale corso, oltre a far apprendere conoscenze e tecniche nell’uso della macchina fotografica, era quello di contribuire, attraverso il recupero fotografico dei batacchi presenti nel nostro abitato, a salvare dal dimenticatoio delle vere e proprie opere d’arte, e con esse, una parte, ingiustamente considerata insignificante e superata, della nostra storia ovvero ritenuta meno importante rispetto agli avvenimenti e alle conquiste della grande Storia, quella cioè inserita nei libri e degni di essere oggetto di studio.
Le fotografie più caratteristiche sono state esposte in una mostra cittadina, che è stata molto apprezzata dai visitatori, per essere esposte successivamente nella sede dell’U.T.E. di Gioia, a disposizione e conoscenza di quanti frequentano l’Associazione.
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8 Marzo 2024