La Carboneria a Gioia
Quando parliamo di Carboneria la mente va subito alla costituzione di una società segreta sorta a scopo rivoluzionario nel Regno di Napoli durante i primi anni dell’Ottocento. Proprio perché si è sviluppata principalmente a Napoli, capitale del Regno dei Borboni, si è soliti pensare che la nostra Puglia e Gioia in particolare non sia stata […]
Quando parliamo di Carboneria la mente va subito alla costituzione di una società segreta sorta a scopo rivoluzionario nel Regno di Napoli durante i primi anni dell’Ottocento.
Proprio perché si è sviluppata principalmente a Napoli, capitale del Regno dei Borboni, si è soliti pensare che la nostra Puglia e Gioia in particolare non sia stata interessata a questa forma di organizzazione rivoluzionaria.
In realtà il nostro Comune già nel 1799 era stato teatro di una delle prime forme di reazione al dispotico dominio dei Borboni, che aveva visto alcuni nobili ed intellettuali gioiesi schierarsi a favore di un governo democratico e che per questo loro desiderio di libertà andarono incontro alla morte, Ci riferiamo ai cosiddetti Martiri del 1799, la cui memoria è onorata con un monumento eretto, in occasione del centenario di quei tragici avvenimenti, in piazza Castello, luogo dove i loro corpi furono bruciati.Questi nostri Martiri frequentavano gli intellettuali residenti a Napoli, i quali erano venuti a contatto con gli intellettuali francesi, avevano condiviso i principi della Rivoluzione francese: libertà, fratellanza e uguaglianza e volevano spingere il re Borbone a concedere la Costituzione, sul modello di quella francese.
Proprio la mancata accoglienza da parte del sovrano napoletano delle richieste di un governo più democratico fu la causa del nascere di questa società segreta, la Carboneria, che in breve connotò il movimento di un carattere patriottico e marcatamente anti- austriaco.
I Carbonari fecero sentire la loro presenza nei primi moti che scoppiarono a Napoli a partire dal 1820.
Il re Ferdinando I, nel timore di essere spodestato e di ulteriori rivoluzioni, concesse una nuova Carta costituzionale e la costituzione di un Parlamento.
Sul loro esempio anche a Torino nel 1821 i Carbonari locali costrinsero il loro sovrano, Vittorio Emanuele I, a concedere una costituzione democratica.
Sembrava una vittoria per i Carbonari, ma il positivo risultato da loro conseguito avrebbe potuto spingere cittadini di altre grandi potenze monarchie europee a mettere in atto quel processo rivoluzionario allo scopo di limitare i poteri assoluti dei sovrani e instaurare un governo democratico.
Intanto il re Vittorio Emanuele abdica a favore del fratello Carlo Felice, il quale chiede all’Austria di intervenire militarmente per restaurare l’ordine precedente.
A quel punto scatta l’intervento della Santa Alleanza, una coalizione tra tre grandi potenze monarchiche, Russia, Austria e Prussia, sorta con lo scopo di infondere il diritto divino dei re e i valori della cristianità nella vita politica europea (pur nella loro diversità: ortodossi in Russia, cattolici in Austria, protestanti in Prussia) ma in fondo mirando a limitare le mire liberalistiche e il secolarismo in Europa.
La Santa Alleanza nel 1821 inviò un esercito nel sud dell’Italia; l’esercito asburgico ad aprile sconfisse gli insorti, nelle cui file predominavano i Carbonari, numericamente inferiori e scarsamente equipaggiati rispetto ai loro avversari.
A questo primo duro colpo nei confronti dei Carbonari a breve distanza ne segue un altro. Infatti a settembre del 1821 il papa Pio VII con la bolla Ecclesia a Iesu Christo condanna la Carboneria come società segreta di tipo massonico e infligge la scomunica ai suoi aderenti.
Anche a Gioia dobbiamo registrare la nascita di una società segreta carbonara, la cui Vendita prese la denominazione La Costanza dei Bruti. Vi aderirono le più varie categorie sociali: nuovi proprietari di terre, professionisti, artigiani, soldati napoleonici, preti animati di spiriti liberali, operai, maestri, apprendisti.
Nel 1820 gli affiliati ammontavano a 166 Carbonari; 118 erano considerati apprendenti e 48 maestri. Scorrendo i nomi degli aderenti notiamo che coloro che avevano delle cariche importanti all’interno della Vendita appartenevano a famiglie gioiesi in vista; tra essi troviamo professionisti, ecclesiastici, galantuomini, ma anche mercanti, proprietari ed artieri, sotto la guida del Gran Maestro Lorenzo Ceppaglia, che era stato sindaco dal 1814 al 1819 e dal 1831 al 1837. Primo Assistente Giovannantonio Miraglia, arciprete dal 1827 al 1859, Oratore Francesco Indellicati, Segretari Federico Calabrese e Bernardino Bruno, Tesoriere Pasquale Losito, sindaco dal 1823 al 1826 Maestro di cerimonie e Tesoriere Melchiorre Lippolis, sarto e padre di Don Giuseppe Lippolis e nonno di Don Pompeo, Covritore Nicola D’Autilio, Guardabolli e sigillo Tommaso Calabrese, Terribile Domenico Losito, figlio di Don Antonio e nipote dell’avvocato Paolo Losito autore di una Storia di Gioia, Intimatore Giovanni Alberico.
Nella lista dei Carbonari erano iscritti anche alcuni Gioiesi che avevano partecipato alla rivoluzione del 1799 e che era riusciti a sfuggire alla morte. Tra questi vanno ricordati il Cancelliere comunale Nicola Colangiulo, Silvio Bonavoglia, Vito Leonardo Chimienti, l’avv. Giuseppe Tommaso Losapio, l’abate Francesco Paolo Losapio. È da annoverare anche l’avv. Pasquale Soria, che per le sue idee repubblicane, dopo la rivoluzione del 1799, per sfuggire al carcere e alle persecuzioni si era rifugiato in Francia insieme ai fratelli Losapio.
Il sacerdote Francesco Saverio Indellicati viene annotato nella lista dei Carbonari gioiesi come ardente avvocato e ricopre anche la carica di Gran Maestro.
Vengono qualificati come Settarii antichi Federico e Tommaso Calabrese, Daniele Eramo, che fu giudice a Lecce, Nicola Iacobellis, Ignazio Parisi e Vitangelo Prisciantelli.
Giovanni Miraglia viene etichettato come Generale dei Vertiginosi nel novilunio, ossia nel nonimestre costituzionale del 1820-21, così come fu definito dai borbonici reazionari.
Tra i Carbonari gioiesi molti erano stati o erano ancora Massoni, tra i quali il Gran Maestro Lorenzo Ceppaglia.
A conferma della presenza nella Vendita gioiese di uomini di cultura si nota che in essa erano iscritti numerosi preti e frati.
Numerosi gioiesi andarono ad alimentare le milizie dell’Esercito Costituzionale Napoletano del 1821; tra questi vanno ricordati Ceppaglia Lorenzo con il grado di Capitano e Tommaso Calabrese con il grado di Tenente.
Peccato che anche in quella circostanza molti di questi militari e alcuni gioiesi militanti nella Vendita, si dimostrarono voltagiacchetta, dopo la sconfitta dell’Esercito Costituzionale.
Il Decurionato, anche dietro pressione delle Superiori Autorità, inviò degli attestati di umiltà e di fedeltà al sovrano Borbone.
In particolare nei Registri delle Risoluzioni Decurionali leggiamo quanto il Decurionato, guidato dal sindaco dott. Domenico Monte, il giorno 1 aprile 1821 decise: Il Sindaco Presidente ha proposto di doversi a nome di esso Sindaco, Eletti e Decurionato, rassegnare un indirizzo a S. M. Ferdinando I a titolo di felicitazione, di coraggio e per contestare alla M. S. la fedeltà e l’attaccamento alla Sua Sacra Persona e l’ubbidienza ai Sovrani voleri ed alle Sue savie Leggi, per indi rimettersi al Sig. Intendente della Provincia, da cui sarà trasmesso al Real Trono. Il Decurionato a pieni voti, e con applauso, si è uniformato alla proposta. Si è formato l’Indirizzo, e si è incaricato il Sindaco a mandarlo prontamente al prelodato Sig. Intendente. Il Sindaco propone altresì: Arrivando in Bari o in Barletta la poderosa Armata Austriaca al servizio di Ferdinando I, nostro Clementissimo Re, debba mandarsi una Deputazione a complimentare il Generale Comandante la Divisione delle Puglie, per assicurare al medesimo il buon ordine e tranquillità, che ha regnato sempre in questo Comune: per partecipare al medesimo, a nome di questa popolazione e del Decurionato, di essere stato sempre fedele a S. M. Ferdinando I, ed ubbidiente alle sue Savie Leggi, e per chiedere dal medesimo Generale una opportuna protezione nelle occorrenze. Il Decurionato, intesa anche la voce della popolazione, che desidera mandarsi questa deputazione per l’indicato oggetto, si è uniformato alla proposta, autorizzandone l’esecuzione. Quindi, a pieni voti e per acclamazione, ha eletto il Sig. Domenico Monte, attuale Sindaco, e l’Avv. Francesco Saverio Indellicati a spese e a carico della Cassa Comunale.
Dell’Amministrazione Comunale che votò il suddetto provvedimento facevano parte: il dott. Vitantonio Prisciantelli, in qualità di Primo Eletto, che era stato Settario antico nella Vendita Carbonara di Gioia, e i seguenti Decurioni: dott. Vito Leonardo Chimenti, iscritto alla Vendita gioiese, e dott. Nicola Iacobbellis, Settario Antico della Vendita.
Forte di questi attestati il sovrano dette sfogo alla sua reazione con persecuzioni, processi e condanne dei Carbonari.
Un identico comportamento da voltagiacchetta fu tenuto dal Decurionato gioiese nel 1849 che, a seguito dell’insurrezione del 1848, si fece interprete dei sensi dell’ottima Popolazione che rappresentavano, che Gioia sempre ed invariabilmente è stata attaccata alla Maestà Sacra del Re nostro Signore, e quindi rispettosa per le Autorità, nonché piena di venerazione per l’ordine pubblico, e che se una mano invisibile maligna ha voluto calunniare il bel Paese, pure la trovata giustizia e zelo nella Truppa Regia comandata dal prode Sig. Pulce, con la sua ammirabile sagacia ha saputo soffocare le subdole arti dei maligni e così in pari tempo snebbiare le sinistre prevenzioni create negli animi dei Superiori.
Anche nel 1850 il sindaco Vincenzo Favale e i decurioni si cooperano per l’elezione di una deputazione al fine di umiliare al Real Trono il voto generale per l’abolizione della costituzione… Informati nel corso di tanti secoli della Clemenza e Saggezza della Dinastia Borbonica, dell’armonia e del regolare andamento delle cose sotto il governo, con triste esperienza ne abbiamo marcata la diversità dei tempi dal cambiamento di regime, cosicché inconvenienti massimi da un lato, disordini funesti dall’altro, è stato il corso di 2 anni. Deliberiamo che una Deputazione di individui probi sia spedita in Napoli al nostro Augusto Monarca, per accogliere le comuni preci, onde riprenda le redini dell’antico regime, che l’esperienza di tanti anni ci ha reso contenti.
Nonostante le attestazioni di fedeltà al Re, nel 1856 il sovrano sfuggì ad un attentato. Anche in quell’occasione i gioiesi, tra i quali erano presenti numerosi antiborbonici, fecero buon viso a cattivo gioco.
Infatti, facendo seguito ad una circolare dell’Intendente della Provincia il Decurionato di Gioia formulò un indirizzo al re Ferdinando II, manifestando gratitudine per gli indicibili beni oprati a pro’ nostro, il suo affetto e la sua venerazione, condanna l’esecrando attentato e imprecando il capo che lo concepiva, ricorrendo al Tempio ad implorare dal propizio Nume la continuazione dei favori al Prediletto Figlio della Religione di Lui vivente, all’amatissimo Monarca.
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12 Gennaio 2024