Il “Calvario”
La Chiesa del Sacro Cuore di Gioia del Colle è fiancheggiata sul lato destro dagli attuali uffici parrocchiali, dai locali utilizzati un tempo come casa dei PP. Barnabiti e dalla Cappella delle Croci, detta anche “Il Calvario”, dal nome con cui la tradizione popolare è solita indicare il luogo in cui Gesù morì sulla Croce. […]
La Chiesa del Sacro Cuore di Gioia del Colle è fiancheggiata sul lato destro dagli attuali uffici parrocchiali, dai locali utilizzati un tempo come casa dei PP. Barnabiti e dalla Cappella delle Croci, detta anche “Il Calvario”, dal nome con cui la tradizione popolare è solita indicare il luogo in cui Gesù morì sulla Croce. Al manufatto, che risale alla prima metà del XIX secolo, è addossata all’antica chiesetta rurale della Purificazione, nota anche come Chiesa della Candelora o di San Vito.
Fino alla fine del ‘700 questa chiesa era ubicata in una zona rurale e quindi extra moenia, al di fuori del centro abitato, a ridosso dei campi coltivati, poiché San Vito era venerato come colui che aveva il potere di proteggere dalla carestia, dalla fame e dal faticoso lavoro della mietitura, attività che si effettua proprio a giugno, periodo in cui cade la festività del Santo. La facciata della chiesetta presenta un architrave sul portone di accesso su cui è riportata la scritta A. D. 1895 e il versetto 4,31 del Vangelo di Marco: Venite in locum desertum et requiescite pusillum, venite in un luogo solitario e riposate un poco, quasi ad invogliare i passanti e, soprattutto gli agricoltori, a staccare dalla fatica dei campi per ristorarsi e rivolgere un pensiero di ringraziamento al Signore.La funzione che una edicola votiva assumeva in passato era quella di ringraziamento per una grazia ricevuta dal finanziatore del manufatto o di protezione delle case e degli abitanti del quartiere circostante, oltre che essere punto di aggregazione per i fedeli che passando da quel luogo si fermavano, seguendo l’insegnamento del soprastante versetto di Marco, e si raccoglievano in preghiera.
Per quanto riguarda la cappella del Calvario occorre sottolineare che si tratta di una grossa edicola votiva, direi quasi unica nel suo genere, poiché ha la forma di un’abside all’interno della quale sono presenti cinque nicchie. Nella nicchia centrale, più ampia delle altre, è racchiusa una statua di Cristo Crocifisso, che poggia su una parete affrescata che raffigura la Madonna e a ciascuno dei due lati del Crocifisso una donna in atto di implorare Cristo.
La nicchia centrale è circoscritta da una modanatura rettangolare in pietra lavorata che funge da stipite e architrave per la chiusura protettiva del Cristo, con lastra in vetro, montata su una cornice in legno, che nella parte superiore è arricchita da motivi floreali e dalla testa di due angioletti. Due artistici porta ceri in ferro battuto, inseriti all’interno delle due nicchie laterali adiacenti quella centrale, servivano ad illuminare l’edicola negli anni in cui non era stato ancora inaugurato l’impianto di illuminazione elettrica a Gioia. Alla base del Crocifisso è presente un altare con rivestimento in marmo policromo.
A differenza della narrazione degli evangelisti Luca e Giovanni sulla Crocifissione di Gesù sul Golgota o luogo del Cranio, più comunemente ricordato come Monte Calvario perché lì ebbe fine il calvario di Gesù e la sua agonia e morte, che riportano che furono crocifissi con Lui due malfattori, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, ai lati del Crocifisso, sono presenti quattro nicchie ad arco, nelle quali sono collocate altrettante Croci spoglie, che presentano nella parte superiore l’iscrizione tipica della Croce di Gesù: JNRJ ( Jesus Nazarenus Rex Judeorum), Gesù Nazareno Re dei Giudei. Probabilmente potrebbero stare ad indicare che la morte di Gesù in croce e quindi il perdono, la salvezza e la riconciliazione dell’uomo con il Padre è per tutta l’umanità, rappresentata dalle quattro Croci, che simboleggerebbero i quattro punti cardinali.
La facciata dell’edicola si presenta come un arco ribassato che si innalza su due colonne rettangolari, simili a piatte lesene, poggiate alle costruzioni adiacenti, sormontate da mensole, simili ad echino e abaco.
Sulla parte centrale esterna dell’arco che delimita la costruzione absidale è presente un tondo al cui interno si può leggere la seguente iscrizione: A gloria della SS.a Croce la pia devozione dei fedeli. A.D. 1909.
Al di sopra di questo tondo si innalza un tetto spiovente interrotto nel punto d’incontro da una piccola soprelevazione rettangolare, sulla quale è posizionata una Croce trifogliata in ferro, cioè con i bracci che terminano a foggia di trifoglio. Anche quest’ultima scelta potrebbe avere attinenza con l’attività della famiglia della benefattrice, dedita al settore dell’agricoltura. Come per l’adiacente chiesa della Candelora, costruita ai margini del paese a protezione della città e delle produzioni agricole, la Croce trifogliata potrebbe costituire un ulteriore richiamo al mondo agricolo ed un elemento di protezione per le colture dei campi e dei suoi abitanti.
In tutta la parte interna dell’arco è presente una serie di lampadine, che servono ad illuminare l’edicola durante le ore serali e notturne.
Sul montante sinistro adiacente alla lesena laterale sinistra è presente una lapide in pietra con la seguente iscrizione: Per divozione di D. Paola Gigante A.D. 1831. Si tratta di un componente della famiglia Gigante, ricca famiglia di agricoltori, probabilmente la stessa che era proprietaria dell’omonima grande masseria ubicata sulla via che porta ad Acquaviva delle Fonti, a circa 4 Km. dal Calvario. Sembrerebbe che la famiglia Gigante abbia fatto costruire l’edicola per ringraziare il Signore della grazia ottenuta a seguito della insperata guarigione di un proprio figlio. La famiglia aveva successivamente affidato l’edicola ad una anziana devota, che la ornava di fiori e di lumini e si prendeva cura della pulizia e delle spese di esercizio e di manutenzione.
Una iscrizione, posta a destra del complesso, riporta la dicitura: Ricostruito e migliorato a cura dei Signori Carlo Losito, Carlo Lagravinese, Francesco Losito. Tale intervento risale probabilmente al 1909, anno che compare nel tondo posto al centro dell’arco, che ci ricorda il successivo intervento di ricostruzione.
Il complesso, per salvaguardarlo da atti vandalici e per una forma di rispetto religioso, è racchiuso da una artistica cancellata in ferro battuto che occupa uno spazio poligonale, nel quale sono presenti due aiuole laterali con fiori e piante ornamentali, separate da un corridoio centrale che porta all’altare del Crocifisso. Sui due battenti del cancello di accesso è presente una piccola scultura ferrea che, una volta accostate le due ante, assume la forma di un artistico Crocifisso.
Alle spalle dell’abside, accedendo nel cortile adiacente che immette nell’atrio prospiciente il Cineteatro Sacro Cuore, è presente una piccola costruzione in pietra che nella parte bassa presenta un piccolo ambiente, simile a una piccola grotta, chiuso da un arco in pietra, all’interno del quale è posizionato un piccolo altare con un sovrastante quadro che raffigura l’Annunciazione dell’Angelo alla Madonna.
La parte superiore della grotta presenta sul lato destro una nicchia nella quale è inserita la statua della Madonna di Lourdes mentre sul lato sinistro è posizionata la statua di santa Bernardetta, in ginocchio, in atto di pregare la Madre celeste.
Per la presenza di questo manufatto religioso la pietà popolare ha voluto che la zona su cui esso sorge prendesse la denominazione di abbàsc e’ Crùsce o giù alle Croci. Infatti il sito si trova più in basso rispetto all’ubicazione di Piazza Plebiscito e di Piazza dei Martiri del 1799 (quella che si affaccia sul castello normanno-svevo), come si può notare facilmente scendendo dal castello fino alla chiesa del Sacro Cuore ( il dislivello è di circa mt.10, da 360 a 350).
È plausibile che la presenza di questa costruzione, che veniva indicata anche con il nome di “Calvario”, abbia dato la denominazione di “Via Calvario” ad una strada ubicata a brevissima distanza da essa.
Le edicole votive servivano anche come momento di riflessione, stacco dalla monotona e routinaria vita quotidiana, a dare un segno di coraggio e di speranza per coloro che passavano nelle vicinanze, una sorta di funzione catechetica, costituivano un simbolo di fede; nel nostro caso essa ci porta a considerare che la Croce, la sofferenza, è parte della vita dell’uomo, ma è anche segno positivo, di amore (non c’è amore più grande che dare la vita per gli altri, come ha detto e fatto Cristo), di condivisione, di resurrezione e di gioia.
Oltre ad essere insolita come edicola sacra, in quanto non raffigura la Madonna o un Santo, immagini che solitamente vengono incassate sulla facciata o nell’angolo di un’abitazione, ma costituisce un edificio a se stante, secondo alcuni studiosi si tratterebbe dell’edicola votiva più grande di tutto il Mezzogiorno d’Italia.
L’edificio sacro, che è una proprietà privata, non dipendente dall’autorità religiosa, attualmente è curato personalmente dal dott. Vito Santoiemma, che ha “ereditato” questo compito dalla madre, subentrata a sua volta ad altre devote che a rotazione si prendevano cura dell’edicola e che con il passare degli anni non erano più abili a gestirlo in modo continuativo, puntuale e consono alla sacralità del luogo.
Un grazie, dunque, alla sua costanza nel tenere ordinata l’edicola preservandola dalla distruzione del tempo, per la sa tenacia nel volerla consegnare alle generazioni future come segno della gratitudine umana e della fede dei nostri predecessori.
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8 Giugno 2022