Via Filippo Ronco
C’è sempre una motivazione nella intitolazione di una strada cittadina, ma pochi sono a conoscenza del perché il nome di un personaggio sia stato inserito nella toponomastica locale. Alla fine del secolo scorso la denominazione di alcune strade cittadine ha subito una modificazione. In particolare una stradina parallela a corso Vittorio Emanuele II, tra il […]
C’è sempre una motivazione nella intitolazione di una strada cittadina, ma pochi sono a conoscenza del perché il nome di un personaggio sia stato inserito nella toponomastica locale.
Alla fine del secolo scorso la denominazione di alcune strade cittadine ha subito una modificazione.
In particolare una stradina parallela a corso Vittorio Emanuele II, tra il palazzo Cassano e Piazza Margherita di Savoia, compresa tra via Gioacchino Murat e via Giuseppe Massari, aveva la denominazione di Vico III Basile, un cognome che si ripeteva per ben tre volte nella toponomastica locale.
Qualcuno pensò di onorare un personaggio umile, ma legato alla storia e alle tradizioni della nostra terra, che ha lasciato un segno nel settore della musica e della cultura popolare.Il prof. Mario Girardi il 15 luglio 1997 presentò all’assessorato ai servizi demografici-toponomastica del Comune di Gioia del Colle una scheda illustrativa del curriculum del cittadino o personaggio illustre cui si proponeva l’intitolazione di una via cittadina.
Personaggio: Filippo Ronco
Luogo e data di nascita Gioia 9 agosto 1791
Luogo e data di morte Gioia 3 febbraio 1877
Professione contadino, poeta-cantastorie in vernacolo.
Questa è la Relazione che accompagnava la richiesta di cambio di denominazione di Vico III Basile.
Abitava ad Arco San Nicola, n. 1 questo contadino, analfabeta, morto alla veneranda età di 86 anni, che si ‘firma’ rivelando apertamente la sua città natale e la condizione di illetterato, ma anche di essere stato ’illuminato dallo Spirito Santo’ nell’anno 1824, quindi a 33 anni (data presumibilmente simbolica per il richiamo degli anni di Cristo), a dedicarsi alla poesia religiosa, fino ad acquistare e dichiarare la consapevolezza del ‘veggente’ ispirato, depositario di un ‘grande tesoro’: per sua stessa ammissione, nel 1862 sarebbe stato, novello Dante in vernacolo, guidato dal Creatore ad un viaggio nell’inferno, da cui sarebbe poi scaturita la ‘Storia dell’inferno’ (pervenuta incompleta).
Almeno 24 sono le ‘storie’, spesso ‘firmate’ e ‘datate’ con una sorta di modulo espressivo ricorrente, da lui composte o trasmesse a memoria (citando l’autore, un certo Giuseppe Stasi Nardui o Nardulli, nel caso della ‘Storia della Madonna del Carmine’) per migliaia di versi, con ingenua e talora riuscita ricerca dell’euritmia, della musicalità, dell’isosillabismo e perfino delle rime, baciate o alternate.
Né sono assenti squarci di genuina e primitiva poesia popolare, che mettono in valore, ad esempio, i sentimenti materni e familiari in genere, il peso della sofferenza umana (e divina di Cristo), le profondità più intime e raccolte, e le altezze eroiche della fede cristiana, con l’invito ripetuto a coltivarla nell’amore per Dio ed i santi.
Gli argomenti appaiono distribuiti fra ‘storie’ di Cristo (con una particolare predilezione per le sofferenze della Passione) e del ‘giudizio’, e ‘storie’ della Madonna e dei Santi (s. Antonio di Padova, s. Caterina d’Alessandria, s. Filomena, s. Giorgio, s. Lucia, s. Lucrezia, s. Michele Arcangelo, s. Nicola di Bari, s. Rocco, s. Vito), e raccolte (e pubblicate un quarantennio fa) dal Celiberti (Vito Celiberti, I Canti popolari di Gioia del Colle) dalla viva voce degli ultimi cantastorie paesani ancora in vita.
Il quale riferisce in una nota della sua ‘Introduzione’: ‘Intorno alla sua figura circolano fra i popolani vari racconti leggendari … Un giorno, mentre su un albero raccoglieva della frutta, sentì posarsi sul capo una bianca colomba, che con il suo peso fece spezzare il ramo e cadere il vecchio. Risvegliatosi, dopo essere stato lungo tempo privo di conoscenza, si accorse che l’estro poetico ormai lo possedeva e immediatamente compose la sua prima storia.
La leggenda narra ancora che accusato di trarre profitti dalla nuova attività, fu messo in carcere e per dimostrare ai giudici che la sua ispirazione era un dono divino, compose un canto alla Madonna che gli era apparsa in cella. Spesso, disteso sul letto, cadeva in una specie di letargo; dopo il risveglio componeva storie sulle visioni avute. Alcune volte egli riuniva intorno a sé dei bimbi ed insegnava loro i suoi canti. Verso sera si recava in piazza e seduto su un mucchio di pietre cantava, a chi fosse disposto ad ascoltarlo, le sue composizioni poetiche’ (p. XI).
La relazione e la richiesta furono approvate dalle competenti Autorità, che concessero l’autorizzazione al Comune di Gioia di intitolare una strada cittadina a Filippo Ronco.
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23 Maggio 2021