Il Catasto onciario di Gioia del Colle del 1750
Nella Biblioteca comunale di Gioia del Colle è possibile consultare una copia del Catasto Onciario del Comune, compilato nel 1750, composto di tre volumi. L’Assessorato alla Cultura di Gioia, per venire incontro alle numerose richieste da parte di numerosi studiosi locali, con determinazione del 16 maggio 2002, ha provveduto a stanziare la somma di € […]
Nella Biblioteca comunale di Gioia del Colle è possibile consultare una copia del Catasto Onciario del Comune, compilato nel 1750, composto di tre volumi. L’Assessorato alla Cultura di Gioia, per venire incontro alle numerose richieste da parte di numerosi studiosi locali, con determinazione del 16 maggio 2002, ha provveduto a stanziare la somma di € 333,63 per l’acquisizione di una copia del Catasto, il cui cui originale è presente nell’Archivio di Stato di Napoli.
Il Catasto onciario di Gioia del Colle risale al settembre del 1750 e i tre volumi che lo compongono complessivamente constano di 658 fogli.
La riforma per un riordino fiscale del Regno di Napoli, voluta da Carlo III di Borbone nel 1741, su proposta del ministro Bernardo Tanucci, era fondata sulla formazione del Catasto onciario.Si chiamò Onciario perché, per la valutazione dei beni dei sudditi del Regno di Napoli, sia immobiliari che finanziari o da bestiame, venne adottata, come unità monetaria di riferimento, l’oncia, antica moneta in uso nel Regno di Napoli fino all’epoca dei re aragonesi, che corrispondeva a sei ducati.
Come era strutturato un Catasto Onciario? La compilazione dei Catasti Onciari di ogni paese seguivano uno schema comune.
Per quanto concerne il calcolo delle imposte le persone erano divise in diverse categorie. Una prima distinzione veniva effettuata fra i cittadini e i forestieri; mentre i primi formavano i “fuochi”, corrispondenti alle famiglie dell’Università, gli altri erano iscritti nel Catasto o perché possedevano beni o perché esercitavano un’attività nell’Università. Mediamente un fuoco corrispondeva ad un nucleo familiare di 5 persone, definite anime.
Una seconda distinzione era fra i laici e gli ecclesiastici, includendo in questi ultimi anche tutte le istituzioni religiose collaterali.
I cittadini, che appartenevano ad una delle due accennate categorie, erano suddivisi in altre nove sotto categorie di contribuenti:
- cittadini abitanti e non abitanti, che costituivano i capi-famiglia, dei quali era indicata la composizione del nucleo familiare
- vedove e vergini
- ecclesiastici secolari cittadini
- forestieri abitanti laici
- ecclesiastici forestieri secolari abitanti
- chiese, monasteri e luoghi pii nell’università
- chiese, monasteri e luoghi pii forestieri
- forestieri non abitanti laici, cosiddetti bonatenenti, perché possedevano dei beni nel Comune senza risiedervi
- forestieri non abitanti ecclesiastici secolari.
Nell’ambito di ogni categoria i contribuenti, in genere. sono elencati in ordine alfabetico per nome e non per cognome.
Il Catasto fornisce dettagliate informazioni sui beni dei contribuenti. Viene descritta la tipologia, l’ubicazione, spesso anche la grandezza delle abitazioni; se si tratta di basso o sottano o di casa palazziata, cioè di un palazzo di un certo prestigio, di solito con portale e ampio ingresso, che ha a piano terra dei fondaci, locali ad uso depositi o magazzini di merci, e presenta uno o due piani superiori, spesso con un cortile interno in cui è presente un pozzo con cisterna per raccogliere l’acqua.
Per quanto riguarda i terreni venivano indicati la loro estensione e la natura delle colture.
Venivano elencati anche gli eventuali capi di bestiame appartenenti ai cittadini. Dopo la descrizione dei beni segue l’elenco dei pesi, costituiti, in genere, da censi e canoni da pagarsi agli enti ecclesiastici e al feudatario e da interessi su capitali presi in prestito. Il catasto fornisce anche dettagliate informazioni sui nuclei familiari, indicando, per ciascuno di essi, il numero dei componenti, la loro età, l’attività svolta ed il rapporto di parentela con il capofamiglia.
La riforma fiscale inizialmente intendeva comprendere tutti i cittadini possessori di beni e proprietà, ma a causa di alcune esenzioni il prelievo risultò parziale.
Infatti erano previste diverse forme di esenzione. Tra queste rientravano i beni feudali sottoposti alle sole imposizioni dell’Adoa e del Relevio, per cui i baroni potevano essere tassati solo per i beni allodiali, cioè in piena proprietà. Erano esentati anche i beni ecclesiastici che non superavano alcuni valori stabiliti nelle norme concordatarie. Non erano tassati neppure gli ultrasessagenari o i capi di famiglie numerose. Non era prevista la tassazione per coloro che esercitavano professioni ritenute arti liberali come i giudici o i notai, o per i nobili e per i civili viventi e i benestanti che non svolgevano alcuna attività lavorativa. Erano tassati solo coloro che esercitavano un lavoro manuale, secondo prestabilite fasce di tassazione.
Per quanto riguarda il Comune di Gioia il Catasto onciario è compilato seguendo l’ordine alfabetico dei cittadini, con la professione e i beni da essi posseduti. Al termine di questo elenco, nel terzo volume, sono elencate le “vedove e vergini in capillis”, donne nubili che partorivano. Seguono i cittadini esenti, fuochi e dipendenti, le Chiese, i monasteri, i luoghi pii, cappelle, badie, benefici, Mensa Arcivescovile e altri siti nella Terra di Gioia. Vengono riportati i Cenzi redemibili, le prebende, i Legati, i Pesi.
Sono elencati i forastieri abitanti laici, i forastieri non abitanti laici. Segue la descrizione dei Corpi feudali che possedeva il Principe di Acquaviva. L’Onciario continua con l’indicazione delle Chiese, Monasteri, Commende e Abbadie.
Dal catasto onciario del 1750 risulta che i fuochi in Gioia erano passati da 524 nel 1737 con 2620 abitanti a 1018 con una popolazione di 4202 abitanti.
Di questi fuochi 868 erano retti da cittadini abitanti, 41 da vedove e tre da vergini, 56 da ecclesiastici cittadini e 52 da cittadini forestieri abitanti.
Il 68,25% della popolazione, era costituito da bracciali. 44 erano i fuochi di vedove e vergini, 37 i fuochi di scarpari, 34 fuochi erano di massari, 14 fuochi erano di falegnami, 3 i fuochi di speziali di medicina, gli attuali farmacisti.
Dall’esame del Catasto Onciario di Gioia ricaviamo notizie interessanti sui beni posseduti e sull’occupazione degli abitanti dell’Università di Gioia nel 1750.
La maggior parte della popolazione gioiese era composta da bracciali e braccianti. Molti di questi possedevano una modesta abitazione e un piccolo appezzamento di terreno, una parte del quale era coltivato a vigneto, che garantiva loro una modesta rendita e li rendeva autosufficienti.
Anche gli artigiani, le cui attività e rendite consentivano loro di ottenere una condizione economica migliore rispetto ai bracciali, erano in possesso di terreni.
Miglior tenore di vita e rendite consistenti riscontriamo per la categoria dei massari, che disponevano di immobili e di estesi appezzamenti fondiari, utilizzati sia per coltivare le viti sia per la coltivazione di cereali e culture arboree. Questi ultimi, disponendo di una buona rendita, potevano permettersi di avviare agli studi i propri figli e di farli accedere alla carriera ecclesiastica, fonte di prestigio per le famiglie del tempo.
© È consentito l’utilizzo del contenuto di questo articolo per soli fini non commerciali, citando la fonte ed il nome dell’autore.
21 Novembre 2020