La festività di San Vito a Gioia del Colle
Molto comune è il nome Vito sia per gli uomini che per le donne, assegnato sia da solo che in accoppiata con altri Santi. Anche a Gioia del Colle ritroviamo il nome di San Vito, spesso accompagnato da quello di un altro Santo, tra cui: Andrea, Angelo, Antonio, Arcangelo, Augusto, Carlo, Carmine, Cataldo, Domenico, Donato, […]
Molto comune è il nome Vito sia per gli uomini che per le donne, assegnato sia da solo che in accoppiata con altri Santi. Anche a Gioia del Colle ritroviamo il nome di San Vito, spesso accompagnato da quello di un altro Santo, tra cui: Andrea, Angelo, Antonio, Arcangelo, Augusto, Carlo, Carmine, Cataldo, Domenico, Donato, Emilio, Felice, Filippo, Francesco, Giovanni; Giuseppe, Leonardo, Maria, Massimo, Matteo, Michele, Modesto, Nicola, Paolo, Rocco, Sante, Umberto, Vincenzo, ecc.
Il culto di san Vito a Gioia è abbastanza antico, come confermato da numerose testimonianze nel corso dei secoli e dai numerosi collegamenti con la città di Polignano a Mare, che conserva i resti del Santo.
Il primo documento in cui a Gioia si cita il nome Vito è un testamento, rogato dal notaio Nicola de Capite di Ioa (l’antico nome di Gioia) il 14 settembre 1292, con il quale Reone Guarnita, ricco signore della Terra di Ioa, tra gli altri suoi beni, probabilmente per devozione per San Vito, dona due vigne e mezzo, delle quali una, che è unita alla vigna della chiesa di San Vito …. Lega a detta Chiesa per la salute della sua anima.La più antica tradizione del nome Vito nell’onomastica gioiese risale a giugno del 1335: In quella data l’arcivescovo di Bari e Canosa, Landolfo, nomina fra Guglielmo de Quinquemillis, abate di San Vito di Polignano, suo vicario generale, come procuratore per l’acquisto a favore della Chiesa di Bari di alcuni terreni arativi in provincia di Matera, appartenenti ad Agostina, figlia di Iacoy, giudice di Gioia. Teste di quell’atto è un notaio di Gioia, di nome Vito.
Bisogna andare all’inventario dei beni della Chiesa di Gioia del 1510 per sentire parlare ancora di San Vito. In un estratto dell’inventario del 1572 si fa cenno all’agiotoponimo ovilia Sancti Viti.
A seguito della Visita pastorale l’arcivescovo di Bari, Giulio Cesare Riccardi, vieta di celebrare nelle cappelle rurali gioiesi, perché fatiscenti, ad eccezione di quelle dedicate a S. Maria della Candelora, che il popolo denominava di San Vito, a S. Maria del Verzar et Sancto Rocho.
Nel Comune di Gioia abbiamo statue e dipinti che raffigurano San Vito.
Nella Chiesa della Candelora o della Purificazione di Maria è presente una statua del Santo. Nella nuova Chiesa dedicata al Santo è presente una statua, probabilmente settecentesca ed un’altra statua e presente nella piazzetta antistante la Chiesa.
Nel presbiterio della Chiesa di San Francesco è presente una tela che raffigura l’Immacolata, San Lorenzo e San Vito. Un’altra tela raffigura l’Immacolata con San Biagio e San Vito.
Nella Chiesa Madre, sull’altare antistante il Cappellone di San Rocco è presente un ovale che raffigura San Vito.
Nella Chiesa di Maria SS. Annunziata a Monte Rotondo ai lati dell’altare era presente un quadro che raffigurava San Vito. A San Vito sono state dedicate due Chiese ed una terza, quella della Candelora, era chiamata anche Chiesa di San Vito.
A San Vito fu intitolata una Confraternita cittadina, che ottenne una prima approvazione nel 1878 e quella definitiva nel 1880; officiava nella Chiesa della Purificazione di Maria o della Candelora. La Confraternita si è estinta nella seconda metà del secolo scorso, per mancanza di associati.
A San Vito è stato intitolata l’ultima parrocchia di Gioia. La prima idea di istituire una nuova parrocchia a Gioia risale a don Sante Milano, più noto come don Santino, anche se fu portata a conclusione con don Franco Di Maggio. La prima Chiesa venne eretta canonicamente come parrocchia nel 1959 e fu inaugurata nel 1962 dall’arcivescovo di Bari mons. Enrico Nicodemo. La nuova più spaziosa e moderna Chiesa di San Vito fu portata a termine nel 1975.
Di seguito riporto una ricerca del nostro concittadino, insegnante Giuseppe Montanarelli.
La festa di San Vito Martire a Gioia del Colle.
Il culto di San Vito martire a Gioia del Colle, secondo alcune fonti leggendarie, pare risalga al XIV secolo in occasione della traslazione di alcune sue reliquie che vennero custodite nella cappella della Madonna della Candelora o della Purificazione, successivamente intitolata al Santo.
Delle presunte reliquie, provenienti dalla Lucania, attualmente non vi è traccia documentaria. Tradizionalmente San Vito è invocato contro parecchie malattie, tra cui la rabbia, l’epilessia, l’isteria, l’idrofobia e la corea detta “il ballo di San Vito”.
La devozione al giovane martire siciliano è sempre stata molto sentita nella nostra città e nelle contrade circostanti. Solitamente nelle stalle dell’agro gioiese vengono conservate alcune immagini del Santo, per proteggere gli animali ed allontanare le malattie, i ladri, i predatori ed “u monacacidd” o gli Spiriti del Limbo.
La sua memoria liturgica veniva onorata da una festa degna di nota, chiamata popolarmente la “Festa dei Massari”, particolarmente devoti al Santo. La festa tradizionale prevedeva, oltre agli offici liturgici, alla novena, alla fiera degli animali, alle luminarie, ai mortaretti ed ai concerti bandistici, una suggestiva processione.
La statua antica di San Vito, ricoperta dai preziosi ex voto, conservata nella piccola chiesa dedicata al Santo affiancata alla cappella detta “delle Croci” o il pubblico Calvario, era issata su un carro adorno di fiori e veniva portata in processione lungo via Bari per transitare nelle strade extra murali che circondavano il borgo antico, per poi rientrare nella medesima Chiesa.
L’immagine di San Vito veniva preceduta da una cavalcata di bambini vestiti con gli abiti del Santo, i cavalli, ricoperti di drappi e sontuosi finimenti, dovevano essere in numero dispari e comunque non meno di quindici. I massari non lavoravano nel giorno di San Vito, dedicandogli la giornata. La cavalcata sfilava al mattino e fino agli inizi del Novecento si svolgeva nella prima Domenica di Maggio, data presunta della nascita del Santo.
Per regolamentare il calendario liturgico fu spostata al 15 giugno di ogni anno, Dies Natalis del Santo o giorno della sua nascita in Cielo, resistendo fino agli ultimi anni cinquanta.
Nel pomeriggio del giorno della festa venivano condotti ai piedi della statua gli animali irrequieti per la benedizione, in quanto il Santo è considerato il protettore degli animali furiosi. Venivano benedetti i bambini consacrati, i cani e si assisteva all’ ingresso di nuovi “fratelli” nella confraternita. Ai bambini si offrivano i “cavallucci”, i “porcellini” o gli animaletti di formaggio, appositamente confezionati con nastrini rossi. Si consumavano i pupi fritti a forma di animale, i “porcedduzz” di San Vito, una sorta di gnocchetti dolci al miele o al vino cotto diluito e si benedivano gli aratri, le carrozze ed il giogo dei buoi.
In casa si faceva entrare la falena diurna di San Vito, per auspicare buone notizie. Particolari erano gli ex voto donati al Santo a forma di animali. Attualmente la festa viene celebrata nella parrocchia di San Vito martire eretta canonicamente nel 1959 ed ubicata nell’ omonimo borgo, dove era presente un trappeto, con un ipogeo dedicato al Santo.
La processione inter parrocchiana con la moderna statua del Santo viene svolta nella serata della vigilia della festa con la fiaccolata. Recentemente è stata restaurata una preziosa ed antica statua di San Vito che possedeva i suoi simboli liturgici in argento.
Anticamente prima della processione il podestà o l’autorità cittadina consegnava alla statua del Santo la corona, la Croce, la palma, il guinzaglio ed il cane in argento. Nell’ antica Chiesa Madre di Gioia del Colle era custodita una statua in pietra del Santo, ora introvabile, opera di Stefano da Putignano, e diverse sono le tele raffiguranti San Vito, presenti nelle Chiese cittadine.
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15 Giugno 2020