Don Vito Leonardo Cardetta nel 10° anniversario della morte
Don Vito Leonardo Cardetta, meglio noto come don Leonardo, nasce a Gioia il 9-10-1945 e muore il 21-4-2010. Da giovane frequenta la Parrocchia della Madonna Immacolata di Lourdes, retta da don Giovanni Ingravallo. Ed infatti si deve a don Giovanni l’aver favorito in lui quel discernimento interiore che lo porterà, al termine degli studi tecnici […]
Don Vito Leonardo Cardetta, meglio noto come don Leonardo, nasce a Gioia il 9-10-1945 e muore il 21-4-2010.
Da giovane frequenta la Parrocchia della Madonna Immacolata di Lourdes, retta da don Giovanni Ingravallo. Ed infatti si deve a don Giovanni l’aver favorito in lui quel discernimento interiore che lo porterà, al termine degli studi tecnici superiori, ad entrare in seminario per prepararsi alla futura missione sacerdotale, che sentiva come vera vocazione da alimentare. Al termine del percorso nel seminario maggiore di Molfetta nel 1970 viene ordinato sacerdote.
Ha svolto il suo compito pastorale a Gioia in diverse Chiese. I parrocchiani della Chiesa di Santa Lucia lo ricordano quando per un breve periodo ha svolto la funzione di vice parroco. La sua presenza più assidua è stata, però, nella Chiesa di San Domenico, nella quale ha svolto il compito di Rettore, subentrando a don Santino Milano allorquando costui per motivi di salute e per età fu costretto a ritirarsi.Nella Chiesa di San Domenico opera la Confraternita di Maria SS. del Rosario. Don Leonardo devoto della Madonna del Rosario, ha pubblicato un opuscolo riguardante la Confraternita di Maria SS. del Rosario, dalla quale si evince che la stessa è menzionata nei verbali della Santa Visita Pastorale che l’arcivescovo di Bari, Giulio Cesare Riccardi, effettuò nel 1593 e che ottenne il regio assenso da parte del re Ferdinando II di Napoli il 23 ottobre 1838. La Confraternita prese possesso della Chiesa di San Domenico nel 1839.
Don Leonardo aveva una profonda cultura, non solo religiosa, ma anche umanistica ad ampio raggio. Si era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza e si era specializzato in Diritto del Lavoro.
Amava studiare ed era appassionato di lingue; ultimamente mi confidava che stava imparando la lingua tedesca, che riteneva importante non solo nello studio della teologia, ma anche per i prodotti tecnologici che la Germania produceva ed esportava in tutto il mondo.
Aveva una vasta biblioteca con testi di diverse discipline e si teneva sempre aggiornato ed era desideroso di apprendere sempre nuove conoscenze.
Amava molto il nostro paese, le sue tradizioni e le sue leggende, il nostro dialetto. La sua curiosità lo portava ad essere la valvola di sfogo e l’orecchio attento di storie vere e romanzate che serpeggiavano tra il popolino.
Probabilmente per il fatto di essere un religioso e a causa del fatto che spesso i forestieri associavano il nome gioiese al termine giudeo ricordava un aneddoto che gli era stato riferito da Giuseppe Labrocca. Nell’800 durante la Settimana Santa a Gioia oltre alla processione dei Misteri si era soliti organizzare una Sacra rappresentazione dei Misteri sul sagrato della Chiesa di Sant’ Antonio o del Crocifisso, dove si attrezzava un palco sul quale gli attori recitavano.
Agli inizi del ‘900 alcuni studenti, durante la rappresentazione dei Misteri organizzarono uno scherzo: cosparsero con dell’acido le funi che, oltre ai chiodi, servivano a stringere meglio le assi del palco, e queste, a causa della loro bravata, si logorarono. Quando la processione dei Misteri arrivò sul sagrato e sul palco fu fatto salire il primo personaggio, che rappresentava Gesù nell’ atto di essere flagellato alla colonna, il palco, privo dei sostegni di sicurezza, crollò e fece cadere l’attore che impersonava il Cristo, il quale si trovò travolto dalla pesante struttura. Fu uno scherzo di cattivissimo gusto, che avrebbe voluto suscitare ilarità dei presenti, ma che mal si confaceva al momento religioso che si stava celebrando e alle sue gravissime conseguenze. Il Labrocca riferiva a don Leonardo che da questo episodio si abbinava ai gioiesi l’appellativo di giudei, appioppato dai forestieri allorquando vennero a conoscenza dell’accaduto, proprio perché come gli antichi giudei avevano tradito e ucciso Gesù anche i gioiesi avevano tentato di uccidere il personaggio che nella rappresentazione dei Misteri impersonava la figura del Cristo.
All’ interessamento di don Leonardo si deve l’aver voluto dedicare la campana della Chiesa di San Domenico alla memoria di Donato Boscia, ingegnere gioiese ucciso dalla mafia a Palermo il 2 marzo 1988.
Alla morte dei suoi genitori don Leonardo ha vissuto in compagnia del fratello Vito nella casa di famiglia in Corso Cavour. Era facile incontrarli a mezza mattinata o nel pomeriggio mentre effettuavano la solita passeggiata per via Roma o per qualche altra stradina cittadina, alla scoperta sempre di nuovi particolari da socializzare con chi incontravano e desiderosi di parlare e scambiare opinioni su vari aspetti della vita cittadina. Se ne sono andati a poco tempo di distanza l’uno dall’altro.
All’ interno della sacrestia della Chiesa di San Domenico è presente un quadro che lo ritrae in abiti religiosi durante una celebrazione eucaristica.
21 Aprile 2020