Federico II di Svevia e Gioia del Colle (parte I)

A Federico II di Svevia, personaggio legato alla nostra Storia locale, l’Università delle Terza Età di Gioia del Colle ha dedicato un corso, che si è andato sviluppando negli Anni Accademici 2016-17 e 2017-18 e che ha visto la partecipazione di numerosi esperti e studiosi della materia, in qualità di oratori. Riassumo il mio intervento, […]

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A Federico II di Svevia, personaggio legato alla nostra Storia locale, l’Università delle Terza Età di Gioia del Colle ha dedicato un corso, che si è andato sviluppando negli Anni Accademici 2016-17 e 2017-18 e che ha visto la partecipazione di numerosi esperti e studiosi della materia, in qualità di oratori.

Riassumo il mio intervento, che è stato articolato in due incontri. Tralascio la prima parte, che riguarda  la nascita e lo sviluppo di Gioia dalle sue origini fino a Federico II, per soffermarmi con particolare attenzione alla figura di Federico II e la sua presenza in passato, come al presente, nel nostro territorio.

In questo anno ( 2020 ) ricorrono:

– Il   924°  anniversario  dell’inizio  delle  Crociate,  vicende a cui anche Federico II prese parte,

– Il 774° anno della morte di Bianca Lancia, avvenuta secondo alcuni nel castello di Gioia,
– Il   24°  anniversario  dell’ apertura, nel  Duomo  di Palermo, del sarcofago di Federico II,

– Il 24°anniversario della proclamazione di Castel del Monte come 14° sito italiano patrimonio dell’UNESCO.

In due articoli cominceremo ad approfondire la conoscenza e i rapporti tra Federico  II e Gioia del Colle,soprattutto per la presenza in loco di un castello federiciano.

Tra gli epiteti o appellativi riferiti  a Federico II  c’è quello di Puer Apuliae, Terra che lui ha prediletto: la Puglia.

                                    Quale  attinenza o legame  ha Federico II  con  Gioia ?
Il cartello turistico-stradale posto agli ingressi di Gioia riporta la scritta: Gioia del Colle città Federiciana.

Dobbiamo ammettere che i documenti  che attestano la presenza a Gioia di Federico II sono scarsi.

Quando nel 1220 Federico II sale sul trono della casa  Normanno-Sveva  Gioia ha già un Castellum e un primo nucleo abitativo.

Ci avevano pensato inizialmente alcuni monaci benedettini, come alcuni studiosi sostengono,  in seguito ad alcuni saggi di scavo sulla parete nord del castello, che presenta fondazioni riconducibili ai cenobi benedettini, oppure i bizantini, che si erano insediati nel nostro territorio, formando il primo nucleo dell’antica Joa, un modesto villaggio o casale, che verosimilmente cresce e si sviluppa nel secolo XII  con l’arrivo dei Normanni e poi degli Svevi.

Quando l’imperatore Federico II  ascende al trono, nel 1220, il centro della politica imperiale si sposta verso l’Italia e il Mediterraneo, in particolar modo in Sicilia, ma anche in Puglia ( Puer Apuliae ) e in Campania. Sono segnalate continue presenze di Federico nella sua residenza a Foggia e la sua morte avvenuta a Fiorentino di Puglia, in Capitanata sono il segno della sua predilezione per la Puglia più che per la Sicilia.

Federico in ogni parte del suo dominio mediterraneo, e nella Puglia in particolare,  fa innalzare grandiose costruzioni, tanto da suscitare timori e accuse nei suoi avversari e perfino nei suoi sudditi.

Lo rimproveravano  per queste sue costruzioni sempre di carattere civile o militare, quasi dimenticando quelle di carattere religioso.

La presenza di una cappella nel castello di Lagopesole e di una croce sulla cortina est del castello di Gioia, probabile segno della presenza di una cappella,  sfaterebbero questa accusa.

Dalla Chronica di Riccardo di S. Germano, che ci informa dettagliatamente dei movimenti di Federico II dal 1220 in poi, possiamo constatare che l’irrequieto imperatore è continuamente in moto in Puglia o tra la Puglia, la Calabria e la Sicilia, salvo brevi puntate verso il Nord.  In questi suoi spostamenti erano inevitabili i transiti da Gioia, che faceva parte di quella rete di castelli che collegava per vie interne la Puglia, la Lucania, la Calabria con la Sicilia.

Negli Statuta officiorum  del  1241-46, nell’elenco dei castelli e delle case del giustizierato di Terra di Bari, e delle città tenute alle relative riparazioni, durante l’impero di Federico II, si legge: Castrum (non domus) Iohe per homines Ioye et Potiniani. (Con gli Angioini le riparazioni erano effettuate dal sovrano, che richiedeva il pagamento di una somma in denaro).

Risale  a tre secoli dopo la morte del nostro Imperatore, e cioè al 1551, la prima notizia del castello di Gioia, la cui costruzione era attribuita  a Federico II che ci veniva aggradendogli il luogo per cacciare et altresì per l’amenità del paese.

Si tratta di un cronista, tale p. Leandro Alberti, nella Descrittione di tutta l’Italia, X Regio, Peucetia, Venetia, 1551.

Federico II, per fugare i timori del papa Onorio III, non solo promette che sarebbe andato in Terra Santa, ma  riconfermava alla Chiesa di Bari le donazioni fatte dalla madre Costanza nel 1195. A differenza del suo predecessore, Riccardo Siniscalco, che concedeva tutto in dominio e potestà  della Chiesa di Bari, Federico riconfermava solo tutta e intera la decima dei redditi e dei proventi del Casalis Joe mentre il castello rimaneva proprietà sua e della famiglia sveva.

Durante la permanenza di Federico II alla VI Crociata del 1228-29 alcune città, tra cui  Putignano, si ribellano e parteggiano per il Papa; per questo vengono rase al suolo.

Gioia rimane fedele a Federico, che volle ricordare questa fedeltà con un suo motto: Joha, castello a me fedele,  si  saccheggi  Putignano.

E’ probabile che Federico  mette mano ai lavori di sistemazione ed ampliamento del castello dopo il ritorno dalla Crociata, avvenuto nel 1229. Ciò è dovuto non solo per la sua presenza in Terra Santa, ma anche per influssi arabi ed orientali visibili nel castello.

                            Quale funzione svolgeva il castello al tempo di Federico II ?

Gli studiosi avanzano due ipotesi:

1- castello come dimora di caccia e utilizzato nei pochi momenti di relax,
2-   castello   come   costruzione   di   difesa contro le invasioni da Oriente.

Riccardo Siniscalco  aveva allargato il cortile rispetto al primo nucleo bizantino o benedettino, che aveva funzione di rifugio, recingendolo di un solido muro e innalzando la Torre de’ Rossi, sul modello dei masti normanni costruiti nella Francia nord-occidentale.

Con Federico II il cortile diventa il fulcro dell’attività interna del castello; i vani e gli appartamenti vengono addossati alle cinte murarie normanne e si affacciano tutti sul cortile.
Nell’angolo a S-E viene elevata la Torre, che sarà tristemente nota come Torre dell’Imperatrice.

Allo stesso periodo, metà del ‘500, un certo Cristoforo, detto il  Cieco di Forlì, cita il castello di Gioia, edificato da Federico II, gradendogli questo paese per la caccia di molti animali che quivi sono.

Il cronista  Massilla nel 1567 riferisce che la nobile fameglia  de Rossi sono anni 350 in circa  (1217), in tempo che l’Imperator Federico II pratticava la caccia in la Terra di Gioia, dove nacque, essendo costume de Prencepi grandi, nel luogo dove si nasce, poi abitarci per qualche tempo de l’anno, all’hora venne questa nobile famiglia da Fiorenza in detta terra di Gioia a trovar detto Imperatore, dove hoggi dì è una torre chiamata la torre delli Rossi.

Dall’Apprezzo della Terra di Gioja del 1611 del tabulario Federico Pinto apprendiamo che il castello  è quello cinto da fortissime Torri poste nelli quattro angoli di esso fortissimo a difendere le genti, che vi fussero dentro, ma anco a rendere sicura tutta la terra, quando occorresse turbolenza di inimici.

Lo storico barese A. Beatillo nella Storia di Bari del 1620 ci notizia che il castello di Gioia è una costruzione federiciana, dove solea spesso dimorar  Federico per le caccie di animali selvatici, che qui sono bellissime e afferma che la famiglia fiorentina de’ Rossi vi edificò una gran Torre che fin hogi de’ Rossi vien dimandata.

Nell’Apprezzo di Gioia di Honofrio Tangho del 1640 si conferma: Accosto la Porta Maggiore vi è il Castello grande; nelli quattro cantoni vi sono torrioni due alti, et due bassi. S’entra in esso per uno intrato  coverto, da esso si trova un cortiglio grande scoverto. In piano vi sono più stanzie, come sono cellari cocine, stalle, magazeni per conservare vittovaglie. In esso vi sono pozzi sorgenti, e cisterne grande. In detto cortiglio vi sono due gradiate principali, una di essa sale ad uno quarto consistente in uno salone, et 6 camere grandi intorno; et dall’altra grada si sale ad uno quarto di un’ altro salone, et più camere con l’affacciata a Levante, et altre camere dentro la Torre detta l’Imperatrice, le quali stanze girano intorno detto Castello tutte fabricate di pietre vive, quale è fortissimo defendere e guardare tutta la Terra.

Anche dall’Apprezzo della Terra di Gioia del 1653 di Gennaro Pinto e Honofrio Tango apprendiamo: A costo la Porta magiore vi è il Castello grande, nelli quattro cantoni vi sono Torrioni due alti e due bassi, si entra in esso per una entrata coverta dalla quale si trova il Cortile grande, e scoverto. In piano vi sono più stanze, come sono Cellari, Cucine, Stalle, Magazeni per conservare vettovaglie. In esso vi sono pozzi sorgenti colle Cisterne grandi in detto Cortile. Vi sono due gradiate principali, una di esse sale a un quarto consistente in un salone, e sei Camere grandi: e dall’altra grada si sale ad un altro quarto di un altro Salone e più Camere coll’affacciata a levante, ed altre Camere dentro la Torre detta L’Imperatrice, le quali stanze girano intorno detto Castello tutte fabricate di pietre vive; quello è fortissimo per difendere, e guardare tutta la Terra. Al presente una delle Torri è parte diruta con parte delli quarti, seu abitazione.L’autore  del libro Italiae totius brevis et accurata descriptio, 1659, afferma: Joya non adeo procul inde  orientem versus situm Castellum Comitatus titolo nobile est; decoratumque Arce (ab Federico II) venationum gratia structa.

G. B. Pacichelli, autore del libro Il Regno di Napoli in prospettiva, 1703, frutto del suo viaggio in Puglia  nel 1860, afferma che nella contea di Gioia abbondan  le sue campagne di Fromento, per l’amenità delle quali e copie di Cacciagioni vi fé ergere un Palazzo Federico II Cesare.

Padre Bonaventura da Lama, nella sua Cronica dei Minori Osservanti,del 1725, afferma che il castello fu costruito all’usanza di quei tempi, cioè per la caccia di animali selvatici.

Padre Bonaventura è il primo cronista  che accenna alla tragedia di Bianca Lancia, che si sarebbe consumata nel carcere sottostante alla Torre che da lei prese il nome di Torre dell’Imperatrice. Egli afferma che nella Torre è fama che Federico avesse tenuta carcerata per capriccio di gelosia la moglie gravida, diceva, d’un Paggio, e, avendo partorito dentro il carcere un figlio, qual portava sopra di sé un segno del Padre, si troncò da sé medesima le mammelle, ed insieme  col parto le inviò a suo marito, per lo che passò all’altra vita, et attualmente si vede nella Chiesa il Deposito sopra di cui v’è una Dama scolpita con un figliuol nelle fasce, e nel frontespizio uno scudo coll’Aquila. Oggi questa prigione vien proibita dal Reggio, perdendo chi vi entra ogni speranza di vita.

Padre Domenico M. Campanella, nel manoscritto Effemeridi Putignanesi, 1737, consultabile nella Biblioteca Comunale di Putignano, afferma che l’imperatore Federico a Gioia vi costrusse sontuoso Palaggio per sua Imperial stanza.

Lorenzo Giustiniani nel Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, pubblicato nel 1802, ripete quanto affermava il padre Campanella.

L’abate gioiese F. P. Losapio  nel Quadro istorico-poetico sulle vicende di Gioia in Bari, detta anche Livia, del 1834, afferma che il castello a Federico
… piacque sì, che all’amo
di sue dolcezze e del sito ridente
lo destinò suo luogo di delizie
fra le cure de’ regni e le milizie.

Lo storico  tedesco F. Gregoriovus  nel libro Nelle Puglie, 1882, sostiene che il castello di Gioia, come molti altri della Puglia e della Basilicata, è uno dei castelli destinati alla caccia del Falcone  e agli svaghi e delizie dell’Imperatore.

L’architetto Ettore  Bernich ( 1850.1914 ) in una serie di articoli pubblicati nel 1887 riguardanti il castello di Gioia pur sostenendo  che era stato una dimora di caccia afferma  che il castello di Gioia fa pensare alla potenza guerriera di quei conquistatori normanni che in Puglia, iniziando il feudalesimo, introdussero quell’arte militare che vediamo così bene rispecchiata nell’edificazione di questo robusto castello.

A. Haseloff, venuto a Gioia nel 1908 a capo della Commissione Storica Tedesca, nel rapporto consegnato il 1909 afferma: Non fu mai un castello residenziale …  costituiva un elemento importante e indispensabile nella catena dei castelli strategici di Federico II … l’aspetto della costruzione presenta reminiscenze arabe.  In altra occasione  definisce il castello uno di quei poderosi castelli dell’età federiciana.

Il Pantaleo, autore del restauro del 1908-9 afferma di aver letto, graffito sulla fascia di  uno dei capitelli  d’ingresso del castello, il nome Kinarkus, personaggio cipriota arrivato in Puglia con la venuta di Federico II dall’Oriente.

La presenza di questo personaggio nel castello di Gioia avvalorerebbe l’ipotesi che  i lavori di ampliamento del castello sarebbero stati eseguiti da Federico al ritorno dalla Crociata.

Il Kinardus, in qualità di esperto delle fortezze dell’Oriente e come uomo d’armi, dovette occupare  nel castello di  Gioia la carica di provvisore, cioè dell’ artefice direttivo che predisponeva gli elementi militari di difesa.

P. Toesca, 1927,   afferma che la costruzione del castelli dimostra una chiara funzione dello splendore della reggia unito alla robustezza della difesa. Nel castello di Gioia più che in altri l’aspra muratura fu composta con senso così fine delle proporzioni e dell’effetto coloristico da potersi comparare a costruzioni fiorentine del ‘300.  Nello stile delle finestre vede un’arte ispirata a quella musulmana più che gotica.

A. Vinaccia, 1910, afferma che Bari, Gioia e Castel del Monte sono i principali castelli di Puglia.  Questi tre monumenti racchiudono veri tesori di arre e … segnano per così dire la storia dell’architettura in Puglia dall’XI secolo all’epoca aurea di Federico II di Svevia.

N. Tarchiani, 1922, tratto in inganno dalla fantasiosa ricostruzione della loggia creata dal Pantaleo,  giudica il castello un luogo di delizie edificate per gli ozi di un deserto orientale.

R. Kohlrausch ritiene che il castello sia stato ampliato su una preesistente costruzione, che, a differenza delle altre costruzioni federiciane, è ubicato nel centro del pese. Nel  1925 afferma testualmente: Rimane del tutto originale solo il castello di Gioia perché è l’unico castello degli Hohenstaufen in Puglia che sorge nel centro abitato.  Ritiene che il castello sia stato un chiostro e che  dopo cento anni di destinazione religiosa sia stato trasformato e abbellito da Federico che vi aggiunse due torri alle due già esistenti.

E. Lavagnino nel 1936 ritiene che elementi provenienti dalle civiltà orientali e nordiche, fusi con il classicismo rinascente dell’epoca federiciana, sono le caratteristiche più importanti e più interessanti del castello di Gioia.

L. Bruhns nel 1937, pur colpito dall’aspetto severo del castello, ritiene che lo stesso più che per scopi militari sia stato utilizzato come dimora dell’imperatore.

B. E. Ebhardt vede nel castello di Gioia uno dei più  alti e affascinanti castelli della Puglia, costruito al tempo dei Normanni come convento benedettino, ma adibito a questo scopo anche in età postfedericiana.

Per i numerosi frammenti architettonici di grande valore artistico, per la suddivisione delle stanze di tutto il complesso architettonico, ritiene il castello particolarmente istruttivo per lo studio delle prime costruzioni di difesa dell’Italia meridionale.

Nell’Enciclopedia Universale dell’Arte il castello di Gioia è citato come il solo con netta impronta d’Oltralpe tra le opere di età romanica del sec.XIII, dovute al fervido programma edilizio di Federico II.

Nella stessa Enciclopedia alla voce Gotico, il castello, insieme a quelli di Castel del Monte e di Lucera, è indicato fra i soli 3 castelli gotici dell’Italia meridionale, dai quali scaturisce una visione artistica vigorosamente autonoma dell’incontro singolare tra chiara formazione classica, non certo mediata solo dall’Oriente latino, nuovamente ravvicinato dalla Crociata di Federico, la cultura scolastica  dei cistercensi e la sottile speculazione degli Arabi.  Si dice anche che questi castelli federiciani fondono in sé le caratteristiche dell’architettura militare e civile.

C.A. Willemsen nel 1959 inserisce il castello di Gioia in un vasto sistema difensivo svevo, che si articola in diverse catene di castelli dalla Puglia alla Sicilia. Nel 1971 senza alcun dubbio include nell’attività edilizia imperiale di Federico II l’ampliamento e la trasformazione del castello gioiese, richiamandosi alla struttura caratteristica di tutta la costruzione a quattro torri angolari, di cui due erano superstiti.

Il Pantaleo, che operò il primo importante restauro del castello, ricorda che il terremoto del 1786 danneggiò Gioia e il castello; la torre del lato N-E, ancora in parte in piedi fino al 1919, ebbe un piano in meno, mentre quello  di N-O cadde a livello di cortina.

Sulla Torre de Rossi è presente una iscrizione del restauro della stessa, che minacciava di crollare, ad opera della proprietaria, principessa Maria Emmanuella Caracciolo, nel 1834.

G. Agnello nel 1960 riconosce nel castello di Gioia una specie di soggiorno residenziale, accortamente integrata  da Federico II, anche se non è facile distinguere nel complesso dell’organismo costruttivo i limiti esatti intercorrenti tra l’opera normanna  e l’integrazione sveva.

Nei capitelli dell’androne d’ingresso del castello trova  riscontri non casuali con quelli di tipo borgognone nei monumenti dei Crociati. Spiega tali riscontri  col fatto che a tali forme gotiche occidentali, trapiantate in Occidente ad opera dei Crociati, abbiano attinto gli architetti svevi.

G. Engler, 1962, definisce il nostro il meglio conservato dei castelli svevi e lo ritiene palazzo di abitazione per la presenza del vasto cortile quadrato e nello stesso tempo una fortezza per la presenza di potenti torri angolari.

M. D’Elia nel 1965 trova che il nostro tra i castelli è l’unico ancora in buono stato col suo rustico bugnato, i suoi possenti torrioni quadrati e, all’interno, le sue sale luminose e accoglienti. Assieme a quello di Bari, Trani, Lucera e Barletta lo paragona ad una autentica fortezza crociata trasferita sui nostri lidi.

Pasquale Cafaro  nel 1969  annovera il castello di Gioia tra quelli costruiti da Federico  prima della Crociata e lo considera un soggiorno residenziale dell’imperatore svevo per i caratteri architettonici e per la presenza di opere ornamentali, non tipici del solito castello militare.

Nella lotta tra il Papato e l’Impero, nel 1240 Federico destituisce i parroci e i vescovi filogregoriani (di papa Gregorio IX), incamerò tutti i beni della Chiesa per rimpinguare le sue finanze e provvedere alla costruzione e alla manutenzione dei castelli.

E’ probabile che in questo periodo Federico abbia ordinato l’ampliamento e la ristrutturazione o il completamento del vecchio fortilizio bizantino-normanno di Gioia (Castrum Iohe per homines Ioye et Potiniani)

Come ricorda Vito Umberto Celiberti, il castello di Gioia in età sveva era una fortezza militare imperiale, inserita in una rete di castelli disseminati lungo le città costiere e in quei gioghi montani dell’interno, dove militassero ragioni di evidente valore strategico (cfr. G. Agnello).

Il prof. Antonio Donvito nel volume  Il castello di Gioia del Colle nella storia, nella leggenda e nell’arte, afferma che sulla base di una revisione critica delle fonti storiche, dei dati documentari e dei fatti stilistici, la proposta di lettura ci induce ad inserire il castello di Gioia nel quadro di una significativa architettura medievale in Puglia.

Nel 1242 Federico II con l’emanazione di  alcuni bandi e con la coscrizione civile mira al ripopolamento di Altamura, garantendo l’esenzione decennale di tributi a lui dovuti. I gioiesi che accettarono di trasferirsi ad Altamura ottennero l’esonero decennale dalla colletta; essi erano notai, giuristi e personalità di spicco, che avrebbero dovuto formare la classe dirigente della città. Molti gioiesi di ceto elevato si trasferirono ad Altamura, anche se, trascorsi i dieci anni, solo alcuni fecero ritorno a Gioia.

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15 Aprile 2020

  • Scuola di Politica

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