Il lebbrosario di Gioia del Colle
In agro di Gioia del Colle, precisamente lungo la direttrice che da Gioia conduce a Matera,in contrada Vallata, zona ricca di boschi, che in passato fu teatro delle imprese e della cattura del Sergenre Pasquale Romano, ex ufficiale borbonico e contrario all'unificazione dell'Italia sotto il regno dei Savoia, al quale qualche anno fa è stato […]
In agro di Gioia del Colle, precisamente lungo la direttrice che da Gioia conduce a Matera,in contrada Vallata, zona ricca di boschi, che in passato fu teatro delle imprese e della cattura del Sergenre Pasquale Romano, ex ufficiale borbonico e contrario all'unificazione dell'Italia sotto il regno dei Savoia, al quale qualche anno fa è stato dedicato un cippo commemorativo, nel 1953 fu impiantato un lebbrosario.
La zona, infatti, per la presenza di boschi e di aria salubre, distante circa 10 Km. dall'abitato di Gioia, ben si prestava per tale utilizzo.
A ben due anni prima, precisamente al 1951, durante l’amministrazione comunale di Gioia capeggiata dal sindaco Lattarulo, risale la discussione sulla istituzione di un lebbrosario in agro di Gioia, come proposto dalla deputazione provinciale. Nel dibattito, abbastanza animato, intervenne, tra gli altri, il consigliere Costantino Colacicco che si espresse in modo sfavorevole a tale ubicazione con argomentazioni che furono approvate dal Consiglio, che affidò al sindaco il mandato di esprimere a quella deputazione l’opposizione dell’ Amministrazione.
Nonostante questo parere contrario il lebbrosario fu istituito nel territorio di Gioia e la struttura fu data in gestione all'Ente Ospedaliero Ecclesistico ' Miulli ' di Acquaviva delle Fonti.
Chi sono coloro che sono affetti da lebbra e come si manifesta questa malattia?
ll morbo di Hansen (noto ai più con il nome di “lebbra”) è una malattia infettiva e cronica provocata dal batterio Mycobacterium leprae, un microrganismo che, oltre che nell’uomo, può trovarsi negli armadilli, in alcuni primati e nel suolo. Provoca segni fisici e deformità che hanno spesso comportato emarginazione per i malati e per le loro famiglie. Tale malattia viene definita “morbo di Hansen” proprio per evitare la stigmatizzazione sociale che comporta invece il termine “lebbra”. Si tratta di una malattia maggiormente diffusa in India, in Africa sub-Sahariana e in Sud America, e l’esatto meccanismo di trasmissione non è ancora del tutto chiaro. I medici ritengono che un contatto occasionale con un paziente affetto da morbo di Hansen non comporti necessariamente il rischio di contagio. Al contrario, un contatto più prolungato con il paziente potrebbe favorire la trasmissione del bacillo, trasmissione che potrebbe avvenire a causa delle micro-goccioline rilasciate dal paziente nell’aria mentre tossisce o starnutisce.
I primi sintomi della lebbra si manifestano generalmente da un anno a cinque anni dopo la trasmissione della malattia. Fra questi si registrano piaghe, lesioni, gonfiori e protuberanze sulla pelle. Questa malattia danneggia i nervi e i muscoli, provocando una perdita di sensibilità della pelle, ed una forte debolezza muscolare. La malattia si distingue in due tipologie diverse, ovvero la lebbra tubercoloide (la forma meno grave) e la lebbra lepromatosa (forma più grave e contagiosa).
In generale, se non viene curata in maniera tempestiva, la lebbra porterà alla formazione di lesioni anche molto gravi alle mani o ai piedi. Dal momento che il paziente non avrà più sensibilità al tatto, non potrà ad esempio avvertire il dolore provocato da una bruciatura, da un taglio e così via. Ciò favorirà la formazione di deformità e addirittura la perdita delle dita. Può colpire la pelle ed i nervi delle mani e dei piedi, ma anche gli occhi e le mucose nasali. In alcuni casi, inoltre, può colpire anche altri organi, ad esempio i reni e i testicoli.
La cura del morbo di Hansen si basa sulla somministrazione di antibiotici appositi, che potranno debellare il bacillo dall’organismo del paziente, ma che non potranno nulla contro le deformazioni e gli altri segni che caratterizzano la malattia. Proprio per questa ragione è molto importante diagnosticare al più presto tale patologia e cominciare il trattamento.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità nel 2012 sono stati rilevati 232.857 nuovi casi di lebbra al mondo. Le stime parlano di circa 1-2 milioni di malati con disabilità irreversibili legate al morbo di Hansen. La maggior parte dei casi si concentra nei Paesi tropicali e subtropicali, in particolare India, America Latina e Africa.
L’insorgenza della malattia può verificarsi a qualsiasi età, ma la maggior parte degli esordi è intorno ai 20-30 anni. L’incubazione è lunga, in media 5-7 anni e può anche essere superiore a 40 anni.
Con una diagnosi e un trattamento precoce la malattia può essere efficacemente curata, senza peraltro interferire in modo rilevante con la vita quotidiana del soggetto colpito, che potrà continuare a lavorare durante e dopo la terapia. Infatti gran parte dei pazienti ospitati nella Colonia hanseniana di Gioia sono guariti e alcuni di essi, quelli più giovani ed in età lavorativa, si sono integrati nella comunità gioiese e svolgono attività lavorative anche in servizi pubblici.
In passato si pensava che fosse una malattia altamente contagiosa e per questo motivo devastante, in realtà ad oggi sappiamo che il contagio non è così rapido e frequente e, quando sono disponibili i farmaci appropriati, non è più una malattia pericolosa per la vita del paziente; nel caso in cui venga trascurata può tuttavia causare deformità a mani e piedi, cecità ed insufficienza renale.
In Italia sono stati presenti fino pochi anni fa alcuni focolai nel Sud, ma attualmente la quasi totalità dei casi riscontrati sono relativi a pazienti immigrati.
Si riporta un articolo di Mario Desiati, pubblicato da Roberto Saviano, Repubblica-Bari, il 24 giugno 2007
Quando ancora erano disseminati per il nostro paese i sanatori e i lebbrosari accadeva spesso che fra i due nosocomi l’autorità cittadina preferisse tenersi i tisici e allontanare i lebbrosi. La lebbra deturpava, mangiava i volti e le espressioni, scavava le sue piaghe e le piaghe erano sempre due, una era quella esterna e l’altra, la più dolorosa, quella interna, ossia la solitudine. Il male sottile era invece un batterio più subdolo, non deturpava, ma affilava i tratti e spesso abbelliva le giovani ragazze che diventavano tisiche. Eppure paradossalmente era molto più pericolosa e contagiosa della lebbra. Chissà se il vecchio lebbrosario di Acquaviva delle Fonti fu portato nelle campagne per queste ragioni. La sede distaccata dell’Ospedale Miulli è oggi l’ultimo centro specializzato e il più all’avanguardia del mezzogiorno.
Oggi la lebbra non esiste più, almeno nei dizionari medici e nei dispacci dell’OMS si chiama Morbo di Hansen derivando il nome da colui che ne scoprì l’eziologia batteriologica, il norvegese Gerhard Hansen.
La Colonia Hanseniani di Gioia del Colle ha 56 ospiti e 50 dipendenti, è una masseria in pietra bianca nel cuore di pinete e querce sulla strada vecchia per Matera. I pini della Colonia sono stato piantati dagli hanseniani in anni passati… Gli hanseniani hanno facce piene di solchi, ma senza ulcere, senza pelle cadente, senza le piaghe che tanta letteratura mi ha nutrito. Sono semplicemente solchi e rughe di vita.
Il centro di Gioia del Colle è stato il primo dove furono fatti i primi studi sull’attività battericida della rifampicina, l’antibiotico fondamentale per curarla. Per questo gran parte dell’attività nazionale in questo campo è coordinata lì, in mezzo ai pini e le case bianche.
“Oggi esiste ancora la lebbra?” è la domanda tipica delle persone che attraversando la strada vecchia per Matera e imbattendosi nell’insegna scoprono un lato oscuro della propria terra.
La maggior parte degli ospiti erano di origine italiana, pur essendo ormai una malattia che colpisce soprattutto persone che venivano da quei paesi dove vi sono ancora focolai: Venezuela, Sri Lanka, Indonesia, Vietnam, Cina ecc.
Oggi non è più contagiosa, la maggior parte dei pazienti può vivere una vita normale, salvo controlli e cure costanti, gli hanseniani vengono “negativizzati” con la cura antibiotica e tornano tranquillamente nelle loro case. Ma per oltre 20 hanseniani la loro casa è la Colonia. Chi perché è troppo anziano e necessita di controlli quotidiani, ma c’è anche chi ha pagato l’aspetto più mostruoso di questa malattia: l’esclusione sociale. Qualcuno ha preferito non tornare a casa pur essendo stato negativizzato, perché la rifampicina cura tutto, ma non ancora le dicerie e la cattiva nomea di questo male. “Molti di questi pazienti, i più anziani, non sono più voluti tornare nei loro paesi dopo che veniva diagnosticata, ci sono persone arrivate qui da ragazzine e ci sono rimaste per sempre”. È l’aspetto più impressionante conoscere i volti e le storie delle persone che popolano la Colonia da decenni. Ci sono i vecchi hanseniani, coloro che hanno contratto il morbo negli anni venti o trenta. In Puglia gli ultimi focolai sono stati: Cisternino, Martina Franca, Massafra, Cassano Murge. Sono paesi collinari e molto densi, era più difficile disperdere il contagio. E proprio nell’incantevole valle d’Itria tra uve e ulivi, in qualche trullo si nascondevano storie di isolamento dolorose; “chiudere nel trullo” era la brusca usanza che alcune famiglie adottavano verso i malati. Uno dei pazienti del centro ancora negli anni Settanta fu salvato da uno di questi trullo-lazzaretto.
Questa piaga interiore è anche quella che permette una maggiore sensibilizzazione al dolore.
Il Centro è dotato di cappella, una mensa refettorio, un piccolo e accogliente cinema . C’è stato un cambiamento antropologico negli ultimi 15 anni, prima si stava di più insieme, si giocava a carte, si sfruttavano tutte le opportunità di comunità. Oggi prevale un isolamento anche all’interno della Colonia. Colpa della televisione…
Gli appartamenti della comunità, sono piccoli, ma confortevoli, in ognuno c’è un televisore, un angolo cottura, un bagno. Per alcuni dei pazienti, quelle mura sono le mura della vita. Ci sono alcune donne che non sono quasi mai uscite, hanno contratto la malattia quando ancora era incurabile e necessitano di un’assistenza continua, di palestra riabilitativa e visite specialistiche. E proprio fra le donne anziane hanseniane ci sono le storie più toccanti, quella signora che non ha mai visto il proprio figlio da bambino poiché appena nato le fu tolto per evitare il possibile contagio. Poteva vederlo solo attraverso un vetro sino a ché non fu negativizzata. È morta un anno fa di vecchiaia e la chiamavano “la donna dal cuscino di lacrime” perché ogni mattina il cuscino era zuppo di pianto: quel cuscino era per lei il suo bambino. Altri pazienti non avevano mai visto il mare. E per molti anziani il mondo fuori la stanza è solo una pietra bianca e una pineta mossa dalla tramontana.
Adesso che gli Hanseniani non sono più contagiosi hanno anche potuto viaggiare: in udienza privata ai tempi di Wojtila, alla Madonna di Siracusa e al santuario di Lourdes dove si sono immersi nelle piscine di acqua santa con quell’entusiasmo innocente dei bambini la prima volta davanti al mare.
Si può affermare che oggi nelle nostre regioni il morbo di Hansen è stato debellato e che quindi non ha più senso mantenere in vita una struttura diventata ormai inutile e costosa. Dagli oltre 300 posti letto disponibili inizialmente si è passati nell'ultimo decennio a circa 60 dipendenti con una cinquantina di pazienti sulla carta, ma quelli effettivamente ricoverati erano tra i 10 e i 15, a seconda dei periodi; anche questi ultimi potrebbero vivere a casa loro. Non sono più positivi al bacillo di Hansen, la lebbra, e potrebbero reinserirsi tranquillamente nella società. L’associazione Amici italiani di Raul Follerau di Bologna in una nota sostiene che “ la situazione epidemiologica della lebbra in Italia è risibile:8-10 casi l’anno,quasi tutti immigrati…Il ricovero ospedaliero non è quasi mai necessario perchè le cure possono essere fatte in ambulatorio…”.
Fino al 20 aprile 2011, data in cui la Regione Puglia decise di chiuderla, la struttura di Gioia, gestita dall'Ente Ospedaliero Ecclesiastico Miulli di Acquaviva delle Fonti, alle dipendenze della diocesi di Altamura, era era l’unica Colonia hanseniana in Italia ed usufruiva di circa sette milioni di euro l’anno, erogati dalla Regione Puglia. L’immobile in cui sorge la colonia hanseniana, infatti, è di proprietà della Regione Puglia, che copriva tutti i costi di gestione, costi regolamentati da una convenzione regionale; l'ultima era stata stipulata il 14 ottobre 1999, dopo tale scadenza era soggetta a tacito rinnovo ogni cinque anni, a meno che non fosse stata avanzata formale disdetta da una delle parti contraenti.
La Regione aveva deciso di ridimensionare Il finanziamento per il triennio 2010-2012 di circa 6 milioni e mezzo di euro costringendo l'Ente Ecclesiastico a richiedere il rispetto degli accordi sottoscritti e a coprire tutte le somme anticipate per la gestione della struttura.
A seguito di un’inchiesta apparsa sulla Repubblica di Bari il 19-8-2010 il Vicepresidente del Consiglio Regionale chiede chiarimenti a proposito della gestione della Colonia Hanseniana.
Viene quindi eseguita una visita ispettiva da parte del Nucleo Ispettivo Regionale (NIR) per verificare le prestazioni giornaliere e il numero degli ammalati effettivamente residenti nella struttura (110 posti autorizzati), analizzare i costi di gestione, valutare la struttura ed effettuare considerazioni sull’opportunità di mantenere ancora aperto il reparto, anche nell’ottica di evitare forme di emarginazione dei pazienti ospitati nella struttura. Infatti in tutti gli altri paesi europei i pochi ammalati del morbo di Hansen vengono curati presso strutture ordinarie.
La relazione del NIR (datata 25/10/10) ha segnalato l’inadeguatezza della struttura, con particolare riferimento allo stato di degrado degli impianti e degli infissi e all’assenza dei necessari ed elementari presidi di sicurezza, l’inappropriatezza clinica e organizzativa delle prestazioni erogate non conformi a quanto previsto dalle linee guida nazionali per il controllo del morbo di Hansen, e soprattutto una sproporzione tra il numero del personale occupato, il numero dei pazienti/ospiti assistiti e la tipologia di prestazioni da erogare, con conseguenti costi di gestione elevatida sopportare, a carico della collettività.
Sempre secondo il NIR, inoltre, un’analisi attenta dei costi di gestione rivelava un utilizzo irrazionale, in quanto a fronte di un numero esiguo di ospiti, dai 15 ai 30, si impegnavano risorse ed energie di una struttura sovradimensionata che si sviluppava su oltre 10.000 mq. Inoltre nell relazione si ribadiva che il rapporto tra dipendenti e assistiti era assolutamente sbilanciato ed economicamente insostenibile.
Il rapport del NIR sottolineava l’ampia superficie della struttura ( che è composta di tre piani di degenza, ambulatori, cucine, lavanderia, sale ricreative, chiesa) e l'organico di personale dipendente e dei prestatori d’opera che risultava assolutamente sovradimensionato rispetto al reale fabbisogno.
I pazienti ospitati nella struttura potevano benissimo essere tenuti sotto controllo tramite visite trimestrali erogate in regime ambulatoriale.
Anche l’AIFO evidenziava che la situazione epidemiologica della lebbra in Italia è risibile: 8–10 casi l’anno in totale (quasi tutti d’importazione) e il ricovero ospedaliero non è quasi mai necessario, perché le cure possono essere fatte ambulatorialmente e in pochi mesi si ottiene la guarigione.
A seguito di tale visita la Giunta Regionale Pugliese all'unanimità ha deciso di revocare in forma di autotutela, ai sensi dell’art. 21 nonies legge 241/90, la convenzione con l’Ente Ecclesiastico “F.Miulli” per la gestione della Colonia Hanseniana di Gioia del Colle, del 18 maggio 1999 e integrato in data 13 aprile 2000, facendo procedere alla dismissione dei pazienti della Colonia Hanseniana, entro tre mesi dalla notifica del provvedimento, chiudere le attività svolte nella Colonia hanseniana il cui immobile è di proprietà della Regione,valore stimato 6.249.000,00 euro e assegnare allo stesso Ente un termine di quindici giorni per eventuali controdeduzioni..
La Giunta ha inoltre dava mandato al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di Bari di individuare un centro ambulatoriale ovvero una struttura di ricovero per eventuali pazienti con acuzie e una struttura socio assistenziale per l’assistenza dei suddetti pazienti nelle vari fasi della malattia e ha dato mandato al Direttore Generale della ASL di Bari di sovrintendere a tutte le procedure per la chiusura della Colonia Hanseniana di Gioia del Colle.
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10 Settembre 2017